53. Sola

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Forbidden Forest,  20th November 1992

Tina prese la borsa di cuoio che usava per la scuola, pronunciò: "Adduco maxima!" e cominciò a gettarvi dentro più cose possibili: libri, vestiti, pergamena, uno Spioscopio, pozioni varie. Non sapeva quanto sarebbe stata lontana, né cosa le sarebbe servito.

Le voci di Queenie e delle gemelle parevano un ronzio nella sua mente mentre gettava dentro ciò che pensava potesse esserle utile.

Doveva sistemare tutto. Doveva fare qualcosa. D'altronde era colpa sua se Newt se n'era andato.

Così, chiusa la borsa e senza una parola di risposta alle domande di Queenie o delle gemelle, corse fuori dal Dormitorio, scivolò giù per le scale sul corrimano, irruppe nella Sala Comune, uscì nella Torre e si precipitò al piano di sotto.

L'ora di pranzo incalzava, lo si poteva notare delle ali e dai corridoi vuoti, se non per pochi studenti ritardatari che si stavano affrettando per unirsi al sontuoso banchetto.

Nel parco, qualcuno dovette guardarla in modo strano, forse preoccupandosi. Non si vedeva spesso una quindicenne che correva a perdifiato verso la Foresta Proibita.

Lei non se ne curò. Aveva una missione, al momento, proprio come un'inchiesta sul lavoro.

Per fortuna aveva la pietra da seguire. Certo, questo non era il suo primo inseguimento, ma era il primo in una foresta e questo la confondeva.

C'erano segni ovunque, ma non avrebbe saputo dire chi li lasciava da sola. "Di questo passo," pensò "avrei potuto inseguire una volpe fino alla tana convinta che fosse Newt."

La farfalla si librava davanti a lei, di un azzurro splendente e cristallino. In qualche modo, in mezzo al vermiglio cupo della foresta, era un sollievo vederla. Era come un soffio di brezza fresca nell'afa soffocante di agosto.

Eppure l'Auror Tina Goldstein non faceva la sua entrata come al solito. Il suo abituale distacco non venne a salvarla dalla paura di quello che stava accadendo.

Continuava a ripetersi che Newt sapeva come difendersi, che sarebbe stato bene, che non aveva senso preoccuparsi. Ma ciò non le impediva di farlo.

E se lui se ne fosse andato per sempre? Senza che lei potesse parlargli un'ultima volta? E se gli fosse capitato qualcosa? E se...

Aveva sempre saputo che un giorno le emozioni avrebbero causato un suo fallimento.

-Sei troppo empatica, Goldstein!- le dicevano gli allenatori, quando ancora cercava di ottenere un diploma per Auror.

-Devi concentrarti!- diceva uno.

-Lasciala stare, è una donna, non può non essere sentimentale- rispondeva sempre l'altro con tono beffardo.

Aveva dovuto ascoltare discorsi del genere per anni. All'inizio la facevano arrabbiare, mandando definitivamente a quel paese la sua concentrazione.

Non voleva essere trattata come un cosa fragile, non voleva essere debole, non voleva essere salvata quando c'era già tanta gente che lei avrebbe potuto salvare.

Poi aveva capito. Aveva capito che per dimostrare di essere pari agli altri, doveva essere migliore di loro. Non era giusto né equo, ma era così che funzionava. E lei era abbastanza forte per farcela.

E capendolo era diventata fredda e distaccata in tutto ciò che riguardava il lavoro. E forse anche per tutto il resto.

Sapeva di star facendo la cosa giusta, di star mettendo fine a ogni dolore. Per cui abbassava semplicemente una leva dentro di sé, chiudendo il cuore e lasciando spazio al cervello. La sua mente riusciva sempre a trovare la scelta più logica, anche quando la parte più sensibile di lei non l'avrebbe mai saputa compiere.

Finché non trovò Mary Lou Barebone.

Quella era stata la prima volta in cui la sua emotività era riaffiorata, e il cuore stanco aveva forzato la serratura solo per poter urlare al cervello che qualcosa non andava. Perché non era giusto, questo, che una donna prendesse con sé dei bambini promettendo di essere la loro nuova madre e poi li picchiasse. Non era giusto che loro venissero distrutti proprio da chi doveva prendersi cura di loro. Non era giusto che lei li trattasse come maledizioni viventi, che facesse credere loro di essere dei mostri quando invece erano piccoli miracoli.

Non era giusto che il mondo facesse loro questo.

Dare una falsa speranza ad un bambino significa solo rendergli la vita ancora più dolorosa. E questo lei lo sapeva.

Quel giorno una crepa aveva squarciato la sua impassibilità, iniziando a far spazio di nuovo a sentimenti ed emozioni.

E poi, come un fulmine, un improvviso raggio di luce, era arrivato Newt, che aveva frantumato definitivamente la sua freddezza, rendendo così più difficile ogni singolo compito.

Sperava di aver riconquistato la sua abilità negli anni successivi, ma evidentemente non era così, la sera prima ne era una prova. La sua emotività era esplosa al momento sbagliato. Non poteva permettersi di fallire ora.

Cercò di concentrarsi, di scacciare i ricordi e i pensieri dalla sua testa.

Ma la Foresta, così fitta da sembrare buia, non la aiutò a migliorare il suo animo. Tina si sforzò di non farci caso, ma era pressoché impossibile.

I rami degli alberi erano lunghi e appuntiti e le impedivano di vedere il cielo. L'immaginazione della parte più infantile di lei ne era spaventata, e riusciva a vedere quegli artigli avvolgersi attorno a lei, in una morsa d'acciaio.

Ma la sua preoccupazione maggiore, al momento, non era il paesaggio.

Ma più si addentrava nella foresta più la sua speranza si affievoliva. Era sparito, anzi, scappato lontano da lei.

Lo zaffiro splendeva indicandole la strada, ma ormai anche la sua luce le sembrava falsa.

Magari non la stava portando da lui. Magari era già troppo lontano.

I suoi passi facevano scricchiolare il tappeto di foglie. Sfoderò la bacchetta, unica certezza, alta davanti a sé, attenta al minimo rumore. Il problema era che ce n'erano parecchi, da ogni direzione e il solo pensare che magari uno di quelli era di Newt la faceva impazzire. Voleva riavere indietro quella ragazza selettiva che un tempo era stata. La nuova Tina le aveva dato dolore e sofferenza e lei non voleva più provarne perché faceva male più di qualsiasi brutta parola avesse ricevuto nella sua vita.

Ma in quel momento, con ormai solo un briciolo di speranza, persa nei meandri della foresta, la disperazione prese il sopravvento.

-Newt!- gridò per chiamarlo. -Newt, sono qui, ti prego, torna indietro!-

Il nome del magizoologo rieccheggiò tra gli alberi una, due, tre volte.

Nessuna risposta.

Continuò a urlare il suo nome, abbandonando il sentiero, incurante dei rovi che le graffiavano le gambe.

Sapeva che lui non sarebbe rimasto dove era così facile trovarlo, nonostante probabilmente volesse essere trovato, si disse, almeno in parte.

Dopo un po' però dovette fermarsi. Dolorante e con la voce rauca si accasciò contro un albero. Sconsolata, si guardò attorno: aveva perso la cognizione del tempo, ma il suo stomaco le fece capire che l'ora di pranzo era passata da un pezzo. Doveva essere un bel po' che camminava. Decise allora di fermarsi a mangiare qualcosa, sperando che potesse tirarla un po' su. Mise la pietra in tasca, anche se brillava ancora, e frugò nel suo bagaglio. Purtroppo conteneva soprattutto dolci di Hogsmeade e merendine confezionate che le avevano dato le gemelle per il suo compleanno. Sperò di trovare conforto negli zuccheri, ma con poco successo.

Mentre piluccava caramelle dalla borsa, udì un rumore avvicinarsi. I suoi sensi si tesero, e si mise in all'erta. Chi poteva aggirarsi per la Foresta?

Sentì un irregolare cloc-cloc-cloc, accompagnato da risate giovani e quasi sguaiate. Le sue preoccupazioni passarono in secondo piano.

Non riusciva a capire chi potesse avvicinarsi, ma non essendo Newt, probabilmente non era una buona idea incontrarlo.

Cercò di mantenere costante il respiro, perché un rumore affannoso avrebbe potuto attirare l'attenzione. Rimise in fretta e furia le cose nella borsa, senza preoccuparsi di sporcarla.

Si guardò rapidamente attorno, in cerca di un nascondiglio.

Era ormai lontana dal sentiero, e ovunque era pieno di cespugli e rovi e alberi su cui arrampicarsi, per cui non ebbe problemi a scegliere in fretta un posto nella vegetazione.

Si accoccolò sotto una pianta di ginepro, dai fitti aghi, tra le quali poteva sbirciare per cercare di capire cosa si stesse avvicinando.

Quando le voci si fecero più vicine e i proprietari entrarono nella sua - ristretta - visuale, pensò inizialmente si trattasse di due ragazzini a cavallo. Il che era assurdo, visto che nessuno studente di Hogwarts aveva un cavallo, o sarebbe mai entrato nella Foresta Proibita. Ma soprattutto, gli studenti di Hogwarts non andavano in giro a torso nudo, soprattutto con il freddo della stagione, e tantomeno portavano quei lunghi capelli intrecciati sulle spalle. Impiegò una frazione di secondo a rendersi conto di ciò che erano realmente: Centauri.

Tentò di restare calma. Si ricordò di averne sentito parlare. Certo, erano esseri senzienti, con cui avrebbe potuto parlare, magari a cui avrebbe persino potuto chiedere aiuto, se non fossero stati estremamente territoriali, e che disprezzavano ugualmente maghi e Nomag.

E per lo più, conoscevano l'ambiente in cui si trovavano come il palmo della propria mano, ed erano molto più saggi degli esseri umani, avevano reali poteri divinatori, e forse erano in grado di riconoscere la presenza della pietra magica nella sua tasca, forse persino di percepire il battito del suo cuore che accelerava sempre di più, forse potevano...

I suoi pensieri atterriti furono però troncati dalla risata di uno dei due, rauca e gutturale.

Solo in quel momento Tina notò qualcosa di strano in quei Centauri. Non solo erano molto giovani, ma barcollavano sulle quattro zampe, ondeggiando qua e là. E ridevano. Non si sarebbe mai aspettata di vedere i seri e composti centauri ridere a quel modo, strattonandosi l'un l'altro e rincorrendosi tra gli alberi.

Sembravano...Beh...Sembravano come un certo suo ex-collega che, invece di fare il giro di ronda notturna, che rientrava tra i suoi doveri, si limitava a fare il giro dei bar.

Ecco. Era assurdo, insensato e fuori luogo, ma quei giovani Centauri sembravano ubriachi fradici.

-Bro, fermati un attimo, sono stanco- biascicò uno, tirando i capelli dell'altro per fermarlo, cosa che non risultò per niente apprezzata.

L'altro infatti quasi inciampò ed emise un verso a metà tra un nitrito e un mugolio di protesta. All'inizio non rispose, poi, scrutando intensamente l'albero di fronte a sé, commentò: -Non so...Dove siamo, Erastos?- La sua ignoranza sembrava divertirlo un mondo, per ragioni sconosciute.

-Non lo so- borbottò l'altro, ed entrambi scoppiarono a ridere.

-Oddioniso, se mi vedesse mio padre adesso...-

-Gli diresti che sei ubriaco?- chiese Erastos, sorridendo e strizzando gli occhi acquosi.

-Sìììììììì- rispose l'altro strascicando la parola. -E poi sarei fregato per il resto dell'anno-

Scoppiarono nuovamente a ridere.

-Sei imbarazzante, lo sai?-

-Anche tu- rispose con un sorriso sciocco.

Ormai barcollavano a tre metri da Tina, che si manteneva prudente, anche se cominciava a intuire che non ce ne fosse bisogno. Quei due erano talmente mal messi che avrebbe dovuto ballargli davanti per farsi notare. E non aveva la minima intenzione di farlo.

-Dai, muoviti, Muriel- protestò il primo Centauro. -Altrimenti ti faccio muovere io.-

-Uhh, tu sì che mi fai muovere- rise l'altro, provocante.

-Sì, come Achilaos quando abbiamo andati alla caverna-

-"Abbiamo"?- esitò Muriel.

Il compagno smise di trotterellare e per girarsi a guardarlo. -No, fra, tu non c'eri.-

Tina sospirò, un po' per il sollievo. Un po' perché, come al solito, si trovava circondata da idioti. E siccome erano idioti maschi, sempre alla stessa cosa pensavano.

Però la loro spensieratezza riuscì in qualche modo ad alleggerirla. La stretta dell'ansia si allentò. Perché non si era presa una maledetta birra? Ogni tanto avrebbe potuto seguire il loro esempio.

Poi li guardò nuovamente. Si stavano prendendo a testate. Con tanto di rincorsa. "Ma anche no."

Tra un colpo e l'altro, si scambiavano fitte parole in una lingua che non conosceva, ma il cui tono ne chiariva il significato:

-Boiotòs!-

-Graosòbes!-

-Exekèglutos!-

-Tragomaskalos!-

Quando però sembrava che la rissa fosse pronta a cominciare, Muriel si accasciò a terra a metà della corsa.

Il compagno, nonostante fosse parecchio conciato, riuscì eroicamente a non fare lo stesso.

Sbuffò qualcosa come -Krommuoxuregmia- e appoggiò il posteriore equino a terra, per sedersi accanto a lui.

L'Auror sperava che si addormentasse a sua volta, così avrebbe potuto uscire e continuare la sua ricerca, ma quello restò sveglio a controllare l'amico, guardarsi attorno, borbottare e canticchiare in quella lingua strana, e ogni tanto alzarsi per dare una testata contro un albero. Tina sperò che fosse normale.

Il tempo scivolava via veloce, e lei sapeva di averne poco, ma non osava passare davanti a un Centauro in quello stato. Dopotutto, aveva già abbattuto due alberelli a testate.

Le sembrò di essere tornata ai tempi degli appostamenti, ma questo era l'appostamento più stupido di sempre.

Poi la creatura sbadigliò e crollò a fianco di Muriel. Di norma, Tina avrebbe aspettato di sentire il suo respiro farsi più pesante, ma le tornò in mente un piccolo trucco: il Muffliato. Era stato Newt a insegnarglielo. Già, Newt. Doveva trovarlo.

Piano piano, estrasse la bacchetta, e sussurrò l'incantesimo in direzione del Centauro.

Uscì finalmente allo scoperto, lentamente, e gettò ai due un'ultima occhiata. Era quasi tentata di mettergli una copertina. Mimetica. Così che il padre di Muriel non li trovasse così conciati.

Ma invece si spinse più in profondità nella Foresta, maledicendosi per non aver pensato subito all'incantesimo, che le avrebbe fatto risparmiare parecchio tempo.

Ciononostante, sentiva di avere di nuovo un obiettivo. Stranamente, quei due centauri sbronzi le avevano fatto ritrovare la retta via. Ironico, visto che non riuscivano a mettere uno zoccolo davanti all'altro.

Affrettò il passo, la pietra di nuovo alta davanti a sé. Doveva riportare Newt a casa prima che facesse buio.

Forse non era poi così lontano.

Aveva udito un fruscìo, vicino. All'inizio pensò che fosse uno scoiattolo o un tasso, ma poi si rese conto che la farfalla puntava nella stessa direzione da cui proveniva: una fitta serie di arbusti, resi vermigli dalla luce del sole declinante.

Si avvicinò, incerta.

-Newt?-

Qualcosa o qualcuno, nel cespuglio davanti a lei, rumoreggiò.

-Newt- ripeté Tina, incerta. -Ti prego, aspetta. Mi dispiace di non averti fermato prima. Ma era quello che volevo fare. Non voglio che tu te ne vada.-

Nessuna risposta. Andiamo bene.

-Per favore, Newt. Non sono brava con le parole- esitò, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio con le dita tremanti. - Però volevo dirti che ora ho capito di averti ferito. Certo, credevo che tu mi potessi piacere, ma non vorrei mai rubare l'uomo di un'altra donna. Non voglio essere quel tipo di persona e poi...Sai che la gente biasimerebbe solo me. Volevo piacerti, ma allo stesso tempo non lo volevo perché avrebbe significato che eri pronto a tradire Leta e io so che tu sei diverso da questo.-

Tacque, non sapendo se continuare fosse una buona idea, non sapendo nemmeno se Newt fosse davvero lì ad ascoltarla. Forse in realtà la pietra voleva indicarle di proseguire oltre la boscaglia.

Ma ormai era fino a lì, aveva vagato sulla Foresta e superato dei centauri ubriachi, e ora doveva credere che lui fosse lì e trovare il coraggio di arrivare fino in fondo.

-Ma io ti voglio bene, Newt. Dopo tutto quello che abbiamo passato, ti voglio nella mia vita. Perché noi abbiamo affrontato di tutto insieme, e io non voglio perderti, sei troppo importante.- concluse.

Rimase immobile, a guardare nel verde macchiato di luce rossa. Ci fu un movimento negli arbusti.

Poi finalmente, con un fruscio, la sua sagoma uscì dalla vegetazione.

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💫SPAZIO AUTRICI💫

Ehi Snasi 🦭
Beh che dire qua alle scuse ormai non ci crede più nessuno quindi dirò che l'ho fatto apposta anche se non l'ho fatto.
Sofia: comunque funfact: per avere un'idea di come descrivere i centauri ubriachi ci siamo messe a riascoltare degli audio whatsapp di un'amica che si era seriamente ubriacata a Capodanno eeee niente è uno dei motivi per cui abbiamo impiegato tutto il pomeriggio a fare gli ultimi ritocchi, morivamo dal ridere
(Sono centauri raga non bevete) (tranne la Burrobirra) (a meno che non siate Elfi domestici) (rip Winky)
-Kathe & Sofy ✒️

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