13•capitolo -Ho sbagliato a non dirti di lei-

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Siria

Gli occhi pesano più di un macigno, il mio corpo è stanco di stare sveglio e non riposare mai. Ma, purtroppo, da quando ho avuto quella discussione con Marco, non sono riuscita a prendere sonno. Il suo nome è un pensiero fisso o, più che altro, le parole che ha pronunciato.

Sarei io la colpevole della nostra separazione?

È vero che litigavamo continuamente, che faticavo a fidarmi e che a volte ho esagerato, è vero che tra noi non era più uguale, ma non avrei mai permesso a queste incomprensioni di separarci. Avrei voluto trovarlo quel compromesso che ci avrebbe tenuto uniti; lui ha mollato tutto prima che ci riuscissi. Mi ha mandato via senza dirmi i suoi pensieri. E ora non lascerò che le sue parole mi facciano sentire in colpa, perché se mi amava quanto lo amavo io, avrebbe detto come si sentiva.

Strofino il viso mentre sto per andare a prendere un caffè, l'unico in grado di darmi ristoro.

Non riesco a fare neanche qualche passo che Bernardo mi si mette davanti e non mi da possibilità di passare. Prendo un lungo e pesante respiro perché non ho proprio voglia di parlare con lui, al momento, visto e considerato che non lo facciamo da quando abbiamo discusso in ospedale.

«Siria» è un sussurro il mio nome che esce dalle sue labbra. Le sue gambe si avvicinano a me, un po' indietreggio, e penso che dal mio sguardo si vede bene che non ho proprio voglia di stare a parlare con lui.

«Ti prego, Bernardo, non è il momento», sbuffo, e cerco di andare via. Sono assillata da troppi pensieri riguardanti Marco; con le sue parole ha riaperto delle ferite mai del tutto rimarginate e che, anzi, bruciano ancora come fosse successo ieri. Mi rendo conto che niente è cambiato, che il tempo non ha neppure minimante rimarginato l'amore che nutrivo per lui e le sue parole, seppur non voglio, riaccendono la speranza di riaverlo ancora. Ma non voglio! Razionalmente non voglio più stare con lui, non voglio più farmi del male, non voglio più sentirmi viva solo riflessa nei suoi occhi, non voglio le sue labbra che mi danno sollievo, non voglio che con le sue braccia mi faccia sentire a casa. Non voglio, ma è così che mi sento ogni volta che mi è vicino.

«Aspetta un attimo», mi ferma, si piazza davanti a me. «Andiamo a mangiare qualcosa insieme, per favore. Ho bisogno di parlare con te!» i suoi occhi verdi scuri si rispecchiano nei miei. Vedo la tristezza, il dispiacere per quello che è successo, e non me la sento di dirgli di no.

Forse, stare insieme a lui, mi farà bene. Sempre meglio che dover vedere Marco e ripensare a ciò che è successo solo ieri sera tra noi.

Dopo aver accettato, io e Bernardo scendiamo di sotto. Andiamo al ristorante dell'hotel, ci sediamo l'uno di fronte all'altro e vedo che mi sorride con dolcezza, ma anche con gli occhi che mi supplicano di perdonarlo per ciò che è successo.

Parliamo all'inizio del nulla, non si sofferma a dire quello che gli preme, vuole rompere il ghiaccio. Poi, ad un certo punto, non ce la fa più.

«Sono sempre stato attratto da te, Siria», confessa, spiazzandomi. E io mi ritrovo quasi ad affogarmi col cibo che ho in bocca. «Mi sei sempre piaciuta al punto che ho sperato ad un certo punto che tra te e Marco finisse, e non perché io fossi preso da te, non solo per questo almeno. Ma perché ho sempre creduto che Marco non ti meritasse abbastanza» rimane in silenzio qualche minuto, mi oltrepassa col suo sguardo fermo sul mio, ma io non dico nulla. Anche perché, onestamente, non so che dire. Penso solo che aveva ragione Marco a pensare che Bernardo è sempre stato innamorato di me. «Praticamente dalla prima superiore. Sei entrata in classe in ritardo», sorride a quel ricordo. «Avevi una giacca nera, una camicia bianca sotto, un jeans chiaro. Eri imbarazzata, osservavi tutti, e io in quel momento sperai che tu scegliessi di sederti vicino a me. Non lo facesti, già da allora scegliesti Marco», mi rivela con rammarico. «Non voglio che scegli me, Siria. Voglio solo che tu sia felice. Ho esagerato l'altro giorno, mi sono spinto oltre perché mi dava fastidio il modo possessivo con cui ti trattava Marco. Però ho sbagliato e ne sono consapevole» prende un sospiro, abbassa lo sguardo.

Lo so che forse non è il caso, che potrei illuderlo, ma per me è istintivo in questo momento mettere una mano sulla sua. Trasalisce per questo mio gesto, alza il suo sguardo stupito verso di me e inchioda i suoi occhi ai miei.

«Lo sai che non l'ho ancora superata la storia di Marco, vero?» decido di essere sincera con lui. Lui annuisce consapevole, quindi continuo: «mi dispiace non essermi accorta mai di nulla, però se da me vuoi altro, sappi che non lo avrai. Sei un bravo...»

«No, ti prego, Siria, non cominciare con la solita frase: sei un bravo ragazzo, non è colpa tua»

Umetto le labbra, abbasso solo un attimo gli occhi, poi ritorno sui suoi che mi guardano tra l'amareggiato e il soddisfatto, perché forse voleva soltanto togliersi un peso e confessare ciò che più gli premeva.

«In ogni caso sono io a dovermi scusare per ciò che è successo l'altro giorno» fa un sorriso stupito, «non avrei dovuto prendermela con te, non è stata solo colpa tua, ma si... penso che sia stata davvero una cosa stupida quella che avete fatto!»

«Non mi aspettavo che ammettessi di aver sbagliato, non è da te!», ridacchia.

Stringo le labbra e alzo gli occhi;

«Mi fai così orgogliosa?»

«Mi prendi in giro?», ride, ha un sorriso bello Bernardo, di quelli che ti rassicurano e ti fanno sentire sempre nel posto giusto, di quelli che ti fanno sentire importante, speciale. E forse, oggi, ho bisogno proprio di questo. Perché a volte è davvero destabilizzante stare con qualcuno che ami così tanto ma che non sai mai fino in fondo cosa pensi. A volte, nonostante penso di conoscere molto bene Marco, mi chiedo davvero se sia sincero, se riesco a capire davvero tutto quello che pensa. E, per come sono fatta, ho sempre paura di trovarmi davanti qualcuno che non capisco alla perfezione perché ho bisogno di controllare la situazione.

Quando finiamo la cena, Bernardo insiste per pagare, facciamo la gara e, alla fine, vinco io, ovviamente.

Stiamo per tornare in camera, ci sfioriamo le braccia ma rimaniamo in silenzio. Io ho ripreso i pensieri su Marco, anche sé questa serata mi ha aiutato.

Siamo davanti all'ascensore quando si aprono le porte e mi pietrifico nel ritrovarmi Marco davanti, insieme a Claudia. Mi manca il respiro e le mani mi tremano, ma cerco di non darlo a vedere.

Mi osserva lui, da dietro le sue ciglia nere, con gli occhi imperscrutabili che mi fanno domandare cosa si cela dietro questi. Vorrei interpretarli i suoi pensieri. Vorrei poter fare un tour nella sua testa, capirne le intenzioni, sapere se è davvero sincero con me, se ci sono ancora io o è solo una stupida sfida contro Bernardo.

E poi mi domando se, io, sono disposta a passare sopra questi due anni di assenza e a lasciarmi andare a quello che sento.

«Buona sera, ragazzi, siete stati fuori?» è pungente il modo in cui lo chiede, stringe le labbra, se le morde come se si stesse trattenendo dal dire qualcosa di offensivo.

«Marco...» non so esattamente il motivo per la quale ho pronunciato il suo nome, so solo che è così complicato dar voce all'emozione, ai pensieri, far sparire questo senso di impotenza in cui mi ritrovo avvolta ogni volta che gli sono di fronte.

«Lo prendo come un si», scrolla le spalle, fa un sorriso finto, mi oltrepassa ed è come se mi sfiorasse la pelle, se mi bruciasse, se mi lasciasse addosso il suo odore.

Entriamo in ascensore, sento lo sguardo di Bernardo addosso, vorrebbe dire qualcosa ma forse in questo momento è facile capire quello che sto sentendo, il disagio che provo addosso.

Quando le porte dell'ascensore si riaprono, io esco fuori da lì immediatamente per riprendere aria e vado verso la mia camera, senza aspettare Bernardo. Lui però mi segue, mi mette una mano sulla spalla e quando mi volto per guardarlo, mi sento tremendamente in colpa nei suoi confronti perché Marco è riuscito a destabilizzarmi, come sempre.

«Scusa, Bernardo, io... vado...»

Annuisce senza che io termini la frase.

«Buonanotte, Siria» la delusione nella sua voce mi suggerisce di far qualcosa.

«Grazie per la serata» è tutto ciò che ne viene fuori. Ormai Marco ha preso totalmente il controllo della mia mente.

Vorrebbe aggiungere qualcosa, schiude le labbra, trattiene la voce, poi scuote la testa e mi fa un cenno per dileguarsi.

Rientro in camera mia, mi getto sul letto, le mani mi finiscono in viso, quasi mi schiaffeggio e mi maledico per come mi sento adesso; il telefono interrompe il flusso dei miei pensieri e scatto verso questo, come se già sapessi di chi si tratta, o forse ci spero soltanto.

Il suo nome è lì, scritto sul telefono, mi tremano le mani e mi sento un idiota per come mi fa sentire solamente per uno stupido messaggio. Il cuore mi batte forte, stringo le labbra, sospiro bruscamente e poi lo apro.

"Ecco perché mi stavi evitando... spero tu ti sia almeno divertita"

La rabbia mi stringe il petto, mi fa perdere il respiro e con esso si disperdono i miei battiti. Tento di ricompormi, di ragionare e capire che lui non si merita neanche un minimo della mia attenzione, ma sono così nervosa che scatto in piedi e sono già fuori dalla porta. Vado da lui, a fare cosa non lo so; però le mie gambe mi trasportano, il rancore annebbia la mia razionalità.

Sono costretta a frenare le mie gambe quando davanti a me si materializza una Sam, tutt'altro che in gran forma.

Sta guardando il vuoto e cammina avanti e indietro come una forsennata.

«Sam!?», la richiamo, lei si volta, mi guarda confusa, come se fosse così arrabbiata da non riuscire a riconoscermi. Poi le appare un piccolo sorriso di sollievo e viene verso di me, abbracciandomi.

«Che succede?», domando tra i suoi capelli.

«Ho litigato con Riccardo. Non volevo stare nella nostra stanza e, per questo, sono uscita fuori. Col cavolo che ci ritorno in camera con lui, per me può dormire solo, e lo può fare anche per il resto dei suoi giorni», sbotta, arrabbiata.

Per questo motivo, le dico di farci una passeggiata. Con tutto quello che è successo in questi giorni, tra i quasi baci tra me e Marco e l'incidente, abbiamo avuto poco tempo per stare insieme. Non so con quale forza riusciamo ad uscire fuori visto che si gela.

Samantha non smette un attimo di parlare, ma lei è sempre stata così. Io al contrario sono un po' più taciturna e preferisco parlare quando ho la soluzione a quello che dice.

Mi racconta di aver trovato un messaggio di una collega di Riccardo sul suo telefono. Che lei gli ha augurato buone feste, che poi i messaggi sono continuati perché sempre questa le ha mandato ripetuti messaggi, con emoticon a cuoricino. Che è furiosa perché Riccardo non gliene aveva parlato, che ha paura che lui possa essersi stancato di lei.

«Ma Riccardo a questi messaggi cosa diceva?», le domando, per avere il quadro più completo.

«Beh... non è che lui le facesse i cuoricini, solo che... le rispondeva e lo faceva anche piuttosto alla svelta. E sai com'è, io per aspettare una risposta ad un mio messaggio, a volte devo aspettare anche un'intera giornata perché dice che se ne scorda», sbuffa contrariata. Quasi le viene da piangere, ma non lo fa. Ha solo in testa Riccardo che la tradisce, anche se, conoscendolo, mi pare abbastanza strano possa farlo. Ama Sam da morire, questo è sempre stato sotto gli occhi di tutti. A volte molti si chiedevano se lui fosse davvero ricambiato, io ho sempre saputo di sì perché, anche se Sam non è molto espansiva sentimentalmente, so come guarda e rispetta suo marito.

«Ma tu... sinceramente, Sam!! ora a parte che sei arrabbiata e che ti senti ferita, pensi che Riccardo ti farebbe una cosa del genere?! Nel senso... noi donne abbiamo il sesto senso per queste cose, come lo vedi con te? Pensi che sia cambiato?»

Rimane ferma a guardare il vuoto, poi si volta verso di me e mi guarda con una confusione negli occhi che non le avevo mai visto. Anche perché lei è sempre stata abbastanza decisa nelle sue cose. Anche con Riccardo lo è stata: appena ha capito di volerlo, glielo ha detto chiaramente, lasciandolo spiazzato.

«È sempre Riccardo. Mica è molto affettuoso lui, ma non lo è mai stato. Sta sempre sulle nuvole, ma questo anche io. Mi riempie di regali, com'è sempre stato. Ma i suoi occhi sono sempre gli stessi, che poi sono stati quelli a convincermi, lui mi guarda con amore. E allora non ci capisco niente!», ammette, questa volta una lacrima abbandona i suoi occhi, subito la scaccia. «Non voglio perderlo, Siria. Ho paura perché io lo amo davvero!», mi confida.

Mi avvicino a lei, a volte è difficile dire con le parole a qualcuno di non preoccuparsi. Perciò spero che con i gesti il concetto si capisca; la stringo forte a me e le accarezzo la schiena, mentre lei si lascia andare alle lacrime.

«Sam» ed ecco che arriva Riccardo, la richiama e alzando gli occhi me lo ritrovo lì davanti, morto di freddo e con gli occhi tristi. Quegli occhi mi danno la consapevolezza che deve esserci una spiegazione.

«Vattene via, okay?» Sam ha cambiato totalmente espressione, davanti a lui caccia la parte più forte, perché non vuole farsi sovrastare.

«Perché non capisci che non c'è niente con quella?» non gli dà risposta Sam, e lui si avvicina. Mi guarda dispiaciuto per questa piazzata davanti a me, ma non si ritrae. La mia amica fa qualche passo indietro, ha bisogno delle giuste distanze per riuscire a non rimanere destabilizzata da lui. «Come puoi pensare che io ti possa fare una cosa del genere? Okay, ho sbagliato a non dirti di lei, neppure me ne ricordavo! Ma ora pensare che io possa tradirti mi pare assurdo!», sbotta. Stavolta è troppo vicino, riesce ad afferrare Sam, le stringe le braccia e la obbliga a guardarlo. «Sam, guardami... ti ho mai dato modo di pensare che non ti ami abbastanza?», sospira. La mia amica cerca di trovare quel punto in cui ha potuto dubitare, ma rimane in silenzio. Non vuole dire nulla perché fondamentalmente non è ancora convinta. «Andiamo in camera, parliamone»

Scuote la testa, Sam. Lo guarda con rabbia, ma soprattutto con delusione.

«Lasciami sola. Ho bisogno di pensare. Dormirò dalla mia amica», mi lancia uno sguardo e io ovviamente acconsento.

Riccardo è indeciso se mollare la presa, la guarda e si passa le mani tra i capelli scuri. Ha un viso tormentato, mi fa male vederlo stare male.

«Mi sembra assurda questa situazione...», ammette, «però okay, se preferisci fare così, okay» non è convinto, però un attimo dopo volta le spalle e se ne va.

E io abbraccio questa forte tanto fragile ragazza per tutta la notte, perché è chi sembra più forte che ha bisogno di avere qualcuno vicino, perché non te lo chiederà mai di esserci, sarai tu a doverlo capire.

Lo so che vi aspettavate un incontro tra Marco e Siria, però anche Riccardo e Sam fanno parte di questa storia e hanno bisogno dei loro spazi. Spero che comunque vi abbia coinvolto anche la loro storia! Scopriremo altre cose andando avanti...

A lunedì prossimo 😘

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