14•capitolo -A lei ci penso io-

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Marco

«Capisci?! Praticamente quando le porte si sono aperte, c'erano loro. Io sono stato tutto il giorno a pensare a come rimediare, a come farmi perdonare per quello che era successo, mentre lei se ne va a cena con Bernardo!»

Sono così infuriato, nervoso, frustrato, che sto assillando il mio amico. Lui sembra assente, non è che non  risponda, ma lo fa a monosillabi.

Quando vedo che non mi risponde per l'ennesima volta lo incalzo «quindi?»

A quel punto i suoi occhi neri si pietrificano sui miei, leggo rabbia e frustrazione dentro essi.

«Marco, non so che dirti, okay?», sbotta con rabbia e io indietreggio come se avessi preso la scossa. «Non lo capisci che è ferita perché l'hai mollata? E allora faglielo capire che è stato un errore e che non vi siete capiti! Stai sempre a lamentarti... a piangerti addosso perché non hai quello che vuoi, ma se ci tieni tanto, vai a prendertela!», alza la voce. «Non lo capisci che lei ti ama ancora? È così palese!»

Lo vedo amareggiato mentre pronuncia le ultime parole, che neanche riesco ad arrabbiarmi per il modo rude che ha avuto di dirmi queste parole. E allora me lo chiedo se c'è qualcosa che non va, perché ero così preso da me stesso, da non essermi accorto prima di quell'espressione confusa e sofferente che gli dipinge il viso.

«Riccardo» metto una mano sulla sua spalla, non mi guarda. «Sei sicuro che vada tutto bene?», chiedo.

Annuisce non convinto. Mi guarda pensieroso,  rammaricato, mi fa quasi pena vederlo così.

«Andrebbe bene se mia moglie avesse dormito con me, stanotte», sospira, passa ancora le mani sul viso come se potesse cancellare in qualche modo i suoi ricordi. «Ma no, ha preferito passare la notte con Siria»

Ha un'espressione affranta, è disorientato, non sa dove mettere le mani.

«Cosa c'è che non va tra voi?»

Sapere che ci sono problemi tra loro mi stordisce. Riccardo e Sam per me sono l'emblema della coppia perfetta. Si completano a vicenda, pur essendo molto diversi. Lei parla continuamente, sembra che abbia sempre qualcosa da raccontare; tutto il contrario di Riccardo che invece è un tipo taciturno e dice una parola ogni tanto. Insieme sono perfetti, non ho mai visto qualcuno amarsi più di loro.

«C'è che ha trovato un messaggio sul mio telefono!», tira su col naso, si gratta la nuca. «Un messaggio di... Rossella!», balbetta quasi mentre dice quel nome. Lo guardo confuso. Poi ha il coraggio di alzare lo sguardo e mentre lo fa, riesco a capire qual è il problema. «Non ci sarebbe nulla di grave se non fosse...» non finisce la frase e mi guarda ancora, come se cercasse coraggio da me.

«Non dirmi che è chi penso io!» ma non c'è neppure bisogno che mi risponda, perché i suoi occhi dicono più delle parole pronunciate. «Riccardo!», allibito dico. Non ci posso credere!

«Lo so cosa stai pensando...», si morde le labbra e mi guarda stordito. Dai suoi occhi si vede quanto si senta in colpa per la situazione in cui si è andato a cacciare e, ora, mi sto davvero chiedendo se ci sia qualcosa che devo sapere. Soprattutto che dovrebbe sapere sua moglie. So del suo amore per Sam, non ho mai avuto dubbi su questo, ma c'è qualcosa che non mi torna.

Sta per continuare a parlare, ma viene bloccato dall'entrata della diretta interessata seguita da Siria.

Ha i capelli raccolti in una coda alta, sta sorridendo felice, e mi perdo nella sua felicità perché ne vorrei far parte. Il suo sorriso, però, si tramuta in un'espressione dura quando incontra il mio sguardo. Passo una mano tra i capelli, ci guardiamo per degli istanti che sembrano infiniti, ma è lei la prima a cedere e volta le spalle. La vedo avvicinarsi a Giacomo, uno dei ragazzi del mio staff. Mi chiedo che cosa gli stia chiedendo, e ne sono profondamente infastidito, come ogni volta che si avvicina a qualcuno che non sono io.

La vedo ancora annuire, sorridere, annuire e sorridere. Riccardo ad un tratto si allontana da me, si avvicina a Sam, ma lei lo schiva e cerca di andare da qualche altra parte, peccato che il mio amico è più veloce e l'afferra. Non so cosa si dicono, ma dall'espressione del viso, so che ce la sta mettendo tutta il mio amico per parlarle.

Ed è lui il mio esempio. Il mio esempio di testardaggine. Non so cosa si nasconde dietro la sua menzogna, so per certo che ci deve essere una spiegazione a questo. E capisco davvero cosa significa amare: correre per quella persona. E allora lo faccio, questa volta cerco la mia occasione. Vedo che Giacomo ha appena appoggiato una mano sulla schiena di Siria, le corro incontro e mi piazzo davanti a loro.

«Tutto bene qui, Giacomo?» mi guarda stranito, Siria invece ha un'espressione d'odio.

«Va tutto bene» è lei ad intervenire, con un tono grave.

«Non ho chiesto a te» le mani ai fianchi, occhi con occhi. Mi guarda infastidita, ma anche con sfida.

«Hai chiesto di noi»

È quel noi che mi manda ai matti. Perché questo pronome può essere usato solo per descrivere me e lei, non altri.

«Stavo solo dicendo a Siria che l'aiuterò ad imparare a sciare» finalmente mi riferisce Giacomo, il mio sguardo però rimane incollato a quello di Siria. Dopo un po' lo sposto, guardo il ragazzo dagli occhi scuri con fare minaccioso.

«Non preoccuparti. A lei ci penso io. Puoi andare ad occuparti di un'altra»

«Ma...» tenta di obiettare Siria.

«Grazie per il tuo lavoro, Giacomo», esclamo. Capisce che deve andarsene se non vuole perdere il lavoro, e lo fa dopo un secondo.

Peccato che anche Siria lo faccia un attimo dopo, tenta di voltarmi le spalle e mollarmi qui, ma non la lascio andare. Le afferro la mano; quel contatto che mi fa andare in escandescenza, mi fa salire un brivido lungo tutta la colonna vertebrale, che innesca il mio cuore che batte solo quando lei mi sta vicina.

«Mollami» il tempo di voltarmi, me la ritrovo col naso a sfiorare il mio. «Non mi devi toccare!», ringhia, con furia, ma io la trovo bellissima in queste vesti. È un calore che aumenta, un fuoco che si accende e che accende me, è pura passione che divampa.

«Andiamo a sciare!» con calma dico.

«Con te? Manco per sogno!» tenta ancora di andare via, ma io mi piazzo davanti a lei, l'afferro e me la porto sulle spalle. Scalcia, si dimena, ma io sono più forte. «Mettimi giù, stronzo!»

La trascino alla seggiovia per salire su per la montagna e, solo in quel momento, la metto giù e la guardo con un sorriso strafottente.

«Ma che vuoi ottenere?», domanda, urlandomi contro.

«Nulla. Voglio solo andare a sciare con te» con tranquillità esclamo.

E Siria da lì in poi non smette di parlare. Continua a dire che non vuole stare con me, che sono un imbecille, uno stronzo, che mi odia. In tutto questo non le rispondo neppure una volta, mi perdo nelle montagne imbiancate, nella tranquillità che questi posti mi danno, dove mi sento a casa per davvero. ogni volta che me ne vado lascio qua un pezzo di me. E, a quel punto, Siria lo comprende che non le dò retta e rimane in silenzio. Adotta la parte inversa e non dice neppure una parola. Arrivati sopra la montagna, scendiamo dalla seggiovia, Siria lo fa prima di me e comincia a camminare più veloce, quasi inciampando. Ridacchio tra me e me, accorgendosene, mi lancia un'occhiataccia. Sta per dire qualcosa, ma non lo fa.

L'affianco, starle vicino è il miglior passatempo del mondo, lo vorrei fare sempre. So che prima che questo accada, devo convincerla a fidarsi di nuovo di  me, devo farle capire che la amo davvero e non è uno stupido gioco.

Si posiziona per sciare, ma non lo sa fare, mette le gambe storte e so che, se non l'aiuterò, cadrà di lì a poco.

Mi posiziono dietro lei,  metto le mani sui suoi fianchi e la sento trasalire per questo nostro contatto.

Si volta, gli occhi che esprimono tutta la sua rabbia, socchiusi e intensi.

«Cosa non ti è chiaro? non devi toccarmi!», sbotta, fa un passo indietro e quasi scivola, ma prontamente l'afferro e la stringo forte a me. La sento sospirare, è un calore sul cuore e non sul corpo il suo fiato caldo. I suoi occhi si piantano su di me, mi guarda così intensamente che vorrei potermi perdere nelle sue labbra gonfie, vorrei poterla fare sentire amata come una volta. Rammento ogni secondo passato insieme, mi viene voglia di scrivere delle nuove pagine con noi come protagonisti. Perché non voglio che finisca  così e mi chiedo  come abbia potuto lasciarla andare. Capisco solo adesso perché lei sia così arrabbiata con me. Non ha capito il mio allontanamento, avrei dovuto combattere di più e non semplicemente arrivare alla conclusione che lei non mi amasse più. Sospiro, lei mi segue, le accarezzo il viso, chiude gli occhi a quel contatto. Ma solo un attimo dopo si rende conto di tutto questo e si scansa. Vorrei solo riavvolgere il rullino, tornare a me e lei vicini, ma ha preso le distanze e sta respirando più in fretta.

Si mette di nuovo in posizione, l'avvicino ancora una volta. La guardo, lei sbuffa per questa mia intrusione.

«Siria, voglio solo evitare che inciampi. Se dovesse succedere, ti farai male», le dico, con gentilezza per convincerla.

«Tu fatti gli affari tuoi!», sbotta, facendo la solita orgogliosa.

Mi irrita quando fa così e mi fa innervosire così tanto, che decido di lasciar perdere e farle fare quello che vuole.

La vedo inclinare le gambe – male. Mi lancia uno sguardo assassino, guarda di sotto, leggo il terrore nei suoi occhi, ma ovviamente come volevasi dimostrare non perde mai  l'occasione di voler vincere la sfida. Non me la darebbe mai vinta; Ed è per questo che un attimo dopo la vedo gettarsi  di sotto.

La seguo, perché anche se dovrei farle fare quello che vuole dato che mi evita, non voglio che  si faccia male, le devo stare vicino. Non faccio in tempo a raggiungerla, che la vedo rotolarsi e cadere con la faccia a terra. Sorrido, perché penso non si sia fatta niente poi però quando mi avvicino vedo la sua faccia sofferente.

«Stai bene?» mi chino verso di lei, ha gli occhi bagnati dal dolore.

«Non riesco a muovermi!», ammette.

Cerco di aiutarla ad alzarsi ma, nel momento in cui lo faccio, lei si rigetta per terra perché non riesce a reggersi sulle gambe.

«Che succede? Che hai?» preoccupato le dico.

«Non lo so, ma mi fa male la caviglia»

Le scopro per quanto posso la gamba, le tocco la caviglia che mi accorgo essere gonfia.

«Vieni qui, ti porto in hotel» la prendo in braccio e, nel momento in cui lo faccio, i nostri occhi si incontrano. So che vorrebbe scappare, che farebbe qualsiasi cosa per non ritrovarsi in questa situazione. Ma io sono completamente risucchiato dal suo sguardo e sento i battiti aumentare ad ogni respiro rubato.

Fiocchi di neve si fanno sempre più pesanti sul viso, il vento è sempre più forte e mi rendo conto che, con lei in questo stato, non so come riusciremo a tornare in hotel. Devo trovare una soluzione e soprattutto, devo riuscire a non allarmarla. Alzo lo sguardo e vedo, davanti a me, una casetta.

È la mia unica soluzione!

Lo so che questo è un capitolo di passaggio, ma durante la settimana ne arriverà un altro.

Cosa pensate succederà tra Marco e Siria ora che sono soli?
Si scanneranno visto che Siria sembra essere sul piede di guerra, o riusciranno quanto meno a chiarirsi?😏

Per il resto come state passando questi giorni?

Un saluto a tutti e buon inizio settimana!😘

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro