Epilogo -Il regalo mio più grande-

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Siria

Ci sono mille motivi per essere felici, ma a volte siamo troppo presi dalle cose che ci fanno male, per provare ad esserlo davvero. In questi mesi, in questi anni, troppe cose non sono andate per il verso giusto, mi sono lasciata travolgere dagli eventi, fino a non essere felice nonostante le soddisfazioni in campo lavorativo.

È stato difficile superare la rottura con Marco, le mille incomprensioni, tutti i litigi che non portavano a niente, quando ci saremmo potuti venire incontro, parlarci e mettere da parte l'orgoglio. Cosa che, ammetto, non mi è mai stato facile, soprattutto considerando che Marco non mi aveva dato alcun modo di aggiustare le cose, aveva preso una decisione per entrambi, ma ciò non mi giustifica, visto che l'orgoglio e la testardaggine mi hanno impedito di andare io incontro all'amore che nutrivo e nutro nei suoi confronti e cercare in qualche modo di sistemare il tutto.

Adesso mi ritrovo a casa mia, a Milano, mentre guardo la grande città dal quinto piano e accanto a me c'è qualcuno che, come sempre, si prende cura di me benché nessuno gli abbia mai imposto nulla, senza che io gli abbia dato alcun motivo per restare dopo tutto quello che è accaduto. È seduto di fronte a me il ragazzo dagli occhi verdi, mentre si tocca ripetutamente il mento e mi guarda da dietro le sue ciglia castane, con quel solito sorriso rassicurante capace di scaldarmi il cuore come poche persone al mondo, capace di non farmi stare in allerta, con la sicurezza che io di lui mi posso fidare ciecamente.

Bernardo allarga le sue labbra in un sorriso, da un paio di minuti è a casa mia, a raccontarmi che tra qualche giorno partirà per la sardegna, andrà a trovare un amico, anche se già me l'aveva detto. Mi ha perfino portato la spesa, visto che sa che fatico a fare grandi sforzi, il torcicollo dall'incidente non mi ha ancora abbandonato. Poi mi accarezza una mano, si avvicina a me e me lo chiede:

«Sei sicura di non aver bisogno di altro?» scuoto il capo e le mie labbra si allargano in un sorriso sincero, uno di quelli che si fanno a persone come lui, sempre pronti ad aiutarti costi quel che costi.

«No, grazie davvero per tutto»

Ad un certo punto il campanello della porta prende a suonare, Bernardo si alza per andare ad aprire come fosse in casa sua, ma ora come ora, ha la confidenza per farlo. Apre la porta e riesco a vedere da qui il visitatore, che non è di certo contento di vedersi accogliere dalla persona da cui crede di doversi difendere. Avrà sempre questa rivalità nei suoi confronti. Marco saluta Bernardo in maniera astiosa, poi lo oltrepassa come a fargli capire che non ha bisogno di chiedergli il permesso per entrare in casa mia, ma se ne rimane fermo immobile davanti a me, con le mani dentro le tasche e lo sguardo inchiodato al mio in un'espressione imperscrutabile. E glielo lancio un sorriso, uno di quelli atti a rassicurarlo, perché lo so che, per quanto sia cambiato, Marco è istintivo e tende a farsi film che nella realtà non esistono.

Sono io perciò ad alzarmi, ad andargli incontro, a sbilanciarmi in punta di piedi per arrivare al suo viso, visto che è un bel po' più alto di me, gli dò un bacio e lo accarezzo.

«Va bene, Siria» dice Bernardo, il quale ha dipinto sulle labbra un sorrisino ironico essendosi accorto che la situazione con Marco difficilmente cambierà, che sarà sempre geloso di lui, «io adesso devo andare, ma per qualsiasi cosa, sai che puoi chiamarmi»

Gli vado incontro, lo stringo in un abbraccio con non poca fatica e gli dò anche a lui un bacio sulla guancia, che non è carico di sentimento come quello che ho appena dato a Marco, ma è sicuramente pieno di apprezzamento verso una delle persone che ammiro di più al mondo, che è stato capace di mettere da parte il sentimento che aveva per rimanermi vicino. Me l'ha detto, Bernardo, prima che arrivasse Marco che lui ha bisogno che io ci sia nella sua vita, anche se ha ben compreso che non ci sarà mai altro se non un'amicizia e sa che il mio amore è rivolto solo ed esclusivamente ad una sola persona. Quando gli ho sentito dire queste frasi, benché non ci potessi credere e avessi creduto di averlo perso, mi ha riempito il cuore di gioia.

«Non preoccuparti» risponde Marco al posto mio, «ci sono io per lei» stringe i denti e fa un sorriso fintissimo.

Bernardo ridacchia ancora divertito, scuote la testa e mi fa una carezza al fianco e non mi sfugge l'occhiata che fa Marco e il suo doversi trattenere per non intervenire in questa situazione.

«Buon viaggio!» dico al mio amico e gli lascio un altro bacio, dopodiché lui va via e io torno a specchiarmi negli occhi del ragazzo dagli occhi verdi che ha le mani strette ai fianchi.

«Non capisco davvero perché devi essere amica di quel tizio» sbotta, frustrato, mentre io piano mi avvicino a lui, accarezzo il suo viso e mi perdo nel suo sguardo, perché è il suo quello che riesco a definire casa, tesoro, amore. Lui è tutto per me e nemmeno se ne rende conto. In questi giorni, io e lui ci siamo sentiti continuamente, solo oggi è riuscito a venire da me perché ha dovuto concludere un affare con quella ragazza che non mi piace per niente come lo guarda, ma ho finto di non esserne gelosa; tutte le volte che penso di poterlo perdere, è lì che il mio stomaco si stringe, è lì che mi rendo conto che una vita senza di lui non la posso vivere felice.

«Voglio molto bene a Bernardo, non capisci ancora però che non è lui che voglio, né lo sarà mai!» accarezzo il suo viso, respiro a fatica.

«E non dovrà esserlo mai!»

Stringe il mio viso, ci ritroviamo vicini ed è davvero un'impresa impossibile non poterlo baciare, visto che ci siamo ripromessi di andarci piano, di non accelerare i tempi. Marco mi guarda le labbra e io faccio altrettanto.

«Ti porto da una parte, ti va?» sussurra a fior di labbra, lasciandomi senza parole quando non accorcia le distanze ma mi propone quest'altra soluzione, «il nostro primo appuntamento, dei tanti che avremmo insieme»

È questa la prima promessa che mantiene Marco, per tenere fede a quello che mi ha giurato, ovvero che questa volta non avrebbe affrettato i tempi, che mi avrebbe dimostrato di potermi fidare delle sue parole. E mentre siamo in macchina, mentre mi parla del proggetto di lavoro, è come se riuscissimo ad avere quella normalità tra noi che mi mancava. Perché a volte la normalità è vista come una noia mortale, si cerca sempre qualcosa in più, ma quel qualcosa in più per me siamo io e lui insieme, lui che mi lancia sorrisi, che mi prende la mano con la paura di sbagliare e intreccia le nostre dita mentre lo sento tremare di un'ansia che assale entrambi. Noi che abbiamo paura di gettarci ancora nel vuoto, non sapendo dove ci porterà, se commetteremo ancora degli errori e sé, soprattutto, questa volta saremo in grado di andare avanti e aggiustare il tutto prima di ritrovarci a non saperci più fare del bene.

E lui me lo sta facendo il bene, quando mi chiude gli occhi con un fazzoletto e mi porta in una spiaggetta. Quando mi toglie le scarpe, mi fa toccare con i miei piedi la sabbia, sento l'odore della salsedine che si infrange sui nostri volti. Quando mi toglie la benda, mi guarda con quegli occhi pieni di paura perché gli leggo attraverso che un po' di paura di perderla continua ad averla, e per fargli capire che anche io ho lo stesso terrore, che anche io sono umana e potrei sbagliare, gliela prendo la mano e mi rendo conto di tutto ciò che ha preparato. Delle candeline sparse, dei dolci – i fiocchi di neve che sono i miei preferiti – delle frittatine, le mozzarelle di bufala e lui.

«Se non puoi andare a Napoli, allora Napoli viene da te» mi guarda con uno sguardo speranzoso, perché vuole leggere dentro i miei occhi che ha fatto la scelta giusta, e l'ha fatta perché Marco potrà essere uno che non fa sempre la cosa giusta, ma nessuno più di lui mi conosce e sa di cosa ho bisogno.

Dopo aver finito di mangiare, ci tiene a farmi ballare e lo facciamo sotto le note di Tiziano Ferro, come sempre. Mi stringe a sé e mi ritrovo con la testa appoggiata al suo petto, il cuore che batte forte, riesco a sentirlo e diventa la mia canzone preferita. Mi bacia la tempia e mi stringe forte a sé, come se avesse paura di vedermi scivolare ancora dalle sue dita, perché anche lui non accetta di essermi stato tanto lontano.

«Sei... il regalo mio più grande» sussurra, come se qualcuno potesse sentirci, come se mi stesse rivelando un segreto e non volesse che nessun altro senta.


L'altra promessa che mantiene è il suo andarci piano, mi viene a trovare tutte le settimane, ma a parte qualche avvicinamento tra noi, qualche mio tentennamento - perché diventa davvero difficile mantenere le distanze - non andiamo mai oltre il bacio. Mi fa girare Milano, mi porta in qualche ristorante, al Mcdonald sapendo quanto amo quei panini calorici, e qualche giorno dopo mi fa una sorpresa, viene senza preavviso dicendo che deve portarmi da una parte.

Quindi mi ritrovo sulla sua macchina, a chiedergli continuamente quale sia, anche se spero che non me lo dica perché, per quanto io sia curiosa, amo le sorprese. Marco tiene le mani sigillate, mi lancia occhiate dolci e che riescono a mettere sottosopra il mio stomaco, e ammetto che la voglia di lui aumenta, sempre di più e fastidiosamente a livello che, se non lo riuscirò a sentire neanche questa sera, ne potrei morire.

Marco ferma la macchina al porto, mi invita a scendere e mi viene incontro, facendo il gesto che ormai è diventata una nostra abitudine, intreccia le nostre mani, e lo fa come se legasse la sua vita alla mia tutte le volte, come se mi volesse fare capire con questo gesto quanto non ha più intenzione di perdersi un giorno di me, così come aveva promesso.

«Ehi, Stefano» si ferma davanti ad una barca, ad un ragazzo che avrà all'incirca la nostra età, con una barba nera e folta, «potresti darmi le chiavi?»

Solo in quel momento capisco cosa ha in mente, vuole portarmi sulla barca e lui lo sa quanto è sempre stato un mio desiderio poterci salire durante la notte, stare con lui e il mare che sono le cose che più amo nel mondo. Rimango in silenzio, la mia euforia la zittisco visto che c'è ancora il tizio, ma quando rimaniamo soli, gli salto al collo e lo abbraccio per ringraziarlo per la bella sopresa.

«Non ci credo che lo hai fatto davvero!»

Mi sorride, sa di aver avuto l'effetto sperato e ne approfitta per sprofondare sul mio collo e lo sento ispirare forte.

«Sapevo che ti sarebbe piaciuto» dice, mentre fa partire la barca e io mi metto seduta vicino a lui a guardare il mare, «lo so che ami il mare più...»

«Più di te?» ridacchio, perché si è fermato soltanto quando si è reso conto di quello che stava dicendo, ed è per questo che metto una mano sulla sua stretta nel volante della barca.

«Già...» poi cambia discorso, visto che si è fatto imbarazzante, «volevo farti una sorpresa, ci sono riuscito a quanto pare» e mi guarda, ferma la barca quando ormai siamo lontani dalla riva, mi perdo nei suoi occhi che pare abbiano preso lo stesso colore del cielo, delle stelle sopra di noi che sono meravigliose questa sera, pare di riuscirle a toccare.

«Grazie»

Nel frattempo lui distende un telo per noi e ci distendiamo insieme, oso forse un po' quando mi metto sul suo petto e lui fa la medesima cosa quando mi stringe forte a sé dal fianco per sentirmi maggiormente vicino.

«Ho sempre desiderato farlo»

«Lo so...» mormora, «per questo l'ho fatto»

Mi ritrovo a cercare i suoi occhi, già ben piazzati sui miei, un sospiro esce fuori dalle nostre labbra come se per troppo tempo lo avessimo trattenuto.

«Ora viene la parte più difficile» sobbalzo quando gli sento pronunciare queste parole, fiato contro fiato, occhi contro occhi. Non riesco a capire cosa stia per dire, non me lo lascia intendere il suo sguardo, anzi, è totalmente tormentato nel dovermi dire questa cosa. Quasi tremo dalla paura di sentirgli pronunciare qualcosa che non mi piacerà affatto, ecco perché mi ritrovo a stringere la sua maglietta scura e a deglutire fiotti di saliva. «Non so come dirtelo, Siria, non so come la prenderai, però ci ho pensato tanto...»

Lo interrompo.

«Dimmelo e basta!» e come gesto istintivo, mi ritrovo ad allontanarmi da lui, a sentire il cuore che ancora una volta si spezza e la paura che lui possa ferirmi nuovamente, dicendomi qualcosa che non accetterò.

Ma Marco, tuttavia, si alza e mi guarda pietrificato, come se non mi capisse, si mangiucchia il labbro e distrugge le cuticole delle mani.

«Se non ti piace come idea, se pensi che sia presto, puoi benissimo dirmelo» mi stonano queste parole, non riesco più a capire e lui continua a tergiversare, ma un po' si avvicina a me, «la tua vita è qui ormai, io sto a Napoli e non posso chiederti di venire lì, di tornare da me, sarebbe egoista. Visto... visto che... il mio lavoro mi permette di spostarmi, ho... ho pensato che... insomma» prende un profondo e lungo respiro, poi me lo dice di getto, «ho pensato di prendere una casa qui a Milano per stare più vicini, non voglio che tu pensi che io voglia affrettare i tempi, che non ti rispetti in qualche modo, ma non ci riesco a stare così tanto lontano e ti voglio vicino, ti voglio vedere sempre e voglio che le cose tra noi funzionino. Però... però... se non ti va, posso aspettare anc...»

Il mio cuore arresta i battiti, si rompe in così tanti pezzetti che cerco di raccogliere i cocci e le lacrime mi bagnano il viso, di frustrazione, di felicità, di tutto quello che mi sono persa in questi anni stando lontano da lui. Le lacrime che ho gelosamente custodito, trattenendole continuamente di fronte a lui per paura che potesse approfittarsi di me, adesso hanno il via libera, perché una parte di me comincia a fidarsi del ragazzo che c'è davanti a me, anche se per farlo del tutto ancora la strada è lunga...

«Siria... perché piangi? Se non te la sent...»

Non gli dò il tempo di finire la frase, mi bastano due passi e i miei piedi toccano i suoi, tiro su col naso, prendo il suo viso e lo stringo forte tra le mani per poi fare pressione per riuscire a portarlo alla mia altezza. Il suo respiro ansante si mescola col mio, diventa una cosa sola, lo è sempre stato infondo, perché senza di lui mi è mancato un pezzo.

«Ti amo» lo dico così piano, quasi non lo sento neanche io, quasi nemmeno ci credo di averlo detto! E neanche chi mi ha udito, chi è dall'altra parte, il quale mi guarda con gli occhi sbarrati.

«Cosa hai detto?»

«Ho detto che ti amo... ti amo da morire, Marco! Voglio te da così tanto tempo, da troppo, da tutta la vita, da quando ero solo una ragazzina e non cambierà mai!» mordo il mio labbro forte, mentre cerco le sue ma non le trovo.

«Lo prendo come un sì!» ridacchia, «ti amo da morire anche io, e ti giuro, Siria, come ti ho promesso che io non starò mai più un altro giorno senza di te!»

E poi mi bacia, e mi dimentico di andarci piano, mi faccio spogliare con delicatezza da lui, lascio che la sua pelle diventi la mia, ma non mi dimentico di cosa ci ha separati perché questo ci aiuterà ad essere più forti, a non lasciare che le incomprensioni ci separino, a farci crescere negli errori e ad amarci più di prima.

E questa volta niente mi farà desistere dall'urlargli contro quando sarà necessario, non riuscirà a farmi stare un passo indietro, ma ci proverò tutti i giorni a far funzionare le cose, perché adesso non conta più se a lui piace la neve e a me il mare, se siamo diversi e a volte troppo uguali, conta che ci vogliamo davvero credere di poterci riuscire ad amalgamare, a credere in noi, a non lasciarci travolgere dagli eventi e a ricostruire un rapporto che ormai, almeno io, davo per irrecuperabile.

E ci riesco quando ci uniamo ancora a crederci di poter annientare ogni distanza che ci eravamo imposti e a credere in un nuovo o altro giorno tra noi.

Marco

Qualche mese più tardi...

«Siria... ecco... sono stanco di passare tutte le notti a casa tua, ma non ufficializzare il nostro rapporto. Forse dovremmo prendere casa insieme. Che ne pensi?»

Forse dovrei dirlo meglio, spiegarle meglio come mi sento a stare lontano da lei - anche se poi stiamo sempre insieme.

Riprovo, mi schiarisco la voce, passo una mano tra i capelli e prendo un lungo e profondo respiro, di quelli che restano incastrati in gola.

«Siria, ecco... devo dirti una...»

«Allora, come mi sta?»

La sua voce interrompe il proseguire della mia frase, mi giro per vederla e lei è lì, bellissima come sempre, anche di più visto quel vestito rosso che le cade sul corpo divinamente e quel trucco dalle tonalità chiare e più scure che le mettono in risalto gli occhi castani. Deglutisco fiotti di saliva, forse se ne rende conto che mi ha lasciato senza parole, si rende conto che io sono completamente andato per lei e mi fa un sorriso timido nel sentire i miei occhi addosso, scandagliare l'intero corpo.

«Sei... sei una favola, Siria!» mormoro appena.

«Mi sa che avevo capito senza che tu lo dicessi», ridacchia e si avvicina a me, mentre le mie mani istintivamente si posano sui suoi fianchi e i miei occhi sui suoi che mi catturano sempre. «Che dici: evitiamo la festa per ex studenti e rimaniamo qui a...» non finisco la frase, anche se so che ha ben capito le mie intenzioni.

«Dobbiamo andare: primo perché mia madre è in casa e, ficcanaso com'è, potrebbe ascoltare quello che facciamo. Secondo, perché Samantha ci aspetta, già a causa della distanza ci sono poco per lei, figuriamoci se la lascio sola sapendo che lì ci sarà Riccardo!»

In questo caso sospiro e annuisco, comprendo esattamente ciò che dice, le sue motivazioni, soprattutto la prima visto la signora Isabella sarebbe capace di tutto per spiarci. Ridacchio tra me e me.

Qualche minuto più tardi, arriviamo alla festa situata nella nostra ex scuola, dove ad attenderci ci sono un mucchio di persone che non vedo da anni. Dopo poco vedo Siria intercettare gli occhi di Samantha e dunque si allontana da me. Mentre io saluto prima Tommaso, un ragazzo della mia classe, che subito si avvicina a me, facendomi una delle sue solite battute che non ho mai davvero capito. Nonostante la folla, i miei occhi rimangono incantenati alla figura di Siria, la studio da lontano e ne approfitto per invitarla a ballare. Rimaniamo poco legati, lei qualche minuto più tardi, si divincola vedendo che Sam si sposta dal corpo di Riccardo, visto che stavano ballando e se ne va arrabbiata, chissà che è successo ancora! Purtroppo tra loro le cose continuano a non andare bene, pensavo che sarebbe stata una cosa passeggera, ma questi due rischiano davvero di non tornare a vedere la luce; E quando parlo di luce, intendo proprio gli occhi del mio amico Riccardo, che si trova a pochi passi da me e che ha gli occhi spenti, il dolore ormai lo ha avvolto così tanto da lasciar briciole di quel ragazzo felice di qualche mese fa. A dirla tutta, è stato sempre un tipo abbastanza tormentato, fin da quando l'ho conosciuto al secondo superiore, quando si è trasferito a Napoli con i nonni materni.
Mi avvicino con la giusta cautela a lui, ma non mi presta molta attenzione, anzi, i suoi occhi sono piantati in fondo alla sala, dove appunto c'è Rossella. Tanto è preso a guardarla, che neppure si accorge di me, se ne va da lei, anche se è da sua moglie che dovrebbe andare.

Non so più che fare, né che pensare; o meglio, ho ormai capito le sue ragioni, d'altra parte non so esattamente come risolvere i suoi conflitti, oltretutto con ormai questa distanza tra le città che c'è tra noi.

Ne approfitto per andare verso Siria, lei sta parlando animatamente con Sam, ma quando la raggiungo mi accorgo che quest'ultima si è dileguata e così faccio scorrere le mie mani sui suoi fianchi e appoggio la mia bocca sul suo collo; la sento trasalire per questo mio gesto, alzare la testa e poi girarla per trovare i miei occhi, per sorridermi tanto da farmi sentire ubriaco senza aver toccato alcol.

«Ti va di venire in terrazza con me?» le domando, quel posto per noi era qualcosa di importante negli anni delle superiori, lì sapevo di trovarla tutte le volte che non la vedevo in giro per i corridoi, sapendo che era successo inevitabilmente qualcosa. È lì che le ho dato il primo bacio.

Siria non se lo fa ripetere, avvolge la sua mano alla mia, si fa trascinare di sopra e quando apriamo la porta, il vento afoso di questa serata ci avvolge il corpo, il viso, e fa svolazzare i suoi capelli.
Neanche il tempo di arrivare, lei mi ha già avvolto le braccia al collo, mi sta ancora guardando con quello sguardo che mi fa ben capire quanto mi desideri. So che sono già passati alcuni mesi da quando abbiamo oltrepassato la burrasca, ci siamo ritrovati e promessi di esserci, ciononostante, ancora non mi sembra vero di averla tra le mie braccia, di aver ritrovato quella serenità che ci mancava anche negli ultimi tempi insieme. All'inizio le liti non mancavano, le sue paure riaffioravano, il mio istinto di dire sempre la cosa sbagliata andava in contrasto con le sue idee, nonostante ciò, adesso io e Siria abbiamo ricucito il nostro rapporto pezzo dopo pezzo e tutto ciò pare un lontano ricordo, non mi fa più pesare gli sbagli del passato, anzi, mi sostiene e mi capisce come ho sempre voluto.

«Che aspetti a baciarmi... come allora?»

«Come allora?» mormoro a fior di labbra, «ti bacio più di allora, meglio di allora, perché ti amo più di allora» ammetto, mi sconvolgo un po' di essere diventato così sensibile, tanto da esternargli ogni volta la mia paura di perderla. Possono sembrare delle suppliche le mie parole, quella di volerla tenere sempre con me e di non volerla più vedere andare via, ma è perché so che perderla significherebbe davvero dover lasciare un pezzo di me per strada.

«Sei troppo dolce per i miei gusti» mi prende in giro, Siria, ridacchiando ancora sulle mie labbra che sfiora ma non bacia; dunque la smetto con questa mia dolcezza, la sbatto al muro e guardandola un'ultima volta, affondo nella sua bocca, prendendomi tutto il suo sapore, tutti i suoi baci che in questi anni mi sono perso. Siria, con irruenza, con lussuria, mi sbottona la camicia, la getta a terra fregandosene se poi non riuscirò a rimetterla visto che è bianca e ci ritroviamo in pochi secondi senza vestiti. Le bacio tutto il corpo, le tocco ogni minima parte di lei, me la stringo addosso, la sento mugolare di piacere, quello che io stesso le do. E quando mi fa quel sorriso malizioso, non ci capisco più niente e me la vorrei prendere, non lasciare nulla di suo senza toccarla, ma prima di farlo davvero mi fermo, la guardo negli occhi, mentre lei mi guarda con disappunto per il mio tentennare.

«Okay... te lo dico adesso o non te lo dico più» prendo un profondo respiro, «Siria, praticamente vivo ormai da te, pago un affitto a vuoto, forse sarebbe il caso che o prendiamo casa insieme o uno dei due si trasferisca a casa dell'altro!»

«Marco...» annaspa, «tu trovi sempre il momento sbagliato per tutto» non è arrabbiata, sta sorridendo. «Ne parliamo poi, okay?» sospira, torna a baciarmi, ma mi distacco quel tanto che basta per poggiare la mia fronte alla sua.

«Si o no, se no mi trovo costretto a fermarmi!»

«Marco!» alza il tono di voce sul mio nome, «tu sei veramente...»

«Si o no!?» mi spunta un sorriso.

«Ma davvero vuoi parlarne adesso?» sbuffa, poi quando vede che sono irremovibile, incrocia le mani al petto.
«Non dirai sul serio?»

Annuisco convinto, mi sposto - di malavoglia - da lei, ancora senza vestito, ancora con la voglia di proseguire ciò che stava avvenendo tra noi, ma mi reprimo, perché se no troverà un modo di rimandare e io non posso più starle lontano.

«Ti odio!»

Scrollo le spalle, mi rialzo i pantaloni davanti ai suoi occhi vogliosi, ma anche arrabbiati e poi le volto le spalle. Faccio solo qualche passo, poi sento pronunciare le parole che aspetto, che voglio da troppo.

«Sei uno stronzo, Marco!» mi urla contro, «e, sì, voglio vivere anch'io con te!» poi riprende a parlare, «perché non posso più passare un altro giorno senza di te!»

Il mio cuore trabocca di felicità, quella vera e pura, quella che niente e nessun altro potrebbe darmi, quella che ha solo la parola amore come titolo, nessun altro.

E mi giro, la guardo, i suoi occhi sono nei miei, non provano alcun rancore, non sono più arrabbiati, vuole solo che io le vada incontro e lo faccio. Mi butto verso di lei, l'abbraccio, perché è con quello che le riesco a far capire quanto la amo.

«Ti amo, ti amo tanto!» mormoro, «ti amo!» ripeto, e la bacio, che non so neanche come lo trovi il respiro per ripetermi:

«Ti amo tanto anch'io!»

E siamo alla fine... questa volta davvero 🥺

Vi aspetto più tardi per i ringraziamenti 😘

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