Capitolo 3. Jamie

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Il cucciolo di Maltese

Il medico, devo ammettere, che era bravo.
Appena, io e Jasmine, reggendo mio padre, arrivammo all'ospedale, il medico, un moro sulla trentina, ci portò la barella e ci chiese cosa avesse. Gli spiegai tutto il più velocemente possibile e mi chiese i dati sanitari di mio padre. Poi gli consegnai la cartellina con l'assicurazione.
Mi disse "ci pensiamo noi a lui, piccola, tu sei stata bravissima" poi sparì e rimasi sola con Jasmine; -io faccio una telefonata- mi ha detto dieci minuti fa. -torno subito, tu rimani seduta tranquilla- e così avevo fatto.

Ma ormai erano passati più di dieci minuti e cominciavo a pensare che mi avesse mollata lì. Mi sentivo il mondo cadere addosso e non sapevo nemmeno cosa potevo fare per riportarlo al suo posto. Poi una mano sfiorò la mia spalla e mi volta.

-tu sei Jamie?- era una mora, bellissima con bellissimi occhi azzurri. -sono Lola, la figlia di Jasmine...- si sedette al mio fianco e sorrise. -non ha mentito quando ha detto che sei bellissima-

Abbassai lo sguardo. -non sono molto in vena... essere carina non salverà mio padre, i medici lo faranno- e cercai di togliere le lacrime dal viso.

-tesoro... a volte, bisogna aggrapparsi a se stessi e sapere che in quei momenti è meglio pensare al meglio e ad altro- la squadrai.

-è una cosa stupida...- potestai.

Lei sorrise. -lo so, ma almeno ti senti meno giù- scuoto il capo. -Jamie... devi mangiare- scuoto ancora il capo. -ti prego... non posso tornare da mia madre senza che tu abbia mangiato anche solo qualcosina-

-devo... devo mandare avanti il piano di papà- dissi alzandomi. Nella tasca della giacca di papà che avevo indossato, c'era il piano. -devo trovare un medico- Lola non disse nulla e immaginai non capisse, perciò procedo.

Percorro velocemente quel salone di pronto soccorso e vado alle informazioni. Mi avvicino alla signora occhialuta oltre il vetro. -salve, ehm, volevo prendere appuntamento per il controllo di un organo che mi è stato donato-

La tipa mi squadra. -non sei un pò giovane?-

-non si è mai giovane per un trapianto... quindi? Posso vedere qualcuno?- lei sospira e comincia a lavorare al computer.

-c'è un medico specializzato al secondo piano, adesso ti dò i fogli...- stampa i fogli. -dottor Jacob Blue-Bennett, piano 2, ambulatorio C2.09, basta che segui le indicazioni- annuì, la ringraziai e procedo.

Seguo i percorsi colorati, lungo corridoi immensi, salgo le scale fino al secondo piano e cerco l'ambulatorio. Quando ci sono di fronte e la puzza di ospedale mi ha bruciato i capillari del naso, busso. "avanti" sento dire da dentro e apro la forta. Alla scrivania un moro, spilungone con la faccia lunga, un maglione nero orrendo e occhi azzurri si alza appena entro.

-salve, mi chiamo Jamie Bennett, ho chiesto di poterla vedere- dico andandogli vicino e stringendogli la mano.

-dimmi pure- mi dice dopo che gli ho consegnato i fogli che mi ha dato la tipa del piano di sotto. Poi gli consegno i miei. Lui guarda tutto, referti e i medicinali. -ti fa male? Voglio dire, ti da fastidio?-

Annuì. -sta mattina, sembra sul punto di uscirmi dalla pancia... non riuscivo a camminare dal male- lui annuisce segnandosi quel che ho detto.

-facciamo un'ecografia, va bene?- e si alza, indicandomi il lettino e il macchinario per le ecografie. -quanti anni hai?- mi chiede.

-ne ho fatti 15, un mese fa- lui annuisce.

-togli la maglia e stenditi- ma dopo averlo detto si volta. -di chi era l'organo?- mi chiede mentre eseguo le sue direttive.

-di mia madre...- lui si volta sorpreso. -non mi faccia domande, la prego- e con amarezza annuisce. Inizia l'ecografia e controlla che sia tutto a posto.

-non te ne farò, te lo prometto, ma mi sembra strano che questo organo sembri sul punto del rigetto se è del tuo parente biologico più prossimo...- guarda i miei fogli. -devo chiederti di smettere con gli antidolorifici e aumentare la dose di immunosopressori... poi ti dò una soluzione che aiuterà la stabilizzazione a livello cellulare- poi mi guarda.
-rivestiti pure...-

Lui torna alla scrivania e segna qualcosa sulla mia cartellina e prepara la ricetta per i nuovi medicinali. -ti faccio la prima ignezione adesso... hai qualcuno che te le può fare?-

Mentì annuendo. Ci avrei pensato da sola finché papà non fosse stato bene. Lui annuì e mi ignetta nella pancia un liquido bianco che in un primo memento è stordente.

-per qualsiasi cosa, qualsiasi dolore, vieni qua che se la situazione diventa seria ti devo
ricoverare per non affaticare gli altri organi- annuì tristemente. Il fegato della mamma voleva lasciarmi proprio come lei.

-la ringrazio...- e con le ricette e tutte le mie carte me ne vado fuori dallo studio e torno a percorre di nuovo l'ospedale scuro e i suoi corridoi tutti uguali. Torno nel pronto soccorso. Quando vi entro, Jasmine si volta verso di me e mi viene incontro.

-Jamie!- sembra arrabbiata. Non le do torto ma non potevo stare lì a fare nulla. -dove diamine ti sei andata a cacciare? Ci hai fatto preoccupare!-

Arriccio le labbra, colpevole, quasi come faceva mamma quando mi dava il gelato di nascosto da papà. Ma non rispondo, non vuole una risposta, vuole sfogare la frustrazione di doversi occupare della figlia del figlio del marito, avuto con la prima moglie. Io c'entro poco e niente.

-ho da fare, torno qua tra una decina di minuti- le avviso e con le nostre cose, esco dall'ospedale.

Ho visto nel tragitto che a fianco vi è una farmacia ed è bene che prenda le medicine. Attraverso la strada e mi accorgo che devono essere le 10 perchè c'è un sacco di traffico e la città è in pieno movimento. Entro nel negozio dalle sfumature verdastre e la porta tintinna e molte persone in fila si voltano verso di me.
Prendo il numero e mi metto in fila ho il numero 66 e siamo al 58. Mi guardo intorno, tra i prodotti e le creme. Ci sono integratori e addirittura un reparto merendine. Mi siedo sul divanetto e dalla sacca di papà, tiro fuori il mio blocco da disegno e inizio a disegnare. Era quello che lui voleva facessi, quindi lo avrei fatto. Impongo le prime linee ma poi la mia idea cambia e cancello tutto. Piano, con molta cura cerco di specificare oggi ciuffo e sfumatura. Poi il arriva il mio numero, metto un secondo via il disegno e passo alla signora le ricette e lei va alla ricerca delle scatole.

Torna con le scatole, le pago ed esco dalla farmacia. Poco lontano, una panchina. Siedo  gambe incrociate. E' bello prendere aria invece che starsene chiusi in un ospedale. Se l'operazione va come deve andare ci metterà tantissimo, perciò mi dedico al mio cucciolo di Maltese bianco. Vorrei tanto un cucciolo... Avrò il disegno.

Definisco le dimensioni e tutti quei peletti e ciuffetti. Gli faccio indossare una salopette di jeans e un cappellino dello stesso -ideologico- azzurro e sopra la medaglietta scrivo "Ares", come il dio della guerra, così sarebbe stato capace di difendermi dalle cose cattive che mi stavano succedendo e da Leone, soprattutto da Leone. Quando lo ho finito sorrido mentre lo guardo. E' assolutamente il mio cucciolo. Vedendolo mi sento stranamente bene. Eppure... sotto al foglio sembra esserci un doppio strato, come quello delle figurine. Poso il resto del blocco e mi concentro a capire che diamine sia...
Mi metto a staccare l'angolo del foglio da quel doppio strato e quando riesco a diverli, e li allontano con calma, esce del fumo bianco che fa tossire e poi... poi un abbaio. I fogli sono separati e li poso sul blocco e sulle ginocchia... ho Ares.
Il cucciolo, il mio cucciolo. Ares.

-Ares?- chiedo e lui abbaia. Non so se ridere o urlare. -Ares!- e lui abbaia ancora e io sorrido come una ebete. -ciao amore... ciao bello- lo stringo al petto e lui mi da' tantissimi bacini con la sua linguetta umida. Ha il profumo di un cane, il calore di una cane, il peso e l'agitazione. E' un cane, il mio cane... Com'era possibile?

Guardo il disegno interrogativa e su entrambi gli strati vi è il cucciolo che ho disegnato ma quasi sfuocato, come se l'animaletto fosse uscito proprio dalla carta...

Che strano...

Alzo le spalle, rimetto apposto le mie cose dentro alla sacca e prendo il cucciolo tra le mani. -andiamo, fai il bravo- gli ammonisco mentre torno in ospedale. Sempre seduti sulle sedie scomode del pronto soccorso, Jasmine, Lola, un ragazzo che non avevo notato il dottore che mi aveva appena visitato. Jasmine vedendomi entrare si alza e mi sorride, poi i suoi occhi vanno sul cane.

-era rimasto nel suo trasportino, non potevo lasciarlo solo...- giustifico piano e lei sorride.

-hai fatto bene, i cani non dovrebbero mai essere lasciati da soli... come si chiama?-

-si chiama Ares-

Lola ridacchia. -il dio della guerra... originale- e ridacchio a mia volta.

-si sa qualcosa di mio padre? E' finita l'operazione? Sta bene?-

Jasmine e Lola si guardano. -hanno detto che ci vorrà ancora un pò...-

Mi siedo, accavallo le gambe e guardo Ares scodinzolare felice. -okay perfetto, aspetterò...- poi guardo il dottore. -tu sei il fratello di Lola?-

Lui sorride e annuisce. -Jake...- poi guardo quell'altro, più castano di capelli.

-Ben...- dice distratto guardando il cellulare. Sembra distante, se non proprio  distratto. Come se il fatto di essere lì, lo snervasse. Ma snerva di più me quel suo atteggiamento.

-se non vuoi stare qui, perchè ci stai?- gli chiedo secca senza giri di parole. Ben mi guarda e mi sembra quasi nel suo viso di riconoscere dei lineamenti di mio padre.

-bella domanda... chiedilo a mia madre- mi risponde scorbutico.

-perchè fa parte della famiglia e come parte della famiglia aspetteremo che Ryan esca dalla sala operatoria, insieme...- dice acida Jasmine a suo figlio.

-sì, un parente di cui non so nulla, se non che è il figlio del primo matrimonio di papà! Non è nostro fratello!-

Ares ringhia piano come se sentisse la tensione di quel momento come la sentivo io.

-no infatti, non è vostro fratello, ma tuo sì...- Ben alza lo sguardo alle parole di sua madre. -sei fratello di Ryan come lo sei di Lola e di Jake, Ben! E sei lo zio di Jamie, ed è probabile che legalmente, tu sia una delle persone che dovrebbe occuparsene se a lui succedesse qualcosa, quindi smettila di sbuffare e comincia a preoccuparti per qualcun'altro e non solo per te stesso!-

Ben si alza ed esce dal pronto soccorso, ma viene probabilmente subito ripreso, da un uomo, alto, grande e grosso col viso tirato e lo sguardo serio. So già chi è: è Max.

Ma nello stesso momento si alza Jake; -non ce la faccio a stare qui senza sapere nulla, vado ad informarmi- e anche lui sparisce dentro ai corridoi dell'ospedale.

Max saluta la moglie e poi il suo sguardo va su di me. -tu sei James...-

-Jamie...- dico senza guardarlo negli occhi.

-come stai piccola? Il fegato ti da' fastidio?- e alle sue domande alzo lo sguardo. Lui sapeva. Mi guarda con uno sguardo dolce quasi difficile credere che faccia parte del suo volto un espressione del genere.

-sto bene, credo... non voglio che lui muoia come la mamma- e senza che me ne renda conto le lacrime mi stanno bagnando il viso. E' tutto così nero... Sembra che la sfortuna si sia impossessata delle nostre vite.

-tuo papà è forte Jamie, ha guidato tanto per portarti da noi, questa famiglia è la tua famiglia come la sua, non succederà più nulla di male a te e al tuo papà...- e senza che me lo aspetti, mi abbraccia e il cane slitta sull'altra sedia. Ho tanto il sentore che quello sia un'abbraccio di circostanza più che di affetto vero ma per quel momento mi basta.
Poi mi passa una busta di carta scura, appena unta sul fondo.

-non c'è bisogno... Davvero- ma lui mi squadra.

-mi sentirei meglio se la accettassi...- mi dice serio ma anche con un mezzo sorriso sul volto. Apro il sacchetto e dentro c'è un biscotto con nocciole e cioccolato. Lo squadro ma lui sorride.

-okay...- spezzetto piano il biscotto e mi sforzo a morderlo. Max sembra più sollevato e mi sta bene accontentarlo.

Jake torna nella sala seguito dal primo medico. Mi alzo, prendo in braccio il cane e mi avvicino. Lui mi sorride.

-si riprenderà... L'abbiamo preso per un soffio, lo terremo qui un paio di settimane poi te lo restituire, tesoro... Ma puoi venirlo a vedere- guardo la famiglia e Max annuisce come per dire che va bene che io vada.

-puoi tenerlo?- gli chiedo passandogli il cane. -si chiama Ares, è molto buono...- poi mi allontana seguendo il dottore per i corridoi interni dell'ospedale. Affretto il passo è svoltiamo dentro una camera.

Appena lo vedo, non resisto più e le lacrime escono da sole; ha dei tubicini che lo fanno respirare e vari tubi che gli escono ed entrano dal corpo. Sembra così inerme, così piccolo. Mi avvicino prendendogli la mano.

-papà sono Jamie... Papà...- sbiascico con le lacrime che mi affannano il respiro.

Lui si volta verso di me e mi sorride. -la mia bambina... Come stai tesoro?- lo abbraccio stretto.

-ho seguito i tuoi piani, papà, ho trovato un dottore e cambiato le medicine... Ho fatto come volevi papà- lui sorride. -ho fatto un disegno... Ma è uscito fuori un cagnolino, si chiama Ares-

Lui ridacchia. -sono fiero di te, amore, sei coraggiosa e forte... Non mi pento di averti salvato la vita- e mi asciuga le lacrime. -per il cane... Ne parleremo poi- e mi fa accomodare e distendere al suo fianco, mentre lo abbraccio stretto e lo ascolto respirare.

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