Capitolo 3. Ryan

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Gara di stranezze

-La legge di Murphy è un insieme di paradossi pseudo-scientifici a carattere ironico e caricaturale. Si possono idealmente riassumere nel primo assioma, che è in realtà la "Legge di Murphy" vera e propria, che ha dato il titolo a tutto il pensiero "murphologico":
"Se qualcosa può andar male, andrà male"- e la classe scoppiò a ridere alle parole del professore. -siete d'accordo con Murphy?- ma calò il silenzio. -possiamo dirla in un altro modo secondo voi?- e dal secondo banco un mano si elevò e la vicina abbassa la testa, snervata. -Blackwood?-

-non si può dire anche che "quello che deve succedere, succederà"?- chiese Freya al professore e lui annuì.

-sì, esatto, molto bene... vogliamo aprire un dibattito su questo argomento?- ma la classe ancora non parlava. -bene, per domani, fatemi un tema di 5 mila parole su Murphy concludendo con una vostra opinione personale al riguardo- e la campanella suona ma il professore guarda davanti a sè. -Blackwood, Bennett, riuscireste a fermarvi?- e mentre la classe si allontana e McKenna, la best friend di Freya la guarda ansiosa.

Dopo che tutti sono usciti, io e Freya guardiamo il professore. -non crediate che la vostra pazzia di ieri sia passata inosservata... oggi pomeriggio voi due sconterete una punizione- poi ci guarda con aria severa. -da Freya potevamo quasi aspettarcelo, ma tu, Ryan? Hai ottimi voti, un buon comportamento... il perchè non ce lo spieghiamo. Avremmo potuto capire le prime settimane ma ora sei abituato, hai delle amicizie e dei risultati. Perchè Ryan? Fuggire così, per una ragazza...- poi guarda il foglio che ha davanti. -venite con me...- dice sospirando.

Le lezioni erano terminate e il professore di fisica, alzandosi, ci precedette fuori dall'aula e appena fuori McKenna guardò il professore;

-non può farlo, Freya non c'entra nulla, ne sono sicura- disse in vano la bionda.

-è arrivato l'avvocato difensore, signorina Blackwood, ma non credo che questa volta possa fare molto, signorina Ratford... siamo sicuri al cento per cento che Freya c'entri questa volta. McKenna puoi tornare nella camerata- disse il professore continuando a camminare.

-ti raggiungo dopo Mac, non preoccuparti- dice Freya alla bionda ora seria e impassibile.

Il professore ci guida fin dentro alla dispensa del collegio dove la signora Fitz ci guarda rattristata.

-la signora Fitz sarà il supervisore che controllerà che portiate a termine la punizione; sistemare la dispensa, poi andare in cucina, portare gli ingredienti della cena lì, preparare la cena, servirla e pulire la cuina. Al termine finirete i compiti. Tutto chiaro?-

Annuimmo restando in silenzio, mentre il professore usciva dalla dispensa.

-voi lavorate, io torno in ufficio se mi promettete che fate quel che vi è stato detto- tornai ad annuire.

-farò esattamente quel che mi è stato detto e così Freya, non si preoccupi, signora Fitz-

La donna annuì e ci lasciò soli in quella stanza buia. -non sei serio, spero...-

-oh sì, ma con l'eccezione, che tu farai i compiti per entrambi e io sistemerò la dispensa- dico sorridendole.

-perchè non può essere il contrario? Ho tanta voglia di vedere una B sui miei compiti- mi chiese in modo speranzoso.

-okay, andata- e mentre lei iniziava a sistemare gli scaffali controllando la scandenza e il genere delle cose, io iniziai il saggio su Murphy. -quindi sei pro o contro il pensiero di Murphy? Credi che quello che deve accadere, accadrà?- le chiesi mentre mi annotavo una scaletta.

-beh, diciamo di sì, ma è più che altro una speranza, almeno così sappiamo che c'è un motivo per le sofferenze e la solitudine... perchè tu no?-

Stringo le spalle. -non so, preferisco decidere io quello che deve succedere non un calcolo matematico- e le sorrisi. -ma per il destino... no non credo nemmeno al destino- lei sorride.

-quindi credi che noi ci siamo trovati casualmente a ripiangere i nostri genitori, nello stesso momento... quindi per te non ha ragione Murphy? Io credo che proprio noi siamo un caso autentico-

Sorrido. -perchè era "destino" che noi due ci trovassimo qui? In punizione?-

Lei annuisce. -sì e sono contenta che sia così- mi dice con un sorriso e torno ai nostri compiti, incredulo. La avevo pensata tutta notte, soddisfatto di ogni mia decisione e contento di non essere stato troppo avventato nell'agire. Volevo capire se mi piaceva prima di partire in quarta.

-come mai McKenna è così protettiva?- le chiedo allora.

-non lo è... è solo che si sente molto sola e preferisce che le stia vicina, certe volte è molto irrazionale e non vorrei facesse qualcosa di stupido- poi sorride. -ma tu come mai non hai amici?-

Risi piano, passandomi una mano tra i capelli. -sono un secchione nerd, "checca", a cui non piace la gente, ecco perchè non ho amici- poi la guardai. -e non dimentichiamoci il motivo più importante-

Lei mi guarda, divertita. -e sarebbe?-

-sono responsabile ed un rompicoglioni- e mi alzai raggiungendola tra gli scaffali. -ho finito i compiti-

Lei ridacchia. -mi piace che tu sia respondabile e anche taciturno... ti rende diverso ed è bello- mi dice guardandomi negli occhi. Ha degli occhi bellissimi, così espressivi e dolci, incredibili. Ma poi cambia traiettoria con lo sguardo. -sistemiamo il resto- e senza guardarmi ricomincia a sistemare.

La imito, perdendomi nei miei pensieri. Ma la guardo, mentre stringe i suoi capelli rossi in una coda ordinata. Sistemo il cibo in scatola, la carne essiccata e i sacchetti delle spezie in ordine alfabetico. Nel mentre la sento canticchiare piano, ma non capisco cosa dica o la canzone. Ma la vedo molto concentrata nel farlo. E distogliendo lo sguardo, per poi tornare su di lei, l'aria che la circonda prende un color rosso scurissimo. Sbatto più volte le palpebre ma lei sembra avere intorno questo alone scuso.
Vorrei chiedere, domandare, cercare quasi di toccarlo ma non voglio essere il solito pazzo che vede cose strane. Mi sfrego gli occhi ripetutamente, magari è solo la luce o la stanchezza, ma è ancora lì, sempre scuro, sempre intorno a Freya.

-tutto bene?- mi chiede guardandomi e in quell'esatto momento, quell'alone sparisce e non riesco a crederci. Annuisco senza dire nulla.

-cosa stavi cantando?- le chiedo cambiando argomento e cercando di non pensare più alla mia follia.

-una filastrocca che viene tramandata da generazioni nella mia famiglia- mi dice e prima che me ne accorga la ho di fronte. -la vuoi sentire?- annuì scrollando le spalle.
-die, in noctem. In somno, in vitam. Mane apud me manere mecum, diligat illa mihi. Ego te respicere sicut me- poi mi guarda in un modo dolcissimo, intenso, incredibilmente lucente. Ma intorno a lei, anzi a noi, l'alone persiste. Non posso fare a meno che guardarlo. -Ryan... Ryan guardami- e lei mi chiama. La guardo e i suoi occhi color rame sono quasi accesi, quasi dorati al centro. Ma tutto finisce molto presto e lei si acciglia.
-ma che diamine hai?-

-niente...- e mi scanso, ancora incredulo, cercando di riordinare le idee. Avevo sempre visto cose strane, ma mia madre dava la colpa al divorzio con mio padre. Ovviamente. Vedevo luci, cose che non ci sarebbero dovute essere, persone e animali distoriti e lucenti. Ma in quei casi, mentre il panico mi bloccava lo stomaco, comiciavo a dirmi 20 cose vere. E così anche quella volta. -uno, io. Due, mamma. Tre, il collegio. Quattro, la mia bici. Cinque, il sole...- e alla quinta, lei tornò davanti a me.

-Ryan...?- ma chiusi gli occhi sedendomi per terra e ricominciando il mio conto.

-non puoi ignorare le cose che vedi...- e aprendo gli occhi, Lui. -ciao Ryan, finalmente- e alzai lo sguardo.

-no... no ti prego, vai via, tu non sei reale...- mi stava, realmente, venendo da piangere, non poteva essere tornato, non anche lì!.

-chi è la gnocca? La tua ragazza?- poi inizia con quella sua risata gelida ed è quasi più forte di me, mettermi le mani sulle orecchie e pregare tra me che se ne andasse presto.
-oh andiamo Ryan, non sei gentile...- lui, mi si siede a fianco, accendendo la sua sigaretta puzzolente. -dove eravamo rimasti l'ultima volta? Ah sì... ma ti ricordi? Probabilmente no, quindi ricomincio... sono nato il 9 gennaio 1985, era una giornata piovosa e mia madre...- e ricormincia.

-Ryan...- e un'altra voce attira la mia attenzione. La signora Fitz mi è davanti. -stai bene, caro?-

-senti mi ascolti...? Beh, il mio nome completo è Franklin Milo Suttherland, ma la gente mi ha sempre chiamato solo Frankie- non sapevo, sinceramente, dove guardare o a cosa credere.

-Ryan, puoi dirmi che giorno è?- mi viene chiesto.

-il 17 novembre dello stesso anno sono stato battezzato e ho detto la mia prima parola, per chiamare mia sorella Vanja-

-17 novembre 1985 ha detto la prima parola- mi esce dalla bocca. -per chiamare la sorella Vanja-

-esatto bravo... comunque dicevo: ero un bambino felice, indossavo sempre quello che mia madre mi metteva, non mi lamentavo ed ero il cocco di casa, bello come il sole-

-vanesio- gli dico e lui mi fa una pernacchia. -non ti arrabbiare ma è un dato di fatto... e poi, oltre la tua bellezza?-

Lui ridacchia. -la bellezza non è un fattore da sottovalutare, con i miei capelli color oro e i miei occhi verdi, un vero angelo... mi amavano tutti-

-ancora più vanesio...- gli dico ridacchiando a mia volta.

-senti amico, è la mia storia, la racconto come voglio e se mi voglio vantare lasciamelo fare- poi mi guarda. -comunque, ero molto legato alla mia famiglia, per me erano tutto, soprattutto mia sorella.... un secondo, ma sai che quelli lì ti considerano un pazzo?- e a quel punto volto la testa e la signora Fitz mi sta guardando preoccupata.

-Ryan, sei sicuro di sentirti bene? Insomma, non è il 17 novembre 1985, è il 27 gennaio 2013- annuì alzandomi.

-sì, sto bene, scusi, posso riprendere la mia punizione?- le chiedo mentre mi pulisco il pantalone. -sto bene, davvero-

Lei con aria preoccupata annuisce e lascia di nuovo me e Freya nella stessa stanza.

-cosa è successo in quella data?- mi chiede Freya.

-niente...-

-non è vero è successo qualcosa... ah sì, dobbiamo passare in osservati, hai ragione Ryan- Frankie gira intorno a Freya ma lei ancora mi sta guardando.

-dimmi che cosa vedi Ryan...- ma prima che possa rispondere mi si avvicina. -e non dire "niente" perchè non ti credo più, che cosa vedi?-

-io glielo direi...-

-zitto Frankie...- e Freya si acciglia.

-chi è Frankie?- mi chiede lei. -parla-

Sospiro. -non lo so... è un ragazzo, che mi gira intorno ogni tanto, all'inizio nemmeno sapevo di poterlo vedere solo io... lui sa di essere morto ma è in fissa di volermi raccontare la sua storia. A volte se mi ci metto riesco a non vederlo-

Lei diventa seria. -altre cose?-

Ridacchiai. -ora penserai che sono pazzo- comincio. -prima, mentre recitavi quella filastrocca, intorno, ti si è formato un alone rosso scuro e avevi gli occhi dorati... ed è assurdo-

Lei però non sembra sorpresa. -altre cose? Senti anche cose strane? Visioni?- poi ancora. -l'alone ti era già capitato di vederlo? Qualcuno si è mai accorto che potevi vedere queste cose? Quando sono cominciate?-

Risi. -Freya... piano. Ci credi?- le chiedo accigliandomi.

Lei ha un'espressione colpevole. -Ryan, credo a molte più cose di quelle a cui credi tu e ho visto cose che non puoi nemmeno immaginare... perciò rispondi- e torno dall'altra parte della stanza.

-non pensi sia pazzo?-

Scuote il capo. -no, non lo penso... ma dopo avermelo raccontato, non ne parlare con nessuno, un talento come il tuo può essere usato per cose incredibili... ora parla-

-credo di aver sempre visto cose strane, da piccolo solo luci e ombre distorte e animali o esseri più grandi o più piccoli del normale. Visioni che io ricordi no, ma mi è capitato spesso che i sogni si realizzassero. Di aloni, no, era la prima volta. Lo sapeva mia madre ma dava la colpa al divorzio o alla digestione... mi ha portato varie volte da specialisti a cui però non ho detto nulla mai, ma hanno provato a darmi dei medicinali... Le cose strane sparivano ma i sogni diventavano più forti, meno sogni e più immagini. Facevano più paura perciò ho smesso i medicinali e i sogni sono tornati più normali-

Lei annuisce. -e di questi morti come Frankie, ne vedi spesso?-

Scuoto il capo. -no, o almeno non credo, evito i cimiteri e gli ospedali più che posso...- poi la guardo. -perchè non sembra sorpreprenderti questo?-

Lei sorride in modo triste. -perchè io faccio molto peggio di te...-

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