Capitolo 2. Jamie

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Fergus Falls

-Jamie... Jamie, sveglia-

La realtà mi colpisce come un pugno allo stomaco, o per meglio dire, al fegato. Non ho il tempo di aprire gli occhi che un dolore, che fino a quel momento non provavo, mi colpisce, proprio lì. Proprio dove c'è la mamma.

-Jamie, respira, va tutto bene, ora ti dò le pastiglie, respira...- dice lui massaggiandomi la schiena con dolcezza. Lo sento spostarsi, il dolore è fortissimo, come un fuoco o che qualcosa mi si stia staccando da dentro. E' il fegato, il fegato della mamma, che non vuole restare con me, che vuole andarsene come lei. Nessuno dei due vuole restare con me.

Mi passa il tubetto e un bicchiere. Mi tiro su appena, dolorosamente e mando giù le due pastiglie di immunosopressori per ridurre le difese immunitarie e non far rigettare il fegato della mamma.

Lo guardo, nei suoi occhi verdi e sorrido, con fatica. -grazie papà- lui annuisce solamente e mentre cerco di rallentare il battito del cuore, lui torna a prendere su le nostre cose e me.

-posso camminare papà...- protesto con il fiatone.

-fidati, è meglio che ti muova io, tu devi recuperare le forze... quando saremo arrivati andremo da un vero medico che ti prescriverà qualcosa di più efficacie- dice più a se stesso che a me. Chiude la porta della camera alle spalle e andiamo alla macchina, mentre l'aria fredda mi sposta i capelli. C'è odore di città, di ciambelle e della vita che ormai avevamo abbandonato. All'orizzonte il cielo chiaro e un sole tiepido, doveva essere tarda mattinata ma sembrava molto prima. La luce però per quanto rada è fastidiosa e mi stringo nel colletto della camicia di mio padre. 

-dove siamo e dove siamo diretti?- gli chiedo mentre apre la portiera della macchina. Ancora non parla, mi posa sul sedile dell'auto, chiude la portiera e va a restituire la chiave. Lo vedo chiaramente mentre parla con il proprietario e torna da me.
Apre la portiera, entra nell'abitacolo. Si posiziona per bene, mette la cintura e accende l'auto. Con un movimento fluido fa retromarcia e siamo di nuovo sulla strada statale.

-siamo più o meno a siamo in Minnesota tra Minneapolis e Fergus Falls, ed è quest'ultima la nostra tappa, ma ora devo tornare sulla I-94, e ci mancano più o meno 90 chilometri, resisti altre 2 ore più o meno e ci siamo- e a quel proposito sorride.

Non riesco a credere che da casa nostra a San Jose eravamo scappati, -perchè ammettiamolo eravamo scappati- in Minnesota. Più di 30 ore di macchina per via dei lavori e da uno stato sulla West Coast, da dove quasi vedevi il mare, c'eravamo sposati in un uno stato nordista il cui unico sbocco era il patetico Red Lake o il Lake Superior. Perchè si sono abbastanza brava in geografia.

-perchè a Fergus Falls?- gli chiedo con il tono più pacifico degli ultimi giorni. Lui arriccia le labbra, ancora incerto. -e andiamo, sono tua figlia, non una spia russa, avrò il diritto di sapere perchè dalla California ci siamo spostati in Minnesota!-

Lui fa un profondo respiro. Intorno a noi, la statale I-94W. -abbiamo dei parenti nel Minnesota, penso ci possano aiutare e vorrei che li conoscessi. Io sono cresciuto lì, mi farebbe piacere se ci vivessi anche tu-

Non so perchè quell'uscita non me l'aspettavo. Tra tutte le motivazioni, la mancanza della propria famiglia d'origine proprio non lo avrei mai detto. Papà non aveva mai parlato molto della sua famiglia, non ci era legato e non sapevo nemmeno se ne avesse davvero dei contatti.

-e sei contento di tornare a casa?- gli chiedo piano.

Lui sorride e annuisce. -è tanto che non ci torno, e ora che so che posso riprendere i rapporti con loro vorrei darti un legame con loro- si prese un colpo quando quasi feci un salto sul sedile buttandogli le braccia al collo. -Jamie! Che diamine fai?-

-grazie, grazie, grazie... è grandioso, meraviglioso, stupendo, frequenterò la scuola che hai fatto tu!- lui si passa le mani tra i capelli.

-non è esattamente così, ma diciamo di sì-

Lo squadro. -in che senso, scusa?-

-diciamo che io ho fatto solo le elementari lì, dalla "middle class" ero già a Beckley in West Virginia, poi ho finito il liceo nel collegio inglese dove ho conosciuto tua madre... Ho un'idea di casa molto più complessa dell'idea che hai tu dello stesso concetto, Jamie- e sorride, semplicemente.

-che vuoi dire non capisco? Cosa andiamo a fare a Fergus Falls?- a quel punto non capivo, se ci aveva passato solo pochi anni, perchè tornarci?

-amore, i miei genitori hanno divorziato quando avevo 9 anni, ho vissuto la mia via a Fergus Falls quando c'era ancora pace in casa mia, poi mia madre ha deciso di andare a vivere lontano e non farmi vedere tuo nonno. Ora, io e te, andiamo nella città natale perchè ancora ci vive mio padre, tuo nonno- cominciavo a capire. -non ti farò conoscere quella stronza manicale di mia madre, ma che io ricordi, tuo nonno è un pò più "normale"-

-credi o lo sai?- alla mia domanda, ridacchia nervosamente.

-credo e spero- e con tutto il mio cuore spero sia sarcastico perchè non poteva veramente starci per buttare in una vita completamente opposta alla nostra, solo perchè aveva deciso che gli mancava suo padre, del quale aveva, appena qualche ricordo.

-ma tu sei convinto giusto? Voglio dire, non piomberemo nella vita di questo tuo possibile parente senza che lui o lei, non sappia nulla, giusto? Tu gli hai, veramente, telefonato, vero?- lui arriccia le labbra e la cosa è preoccupante. -papà?!-

-diciamo... di sì, quasi, gli ho mandato un messaggio- involontariamente, sbatto forte la mano sulla fronte. Non posso crederci.

-bene, se ci sbattono fuori è colpa tua- dico innervosita da questi suoi attenggiamenti da menefreghista. -almeno sai di poter trovare un medico... e non solo per me, anche per te, perchè tu dì pure di no, ma sono sicura che ti fa male-

-Jamie, so prendermi cura di te-

-disse l'uomo con una scheggia del paraurti nella milza- canzonai guardando fuori. L'atmosfera lì in Minnesota era molto più scura della California, si vedeva poco il sole ed era tutto infagottato in uno spesso strato di nebbia e non riconoscere nulla non era divertente. E sapere che il proprio padre si comportava da ragazzino era peggio ancora.

-Jamie... Jamie- e alzai lo sguardo, tornando dritta. -Jamie, non fidarti di ciò che vedi, fidati di Ryan-

-cosa hai detto?- gli chiedo.

-non ho detto nulla... perchè che hai sentito?- sbatto più volte le palpebre. -sei conscia che ti sei appisolata vero? Magari era solo un sogno- lo squadro. Mi ero appisolata? Perchè non me ne ero minimamente accorta?

-niente, forse è come dici tu, solo le rimanenze di un sogno- poi guardo fuori siamo in una città. -siamo arrivati?- poi il navigatore rispose alla mia domanda

-"all'incrocio, voltare a sinistra, poi subito a destra, a 100 metri, la tua destinazione"- papà fa come il navigatore gli ha detto e ci troviamo in un quartiere benestante, con casette indipendenti con giardino e garage. Hanno un'aspetto ordinato, quasi lussuoso. La casa che il navigatore ci indica e quella ad angolo, infondo. Papà parcheggia.

-hai un piano?- gli chiedo mentre fissiamo attoniti la casa, da cui molto tranquillamente esce una signora bionda dall'aspetto ordinato che si mette a dedicarsi al giardino curato e all'aberello di ciliegio rosa, in fiore.

Lui deglutisce. -sì, più o meno... vado, vado- scende dall'auto e lo seguo prendendolo per mano subito. -vieni con me quindi?- mi chiede sorpreso.

-il tuo piano fa schifo- dico chiaramente accompagnandolo. Lui ridacchia avvicinandosi alla cancellata. La signora bionda ci guarda.

-salve, desiderate?- ci chiede scrutandoci e guardandoci con attenzione. Sembra diffidente, quasi come se pensasse che fossimo del governo o del fisco.

Papà arriccia le labbra. -abita qui, Maximilian Bennett?- Maximilian, ora mio nonno aveva un nome. Forse potevo chiamarlo solo "Max" o forse era uno di quei signori altolocati che bisognava chiamare "signor Bennett" o quelli più stravaganti, in crisi di mezz'età che, dandoti un centone ti chiedevano di chiamarlo "zio Max".

-chi lo cerca?- gli chiede la donna ancora più seriamente.

-sono Ryan, Ryan Bennett- e la donna strabuzza gli occhi.

-sei il figlio di Margot...- ma prima che la donna possa aggiungere qualcosa, mio padre salta fuori con:

-sono il figlio di mio padre... non ho un buon rapporto con mia madre- e la donna arriccia le labbra e fa un cenno con la testa, di entrare. Ma mio padre non fa tempo a toccare il cancello che un pastore tedesco che non avevo visto, corre ad abbaiarci contro sguaiato. Il mio cuore fa un salto e cerco di tirare indietro mio padre.

-Leone! Leone cuccia!- urla la donna e il cane, Leone, si zittisce e si stende sul prato.

Papà mi guarda e sorride. -vedi, tanto grosso ma anche ubbidiente, perchè non prendi esempio?- lo squadro terrorizzata. -scherzo...- ma quello "scherzo" non fa ridere nessuno.
Entriamo piano dal cancello e il cane emette un ringhio cupo verso di noi.

-non preoccuparti, non morde- mi dice la donna che chiude poi il cancello, facendoci strada. -venire, forza- ci conduce oltre la porta e davanti a noi, il salotto. -mi 'spiace per il disordine, ma la donna delle pulizie è ammalata e da sola non sono riuscita a fare molto-

-non preoccuparti- oltrepassiamo il salotto e dopo una porta giriamo a sinistra e subito dopo a destra, dove siamo in una gigantesca cucina.

-io sono Jasmine, Max è mio marito...- ci spiega invitandoci a sederci. -Max sapeva che venivi?- papà annuisce.

-sì, anzi, mi aveva consigliato lui di venire il prima possibile... e mi dispiace disturbare-

Lei sorride appena e mi guarda. -non sono sicura di aver capito il tuo nome...-

-non l'ho detto... Sono Jamie, signora Bennett- dico guardandola.

-è mia figlia- dice papà come spiegazione alla sua espressione incerta.

-non ti somiglia molto... solo gli occhi- e sorrido, mi era sempre stato detto; somigliavo prevalentemente a mia madre, ma gli occhi e il viso ovale erano suoi. -comunque Max arriverà a momenti... posso offrirvi qualcosa? Acqua? Succo?-

-per me, no grazie- mio padre mi squadra.

-non hai fame? Dovresti fare colazione... La vado a prendere se mi dici cosa vuoi...-

-no-no, papà davvero, sto bene, così, magari più tardi... o ci vado io, voi parlate-

-o mi dici cosa vorresti e vediamo se ho qualcosa...- mi offre la donna passandomi le mani tra i capelli. -dimmi dai-

-è uguale, davvero- dico piano guardandomi le mani.

-ti va un cup-cake? Mio figlio ancora non è sveglio e ce n'è uno in più, prima che non ne si trovi neanche la puzza meglio approfittarne-

Sorrido. -va bene il cup-cake allora- lei annuisce contenta, sembra un pò quelle nonne che ti dicono che mangi poco e che sei sempre sciupato. E' leggermente fastidioso ma devo dire che mi fa piacere. Poi le guarda mio padre. -per te, Ryan?-

-io niente...- lo vidi impallidire di colpo.

-papà...- ma anche chiamandolo, non mi guardava. -papà!- e sapevo cosa sarebbe successo. Mi alzai di fretta e prima che cadesse dalla sedia, lo presi. -io te lo avevo detto, te lo avevo detto!- era bianco come un cencio. -porca miseria...- e prima di imprecare guardai la donna. -scusami, scusami e scusalo tantissimo, ma ti devo chiedere di prendere le chiavi della mia macchina, perchè sta facendo infezione la scheggia di vetro che ha in corpo- lei spalancò gli occhi. -sì è un coglione ma io non so guidare, o almeno non ho la patente-

Lei annuì e mi aiutò a prendere su mio padre che pur avendo gli occhi aperti, era privo di sensi.

-guai a te se mi lasci, guai a te se mi lasci orfana, guai!- gli dissi cercando di mantenere la calma, mentre uscivamo nel giardino. Lanciai a Jasmine le chiavi e aprendo la macchina, lo sdraiai dietro. -proprio adesso... sei incredibile!-

Jasmine mise in moto mentre la maglietta di mio padre si riempiva di sangue.

-mi dici che diamine sta succedendo Jamie?- mi chiese lei mentre già eravamo per strada.

-tre settimane fa, io, papà e mamma eravamo in macchina, stavamo andando piano, ma un camionista ubriaco ha iniziato a guidare come un pazzo contromano, prendendo in pieno la nostra macchina e facendola rigirare su se stessa per un boschetto per un tot. Papà guidava e gli si è conficcata una sceggia nella milza, ma non ha voluto farsela togliere perchè, mia madre stava morendo e io avevo lo stomaco squartato. Mia madre poi è morta e lui, per venire qua ha deciso di ignorare questa cosa e ora sta facendo infezione-

Lei mi guarda dallo specchietto. -non morirà Jamie, te lo prometto e aspettando che si rimetta potrai stare con noi, ma tuo padre non morirà e tu non sarai sola okay?- annuì e in quel momento mi resi conto che mio padre, aveva intrapreso tutto quel viaggio proprio a quello scopo. Allo scopo di darmi una famiglia e non farmi finire in una casa famiglia. Lo odiavo per questo ma non potevo credere che possedesse una forza del genere.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro