Capitolo 2. Ryan

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Una notte di Londra

Corriamo giù da una collinetta e poi lungo le stradine di campagna e le alte spighe di grano. Corriamo anche se la gola mi brucia e sento il cuore esplodermi nel petto. Corro perchè sò che se ci beccano sarebbe peggio di rimanere.

-ci siamo quasi, vedo Londra, Ryan!- mi urla lei con un sorriso mentre ancora stringe la mia mano.

"ancora un piccolo sforzo" penso entusiasta. Ma poi la mia attenzione va su di lei, sta cantando "Only the Horses" de "Scissor Sisters". Ha una voce più dolce della persona che la cantava nel film e mi ritrovo a sorriderle.
Poi la periferia di Londra. Ci infila in un vicolo, si leva la giacca del collegio e da dietro un condotto d'aerazione estrae un bel paio di tacchi e mi passa una giacca di pelle. Cambia la gonna, esponendo bene le sue lunghe gambe chiare e le calze autoreggenti.

-mi spieghi cosa stai facendo?- le chiedo non sicuro di aver capito.

-tu cosa credi? Mi sto preparando per una notte mondana a Londra e dovresti fare lo stesso e metterti la giacca- mi dice sicura di sè ed eseguo.

-e come mai sei così preparata? Lo fai spesso?- chiedo disinteressato.

-no, ma lo progetto da un pò, e immaginavo che sarei stata con un ragazzo, perciò ho preparato tutto- mi dice mentre si infila una minigonna rossa di pelle e toglie la camicia mettendo un top succinto. -sono pronta, andiamo?- mi chiede mentre libera la sua chioma rossa. Mi alza il bavero della giacca. -sexy Ryan-

Torna a prendermi per mano e con la sicurezza di una regina, mi tira per le strade di Londra.

-ho fame, vuoi del fish&chips o preferisci qualcosa in scatola?- mi chiede.

-quello che vuoi- le dico ancora confuso. L'aria fresca della sera e l'ambiente familiare della città, il movimento e le automobili mi confondono. Erano dei mesi che non ci ero più a contatto. Ma Freya sembrava completamente a suo agio. Mi tirò fino ad un food truck di cibo messicano e prese per entrambi Burrito e Chimichanga.

-andiamo a ballare o preferisci un club notturno?- mi chiede.

-per me possiamo andare a ballare- dico cercando di sembrare sicuro, quando in realtà per me, sarebbe bastato girare a vuoto per Londra senza motivo.

-perfetto, ho una prevendita per il BlackOut- poi dalle tasche della mia giacca estrae un plico di banconote e inizia a contare a mezza voce. -mille e cinquecento, ci bastano... Pensa a cosa vuoi, offro io, poi deciditi a invitarmi ad uscire-

-vuoi che ti inviti ad uscire?- le chiedo raggiungendola. Anche coi tacchi quella ragazza aveva un passo più svelto del mio che avevo dieci centimetri di gambe in più.

-forse... Vuoi invitarmi?- mi chiede anmiccando. -perché potremmo contare questo come primo appuntamento così la prossima volta non ci sarà l'ansia del primo incontro...- mi dice facendo l'occhiolino.

Non riesco a crederci; io lo sfigato di turno, emarginato e denigrato, magari anche vagamente depresso e stronzo, stava uscendo con Freya Blackwood. -okay, facciamolo. Usciamo? Poi penserò a dove-

Lei sorride. -mi sembra un'ottima idea Bennett, accetto con piacere- ma nel mentre, giriamo alla ricerca della famosa discoteca, BlackOut, mano nella mano. -raccontami un pò di quella stronza di tua madre- mi dice ora seria.

-niente, le ho chiesto i contatti per vedere mio padre e si rifiuta di darmeli... tutto qui- dico stringendo le spalle.

-è orribile da parte sua, hai il diritto di vederlo e di farti venire a trovare da lui-

-e tu? Cos'è che ti ha fatto tua madre?-

-niente, è che per tutta la mia vita i miei genitori avevano altro a cui pensare, prima la nostra chiesa, poi mio fratello grande che aveva lasciato la via, poi il piccolo che combina casini e per evitare che faccia lo stesso mi hanno mandato qui, l'anno scorso, e da allora non li vedo- tiene lo sguardo basso, sulle scarpe di lusso.

-beh, è cattivo da parte loro, avrai ben il diritto di sbagliare...- dico salendo su una panchina. -quando si cade ci si rialza... e poi, tu non sei i tuoi fratelli, o sbaglio?-

Lei sorride. -mi mancherebbe qualcosa per essere Tiago e Diego... ma ho capito il senso, e so che hai ragione, ma è difficile prendere una posizione se la tua vita è stata già scelta- mi dice guardandomi da basso. Non so con quale forza, la sollevo e la porto al mio livello sulla panchina.

-c'è sempre una scelta da fare... destra o sinistra, insalata o patate, rosso o blu... sta a te scegliere- poi la guardo. -vuoi andare davvero in discoteca?- le chiedo e scuote il capo.

-no se non lo vuoi-

-vuoi o è quello che vuoi che creda che vuoi?-

Arriccia le labbra cercando di contenere un sorriso. -non voglio... voglio che sia tu il capo-

Annuì. -bene, andiamo...- e cambio strada, sulla strada principale ora, scura e con un via vai di macchine continuo ma più rado di prima.
Avevo intravisto qualcosa ed è quello di cui ho voglia. Entriamo in un pub, ha un'odore tremendo di patatine e di birra, è rustico, pieno di gente che guarda la partita di calcio.
Nella parte più infondo, un biliardino, un biliardo e altri giochi.

Mi avvicino al bancone. -due coke... e si possono usare le freccette?- chiedo e il barista, un uomo panzuto calvo annuisce. Tiro fuori dalla tasca, 20 di quelle famose sterline e trascino Freya e il bere. -giochiamo...-

Lei sorride. -io le frecce rosse-

-mi sembra giusto- e le passo le 8 frecce rosse. Lei arriccia le labbra e tira la prima freccia un pò fuori. -ora a me- con la mia freccia blu, prendo un secondo la mira e tiro, 90 su 100.

-sei bravo...- si congratula lei. -ora ci riprovo...- annuì e la lasciai tirare. 40 su 100.

-ma sei davvero così schiappa o lo fai per farmi sentire bravo?- chiedo e lei ridacchia.

-in genere proverei a far salire la tua mascolinità... ma sta volta sono seria non so farlo- e lei ride tra sè. -e dire che ho fatto tiro con l'arco per gli ultimi due anni-

Rido. -Freya, Freya, Freya... vincerò io- dico senza mezzi termini e quasi senza guardare tiro la freccia che arriva a 100 su 100. -te l'ho detto...-

Lei è sconcertata. -come cazzo hai fatto? Voglio imparare, insegnami stronzo- protesta lei ridendo.

-okay, okay, vieni qui...- la faccio mettere al centro, davanti alla bacheca coi punti. -non guardare altre cose, non pensare a tutto quello che ti circonda, non pensare a dove ci troviamo ai rimori... pensa solo a dove vuoi che la freccia arrivi e con il braccio devi imitare l'arco che la freccia deve perccorrere, così...- le sollevo il braccio. -vogliamo il 100 okay?- lei annuisce e con il suo braccio, tiro e la freccia ti conficca di fianco alla mia. Lei mi guarda sconcertata. -vedi è facile-

-come-cavolo-hai-fatto?- telegrafa lei a bocca aperta.

-chiudi la bocca che ci entrano le mosche.. e come, è facile, ho fatto i calcoli dell'arco, anni fa, da allora mi sono esercitato... e poi se ci pensi è tutta fisica e quando hai capito il moto, è facile-

-sei tipo un nerd carino, patito di matematica- dice ridacchiando.

-una specie... anche se a volte ho la sensazione di vedere proprio le cose in modo diverso dalle altre persone... ti è mai capitato? Di tipo vedere la luce incrinarsi o l'aria e i suoi movimenti?- lei è un secondo a bocca aperta. -okay ora pensi che sono pazzo... lascia perdere-

Lei inclina la testa. -non penso che tu sia pazzo, penso che tu possa vedere le cose in modo diverso... anche grazie ai tuoi calcoli e poi non ci vedo niente di male-

Sorrido. -biliardo?- chiedo cambiando argomento e lei annuisce. Prendiamo le stecche.    -sai giocare?-

Lei annuisce. -sei bravo anche in questo?- stringo le spalle e lei sorride. -ho capito, ho già perso- e ridacchio.

-dai ti faccio vincere se vuoi, così la tua autostima non avrà un calo improvviso- e lei ride.

-oh come sei cavalleresco Ryan, sono colpita...- poi si lega i capelli. -ma questa volta, sarà un sfida leale- e nel mentre tiro fuori il triangolo con le palle. -la bianca la facciamo valere 5 o 10?-

-in "carambola" vale 10-

Lei annuisce. -allora 10...- si piega sul tavolo e con la stecca, colpisce la bianca che fa disperdere tutte le altre. E il gioco inizia. Le palle iniziano a muoversi e i colpi ad assestarsi con cura. L'ultimo colpo lo assesta mandando il 7 in buca e lei salta entusiasta. -contiamo i punti?-

E dal foglio che ho tenuto aggiornato, conto velocemente e la guardo. -hai vinto di 5 punti- e lei salta felice in braccio a me.

-vuoi la rivincita?- mi chiede, stringendomi le braccia intorno al collo mentre ancora la sorreggo.

-certo- e lei mi guarda intensamente con quei suoi occhi color rame. Mi scosta un ciocca di capelli e mi analizza.

-e se invece mi baciassi?- mi chiede seria.

Scuoto il capo. -no, non posso, voglio uscire con te ancora... e poi ci vedremo anche domani in classe, non ti farò raccontare il pettegolezzo alle amiche, baby-

Lei sorride. -neanche se ti prometto che starò zitta, mi bacierai?- faccio ancora no e lei sorride. -mi sembra giusto, aspetterò...- poi sorride. -sei forte Bennett, devo ammetterlo, non me lo sarei mai aspettata- mi scende dalle braccia e beve un pò di coka.

-andiamo verso il collegio?- le chiedo e lei mi guarda un pò giù ma sospira.

-sì, andiamo- e mi prende la mano. Usciamo dal pub inglese e sotto il cielo scuro e l'aria quasi fredda della notte, ci avviamo per tornare al vicolo a prendere la sua divisa.

-tieni va, che se ci beccano e ti ammali, mi tocca scontare la punizione da solo e non mi va- le dico passandole la giacca che aveva dato lei a me e lei ridacchia.

-grazie... ed è giusto- fa sarcastica precendendomi e camminando al contrario. -sei un vero cavaliere, mi complimento- poi mi guarda dolcemente. -inizierai a scioglierti o rimarrai sempre impassibile?-

-e tu? Inizierai a raccontarmi cosa ti passa davvero per la mente o mi lascerai sempre a parlere da solo?-

-touché- mi dice sorridendo. -è solo che non so se posso fidarmi di te...-

Alzo le spalle. -nemmeno io... la fiducia si guadagna e penso che se, alla nostra eventuale punizione ti presenterai, sarà la prova che potremmo provare ad uscire davvero-

E lei sorride annuendo. -mi sembra giusto... affare fatto?- mi chiede offrendomi la mano e annuì stringendola.

-sì, okay- e sorridendo ancora stringendo la mia mano, inizia a correre per la strada e le sono a fianco molto resto. L'aria è quasi fredda ma è piacevole l'attrito che ha con la pelle e con i capelli. So che protrei morirci dentro al collegio ma rimarrò attaccato al ricordo di quel momento, quel momento in cui mi sentivo davvero vivo. 
 

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