Capitolo 23:Asher

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Più guardavo quella camera vuota e più mi sembrava che c'era qualcosa di terribilmente sbagliato in essa, non era la mancanza di una parte di arredamento a renderla vuota, ma la mancanza di Eloise che mi irradiava tranquillità e mi riusciva a dare un po' di pace interiore, come una droga, che faceva stare bene quanto male, ed era tutto ciò di cui avevo bisogno.

Mi chiesi come avrei fatto per i mesi successivi a stare senza quei cinquanta chili di gioia, ambizione e determinazione girare per casa illuminando anche le giornate in cui la pioggia cadeva a catinelle e i lampi squarciavano il cielo a metà.

Non avevo idea del perchè mi trovassi nella sua camera, forse era un modo per sentirla più vicina a me; nel caso in cui quando avrebbe potuto fare il suo ritorno a casa e se avesse deciso di odiarmi, non avrei più potuto avere nè lei che la sua camera... che ragionamenti!

L'amore era la peggiore delle droghe, ti rendeva cieco, confuso, spaesanto, ti chiudeva in un mondo falso di speranze e desideri che le cose andassero bene, di sogni in cui potevi baciare la persona amata, perchè la realtà potesse risvegliarti da quella situazione piacevole come un cato d'acqua gelata.

L'acqua gelata alle volte poteva creare disturbi al cervello e poteva uccidere in modo fulminante... la stessa acqua fresca che poteva salvarci dalla disidratazione, la stessa acqua di cui noi avevamo bisogno se non avevamo intenzione di morire.

L'amore era come l'acqua gelata, poteva ucciderti o salvarti.

Quando uscii dalla sua camera era ormai piuttosto tardi e ringrazia di non aver trovato nessuno nel breve tragitto che mi portò alla mia camera, non avevo voglia di vedere i miei familiari.

Non avevo voglia di sentirmi chiedere come mi sentissi: avrei sempre risposto ''Bene'', nonostante nella mia vita le cose che andavano bene si potevano contare con i diti di una sola mano.

Potevo andare in balcone a cercare conforto nel cielo stellato, ma il ricordo della serata con Eloise mi fece cambiare idea prima che fosse tardi.

Appena presi tra le mani il telefono per mettere la musica, mi resi conto che ero pieno di chiamate e messaggi; tutti dello stesso mittente: Aline.

Mi preoccupai, Aline non usava mai il telefono per cazzate e di certo non mi avrebbe lasciato tutte quelle chiamate e quei messaggi alle 23:30 solo perchè si annoiava e aveva voglia di fare una chiacchierata.

La richiamai e non rispose, riprovai un altro paio di volte ed ebbi sempre lo stesso esito.

Quando al quarto tentativo non mi rispose la voce registrata, mi ritrovai sul punto di fare i salti di gioia.

<<Aline, che è successo?>> domandai preoccupato.

<<Sei Asher?>> la domanda mi colse di sorpresa e mi resi subito conto che dall'altro lato del telefono non parlava la mia amica.

<<Si, invece tu non sei Aline>> sbottai acido.

<<Sono la sua migliore amica, ha lasciato il telefono da me...>>

<<Senti, non sono in vena di nuove conoscenze, quindi se non ti dispiace...>>

Non volevo risultare acido, ma fare nuove amicizie era proprio l'ultima cosa di cui sentivo di avere bisogno.

<<Fammi finire >>il suo tono freddo e secco mi bloccò <<senti, non me ne fotte un cazzo se sei un super figo o quello che sei...>>

La sentii fermarsi per fare un respiro molto profondo, quando tornò a parlare notai che il suo tono era più calmo di poco prima, ma soprattutto, mi resi conto che aveva la voce rotta dalle lacrime:<<Aline è scappata>>

Sobbalzai:<<Cosa?Quando?>>

<<Ieri notte>>

<<Perchè?>> chiesi di getto senza permetterle di continuare a parlare.

<<Non lo so, so che ha litigato per qualcosa di serio con i suoi genitori. Non è la prima volta, Aline minacciava sempre i suoi genitori di scappare di casa, ma non l'ha mai fatto seriamente. Ieri però ha litigato ed è uscita... sua madre mi ha chiamato la sera, per sapere se Aline fosse a casa mia e se avesse intenzione di dormire da me, come faceva spesso in questi casi, invece da me non era nemmeno passata>>

<<Avete chiamato la polizia?>> domandai allarmato iniziando a percorrere a grandi passi la mia camera in preda al nervosismo, Aline era l'unica vera amicizia che avessi esclusa quella con Cedric e anche se il nostro rapporto era incredibilmente recente, non avevo alcuna intenzione di perderla.

<<Asher...>> disse lentamente <<l'hanno ritrovata>>

Tirai un sospiro di solievo, ma prima che potessi dire qualsiasi cosa lei continuò:<<L' hanno trovata con i polsi sanguinanti in riva al mare, aveva già perso i sensi... probabilmente ha fatto male i tagli e questo le ha dato qualche minuto in più, quel poco tempo che ci è servito per trovarla viva>>

Trasalii:<<Come sta ora?>>

<<In ospedale, fuori pericolo ma è priva di sensi, credo sia il caso che ci raggiungi. Inoltre, nella sua tasca ho trovato una lettera indirizzata a te...>>

Non le permisi nemmeno di finire: mi feci dire la camera e l' ospedale in cui si trovava Aline, per poi attaccargli in faccia.

Dopo, senza preoccuparmi che fosse ormai tarda ora, corsi il più velocmente possibile da lei.

Erano ormai passati quasi due mesi da quando era iniziato quell'incubo, che sembrava non avere fine; il tempo era trascorso e già agosto era iniziato da più di una settimana, il caldo pungeva sulla pelle e presto le stelle avrebbero iniziato a cadere giù dal cielo. Quando sarebbe accaduto, l'unica cosa che avrei chiesto, ero certo sarebbe stato che tutto tornasse a posto.

Arrivai all'ospedale ansimante e sarei crollato a terra sfinito se solo il desiderio di sapere come stesse Aline fosse più forte di qualsiasi altra cosa.

Purtroppo trovai solo una ragazza con una cascata di boccoli neri che le arrivavano fino alle spalle, la carnagione scura e gli occhi arrossati. Appoggiata al muro, sembrava sul punto di crollare dalla stanchezza.

Su una sedia poco distante un ragazzo con la pelle olivastra e la testa tra le mani guardava fisso il pavimento.

Nessun'altro.

Nessun'adulto.

<<Asher?>> chiese la ragazza e io annuii.

<<Posso vederla?>> chiesi, sottointendendo che mi riferissi ad Aline.

Lei scosse la testa e mi porse una lettera:<<C'era il tuo nome e credo che sia tu a doverla leggere>>

Annuii, la aprii e iniziai a leggerla.

Più andavo avanti e più mi maledicevo per averla coinvolta nella mia vita, quando conclusi la lettura ero al contempo confuso e terrorizzato.

Era abbastanza chiaro da capire il contenuto, ma in quel momento non avevo la capacità di intendere... ogni cosa accade per una ragione, erano le piccole cose, quelle che noi raramente consideravamo, a essere frutto di un disegno talmente grande che era impossibile anche immaginarlo.

Era la goccia che faceva traboccare il vaso.

Ed era così, era destino che lei entrasse nella mia vita, anche se ciò avrebbe segnato la sua distruzione.

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