Capitolo 26:Asher

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<<Asher, come stai?>> domando Aschley mentre entrava in camera mia, senza preoccuparsi di bussare precedentemente alla pora chiusa.

Risposi con una scrollata di spalle, era stato qualcosa di inaspettato l'arrivo di quella ragazza identica a Eloise.

Era stato un colpo basso che il destino mi aveva inferto... l'ennesimo colpo basso che mi era stato inferto dalla vita!

Non la stavo dimenticando, non l'avrei mai potuta dimenticare, come si poteva dimenticare qualcuno come Eloise?

Ciò non toglieva, che non era più il centro assoluto, o forse lo era ancora, ma era come essere a Londra e tenere lo sguardo fisso sul Tamigi che scorreva: Buckingam Palace non diveniva invisibile o meno importante, semplicemente non ci pensavi in quel momento.

Ma rimaneva là, e appena avresti alzato lo sguardo dal fiume che scorreva, ti saresti scontrato con la sua visuale. Mentre l'acqua scorreva via, il palazzo sarebbe rimasto là.

Così come, sebbene io mi concentrassi sullo scorrere della mia vita, non riuscivo comunque a eliminare Eloise da essa.

Quando ero entrato in cucina e avevo incrociato gli occhi di quella ragazza... Victoria, o come diavolo si chiamava, ho sentito il peso dell'aria schiacciarmi da sopra fino a quasi farmi cadere per terra.

Erano cambiate così tante cose da quando l'avevo vista l'ultima volta, sapevamo così tante cose, anche grazie ad Aline. Cose che lei non avrebbe mai potuto immaginare.

Alle volte desideravo che tornasse, ma appena incrociai losguardo di quella ragazza fui felice che Eloise fosse lontana, ero certo che il suo arrivo fosse tutto tranne che un fortuito caso.

<<Chi diavolo era quella?>> le chiesi posando i miei occhi disperati su di lei, sapevo chi fosse, ci aveva detto il suo nome.... ma, chi era?

<<Penso, che sia una cugina di Eloise>>

La guardai sconvolta:<<Cugina?>>

<<Ti ricordi che mamma aveva parlato che Ilary aveva una sorella, dalla quale però si era separata perchè ritenevano fosse pericoloso stare nello stesso posto?>> chiese e io annuii.

<<Bhe, se Ilary avesse una sorella, potrebbe essere che anche essa abbia avuto una figlia proprio come lei. No?>>

<<Quindi sarebbe la cugina di Eloise...>> coclusi al suo posto <<Ma cosa ci fa lei qua?>>

<<Vuole quello che vogliamo noi: informazioni>> affermò.

<<L'ha mandata sua madre qua?>> domandai, aveva senso che lei fosse venuta là alla ricerca di informazioni, ma non capivo, e soprattutto, non mi fidavo.

Perchè non era venuta con sua madre? Perchè non si erano mai fatte vive fino a quel momento? E se anche lei avesse voluto ucidere Eloise per lo stesso motivo della zia?

Non mi fidavo, avevo imparato che era meglio non fidarsi di nessuno, e vedevo in quella ragazza apparsa dal nulla due grandi punti interrogativi: da un lato, ero cosciente che poteva essere una grande opportunità e un grande aiuto.

Poteva aiutarci a mettere insieme i pezzi e forse sapeva anche qualcosa di cui noi eravamo allo scuro.

Dall'altro, però, poteva mettere in pericolo Eloise.

<<Cosa ti sta frullando in testa?>> domandò Ashley riportandomi con la testa al presente.

<<Ci possiamo fidare di lei secondo te?>>

Lei abbassò lo sguardo, riflessiva:<<Mamma si fida di lei, e io mi fido di mamma>>

Annuii lentamente, poi mi lasciai cadere indietro sul letto guardando il soffitto, era tutto talmente caotico che non riuscivo a immaginare un modo perchè le cose potessero diventare mgliori, e sopratutto, non vedevo la luce posta alla fine del tunnel in cui ci trovavamo.

<<Che fai questa sera?>> cambiò argometo dopo un lungo silenzio carico di tensione.

Scossi le spalle:<<Non saprei, forse vado da Aline. Tu?>>

<<Io e Cedric stavamo pensando di strafogarci di gelato davanti un film drammatico giusto per piangere un po'>> dichiarò e fui subito certo che l'idea non era stata di Cedric.

Esmeralda era partita per andare in un college che distava circa tre, mentre noi tre frequentiamo le lezioni in un università di Los Angeles e dopo i primi mesi in cui aveva cercato di mostrarsi forte, sebbene stesse cercando ancora di nasconderelo, stava iniziando a cedere.

Diventava ogni giorno sempre più cupa e più nostalgica.

Forse, per la prima volta, anche Ashley si era innamorata di qualcuno e mi dispiaceva che dovesse stare in quel modo.

Ma io, più di chiunque altro, ero consapevole che quando c'era di mezzo l'amore, c'era poco che si potesse fare.

<<Passo e vado avanti>> rifiutai la sua proposta in modo scherzoso.

<<Come sta Aline?>> decise di cambiare argomento.

<<L'ha distruta, quella donna l'ha dstrutta... non vuole mangiare, non vuole uscire, non vuole fare nulla se non lavorare e spezzarsi la schiena.>>

Aveva iniziato a odiarsi ogni giorno di più, sentendosi in colpa per quello che avevano fatto i suoi genitori, e l'unica cosa che mi metteva il cuore in pace era Aisha: la sua amica dai modi meno garbati di lei, ma che sarebbe stata capace di spezzare le gambe a chiunque avesse toccato Aline.

<<è forte, supererà tutto questo>>

Annuii anche se non ero assolutamente d'accordo, Aline non si meritava tutto quello, non si meritava quei sensi di colpa, quel destino a cui era stata sottoposta e avrei voluto che lei lo capisse e lo sapesse.

Volevo che non si sentisse in quel modo. Lei era un angelo a cui erano state tagliate le ali, lei era stata là a prendermi tra le braccia e consolarmi come una sorella quando astavo crollando, e io, sentivo di non esserci stato abbastanza per lei quando il mondo le era crollato. E ciò mi spezzava.

Ashley, capendo che avevo bisogno del mio spazio decise di lasciarmi solo. Quando lo fui, afferrai le auricolari e le infilai nelle orecchie, poi presi il mio diario di carta color papiro e iniziai a scriverci su:''Cara Eloise,''

Iniziavo ogni pagina in quel modo, dopo un po' la sua assenza aveva iniziato a darmi al cervello e avevo bisogno di sfogarmi, ogni pagina la scrivevo come se fosse una lettera e la concludevo come tale.

Ma il contenuto, il contenuto era pieno di cose che non avrei mai e poi mai avuto il corggio di dirle, cose troppo personali, pensieri, idee e ricordi di momenti che avevamo visto con due occhi diversi e che ancora mi nutrivano come cibo, mi idratavano come acqua e mi consentivano di respirare.

Non mi rimaneva che aspettare e vedere cosa mi prosperava il futuro, sperare per il meglio, sperare che non decidesse di ferirmi ancora.

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