Capitolo 32: Asher

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''Un'intera nottata

Buttato vicino

A un compagno

Massacrato

Con la bocca

Digrignata

Volta al plenilunio

Con la congestione

Delle sue mani

Penetrata

Nel mio silenzio

Giuseppe Ungaretti, Veglia.''

<<Veglia, che parola strana, vero?

Per noi, da bambini, fare la veglia voleva dire aspettare che Babbo natale ci portasse i doni.

Alcuni per veglia intendono il periodo in contrapposizione al sonno, il periodo in cui il pensiero ed i sensi sono attivi ed è possibile l'azione volontaria.

Che cosa buffa, vero?

Il termine ''veglia'' indica sia il periodo in cui si è svegli e coscienti, sia il momento in cui ci si riunisce attorno a un defunto dopo le prime ore del decesso, ovvero quando nel corpo di un uomo si sostiene sia ancora presente lo spirito. Riassumendo ci si riunisce intorno al corpo di un uomo che non è più sveglio e cosciente.

La veglia era anche un usanza medievale, che comportava che il cavaliere trascorresse in preghiera la notte prima della sua investitura.

Oppure ricordi la veglia che abbiamo fatto per prepararci a fare la promessa Scout?

Non ricordo più nemmeno perché avevamo deciso di entrare negli Scout. Che buffo, per noi era tanto importante entrare tra gli scout e ora, dopo una manciata d'anni non ricordo nemmeno perchè.

Forse perchè un po' tutte le cose sono così, che tu le pensi in un modo, ma poi sono diverse.

Adesso per me, fare la veglia, vuol dire parlare al corpo privo di vita del mio migliore amico, sperando che non mi mettano in un ospedale psichiatrico.

Sei uno scemo, lo sai? E anche un bugiardo, a tre anni ci eravamo promessi che ci saremmo sempre guardati le spalle, che saremmo rimasti per sempre insieme, invece mi hai abbandonato.

E mi avevi anche promesso che non avresti fatto soffrire Eloise, ora invece è distrutta.

Non potevi fare in modo che il proiettile colpisse me?

Eravate tu ed Eloise i protagonisti di questa strana storia in cui siamo finiti e io ero il personaggio di troppo, non tu.

Mi sento un coglione, perchè io ho accettato di fare quel patto con te... quelo in cui ci giuravamo che avremmo dato la vita per lei, e tu l'hai data veramente.

Mentre dovevo essere io farlo... io ero il fratello che avrebbe dovuto proteggerla dando la vita e tu il suo lieto fine.

In questo momento non so se esserti grato per aver salvato mia sorella, o incazzato per esserti fatto ammazzare.

Sono sempre il solito, vero? Non ti lascerò in pace nemmeno adesso, mi dovrai sopportare ancora, quando verrò da te, e ti parlerò.

Si, perchè io ti verrò a trovare sempre e ti continuerò a tormentare con i miei drammi... forse, avrò il coraggio di dirti qualche volta in più quanto ti ho voluto bene equanto te ne vorrò sempre.

Forse lassù sorriderai divertito quando ti dirò cose che non ho mai detto nei miei vent'anni, come per esempio che mi manchi e mi mancherai sempre, che ti voglio bene e che eri il miglior amico che avrei potuto desiderare... anzi, eri più di un amico, un fratello.

In pratica mi dovrai sopportare, mentre troverò il coraggio di dirti tutte quelle cose per cui prendevamo in giro Ashley ed Eloise.

E i passanti diranno ''guarda, un matto che parla solo'', e i bambini quando mi chiederanno se parlo al telefono, gli dirò che sto parlando con il mio angelo custode, e che anche loro, se hanno qualcuno in cielo dovrebbero smettere di stare davanti al telefono e parlare con il loro angelo, quello che veglia su di loro.

E poi, gli dirò anche di buttare il telefono in acqua e andare a casa dell'amico, perchè i momenti più belli della mia vita li ho vissuti con il mio migliore amico a casa mia, non al telefono.

Insegnerò ai miei figli che papà ha un angelo custode e che devono pregare per lui, perché questo angelo gli ha salvato la vita.

Non so come dirti grazie di quello che hai fatto per me, di essermi stato vicino e di aver salvato Eloise.

Vivrai sempre nei miei pensieri>>

Smisi di parlare mentre delle lacrime iniziarono a rigarmi il volto.

Sentii bussare un paio di volte, quando mi voltai, trovai due ragazze che potevano avere un paio di anni in più di me sulla soglia della porta e dietro di loro vi era una coppia di mezz'età.

<<Possiamo?>> chiese una delle due ragazze e io annuii.

<<Grazie>> disse l'altra in un sussurro mentre si faceva strada all'interno della stanza.

<<Siamo dei cugini dalla parte materna>> spiegò la donna con delicatezza e io annuii lentamente <<appena abbiamo saputo siamo venuti il prima possibile, ho avvisato anche mia sorella e sarà qua entro il funerale>>

<<Sarebbe felice di sapere che siete venuti di corsa fin qua per lui>> dissi con la voce spezzata, in realtà dubitavo che a Cedric gliene potesse importare veramente qualcosa di quei cugini, che aveva visto si e no quattro o cinque volte in tutta la sua vita. Ma il loro gesto era da apprezzare.

<<Era davvero un bravo ragazzo>> disse il marito e io ripetei il medesimo gesto di poco prima per l'ennesima volta, sembrava quasi che non fossi capace di fare altro.

<<Avviso Lexa che siete arrivati>> dissi uscendo dalla stanza, la verità era che non avevo la forza di parlare con qualcuno.

Uscii dalla stanza, non c'era quasi nessuno: era orario di pranzo, salii le scale e incrociai Lexa sulle scale.

<<Asher>> sussurrò piano con la voce rotta dal pianto, indossava un paio di occhiali con le lenti leggermente oscurate che le nascondevano solo in parte il rossore degli occhi, ma a prescindere, la voce completamente nasale la tradiva <<ci sono persone?>>

Annuii:<<Hanno detto di essere dei tuoi cugini>>

Lei sospirò e annuì aumentando il passo per giungere al piano di sotto, era assurdo che una donna, a cui era appena stato restituito il figlio con il corpo dilaniato e profanato da un proiettile dopo essere stato analizzato da una serie di medici, doveva anche preoccuparsi delle persone che arrivavano.

Continuai a salire le scale e senza rendermene conto raggiunsi la camera di Cedric, perfettamente in ordine, come sempre. Era sempre stata il contrario della mia, perennemente sommersa dal disordine più totale.

Eravamo questo, l'ordine e il disordine.

Sulla soglia ci stava Eloise che la fissava, senza però osare metterci piedi. Io raramente vi ero andato... solitamente era lui che veniv a trovarci.

<<Tutto bene?>> chiesi e lei sobbalzò dallo spavento, poi si voltò lentamente verso di me; aveva gli occhi lucidi.

Annuì lentamente, poi mi guardò:<<Lo sai, non ero mai venuta in camera sua. La cosa buffa è che è esattamente come l'ho sempre immaginata>>

Poi tornò con lo sguardo sulla sua camera, da quando eravamo tornati a Los Angeles, passava quasi tutto il suo tempo là. Sulla soglia della camera, senza metterci piedi, ma guardandola con sguardo vitreo da fuori come se aspettasse un miracolo.

Scoppiò a piangere, si lasciò cadere contro lo stipite della porta fino a sedersi per terra continuando a piangere.

Mossi un passo verso di lei, ma lei se ne accorse:<<Vai, perfavore.... voglio restare sola>>

Annuii, capendo cosa volesse dire.

<<Però vieni a mangiare, ti stai indebbolendo...>> sospirai, Cedric avrebbe voluto tutto, tranne che Eloise si ammalasse perchè non mangiava a causa sua.

<<Mamma mi ha costretto a mangiare un pezzo di pizza di ieri un'ora fa>> sbuffò <<non ho fame>>

Il fatto che avessimo mangiato pizza, era semplicemente perchè Eloise aveva perso completamente l'appetito e se lei si fosse indebolita, sarebbe stato un problema anche per le sue gambe,quindi avevano sperato che qualcosa che aprezzasse le avrebbe mosso l'appetito... non aveva funzionato, ingurgitava solo sotto costrinzione.

Annuii e feci retrofront. Scesi nuovamente le scale e uscii di casa, andai fino a davanti la porta di casa mia, ma poi mi resi conto che non avevo la forza di entrare in casa e affrontare le discussione sui preparativi per il funerale, quindi senza pensarci due volte tornai indietro. Prima pensai di andare nell'ufficio di mia madre, almeno avrei potuto disegnare un perfetto completo da funerale, poi mi ricordai che era tutto chiuso e tornai nuovamente indietro.

Da quel giorno non riuscivo a stare fermo per più di tre secondi, se non quando avevo sotto gli occhi il corpo dilaniato di Cedric, in quel caso mi pietrificavo.

Ero nervoso e avevo bisogno di camminare per calmarmi, non che effettivamente avesse qualche effettiva utilità.

Rientrai nella che casa accanto la mia e decisi di andare verso la cucina, ma appena varcai la sogli notai che c'era Apple, nella sua tuta nera con il cappuccio che le copriva quasi anche gli occhi; preparava nervosamente qualcosa ai fornelli con le mani che le tremavano e Nathan accanto a lei la stava aiutando.

Apple alzò lo sguardo su di me appena mi notò:<<Hey, vuoi qualcosa?>>

Io scossi la testa e lei distolse immediatamente lo sguardo.

Apple era in quel modo da quando eravamo tornati qua, Nathan l'aveva raggiunta subito e avevano anche litigato di brutto, ora non avevo nè il coraggio che la voglia di informarmi su cosa ci fosse tra loro, sembravano sempre i soliti.

Lei era frenetica quasi quanto me, immaginao che gli ricordava il suo passato, ma se io camminavo in giro consumando la suola delle scarpe lei si dimsotrava più produttiva: aveva reso la casa luccicante.

All fine, dopo poco più di una mezz'oretta da quando ero andato via, mi ritrovai davanti alla camera nella quale c'era Cedric, dentro vi erano ancora i suoi cugini, ma una delle due regazze era davanti la porta con una sigaretta in bocca e lo sguardo perso.

<<Ti stai uccidendo, lo sai?>> dissi senza pensarci raggiungendola, non sapevo nemmeno il perchè, semplicemente non avevo voglia di sentir parlare i suoi genitori.

Lei mi lanciò una rapida occhiata prima di fare un altro tiro:<<Un altro tiro e poi basta>>

La guardai e alzai le spalle:<<Anche gli alcolisti dicono un altro e basta>>

Lei mi fulminò buttando il fumo con il naso:<<Giuro che solitamente non fumo... solo quando ho troppi pensieri.>>

<<Se fumi solo quando hai troppi pensieri e solitamente non fumi, sono felice per te, la tua vita deve essere fantastica>> affermai secco, se io avessi fatto come lei mi sarei dovuto fumare una media di tre pacchetti al giorno.

Mi lanciò un occhiata in tralice, poi spense la sigaretta sul marmo e mi fissò:<<Eravate molto amici? Tu e Cedric...>>

<<Era mio fratello>> affermai sedendomi là vicino.

Annuì lentamente :<<Non lo conoscevo molto bene, lo vedevo massimo una media di una volta ogni due anni, ma mi è sempre sembrato un bravo ragazzo>>

<<Il migliore al mondo>> le confermai.

Lei non disse nulla per qualche secondo con lo sguardo fisso sulla strada dove ogni tanto passava qualche macchina solitaria, poi riportò l'attenzione su di me.

<<Mi chiedo che senso abbia tutto questo...>>

<<Non capisco>> dissi confuso.

<<Mia sorella ha appena scoperto di aspettare un bimbo, anche se è stato inaspettato ne è felicissima... io mi chiedo quale sia il senso, se poi la fine è... questa!>>

L'analizzai attentamente prima di rispondere:<<La speranza, credo>>

Lei mi fissò sorpresa e immaginai che non si aspettava una risposta da parte mia.

<<Cedric penso che se potesse, sarebbe felice per tua sorella, lui era sempre pieno di speranza e credeva che le cose potessero sempre aggiustarsi o andare meglio>>

In quel momento mi ritrovai a sperare con tutto il cuore che ciò che stavo dicendo fosse la verità, perchè non riuscivo nemmeno ad accettare l'idea che le cose potessero andare peggio... dovevano, dovevano andare per forza meglio.

Anche perchè ero convinto che la situazione non potesse peggiorare, e forse, per una volta avevo ragione.

Lei annuì lentamente con la testa:<<Forse, hai ragione>>

<<Spero sia così, ma non ne sono troppo convinto>> affermai e lei forzò mezzo sorriso voltandosi in modo da guardarmi in volto.

<<Piacere, Harper>>

<<Asher>> dissi stringedole la mano che mi porgeva.

<<Stammi bene>> disse rialzandosi lentamente.

<<Anche tu>>

<<E tieni ben a mente quello che mi hai detto>> concluse, poi mi diede le spalle e tornò dentro dai suoi genitori, lasciandomi là fuori con la mia maliconia.

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