Capitolo 7:Eloise

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Guardai il mio riflesso nello specchio della mia camera, quasi timorosa di scoprire come mi avrebbero visto gli altri... o meglio, di cosa avrebbero visto gli altri.

Non avevo visto molte persone dopo il mio incidente, esclusa la mia famiglia, Cedric e i medici che erano abituati, a vedere ogni giorno, ragazzi messi in condizioni anche peggiori delle mie e che,come me, avevano toccato la morte con mano.

Persino la mia migliore amica mi aveva... abbandonato, con ironia quando i giorni erano passati e lei non si era fatta sentire avevo ripensato a quando avevamo studiato insieme le lettere di Sallustio agli amici che l'avevano abbandonato durante una grave malattia, la quale l'aveva portato vicino la morte.

Ma se vedere che la ma migliore amica era scomparsa mi aveva un po' spezzata, non potevo negare che ero stata lieta di non essermi dovuta confrontare con il suo sguardo pietoso, e ancora non ero affatto pronta a confrontarmi con gli sguardi pietosi di tutte le persone, che mi avrebbero analizzato e studiato con  il loro sguardo, mentre io ero condannata a stare lì a subirli.

Indossavo un vestito azzurro che mi copriva fino alle ginocchia, i capelli all' indietro mi ricadevano come tanti spaghetti sulle spalle e ai piedi portavo un paio di ballerine nere come la mia borsa.

Non avevo mai amato quel genere di scarpe, anzi, le avevo sempre odiate perché sembravo ancora più bassa di quello che ero: ero più una ragazza da tacco dodici; ma con i miei problemi, mi conveniva acconternatmi delle ballerine, se volevo camminare con i miei piedi senza finire nuovamente all'ospedale.

Il sole splendeva in cielo e pensai quante persone in quel momento si stavano alzando dal letto con il sorriso pronte a vivere una bella giornata d' estate, mentre io con il mio umore nero pece mi apprestavo a passare una giornata da dimenticare, ma che ero terribbilmente cosciente non avrei mai potuto dimenticare... chissà perché, le cose brutte non si dimenticavano mai falcilmente.

Qualcuno bussò alla porta facendomi distogliere lo sguardo dallo specchio.

<<Aspettate cinque minuti>>dissi ma quel qualcuno che aveva bussato, che si rivelò essere Cedric, entrò comunque.

<<Potevo essere nuda>> osservai, non che mi stupii che fosse entrato comunque.

Lui accennò mezzo sorriso: <<No, ti chiudi sempre a chiave quando ti cambi>>

Aveva ragione, da quando all' età di tredici anni lui e mio fratello erano entrati in camera mia per svegliarmi con un secchio d' acqua, e invece mi avevano trovata in reggiseno e slip, avevo capito che era meglio tenere la porta chiusa a chiave mentre mi cambiavo se in casa non ero sola.

<<Sei bellissima>> mi sorrise sedendosi sul letto alle mie spalle, riuscivo a vedere il suo riflesso nello specchio che utilizzavo per truccarmi, tuttavia sperai che lui non riuscisse a scorgermi quando arrossii.

<<Come mai sei qua?>>

<<Non potevo semplicemente aver voglia di vederti?>> chiese con un sopracciglio alzato e io risposi con una scrollata di spalle <<Come stai?>>

<<Bene, benissimo... come potrebbe andare meglio?>> iniziai in tono secco <<Sto solo andando ad assistere al processo del ragazzo che mi voleva violentare, poco prima che qualcuno mi cercasse di uccidere... tutto a posto!>>

Avevo immaginato di mantenere un tono secco e deciso, invece la mia voce era divenuta acuta e avevo alzato il volume di diverse ottave. Dovevo sembrare in preda alla follia.

Feci un sospiro per ricacciare in dietro le lacrime, le quali sentivo stessero per arrivare.

<<No, non è vero. Mi sento uno schifo>> ammisi e lui si alzò dal letto e si avvicinò a me.

<<Andrà tutto bene, Matt finirà nei guai e anche Havana subirà le conseguenze delle loro azioni>>

Mi morsi l'interno della guancia e risposi con calma:<<Non ne dubito... ma>>sospirai, pensando a tutte le risorse di cui mamma aveva disposto <<non credo di essere pronta a guardarli in faccia.
Non voglio che mi vedano così, che ho bisogno di qualcuno anche per camminare, fragile e indifesa.>>

Ripensai a prima, prima di tutto quel caos... l'energia e l' adrenalina che mi scorrevano nelle vene prima di salire sul palco, poi sentivo la musica ed esistevamo solo io e lei: la mia danza, io che muovevo il mio corpo creando combinazioni di movimenti e la sicurezza che andasse tutto bene, anche se il mondo stava crollando andava tutto bene.

Solo quando ballavo mi sentivo forte, forte come un uragano, senza la danza mi sentivo una piuma, travolta da un uragano.

<<La tua vittoria è essere viva, sorridere mentre vengono trascinati via: loro pensavano di poterti ridurre all' omertà e poter ottenere quello che volevano, invece tu sei stata più forte di loro e ne uscirai vincente>> mi rassicurò e io sperai che avesse ragione, ma solo quando avrei ripreso a danzare  avrei veramente vinto, fin quando Havana poteva danzare e io no, io avevo perso.

Non importava se anche lei aveva perso il ruolo: la danza, almeno per me, era più di un ruolo.
Non mi importava più danzare su un grande palco, volevo solo danzare.

<<Ho paura di piangere>> ammisi  e lui mi prese il volto  tra le costringendolo a guardarlo negli occhi.

Poi a fior di labbra mi sussurrò che ero forte.

Io annuii senza convinzione e prima che lui potesse iniziare a fare un discorso in cui diceva quanto fossi forte, che ironicamente non avevo la forza di sopportare, fu interrotto da Asher e mio padre che entrarono nella mia camera.

Asher aveva la solita espressione affranta e cupa degli ultimi tempi, mentre mio padre ci sorrideva come se fosse felice di vederci così affiatati.

Sapevo da sempre che mio padre adorava Cedric e probabilmente desiderava che una delle sue figlie si mettesse con lui, considerando che non era il "tipo" di Ashley... sapevo che nonostante facesse di tutto per non farlo notare, un po' ci sperava in una relazione tra noi, e probabilmente, valeva anche per mia madre.

<<Forza, andiamo o faremo tardi>> disse mio padre avvicinandosi a me, ormai facevo piccoli passi, ma avevo sempre bisogno di qualcuno o qualcosa a cui appoggiarmi e poi le scale, quelle erano un altro discorso.

<<Stai bene?>>

<<È la domanda del giorno?>> chiesi sarcastica, sperando che non insistesse sul mio stato d' animo, già era stato difficile parlarne con Cedric e non volevo ripetere la discussione.

<<Sai che ci puoi chiedere qualsiasi cosa, vero?>>

<<La mia danza>> sospirai e lui rise.

<<Non cambi mai, eh? Mi ricordo quanto eri entusiasta ogni volta che dovevi andare a lezione da piccola>>

Sorrisi anche io ricordando il giorno in cui ero entrata nella stanza piena di specchi, per la prima volta, e tutti avevano smesso di parlarmi e avevano iniziato a fissarmi finché una delle mie nuove compagnette non aveva preso il coraggio per chiedermi chi fossi.

<<Papà, sapete qualcosa su chi mi abbia provato ad uccidere?>> dissi tornando al presente.

La mia domanda lo colse di sorpresa e lo vidi sobbalzare, si prese qualche attimo prima di rispondere come se dovesse pensare bene a come rispondere.

<<Pensano che potrebbe essere colpa di Havana e Matt, oggi verranno interrogati.>> disse soppesando le parole, anche se non sembrava troppo convinto.

Io annuii incerta, cosciente che era difficile che avessero ragione: Havana e Matt erano due ragazzi viziati e superficiali, non due assassini.

Poi non avrebbe avuto tanto senso, non mi avrebbero trascinato là sopra e buttato sotto, non a scuola, in mezzo a tutte quelle persone; persone che sapevano che l'unica persona con cui ero stata per tutta la sera era Matt.

Se lui mi voleva uccidere avrebbe cercato di essere collegato il meno impossibile a me... no, non era colpa loro.

C' era solo una cosa su cui ero certa, ed era una consapevolezza terrificante: tante persone mi odiavano, più di quante pensassi, e alcune mi volevano persino morta.

Ma chi? Chi mi voleva morta?
Non lo sapevo, e avrei potuto scoprirlo troppo tardi perché si potesse fare qualcosa.

Ed ero terrorizzata da questo, perché mi rendeva consapevole che non potevo fidarmi più di nessuno.

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