Capitolo 14

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Vieni qui, vicino a me

Sono qui, appoggiati, stringimi

Di me ti puoi fidare

E sogna il tuo futuro come tu lo vuoi

- Paolo Meneguzzi


La sensazione di familiarità che lo circondava come una bolla protettiva ogni volta che incrociava quei profondi occhi blu non mancò nemmeno in quest'occasione, nonostante l'alone violaceo ancora macchiasse, sebbene in modo leggero, il volto di Adam.

Il giovane Brass era arrivato in camera sua una decina di minuti dopo che se ne era andata la sorella, e aveva portato con sé un po' di tramezzini preparati da Irina, accompagnati da popcorn, birra e bevande gassate.

Alec stappò una bottiglia di bionda e il tappo compié una parabola verticale fino a cadere sul morbido tappeto davanti al divanetto che avevano spostato per l'occasione. Adam lo fissò per alcuni istanti, come se fosse indeciso se raccoglierlo o meno, poi riuscì a sconfiggere il suo senso fin troppo esteso dell'ordine e rimase dov'era, ad aspettare che il gioco di calcio che avevano scelto terminasse il caricamento iniziale.

«Forse l'alcol non è il massimo se soffri di pressione alta» gli fece notare il suo grillo parlante.

Con il collo della bottiglia ancora sulle labbra, Alec alzò un sopracciglio rivolgendogli uno sguardo fugace. «Non ho mai detto di soffrire di pressione alta» puntualizzò dopo aver poggiato sulle fredde mattonelle marmoree il contenitore in vetro ora mezzo svuotato.

«È palese, me ne sono accorto subito oggi. È una conseguenza comune della mancanza di sonno, è risaputo.»

Alec rise, scuotendo la testa. «Cosa sei, un medico?» lo prese in giro, per poi bere un altro sorso. Lo stomaco vuoto iniziò a bruciargli a contatto con la bevanda alcolica, quindi scelse a caso un tramezzino e gli diede un morso controvoglia.

L'altro alzò gli occhi al cielo e afferrò il sacchetto di popcorn da terra. Lo aprì e lo offrì ad Alec, che non esitò a farne sua una manciata.

«Sono un fan della medicina, ok? È ciò che mi piacerebbe fare dopo il diploma» gli rivelò con noncuranza. Un'altra piccola informazione che Alec aggiunse alla conoscenza base che aveva riguardo quel ragazzo. Non sapeva spiegarsi il motivo per il quale gli interessasse, forse semplicemente perché lo voleva come amico, non importava quanto lo negasse.

«Non me lo sarei aspettato!» rise. «Cioè, in senso buono, ovviamente. La medicina è interessante.» Fece spallucce e sgranocchiò qualche popcorn dopo aver accantonato la metà restante del tramezzino. «E cosa ti interessa di più in questo vasto campo?»

Adam si scrollò le briciole dalle mani per prendere il controller e iniziare a impostare la partita per entrambi. «Ortopedia» sentenziò. «Vorrei diventare fisioterapista e ho già seguito alcuni corsi, anche se per ora sto studiando in linea generale.»

Alec ricordò immediatamente come quello stesso pomeriggio, in piscina, Adam gli aveva detto che avrebbe potuto tornare a camminare. Ora capiva il motivo del coinvolgimento che aveva provato verso di lui.

«Stai già studiando per il futuro?»

Aveva conosciuto molti ortopedici dopo l'incidente e sapeva che non era un lavoro semplice, specialmente con le grane che aveva portato loro. Ma il fatto di prepararsi già dalle superiori per il college era qualcosa che nemmeno Iris aveva programmato di fare.

Adam gli passò il joypad. «Non voglio trovarmi impreparato quando sarà il momento. Specie perché non sarà facile convincere mia madre. Vuole che io e Mya portiamo avanti l'impresa di famiglia.»

Alec fece una smorfia ma non aggiunse altro, vedendo che la partita stava iniziando. Lui non aveva ancora valutato cosa fare del proprio futuro, ma di certo non voleva essere costretto da Louise a fare nulla. E per Adam era lo stesso, a quanto pareva, con l'unica differenza che lui aveva un sogno e che avrebbe dovuto combattere per realizzarlo. Per quanto lo riguardava, avrebbe lottato in ogni caso per la libertà. Come stava già facendo a causa di tutta quella situazione, a suo modo.

La serata passò tranquilla, con due vittorie da parte di Alec e una di Adam. Aveva trovato nel compagno un eccellente giocatore, sebbene non potesse competere con lui, campione di tre diversi tornei organizzati con i suoi vecchi amici. Pensare a loro gli procurò istintivamente un vuoto nello stomaco, ma Adam se ne accorse e cercò di distrarlo.

«Mi devi la rivincita! Non vale, ero un po' arrugginito» si lamentò con un finto broncio che lo fece sorridere di nuovo.

Stava per concedergli un'altra chance anche se, come era in procinto di dirgli, non l'avrebbe mai battuto, ma in quel momento sentirono bussare alla porta.

Il silenzio cadde tra i due, e nella stanza risuonò la musica allegra e a tratti caotica del videogioco.

«Alec, sei lì?»

Il giovane strinse i pugni nell'udire di nuovo la voce di sua madre. Diamine, quanto era petulante.

«Non ascoltarla» consigliò Adam, dopo aver preso il telecomando per abbassare il suono prodotto dal televisore. «Ricorda la parola chiave della serata: relax» gli disse lentamente, ma la donna che continuava a chiamarlo lo distraeva.

Annuì in direzione del ragazzo anche se si stava già agitando. Due volte in mezza giornata non poteva sopportarla, non riusciva a credere che lei non lo capisse.

«Le dico solo di andarsene» propose.

L'altro rifletté un attimo. «In modo tranquillo» suggerì.

«In modo tranquillo» acconsentì, alzando appena l'angolo delle labbra.

«Alec, rispondimi.»

«Non ho voglia di parlare questa sera. Ci pensiamo domani, ok?» Alzò il tono per superare la barriera del muro, ma mantenne la calma grazie alla vicinanza di Adam che gli infondeva forza e coraggio.

La madre emise un veloce sbuffo di disappunto. «Devi ascoltarmi, Alec. Non puoi sentirti in grado di minacciarmi solo perché sei davanti a tutti, come oggi pomeriggio. Siamo in casa di ospiti e tu devi...» Le mani di Adam sulle sue orecchie gli impedirono di cogliere altro, per la seconda volta.

Se lo ritrovò di fronte, che accennava un sorriso, come per alludere al fatto che quella stava diventando un'abitudine. Che lo fosse o no, avrebbe potuto vivere la sua intera vita a quel modo e non risentire della mancanza di suoni: la quiete che ciò gli donava era paragonabile solamente alla serenità che lo avvolgeva ogni qualvolta si smarriva negli zaffiri del medesimo ragazzo. E ora che provava entrambe le cose, riuscì a isolare completamente tutto ciò che gli era accaduto negli ultimi giorni. Poteva diventare davvero dipendente da quella situazione.

Adam roteò gli occhi e il contatto venne interrotto. Alec tornò alla realtà, cercando di immaginare cosa avesse udito di così seccante. Le mani del giovane lo abbandonarono, segnando la fine del suo piccolo mondo isolato.

Lo vide alzarsi e raggiungere la porta, quindi si sporse oltre il bordo del divano e lo chiamò ad alta voce. «Cosa fai?»

Seguì un attimo di sospensione, che venne spezzato da Louise. «Alec? C'è qualcuno con te?»

Adam abbassò la maniglia, ma prima di muoversi gli regalò un'espressione di incoraggiamento e disse: «Vado a parlarle.» Poi sparì nel corridoio.

Alec premette un tasto sul controller e la console si spense. Nel silenzio che cadde nella stanza, cercò di origliare i suoni provenienti da fuori. Si sentì spiazzato da quella situazione irreale. Davvero Adam stava arrivando a tanto per lui? Affrontare quella donna avrebbe nauseato chiunque, eppure lui era uscito senza pensarci due volte.

Quando capì che non avrebbe carpito un solo dettaglio della conversazione che non riusciva a udire, svuotò la bottiglia che aveva accanto e si tirò con pesantezza sulla propria sedia, muovendone le ruote fino a raggiungere il letto. Lì si lasciò cadere, stanco e seccato, e si rifugiò dietro le palpebre chiuse finché la porta non si aprì.

Voltò il capo, con il timore che entrasse Louise, ma con un sospiro di sollievo scorse unicamente Adam. Al di là dello spiraglio che si stava richiudendo, della donna non v'era traccia.

«Allora?» non si contenne dal chiedere, tirandosi su mentre l'altro gli si sedeva a fianco.

«È andata via» lo informò quello, facendo spallucce.

«È andata via?!» ripeté incredulo. «Cosa le hai detto per convincerla?»

Adam sorrise davanti al suo stupore. «Niente di che, l'ho fatta solo ragionare. Non preoccuparti, per oggi non verrà più.»

La risposta non placò la sua curiosità, ma decise di non insistere. Era stanco e non aveva neanche più voglia di mangiare, inoltre era sicuro che non avrebbe avuto le forze per alzarsi ancora dal letto.

«Vediamo un film?» propose Adam, forse intuendo tutto, o forse per caso.

Alec annuì, e insieme sfogliarono un catalogo online alla ricerca di qualcosa che potesse piacere a entrambi. Alec scoprì che Adam era un amante dei classici e che non rifiutava storie d'amore che non fossero scontate, così come aveva affermato lui, però non disprezzava nemmeno i film d'azione, che a lui piacevano molto. Non fu facile trovare qualcosa che li soddisfacesse, ma alla fine scelsero una nuova uscita della Marvel.

«Non ti facevo tipo da supereroi» considerò Alec, mentre l'amico si alzava per spegnere la luce.

«Non mi dispiace, se piace a te.»

Alec lo osservò a disagio prendere le ultime tre bottiglie di birra e portarle sul comodino insieme ai popcorn rimasti, in un impeto di maniacale bisogno dell'ordine che non aveva saputo reprimere. Ciò che gli aveva appena detto aveva scatenato in lui emozioni contrastanti che non riuscì a definire se non con insicurezza dopo una lunga analisi. Si era sentito in imbarazzo per il semplice fatto che la frase implicava la visione del film da parte sua soltanto perché piaceva a lui. D'altra parte, però, lasciava intendere che Adam vedesse quel film per renderlo felice, e che si fidava dei suoi gusti.

Il giovane Brass, in ogni caso, non si era accorto della reazione che aveva innescato, quindi Alec si affrettò a rilassare le spalle per apparire naturale. Per distrarsi, aprì un'altra bottiglia e in pochi istanti fu semivuota. La rapidità con la quale aveva bevuto gli fece girare la testa. In passato non era stato il tipo da ubriacarsi facilmente – con tutte le feste che aveva frequentato, era parecchio avvezzo all'alcol – ma ormai erano parecchi mesi che aveva perso l'abitudine, e quel giorno aveva mangiato solo mezzo tramezzino e una fetta scarsa di pane, per non parlare di quelli precedenti.

Adam, ancora in piedi, prese la sua bevanda dal comodino, ma in quel momento notò probabilmente qualcosa che gli impedì di distaccarsi dal mobiletto in legno scuro.

«Tutto bene?» gli chiese subito Alec, anche per testare con una conversazione quanto fosse lucido.

«Uhm» mormorò Adam, sovrappensiero, «hai... letto quel libro alla fine?» Aveva definito "quel libro" con un tono strano, che tuttavia Alec non riuscì a identificare.

«Sì» confermò. «Non posso credere che finisca male, come hai fatto a definirlo noioso? È così...» Non trovò le parole per esprimersi, ma sul volto dell'amico lesse curiosità, come se fosse sulle spine, quindi tentò di dar voce ai propri pensieri. «È così bello ma stravolgente al tempo stesso, prima ti conquista e poi ti spezza il cuore. Mi piacerebbe sapere perché l'autore abbia voluto trasmettere una simile sensazione a chiunque legga.»

«Avresti preferito che finisse bene?»

Con le idee già un po' confuse, Alec prese un altro sorso, invitando l'altro a sedersi con un cenno del capo. «Personalmente sì, ma poi non sarebbe stata la stessa opera, e chi può sapere se mi sarebbe piaciuta ugualmente?» Ci rifletté un attimo, per quanto poteva, poi aggiunse: «Però in definitiva credo sia meglio così: la vita raramente regala un lieto fine, e forse è questa realisticità che lo rende speciale.»

«Speciale? Sei serio?» domandò Adam, e la sua espressione sorpresa lo fece ridere. Il liquido ambrato danzò nel vetro tra le sue mani. Forse in una situazione normale si sarebbe chiesto il perché di tale interrogatorio, ma quella curiosità ora era sfuggente.

Non disse altro, e il giovane Brass parve capire che il discorso era chiuso poiché si accomodò di fianco a lui e diede inizio alla loro visione con il telecomando. Si sistemarono vicini sul letto usando i cuscini come schienale.

Il film non era affatto male, uno dei pochi che Alec non aveva visto di quella collana. L'ultima bottiglia di birra lo tenne sveglio per più di mezz'ora, poi l'alcol cominciò a fargli girare la testa e dargli un effetto soporifero. Si stropicciò le palpebre nel tentativo di schiarire la vista, e l'immagine si focalizzò un poco.

«Dormi se hai sonno» sussurrò Adam alla sua destra.

Si voltò lentamente, trovandoselo vicinissimo, e la sorpresa si convertì subito in una risata insensata.

«Nah, posso resistere» biascicò, cercando di concentrarsi sul televisore. Il calore del corpo di Adam accanto al suo, tuttavia, lo richiamava verso il torpore ancora e ancora, finché gli occhi non gli si chiusero. Li riaprì di scatto quando se ne accorse ed ebbe un altro capogiro.

«Dormi, Alec. Se vuoi posso restare fino alla fine del film, così domani te lo racconto» propose Adam, reclamando la sua attenzione su di sé.

Si mise su un fianco e incrociò il suo sguardo. Un pensiero assurdo gli attraversò la mente e lo afferrò prima che potesse andarsene: avrebbe preferito le iridi zaffirine di Adam piuttosto che la tv.

Tuttavia, la frase che gli aveva appena rivolto gli lasciò un senso di disappunto che non comprese. «Uhm, ok» disse solo, titubante.

Socchiuse le palpebre, e la sua fantasia viaggiò: Adam che avrebbe guardato il film accanto a lui dormiente; Adam che sarebbe rimasto fino alla fine per raccontarglielo; Adam, che dopo se ne sarebbe andato. E la sensazione di tranquillità che provava sarebbe scivolata via insieme a lui. Non voleva che se ne andasse.

«Vorrei...» iniziò, ma le parole gli morirono in bocca. Era troppo assonnato e confuso per capire se poteva confessargli una cosa del genere. Forse restare in silenzio sarebbe stata la scelta migliore.

L'altro attese qualche secondo, poi, vedendo che non continuava, lo incitò. «Cosa vorresti?» sussurrò vicinissimo.

Con l'intenzione di guardarlo, si rese conto che era poggiato al suo petto. Alzò il capo per scorgere il suo viso da una prospettiva che non aveva mai sperimentato prima. Senza accorgersene si era calato dai cuscini e gli si era avvicinato troppo.

Esitò per alcuni istanti, indeciso se parlare o no, ma la confusione peggiorò nel suo cervello, impedendogli di ragionare lucidamente.

«Vorrei che non te ne andassi» mormorò piano, insicuro e intimorito. Aveva paura di ricevere un rifiuto.

Adam sorrise con dolcezza e gli passò un braccio sulla spalla. Alec non aveva molta percezione di sé, ma la sua mano che gli sfiorava la schiena la avvertì come fosse fuoco.

«Va bene, resterò» gli promise con il sorriso sulle labbra, facendone nascere uno anche su quelle di Alec.

Chiuse gli occhi, finalmente tranquillo, e si accoccolò meglio contro il fianco di Adam. Non poteva credere alla sensazione di beatitudine che lo permeava, non riusciva a contrastare il senso di pienezza che gli riempiva il petto. Non aveva mai sentito qualcosa del genere. Pensò che forse era colpa dell'alcol a stomaco quasi del tutto vuoto e si lasciò cullare dal movimento appena percettibile delle dita di Adam sulla propria schiena, senza rendersi conto che era il contatto stesso a donargli quelle sconosciute emozioni.

*Revisionato*

Koa

Ok, lo ammetto: ho fangirlato per mesi su questo capitolo e più di una volta ho rischiato di accelerare la pubblicazione e trovarmi senza "capitoli di riserva" per questo. Non vedevo l'ora che qualcuno lo leggesse, e ora che è finalmente pubblicato mi sento estremamente vulnerabile. Hehe, è da qui che viene fuori la vera natura della storia, una storia a cui tengo molto e per la quale ho paura di non essere all'altezza, ecco perché mi sento così.

La mia parte più fifona vorrebbe non saperlo mai se fa schifo ed è poco realistica, ma vi chiedo comunque di dirmelo in tal caso perché devo guardare in faccia la realtà. Questa è la mia creazione che amo di più e vorrei fosse sempre perfetta.

Grazie per aver letto comunque uno dei miei capitoli preferiti e al contempo uno di quelli che mi spaventano di più *^* XOXO, Koa :*

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