Capitolo 21

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Whatever I feel for you

You only seem to care about you

Is there any chance you could see me too?

'Cause I love you

Is there anything I could do

Just to get some attention from you?

- Woodkid

Affrontare Louise non si era rivelato così difficile come aveva temuto. Aveva programmato di combattere da solo contro le sue ire, eppure Adam l'aveva seguito e sorretto. Era stato unicamente grazie a lui se le cose si erano risolte nel migliore dei modi: aveva fatto sedere entrambi uno di fronte all'altra e aveva tenuto a bada i toni fino a trovare un compromesso. Alec si era scusato per le sue reazioni passate e, specialmente, per aver chiuso la donna nello stanzino, e lei aveva promesso che sarebbe stata più elastica in futuro. Forse, per la prima volta, tra loro era nato una sorta di dialogo. Traballante, ma pur sempre di un dialogo si trattava.

Nonostante l'orgoglio, avrebbe voluto ringraziare Adam per tutto ciò che aveva fatto per lui, tuttavia non aveva avuto occasione di parlarci faccia a faccia, né la sera precedente né quel giorno. A scuola si erano visti solamente di sfuggita, e una volta a casa Adam aveva avuto da studiare per un test imminente di cui si era ricordato all'ultimo. Non poté nemmeno incontrarlo a cena, impegnato in un appuntamento solo con Mya che le due capofamiglia avevano organizzato.

«È da ieri che ti comporti in modo strano» gli fece notare la sua finta fidanzata, seduta a quel tavolo rotondo allestito per loro due. Era vestita meno elegante rispetto alla prima cena che avevano condiviso da soli, ma era comunque impeccabile, al contrario di lui che aveva le mani fasciate e non era neppure riuscito a farsi entrare una camicia.

«Tu e mio fratello avete fatto qualcosa, è evidente. Sputa il rospo.»

La guardò stordito, soffermandosi a ragionare sulle sue parole. Gli stava dicendo che aveva un atteggiamento diverso; Adam anche, a quanto pareva. Ammetteva di essersi trovato più teso in sua presenza, ma era successo solo dopo aver saputo della gita, e poi c'era stata Louise a complicare le cose. Perché, invece, Adam avrebbe dovuto essere strano, da come aveva detto Mya?

«Che intendi dire?» decise di domandare.

Lei sospirò, accertandosi che nessuno potesse udirla prima di continuare, le mani poggiate sul tavolo e le dita che non la smettevano di tormentarsi tra loro. Ciò gli ricordò che appena aveva visto le sue fasciature era parsa davvero preoccupata e aveva chiesto delucidazioni, come tutti; spiegazioni che non era riuscito a dare a nessuno e che solo il maggiore dei Brass condivideva con lui in segreto.

«Un mese fa Adam avrebbe fatto i salti di gioia per un invito simile da parte di Cassie, mentre ora pare quasi restio ad andarci. Anche tu, Alec, non sembri sprizzare di gioia, e credo proprio che qualsiasi cosa ti sia successa» aggiunse indicando con un cenno le sue mani fasciate, «sia collegata al tuo comportamento.»

Per un attimo rimase in silenzio e la studiò. Aveva colto molti più dettagli di quanto non avesse fatto lui. Non aveva idea del repentino cambiamento di umore di Adam, e si ritrovò a fare ipotesi sul perché. Che avesse notato il suo scarso entusiasmo verso tutta quella situazione e di conseguenza ci stesse ripensando? Adam faceva sempre di tutto per lui, e adesso gli stava rovinando una delle giornate più importanti!

Improvvisamente, le dita di Mya che sfioravano con delicatezza le sue lo richiamarono da quei pensieri. Alzò gli occhi e la vide con un mezzo sorriso. Non era stato solo un gesto per assicurarsi di dare a eventuali spettatori ciò che volevano, c'era molto di più in tutto ciò: un tentativo di rassicurarlo.

«Qualunque sia il motivo per cui non vuoi andare, dimmelo e possiamo trovare insieme una soluzione.»

Non fece altro che fissarla, sorpreso da quell'offerta di aiuto improvvisa. Non che Mya avesse un cuore meno buono rispetto al fratello minore, ma non si aspettava di essere compreso a tal punto anche da lei.

La ragazza, forse in imbarazzo, corrucciò la fronte e spostò lo sguardo altrove. «Lo dico per non rovinare la gita a mio fratello.»

Gli sfuggì un sorriso nel sentire quella bugia borbottata. Probabilmente anche lei aveva fatto il suo stesso ragionamento, ma non era riuscita a nascondere che in realtà teneva a entrambi.

«Grazie, Mya» le disse dolcemente. Ringraziare era una cosa che non gli era mai venuta con naturalezza, eppure con i fratelli Brass quelle parole provenivano dal cuore ogni volta, e non provava quasi mai vergogna nel pronunciarle. «Andrà tutto bene. C'è solo stata qualche giornata pesante, ma domani saremo come nuovi, sia io che Adam.»

In realtà non credeva profondamente alle proprie rassicurazioni, ma fu in grado di ingannare la ragazza, che smise di arrovellarsi su quella faccenda e tornò al proprio piatto. Nonostante tutto, gli aveva fatto davvero piacere vederla preoccupata per lui come lo era anche per il fratello, e si era sentito momentaneamente risollevato.

Malgrado ciò, era distrutto quando si coricò, anche se non aveva fatto chissà che cosa. Il suo problema quel giorno era stato rimanere incollato alla sedia, impossibilitato a spostamenti con le mani, tanto gli dolevano. Avrebbe dovuto imparare a tenere a bada la propria ira, ma già solo il pensiero lo faceva infuriare.

Il suo umore calò del tutto qualche ora dopo che si fu addormentato, quando Mya lo buttò giù dal letto a suon di colpi secchi sulla porta della sua camera. Per quel poco che poté notare così assonnato, sembrava euforica, ma non riuscì a spiegarsi il motivo. Solo dopo aver messo a fuoco ciò che lo circondava ebbe le facoltà mentali per ricordare che quel giorno avrebbero dovuto partecipare al picnic.

Quando raggiunse gli altri al piano di sotto non riuscì a trattenere l'ennesimo sbuffo. Infilarsi quei pantaloni stretti color caki non era stato facile con le mani doloranti, e la camicia leggera non aveva collaborato con i suoi bottoni piccoli e quasi inafferrabili.

«Alec, sei un disastro!» lo prese in giro Iris non appena lo avvistò, scuotendo la testa con un'espressione affettuosa. Al contrario di lui, era perfettamente sistemata nel suo completo sportivo dai toni oltremare.

Il diretto interessato alzò un sopracciglio mentre la sorella gli si avvicinava per sbottonargli qualche bottone e risistemarlo nell'asola giusta. A quanto pareva aveva toppato in pieno nell'allacciarli. Assottigliò lo sguardo e la ringraziò a mezza bocca, scatenando in lei un sorriso.

La vide tornare raggiante al proprio posto in tavola accanto a Adam e dare a quest'ultimo una pacca sul capo come si faceva con i bambini. Lui scosse la testa con una smorfia divertita e i capelli gli ricaddero sulla fronte finché non li spostò.

Alec non aveva avuto modo di parlare spesso con Iris negli ultimi tempi perché era stata parecchio impegnata con la scuola e aveva anche iniziato a seguire qualche corso extra pomeridiano. Inoltre loro non erano quel tipo di fratelli che si confidavano qualsiasi cosa. Semplicemente avevano una spiccata empatia per percepire ciò che l'altro provava, e Alec poteva facilmente appurare che la ragazza era più felice di quanto non si sarebbe mai aspettato. Alla fine aveva preso bene tutta quella faccenda del piano, ed era persino riuscita a instaurare un rapporto amichevole con Adam. Per un attimo il pensiero assurdo che potesse portar via la loro amicizia lo colse impreparato, ma subito scosse la testa e cacciò via quel timore infondato e ridicolo.

Si concentrò sul minore dei due fratelli Brass, che in quel momento stava masticando un biscotto. Appariva allegro, ma una macchia di malinconia appena repressa nei suoi occhi gli fece rendere conto che Mya aveva ragione.

Quando Adam puntò i due zaffiri verso di lui, si impegnò a regalargli un sorriso, seppur finto, e lui parve cascarci perché la sfumatura che gli oscurava il viso si attenuò in un istante. Allora era vero... l'entusiasmo di quel ragazzo era stato frenato dal suo egocentrismo: non aveva nemmeno per un secondo pensato al bene dell'amico, al contrario di come lui sempre faceva.

Si sistemò al suo posto cercando di mostrarsi pimpante e si ritrovò davanti una tazza fumante di cioccolata calda. L'annusò con poca convinzione finché non allontanò il viso, dopo che l'odore dolciastro lo ebbe disgustato abbastanza. Alzò lo sguardo dal liquido marroncino e trovò accanto a sé Mya e Iris che parlottavano fitto fitto, munite di un'espressione complice che sembrava fatta a stampino. Perplesso, provò ad ascoltare il loro discorso ma da quel poco che capì non riuscì a ricostruire nulla di sensato.

«Cosa ti aggrada tanto?» chiese quindi a Mya, scansando definitivamente la cioccolata con discrezione, in modo che nessuno se ne accorgesse.

La ragazza emise una breve risata, ma la sua risposta fu interrotta dal saluto delle loro madri, appena entrate nella sala da pranzo. Mantenere la calma in loro presenza non si rivelò facile, ma alla fine riuscì a scamparla senza neanche dover toccare un goccio di quella bevanda calda. Si salutarono e finalmente fu libero, o almeno così credeva.

«Dopo il tuo digiuno di stamattina mi aspetto che a pranzo mangerai come minimo una porzione normale» gli sussurrò Adam un attimo prima di uscire dalla porta di casa, senza dargli la possibilità di replicare. Sbuffò e raggiunse gli altri sulla stradina.

Già in lontananza poté vedere una piccola Limousine che li attendeva davanti al grande cancello dagli speroni in ferro brillante. L'automobile era di un nero così lucido che rifletteva la luce del sole. Rimase contrariato dalla decisione fin troppo pomposa. Non sapeva che i Brass possedessero una Limousine. Non sapeva nemmeno, a dirla tutta, come avrebbe fatto l'autista a destreggiarsi tra le strade di campagna dov'erano diretti, ma forse qui erano diverse rispetto a quelle del lato country di Phoenix.

Quando salì aiutato da Iris, dovette ammettere che l'ambiente non gli dispiaceva. Non era esagerato come l'interno di tante auto simili che aveva visto, cadeva più sul classico, rispecchiava proprio lo stile dell'intera famiglia Brass. Mentre spaziava con lo sguardo tra i sedili, capì il perché di quella scelta. Non gli era stato detto, ma avevano ospiti. Già si accalcavano tutti i giorni uno addosso all'altro per andare a scuola, con una persona in più non sarebbero entrati nella solita Mercedes.

I capelli castani di Grisam gli ricaddero momentaneamente in un occhio scuro quando si voltò verso di lui, sorridente. Era incredibile quanto quel ragazzo non si facesse allontanare dai molteplici sguardi intimidatori che gli aveva lanciato in passato. Sembrava impossibilitato a perdere la piega gioviale dalle labbra così come Alec sembrava impossibilitato ad assumerla.

Decise comunque di dargli una chance e stringergli la mano prima che Mya si frapponesse tra loro per aggiudicarsi il posto accanto a lui. Alec rimase vicino a lei, e davanti gli si sistemarono Iris e Adam. La maggiore dei Brass parve inizialmente nervosa mentre alternava lo sguardo tra i due che le erano seduti vicino, ma alla fine Alec le diede una gomitata e lei gli riservò un'occhiata assassina. Per tutta risposta, le fece la linguaccia e le indicò con la testa il bellimbusto al suo fianco per comunicarle di prestare attenzione solo a lui. Gli sembrava fin troppo distratta da quella situazione, quindi si era sentito in dovere di darle una mano.

Si adagiò contro lo schienale mentre partivano, osservando gli atteggiamenti imbarazzati ma civettuoli di Mya. Quasi non ci credeva, alla fine aveva davvero trovato il coraggio di invitare il ragazzo per il quale aveva una cotta. Probabilmente, rifletté, l'avevano fatto passare per il compagno di Cassie, o qualcosa di simile, in modo che ufficialmente sarebbe stata una specie di uscita a sei.

Non trovò nulla da fare durante i primi minuti del viaggio. I piccioncini alla sua sinistra parlottavano fitto fitto tra loro, ed era impossibile introdursi nella conversazione; Adam e Iris, dal canto loro, gli erano più distanti, e sembrava preferissero scambiarsi battute divertenti, a giudicare dalle basse risate di entrambi. Decise quindi di ignorarli e si fece cullare dal movimento ondeggiante del veicolo fino a sentire le palpebre pesanti.

Quando lo chiamarono gli dissero che erano passate quasi due ore. Il sole lo accecò momentaneamente, ma si rese subito conto che erano fermi. I suoi amici erano già scesi e stavano prendendo alcuni zainetti che avevano portato per il picnic. Gettò un'occhiata all'uscita e trovò la sua sedia lì ad aspettarlo, così sgattaiolò sulla moquette con le mani sopportando il dolore finché non raggiunse la sicurezza delle solite ruote.

Si unì agli altri, ma si pentì subito di averlo fatto. Forse aveva ancora speranza, forse poteva imbucarsi a bordo dell'auto e tornare a casa di nascosto. Valutò davvero di farlo quando vide il viso leggermente squadrato di Cassie che sorrideva a Adam mentre gli prendeva un braccio per attirare la sua attenzione. Si trattenne a stento dallo stringere i pugni e si diede una mossa per cercare di aiutare gli altri.

Finirono per prendere uno zainetto a testa e salutarono Sam, l'autista, che si assicurò, prima di partire, che tutti avessero il suo recapito telefonico.

«Mi troverete reperibile fino a questa sera» asserì, per poi chiudere il finestrino e allontanarsi per la stradina di campagna.

Alec si guardò intorno per la prima volta e si ritrovò immerso nel verde. Persino l'aria era diversa da quella di Newcastle, nonostante la città non fosse troppo caotica. Ciò che riusciva a scorgere che non era coperto dagli alberi era un ampio campo che si estendeva a perdita d'occhio. L'unica cosa che spiccava in confronto ad esso era una grossa magione che poteva somigliare più a un castello.

«Faremo il picnic al lago dopo aver fatto un bagno! Che ne pensate? Avete portato il costume come vi avevo detto?» La voce squillante di Cassie gli fece desiderare di essere sordo per un momento. Le rivolse un'occhiata omicida e lei se ne accorse, ma resse il suo sguardo, sorprendendolo, fino a sorridere in modo ambiguo. Alec studiò gli altri, ma nessuno sembrava essersene accorto.

Ovviamente a lui non era stato detto nulla riguardo al costume, non avrebbe potuto comunque fare il bagno e Adam non sarebbe stato certo appresso a lui come l'ultima volta. Era troppo impegnato a tenere stretta la mano della ragazza dai capelli corti.

Mentre gli altri assentivano, Cassie distolse gli occhi da lui e assunse un'espressione furba. «Che ne dite di una corsa fino al lago? Chi arriva per ultimo fa una penitenza!»

Mya, che fino a quel momento era rimasta in silenzio accanto a Grisam, parve subito attratta da quelle parole. Guardò prima Adam e poi Cassie, e per ultima la loro mano unita. «D'accordo!» acconsentì con entusiasmo. «Andiamo, Grisam! Dobbiamo arrivare per primi!»

Lui le sorrise e le sussurrò qualcosa, alla quale lei rise, poi la tirò per il braccio e iniziarono a correre.

«Aspettate, non ho dato il via! Andiamo, Adam» si lamentò Cassie.

Il ragazzo si voltò per la prima volta verso Alec, assumendo un'espressione insicura. Per un momento il biondo sentì una punta di calore riscaldargli il petto quando si rese conto che non voleva lasciarlo lì, ma poi la loro ospite si frappose tra loro.

«Sbrigati, o resteremo indietro!» Si gettò all'inseguimento degli altri due, trascinandosi dietro Adam.

«Aspetta!» Nonostante le proteste, lui dovette seguirla per non sbilanciarsi, e fu obbligato a correrle dietro.

Alec si fermò per un istante a osservarlo mentre si allontanava, i raggi del sole che gli baciavano le ciocche nere spettinate dal vento e lo scenario a dir poco pittoresco che gli faceva da sfondo, illuminando ogni punto del suo corpo. Se avesse saputo dipingere, non aveva dubbi che avrebbe immortalato quel momento su una tela, magari eliminando la figura scomoda di Cassie.

Solo dopo qualche secondo si accorse che con lui era rimasta Iris, e si sbrigò a distogliere lo sguardo dalla coppia davanti a sé. In mezzo a tutta quella luce, i suoi capelli quasi rilucevano come un'aureola, accuratamente acconciati in uno dei fiocchi che amava tanto indossare. Questa volta era verdastro, ma aveva ricami rosati che riprendevano il colore delle sue guance piene.

Alec si sforzò di sorriderle. «Muoviti, altrimenti dovrai pagare la penitenza.»

Iris scosse la testa e alzò gli occhi al cielo. «Stronzate» sentenziò con una mezza risata. Cominciò a camminare con tranquillità e Alec l'affiancò. Fu più facile del giorno precedente muovere le ruote con le mani. Fortunatamente, le nocche non sembravano essersi fratturate.

Sebbene il fatto che avesse definito quella gara proprio come lui credeva che fosse – ovvero stronzate – lo rendesse fiero di lei, assunse un'aria seria e alzò appena il tono della voce per darle più imperatività. «Non ti azzardare a rimanere qui per me» le disse. «Sai come la penso.» Più di una volta avevano affrontato il discorso, spesso per colpa dei loro genitori. Iris sapeva bene che Alec non riusciva a sopportare il fatto di apparire debole davanti a qualcuno. Men che meno a sua sorella.

Lei, tuttavia, non si fece smuovere minimamente da quelle parole, e si limitò a scrollare le spalle. «Ormai arriverei per ultima lo stesso. E poi non mi va di correre.»

Sospirò. In certe situazioni, sua sorella era capace di essere più cocciuta di lui. «Iris, non rovinarti la giornata, ok? Non ci provare nemmeno, altrimenti te la rovino io quando torniamo» minacciò.

Lei rise. «A volte sembri la mamma.»

«Stai scherzando, spero.»

Dopo un attimo di silenzio, entrambi scoppiarono a ridere, e i loro schiamazzi riecheggiarono nello spazio vuoto di quella campagna contornata solo dalla villa e dal boschetto.

«Promettimelo» pretese alla fine il maggiore, leggermente più serio.

La bionda alzò gli occhi al cielo, ma alla fine acconsentì con tono solenne, come se stesse facendo un giuramento importante. L'aveva fatta sembrare una questione di vitale importanza di proposito, per prenderlo in giro.

«Promesso.»

*

La giornata lo annoiò quasi quanto succedeva quando passava tutto il giorno in camera sua a non far niente. Sdraiati su teli stesi sull'erba non lontani dal lago, decisero di mangiare prima e fare il bagno in seguito, dato che avevano tutti fame.

Dopo aver cercato di inserirsi nei discorsi di Mya, Grisam e Iris, Alec diede un morso al suo panino, ma poi lo lasciò perdere. Adam, appiccicato a Cassie che lo stringeva a sé in una morsa apparentemente soffocante, gli rivolse un'occhiata severa, ma forse era troppo impegnato per dirgli di più, quindi non si intromise e lui si convinse del tutto a non mangiare, quasi per dispetto.

Dopo altre chiacchiere a cui non si unì se non per scambiare qualche parola con Grisam sulle lezioni, la padrona di casa insistette con il desiderio di fare il bagno, anche se non faceva proprio caldo. Grisam acconsentì con il suo solito sorriso e Mya lo seguì a ruota, nemmeno fosse la sua ombra. Iris esitò per un momento, ma con un'espressione ammonitrice Alec le ricordò il loro discorso di prima, quindi si unì ai primi due. Adam, con sua sorpresa, rifiutò.

«Credo che rimarrò qui con Alec. Divertitevi» disse senza rimorso. Si volse verso il biondo e gli fece un occhiolino con un sorriso appena accennato. Alec era troppo sorpreso per suggerirgli di andare, o forse troppo egoista.

Cassie non se lo lasciò scappare, però. Sembrava aver instaurato una sorta di sfida contro il maggiore dei Callaway, e cercava il modo migliore per mancargli di rispetto. O forse era tutto frutto della sua immaginazione, non l'aveva ancora capito. «Avanti, Adam! Non fare il guastafeste. L'estate è finita e non ci capiterà più un'occasione del genere! Dai, vieni.»

«Mi dispiace, Cassie...» Adam era in difficoltà. Faceva oscillare gli occhi dalla compagna alla figura di Alec semisdraiata su un telo. Era indeciso, era... a disagio. Tutto per colpa sua. Non è vero, è colpa di quella stronza, fece la parte più prepotente di lui.

«Non gli serve la balia. Giusto, Alec? Oppure sì?» lo provocò la ragazza.

Alec strinse i denti e li sentì stridere, ormai sicuro che quella tizia avesse qualcosa contro di lui così come lui l'aveva con lei.

«Non mi serve la balia, e a te?» chiese, spostando lo sguardo da Adam a lei, che con il suo scarso metro e cinquanta e una retromarcia al posto del seno poteva apparire molto più bisognosa di lui di qualcuno che si occupasse di lei.

Era già lì in attesa di una discussione, ma la ragazza lo ignorò subdolamente. «Perfetto, allora andiamo!» Prese Adam per un polso e lo trascinò verso la riva. Lui irrigidì le spalle, tuttavia la seguì dopo aver lanciato un'ultima occhiata titubante all'amico.

Lo stridio dei denti gli riverberò ancora all'interno del cranio provocandogli spiacevoli brividi, ma alla fine decise di provare a rilassarsi, visto che era rimasto solo. Si sdraiò definitivamente e si concesse una sbirciatina al lago. Nessuno lo stava guardando tranne Mya, la quale gli rivolse un sorriso appena dispiaciuto. Le indicò con la testa lo spilungone al suo fianco e le fece l'occhiolino. Persino da quella distanza poté notare il rossore che le colorò le guance.

Distolse lo sguardo da lei e lo puntò sullo specchio d'acqua per non importunare gli altri. Le acque erano limpide e si vedeva il fondo, a tratti roccioso. Alcuni scogli fuoriuscivano non troppo lontani, ma il centro sembrava sabbioso. Ricordò le sensazioni provate in piscina con Adam e desiderò di poter nuotare in un lago simile con lui. Se non ci fossero stati tutti gli altri avrebbe potuto... ma no, era un pensiero ridicolo! Perché mai sarebbe dovuto andare in un posto del genere con lui da solo?!

Abbassò definitivamente le palpebre brucianti, sentendo il viso e le braccia esposte baciati dal sole. Forse era per quello che stava vaneggiando. Rischiava di scottarsi? Di sicuro era così bianco che probabilmente ci mancava poco che riflettesse la luce.

Percepì il buio chiamarlo a sé e si lasciò andare, stanco, ma proprio mentre stava prendendo sonno sentì qualcosa di freddo bagnargli il volto e i capelli. Si tirò su con un sospiro di sorpresa e il cuore che correva rapido per essere stato strappato in malo modo al dormiveglia. Si concesse qualche istante per comprendere la situazione, poi si voltò verso il colpevole.

Cassie era accanto a lui, gocciolante, e stava mal trattenendo un ghigno crudele. Era stata lei, e non l'aveva fatto per sbaglio.

«Oddio, scusami, Alec! Ti ho un po' bagnato?»

Sentire la sua voce che mentiva senza ritegno gli fece perdere del tutto le staffe. Si mise seduto e allungò una mano. Prenderle un braccio da lì non fu difficile, visto che era bassa e protesa verso di lui, e nemmeno doloroso, per via dell'adrenalina che gli scorreva tutt'a un tratto nel corpo. Le tirò il polso a sé fino ad averla faccia a faccia, poi l'afferrò per il colletto del costume intero che indossava. In quel momento non gli interessò se era poco pudico, dimenticò qualsiasi consuetudine e non fece altro che sputarle contro parole cariche dell'ira che da troppo tratteneva.

«Non so quale sia il tuo problema, stronza, ma vedi di fartelo passare prima che mi arrabbi veramente» disse duro, accompagnando lo sfogo con la freddezza negli specchi ghiacciati. Voleva che sapesse che aveva trovato pane per i suoi denti, che non sarebbe rimasto a guardare mentre si prendeva gioco di lui.

Cassie spalancò gli occhi per la sorpresa. «Oddio, lasciami, Alec. Ma che ti è preso!» urlò più forte del necessario.

Rimasero a fissarsi in cagnesco per un istante, poi Alec si sentì strattonare per il braccio e perse la presa. La ragazza dai corti capelli si allontanò immediatamente, e al suo posto si posizionò Adam, che lo fronteggiò con sguardo adirato. Indossava solo il costume e un paio di ciabatte, e il suo fisico atletico risaltava sotto le goccioline che si illuminavano al riflesso del sole.

«Che diavolo fai, Alec?! Ti ha dato di volta il cervello?»

Il giovane Callaway fece per replicare, ma con la coda dell'occhio colse ancora il sorrisetto soddisfatto di Cassie che sapeva di vittoria. No, lui non poteva perdere. Non perdeva mai.

«Mi ha schizzato di proposito, lo sta facendo apposta» si lamentò, ma poi si rese conto che, accecato com'era, l'amico non gli avrebbe mai creduto. Scosse la testa e sospirò, ma gli uscì più un ringhio che altro. «Togliti di mezzo» inveì contro il moro, in preda alla furia.

Desiderava andarsene, anche se non aveva idea di come fare, dato che la sua sedia era almeno a qualche metro da lui, ma comunque Adam non lo lasciò, anzi si girò e lo tirò a sé fino a farlo cozzare contro la sua schiena nuda. Il profumo aspro ma dolce si insinuò nelle sue narici, facendolo immobilizzare per un attimo.

«Che cazzo fai?»

Si ritrovò stretto sotto le cosce mentre Adam si alzava, quindi dovette aggrapparsi a lui per non cadere.

«Mettimi giù!»

«Ci allontaniamo un po'» lo sentì avvertire, rivolto agli altri membri del gruppo ormai era al completo.

Cassie si fece avanti e scosse la testa. «Ma avevamo detto che saremmo rientrati!» tentò, ma questa volta non riuscì a convincerlo.

«Torniamo subito, dateci solo qualche minuto.»

Alec smise di lamentarsi e voltò il capo giusto in tempo per vedere l'espressione indispettita sul volto della ragazza. Le rivolse un piccolo sorriso. Anche se non voleva andare con Adam, la situazione si era capovolta a suo favore. Aveva vinto lui, per ora.

«Devi smetterla di prendermi liberamente sulle spalle come se fossi un bambino» lo riprese non appena si furono allontanati un po'. Davanti a tutti poi, pensò, ma non lo aggiunse ad alta voce poiché non aveva senso. Perché mai avrebbe dovuto fare qualcosa davanti a quel ragazzo e non agli altri? Cos'aveva lui in più?

Evitò di aggiungere che le mani di Adam sulle proprie gambe gli stavano arrecando fastidio fino ad accelerargli il respiro. Fortunatamente non stava toccando alcuna cicatrice, quindi poteva provare a resistere.

Il moro voltò il capo e lo guardò con la coda dell'occhio per parlargli. Le sue iridi luccicavano come zaffiri sotto i raggi del sole. «Non è proprio così che ti sei comportato? Da bambino» replicò con una punta di ilarità, mettendo ben in mostra un ampio sorriso, accompagnato dalla solita fossetta sulla guancia sinistra. Per qualche strano motivo, ebbe il potere di calmarlo.

«Mi ha schizzato mentre dormivo» spiegò.

Il giovane Brass sospirò. «Non capisco che problema hai con lei! È un angelo, sempre gentile con chiunque.»

Alec rise amaramente, ma non rispose, anche perché iniziava a mancargli l'aria. Se quella era un angelo, non osava immaginare come si comportava chi era paragonato a un diavolo.

«Mettimi giù» ordinò di nuovo, sentendo il tocco di Adam diventare sempre più fastidioso, sebbene le dita non si muovessero.

Il moro capì e si abbassò per lasciarlo andare. Ricadde sul soffice prato caratterizzato da chiazze verdastre e altre giallastre. Non era ben curato, ma d'altronde erano in mezzo al nulla, e solo sporadici alberi crescevano qua e là. Non lontano, si riusciva a scorgere persino un bosco piuttosto fitto, che segnava la fine della zona "abitata", se così si poteva chiamare.

Ci mise qualche momento a riprendersi dall'invasione di quel ragazzo sulla propria pelle sensibile, poi riuscì nuovamente a controllare il respiro e le parole.

«Perché mi hai portato via?»

Adam parve rifletterci su, quasi non avesse una motivazione valida. Alla fine fece spallucce. «Ne avevamo bisogno.»

Rimase sorpreso nel sentire che aveva usato il plurale, come se anche lui avesse sentito l'urgenza di allontanarsi da quella ragazza. Oppure come se anche lui volesse passare del tempo da soli senza preoccuparsi di presenze indesiderate. Entrambe le supposizioni erano un po' azzardate, ma ad Alec piacque pensare che fosse così.

«Sai di che ho bisogno?» chiese mentre vedeva l'altro sedersi accanto a lui. I capelli non erano più gocciolanti e stavano riacquistando il loro colore normale. Adam alzò un sopracciglio per indurlo a continuare, quindi disse: «Di andare a casa e dividere il resto della giornata tra play e qualche film. Birra a non finire e un po' di popcorn.» L'aveva detto senza pensarci, senza che avesse mai riflettuto su quel desiderio. La cosa lo stupì così tanto che ammutolì, e si sentì leggermente in imbarazzo per essere stato fin troppo espansivo. In quasi undici anni non aveva mai mostrato tanto entusiasmo per i suoi vecchi amici. Che cosa gli stava succedendo?

Adam sorrise in modo così genuino che Alec sentì scaldarsi di nuovo qualcosa nel petto, tuttavia non gli diede peso, troppo impegnato a osservare la sua fossetta. E, a tratti, la curva sublime che dal collo scendeva e portava alle spalle, perfettamente tondeggianti.

«Sai che mi ci vorrebbe esattamente la stessa cosa?» gli disse con un occhiolino.

Il sorriso di uno arrivò finalmente a contagiare quello dell'altro, che non tardò a mostrarsi. Voleva davvero piantare Cassie e tutto lì? No, di sicuro lo stava dicendo unicamente per lui. Quella era l'uscita che da sempre aveva desiderato, e si rendeva conto di non potergliela rovinare.

«Stasera?» chiese quindi, nonostante l'imbarazzo precedente ancora vivo.

«Stasera» rispose il moro, annuendo leggermente.

Alec non poté fare a meno di dimenticarsi per un attimo di tutto il resto. Quando era con Adam, i problemi non esistevano.

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