Capitolo 17

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Capitolo 17

Jennifer's Pov

Sto aspettando Meredith all'uscita dietro all'albero perché non voglio farmi vedere da Josh. Cercherebbe sicuramente di scusarsi e io non ho voglia di sentire scuse false,io non voglio persone false al mio fianco.
Non sono nessuno per te? Apposto non l'avevo mai sperato anzi sono contenta di essermi tolto uno stupido peso in meno. Io non voglio avere a che fare con lui come lui non vuole avere a che fare con me.
Sei una pessima bugiarda lo sai?

"Jennifer ma perché hai detto che mi avresti aspettata qui? Sei alquanto inquietante sai?",mi dice Meredith sbucando da dietro l'albero.
"Mm,volevo stare all'ombra,fa caldo",rispondo
"Ma sta praticamente per diluviare".

Ripeto ciò che ho detto prima; "pessima bugiarda".

"Dai su ,andiamo a fare shopping prima che io cambi idea",dico sbrigativa.

Entriamo in un sacco di negozi,dai più cari ai meno costosi,dai più piccoli a quelli immensi.
Non ho mai provato cosi tanti vestiti tutti in una volta in vita mia e i miei poveri piedi chiedono pietà.

"Proviamo in questo negozio",esulta Meredith sprizzante.

Come fa ad avere ancora forze in corpo? Io cammino per strada praticamente trascinandomi e appoggiandomi in qualsiasi muretto possibile.

"Meredith avanti,tu hai trovato il tuo vestito e io no,è destino,torniamo a casa",supplico.
"Assolutamente no! Devi trovarne uno anche tu e poi avremmo finito di fare spese già da ore fa se tu non avessi rifiutato tutti i capi possibili".

Meredith aveva comprato un vestito roseo che arrivava fino al ginocchio senza spalline ma con un corpetto brillantato e alla fine ondulato. Sobrio ma elegante proprio da Meredith.
Io invece non ho trovato niente ma mi va bene perché non avrei mai indossato quel vestito blu elettrico paiettato fino a metà coscia e nemmeno quella gonna a vita alta e un semplice TOP che chiamarlo "capo coprente" è un'insulto,io quello lo chiamo reggiseno.

"E va bene ma questo è l'ultimo e scegli tu i capi mentre io mi siedo sui divanetti",mi arrendo infine.

Mi siedo sui divanetti rossi di un negozietto di nome' "Mode". Quando si dice trovare nomi innovativi. Sono seduta accanto ad altri tre o quattro uomini distrutti quanto me, che lanciano occhiate di approvazione alle loro ragazze ogni volta che escono dal camerino con un vestito diverso,ma sicuramente senza nemmeno guardarle veramente come faccio io con Meredith.
A proposito di Meredith,sono passati venti minuti ormai,sta svaligiando il negozio?
E poi la vedo arrivare con un carrello colmo di vestiti e scarpe e non so quale aiuto divino mi stia dando la forza di non piangere.

"Meredith io...".
"Nono veloce fila in camerino,comincia a provare i vestiti,prima provi prima finisci,su su".

Venticinque vestiti dopo e siamo ancora in questo dannato negozio,a un certo punto ho quasi pensato di pagare la commessa di nascosto per farci cacciare ma Meredith mi sta addosso come un cane da guardia. Ogni volta che esco dal camerino Meredith fa una smorfia dicendo che le linee del mio corpo meritano un vestito migliore.
Cazzate,il mio corpo merita un comodo maglione e dei jeans.
Questa "sfilata" sta andando avanti da cosi tanto tempo che persino alcune commesse e clienti che sono seduti li da un po esprimono il loro giudizio.
Vestito lungo verde con corpetto grigio,fallito.
Vestito nero lungo fino al ginocchio con schiena di pizzo,scartato.
Gonna di seta rossa con camicia bianca,scartato anche questo abbinamento.
Ormai esco da questa cabina senza nemmeno vedere cosa ho addosso,mi cambio letteralmente ad occhi chiusi.

Esco dallo stanzino e le persone che osservano da tempo spalancano leggermente la bocca,la commessa sgrana gli occhi per poi ricomporsi immediatamente e Meredith batte le mani con un sorriso compiaciuto.
Mi giro verso lo specchio per vedere il vestito che ho addosso.

"Assolutamente si! Questo è perfetto,Jennifer è fantastico".
"Non ci penso minimamente tu sei pazza,faccio prima ad andare nuda!",dico mentre torno in camerino.
"Jennifer ma scherzi? Ma ti vedi?",dice facendomi voltare verso lo specchio,"Sei bellissima,non è volgare,tu non sei volgare,ti sta d'incanto".

Io non mi vedo bellissima anzi tutt'altro. Mi vedo semplicemente avvolta in una stoffa troppo stretta e troppo scoperta per una come me.

"Lo sei davvero,sei davvero bella",continua Meredith dolcemente notando la mia espressione davanti a questo specchio,"E poi se non prendi questo vestito dovremmo provarne altri o andare in altri negozi".

I miei occhi si aprono all'improvviso al suono di questa orrenda frase e mi giro di scatto.

"Questo va bene!".
"Ne ero sicura,dai vai a cambiarti che poi andiamo a pagare",ride Meredith.

******
"Sono a casa",urlo entrando dal grande portone mentre mi dirigo in salotto.

Mio padre è sulla poltrona nera di pelle con delle scartoffie poggiate sul tavolino mentre Anny è intenta a pulire il camino. Ma poi si girano verso di me e mi guardano stupiti senza dire nulla.

"Beh cosa c'è? Avete visto un fantasma?",domando irritata.
"Quelle cosa sono?",chiede Anny indicando le buste che tenevo per mano.
"Sono delle buste",la prendo in giro.
"Si ce ne eravamo accorti,ma cosa c'è dentro?",prende parola mio padre ancora più sconvolto di Anny.
"Cosa volete che ci sia in delle buste del genere? C'è un vestito e delle scarpe".
"Un vestito e delle scarpe?",urlano quasi all'unisono.
"Ma siete pazzi? Si qual è il vostro problema?".

Mio padre e Anny si scambiano degli sguardi incuriositi non sapendo cosa dire ma infine mio padre si decide a parlare.

"No nessun problema tesoro,solo che è abbastanza strano,hai sempre rifiutato i vestiti che ti ho comprato".
"Devo andare ad una festa domani sera",annuncio con tono calmo

Se prima erano sconvolti ora lo sono il doppio, Avrei voluto tirare fuori il cellulare e far una foto alle loro facce da ebeti.
Anny corre verso di me e mi abbraccia di fretta.

"Una festa? Con il tuo ragazzo?".

All'ultima parola vedo mio padre irrigidirsi e mi scappa una risata.

"Vado con una mia amica ma ora mollami Anny non respiro",rido io.
"Oh si mi scusi",e torna alle sue pulizie.
"Io vado a farmi una doccia,scendo per cena",e mi dirigo verso le scale ma mio padre mi ferma.
"Jennifer aspetta un attimo",si alza dalla poltrona venendo verso di me
"Sono molto contento che tu vada a questa festa",dice con un tono come se non avesse finito di dire la frase,"Ma forse visto che vai a questa festa potresti accompagnare anche me a questa cena di lavoro domenica".
"Non se ne parla proprio!".
"Ma Jennifer sei mia figlia,ho bisogno di te!".
"No invece puoi fare benissimo da solo".
"Non essere sciocca,ho bisogno del tuo sostegno,devi venire con me!".
"Devo? Ma fammi il piacere! A cosa ti servo? A far vedere che seguirò le tue orme? Che tua figlia Jennifer Milton prenderà le rendini della tua stupida azienda? Non abbiate paura soci le 'Milton Enterprises non moriranno mai'!".
"Non parlarmi con quel tono!",urla raggelandomi con i suoi occhi azzurri ma sono altrettanto arrabbiata anchio per poter cedere a quello sguardo.
"No tu non parlarmi cosi! Da quando è morta la mamma non fai altro che convincermi ad andare con te a queste stupide aste,incontri e feste di beneficenza in cui tutti non fanno altro che guardarmi e a chiedersi cosa deciderò di fare della mia vita ora che sono l'ultima erede. Non sono uno stupido trofeo da mostrare,non posso sostituire la mamma devi smetterla di provarci! Hai capito? Smettila!",urlo tutto d'un fiato con tutta la forza che ho in corpo e mi dirigo in camera mia.

Dal suo sguardo non credo avesse voluto ribattere ma se lo avesse fatto non avrei voluto ascoltarlo. Mi tenevo dentro quel pensiero da anni ormai e il fatto che abbia pensato che una stupida festa potesse cambiarmi ha scatenato in me una furia.
Davvero non capisce perché non voglio andare? Pensa sia solo pigrizia o uno stupido capriccio? Non ha capito niente,nessuno capisce mai niente!

"Signorina posso entrare?",prova a chiedere Anny piano bussando alla mia porta.
"No,non puoi",mugulo io ma sicuramente non ha capito la mia risposta visto che la mia faccia è coperta da un cuscino e lei entra comunque.
"Non ho voglia di sentire la tua predica",avviso schietta non togliendo il cuscino.
"Non le voglio fare la predica,solo mi ascolti", ma io non parlo e lei prende il mio silenzio come il via libera per potermi parlare.
"Tuo padre non ti considera in quel modo",comincia lei
"Avevo detto niente predica".
"Mi faccia finire di parlare. Tuo padre non ti considera in quel modo,lui non ti considera il suo trofeo lui ti considera sua figlia,solo ed esclusivamente sua figlia. Lavoro per voi da anni ormai e ho conosciuto suo padre quando ancora era alle prime armi nel mondo degli affari e non è sempre stato cosi sicuro di se e non aveva nemmeno un grande intuito per gli affari al tempo".
"Dove vuoi arrivare Anny?",chiedo spazientita
"Tempo fa quando le era ancora piccola,tuo padre si bloccò durante una conferenza".
"In che senso si era bloccato?",tolgo finalmente il cuscino dalla faccia
"Si era bloccato signorina,era insicuro aveva paura di sbagliare e doveva tenere un discorso molto importante per le statistiche dell'azienda. Era da solo in quel palco e di colpo con tutti gli occhi che lo fissavano si scordò tutto il discorso che doveva fare e scappò dal palco"
"Papà scappò da una conferenza di lavoro?",chiedo assolutamente stupita da questa storia che non avevo mai sentito.
"Oh si,se la diede a gambe levate e torno' a casa in preda al panico. Da quel giorno gli affari andarono sempre peggio. Questo mondo lavorativo è pieno di squali e nessuno vuole spendere soldi o fare contratti con un'uomo che non è nemmeno capace di tenere un discorso. E nonostante suo padre avesse le migliori intenzioni,si fece vedere sempre meno al lavoro perdendo sempre più azioni".
"E dopo? Come si è ripreso?".
"Dopo settimane che questa storia andava avanti sua madre decise di prendere in mano la situazione. Suo padre ormai era sempre chiuso in ufficio in preda al panico per la paura di poter incontrare di nuovo quelle persone che non vedevano l'ora di vederlo affondare e comprare le sue poche azioni rimaste ma sopratutto con il timore di portare la famiglia al lastrico. Sua madre lo convinse a partecipare alla conferenza sui tessuti e gli disse che avremmo partecipato tutti".
"Nel senso che saremmo andati anche noi a quella conferenza?".
"Certo quel giorno ci vestimmo tutti bene,sopratutto lei era graziosissima con quel fiocchetto rosa in testa e sua madre altrettanto. Persino io e Greg venimmo assieme a voi. Quando varcammo la porta tutti si girarono verso di noi e suo padre indietreggiò di qualche passo ma sua mamma con lei in braccio gli strinse la mano e continuarono a camminare. Mi ricordo perfettamente quel giorno,ogni attimo e se lo chiedesse a Greg le direbbe esattamente le stesse identiche cose che le ho appena raccontato. Camminammo insieme verso il nostro tavolo e sua madre inceneriva con lo sguardo qualsiasi persona si azzardasse a ridere o a parlare nell'orecchio dell'altro sempre stringendo la mano di tuo padre. Sa signorina,lei ha lo stesso identico sguardo. E' piena di amore ma quando si tratta di proteggere qualcosa di tuo o qualcosa che ami ha lo sguardo di sua madre,come se niente potesse scalfirla".
"Io non sono come lei",abbasso lo sguardo.
"No non lo sei,ma a tratti lei è tutta sua madre e si fidi,è un complimento. Si dice che quando una persona muore lascia un pezzo della sua anima alle persone lei care e credo che lei abbia preso più di un semplice pezzo"

Non parlo,non dico nulla,mi si stringe il cuore a quelle parole, sento il respiro sempre più pesante e gli occhi bruciarmi. Non voglio più ascoltare ma non riesco a dire nemmeno una sillaba.

"Ma non è questo il punto. Il punto è che quella sera dopo svariate ore di commenti e deduzioni un'uomo salii sul palco e chiese l'intervento di suo padre. Lui si irrigidii ma tua madre gli disse che doveva andare a esporre tutte le sue idee e non aver paura di niente che noi saremmo stati li. Anzi addiritura mi ricordo che disse che se qualcuno avesse riso gli avrebbe lanciato dello champagne addosso",dice con una risata malinconica,"Tuo padre salii e per un minuto ci fu silenzio e con lo sguardo guardò tra la folla,noi gli sorridemmo e tu alzasti la tua piccola mano per salutarlo da lontano".
"E poi si bloccò di nuovo?",chiedo io silenziosamente
"Oh no per niente tutt'altro. Espose tutte le sue idee una ad una,cominciò a parlare con tono serio e forte di cose che ovviamente nessuno di noi capiva ma sua madre continuava a sorridergli. Da quel giorno le azioni ripresero a salire,i contratti aumentarono e con il passare del tempo i soci che un tempo ridevano di lui ne furono intimoriti alcuni chiedevano disperatamente un contatto con la sua azienda".
"Cosa vuoi dirmi con questa storia Anny?".
"Dico solamente che lei e sua madre gli avete dato la forza di andare avanti e da quel giorno sua madre lo ha sempre accompagnato ai suoi impegni di lavoro ma quando è morta si è sentito perso. Ha avuto paura di fallire di nuovo e di non esserne capace da solo ma quando la vedeva,rivedeva Elisabeth e si è imposto di farcela e non cadere nel baratro. Per lei,per lui,per sua madre".
"Infatti ci è riuscito,anche piuttosto bene",provo a non alzare io il tono.
"Si è vero ma comunque stare qui a Mahnattan al tempo gli faceva male,era forte ma non abbastanza perciò si è rifatto a Londra tenendo a bada i suoi affari qui da lontano. Ma ora è dovuto tornare e nuovi soci,nuove aziende si sono create e lui deve fare di tutto pur di mantenere alto il suo nome. Lui non ha bisogno di lei come trofeo,lui ha bisogno di lei per farcela. Ricordi che la signora Elisabeth non ha lasciato solo lei,ma anche tutti noi,suo padre compreso".

Anny se ne va un minuto dopo avermi dato la buonanotte senza nemmeno aspettare la mia risposta,ma meglio cosi perché non so cosa dire.
Ha ragione mio padre,ha sempre avuto bisogno di me e io non ci sono mai stata,troppo egoista per pensare che anche lui avesse bisogno di aiuto. Chiudendomi in me stessa mi sono scordata che io ho perso mia madre come lui ha perso sua moglie e il dolore è lo stesso.

"Posso entrare?",busso alla porte di legno dell'ufficio di mio padre.

Nessuna risposta,non so se mi abbia sentita o meno,ma entro comunque e lo trovo immerso nelle sue solite scartoffie.

"Ti serve qualcosa?",chiede brusco non guardandomi
"Io vengo con te domenica",sussurro ma lui non risponde,mi guarda solamente,cosi decido di continuare a parlare,"All'incontro con te".
"Si,l'avevo capito".
"Va bene allora buonanotte",e riapro la porta ma la voce di mio padre ferma i miei passi
"Jennifer,tu sei mia figlia e...",ma non lo lascio finire sapendo già tutto,avevo già ascoltato abbastanza.
"Si papà lo so,non c'è bisogno,verrò perché voglio farlo e non perché mi sento in dovere".
"Grazie",dice cosi piano da poterlo sentire a malapena

Vado verso camera mia e dopo aver chiuso la porta sono cosi stanca che mi stendo con la schiena sulla porta fino a cadere lentamente sul pavimento.
Sono davvero stanca,sento gli occhi bruciarmi per le lacrime che sto trattenendo da stamattina ormai e le palpebre stanche.

Non avrei mai potuto aiutare davvero mio padre,non sono forte come mia madre e come avrei potuto infondere coraggio e sicurezza se io stessa non ne ho?
Questo pensiero continua a balenarmi in testa assieme alle parole che Josh aveva urlato a Melissa in biblioteca.
Aveva ragione ormai ero troppo rotta dentro per uscire dalla mia corazza. Troppo ferita per provare vero affetto. Troppo addolorata per uscire dalla mia fossa.



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