Giustizia Divina

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Ci rivedremo.

Ti aspetto più avanti.

Molto, molto più avanti.

Allora mi invidierai, ma non avrai quello che io ho sempre avuto, e sarò vendicata.

Se tu, lettore, stai chiedendoti se sei il soggetto a cui mi rivolgo, fatti un esame di coscienza. Eri tu, che ridevi di quella povera anima tua compagna, che in gita scolastica ciondolava dal sonno dopo le dieci e crollava irrimediabilmente dopo la mezzanotte, sprofondata nelle braccia di Morfeo tanto gustosamente da poter organizzare in camera il Party più selvaggio dell'albergo senza che si accorgesse di nulla?

Se sì, allora sei l'oggetto della maledizione, e in età matura trascorrerai le ore della notte con gli occhi sbarrati nel vuoto, pregando per un po' di sonno. Ti alzerai nervoso e anzi isterico e un po' rimbambito, mentre IO, che ho sempre goduto del sonno dei GIUSTI, continuerò a sbafarmi nove ore di pacifico sonno e mi alzerò fresca e riposata come una rosellina.

ERA  UNA  NOTTE  BUIA   E   TEMPESTOSA...

No, in verità era una bella serata ed eravamo un esagitato liceo in gita scolastica. Personalmente ero l'alunna più tranquilla della classe se non, appunto, dell'intero istituto. Per tale motivo ero stata infilata nella camera delle più burrascose da una brillante professoressa che sperava di usarmi come quegli elementi chimici che inibiscono certe reazioni. Quella sorta di catalizzatori al contrario...

Ovviamente la sua era una speranza ingenua e infondata e si tramutò in una personale fonte di disavventure. Ricordo che la seconda notte fui svegliata di soprassalto dalla mia compagna di letto (stanza enorme, ci dormivamo in cinque). Fui spedita alla porta, perché qualcuno rischiava di buttarla giù a pugni. Ci arrivai a malapena, sbadigliando fragorosamente, spalancando gli occhi davanti alla faccia infuriata del professore di matematica.

Voleva spiegazioni su tutto il casino che veniva dalla camera. Era fumante, direi.

Protestai assoluta innocenza. Spalancai la porta, mostrai la fila di letti, le compagne tranquille, il silenzio tombale, lo invitai a entrare e controllare. Suggerii che evidentemente non era la nostra camera, quella incriminata.

Fui così sinceramente sorpresa e così evidentemente innocente che il tizio si calmò e andò via. Richiusi la porta e passai davanti a quella del bagno tornando a letto. Ne uscirono in cinque, di più non ci stavano. Altri sei ragazzi spuntarono dagli armadi e tre da sotto i letti in fondo.

Mi infilai sotto le coperte urlicchiando di raccapriccio, chiedendo alle pazze che si scompisciavano alla mia espressione cosa sarebbe successo se quello avesse raccolto il mio invito a entrare e controllare.

Mi risposero che ero stata bravissima e che ero la loro arma segreta, ma i miei nervi conobbero la prima grande scossa della mia vita.

Penserete che mi siano almeno state grate... forse, ma ero comunque un bocconcino troppo invitante. Due sere più tardi mi addormentai pacifica come sempre, e al mattino fui naturalmente l'unica a rispondere al professore che bussava alle camere per assicurarsi che tutti fossero svegli.

Si partiva, e prudentemente l'esperto professore non si allontanava finché non gli si apriva, tranquillizzandolo che c'era qualcuno abbastanza sveglio da reggersi in piedi.

Chi se non io? Ricordo ancora l'espressione del professore, che dopo avermi fissata si allontanò senza commentare. Un professore che era il mio preferito, per la cui stima lottavo a denti stretti.

Qualcosa nel suo sguardo mi colpì dolorosamente. Corsi in bagno e ammirai una soffice nuvola di capelli bianchi, gonfi e voluminosi e profumati di borotalco.

Borotalco tanto generosamente consumato che mi muovevo in una nuvoletta bianca come quel personaggio dei peanuts che girava in un nembo di polvere.

Sembravo la sorella giovane di Einstein.

Mi chiesi come potessi non essermi svegliata, mentre mi shampoavano e cotonavano così accuratamente.

Rientrai da quella gita con la consapevolezza che non era bene dormissi con nessuno che non fosse un fidatissimo amico, e così mi sono assicurata che fosse per il resto della vita.

Ora vedo i miei coetanei litigare colla notte. 

L'età riduce le ore di sonno e il buio si fa eterno, e popolato di preoccupazioni. 

Mi spiace per loro.

MA   IO   DORMO.

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