Facciamolo insieme

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 Siamo seduti su un tronco, io e Clarke, gli unici rimasti della razza umana. Abbiamo attraversato l'inferno insieme e, nonostante tutto, eccoci qui, soli. Durante il test abbiamo ucciso Cadogan per salvare Madi, ma è stato tutto inutile. Anche lei non c'è più. Gli altri hanno deciso di non trascendere, preferendo restare qui con noi. Raven, Octavia, Murphy, Emori, Nathan, Jackson e Levitt si sono appena addormentati, stremati dagli eventi recenti. Echo, Indra, Gaia, Hope e Niylah hanno scelto di lasciare il gruppo.

Il silenzio della notte ci avvolge mentre Clarke rompe il silenzio. "E ora cosa facciamo?" mi chiede, la voce un po' tremante.

«Qualunque cosa vogliamo».

Rispondo, facendo una breve pausa per riflettere.

Poi continuo guardandola negli occhi.

«Non è un caso che siamo rimasti solo noi due come razza umana?»

Clarke mi guarda con un misto di curiosità e sospetto.

«Cosa vuoi dire?»

Non posso fare a meno di ridacchiare prima di avvicinarmi a lei e baciarla.

È un bacio rapido, ma sufficiente a farle capire ciò che provo.

Clarke si ritrae leggermente, sorpresa.

«Oh... non ci penso proprio. Non qui!»

Dice, facendo un cenno verso gli altri che dormono profondamente.

Ridacchio di nuovo, questa volta più sommesso, prima di prenderla in braccio.

«Vieni, ho un idea migliore».

Le dico con un sorriso malizioso.

«Bellamy, non iniziare a pensare cose assurde, eh!»

Mi avverte Clarke, ma posso vedere un accenno di sorriso sul suo viso mentre la porto verso il lago.

L'acqua è calma, riflettendo il cielo stellato sopra di noi. Immergiamo i piedi nell'acqua fredda e una risata involontaria sfugge dalle labbra di Clarke. La tensione sembra sciogliersi con ogni passo che facciamo nel lago.

«Non ci pensi mai a quanto siamo fortunati a essere qui, vivi, insieme?»

Le chiedo, tenendola stretta mentre l'acqua ci avvolge.

«Ogni singolo giorno».

Risponde Clarke, guardandomi con quegli occhi intensi che conoscono tutte le nostre sofferenze e speranze.

«Ma non possiamo vivere solo di ricordi. Dobbiamo andare avanti».

Annuisco, consapevole che ha ragione.

«Allora facciamolo».

Dico.

«Andiamo avanti. Insieme».

Sono passati otto mesi da quel giorno. Il sole è alto nel cielo, e il caldo è soffocante. Clarke, con il viso arrossato e i capelli biondi arruffati, mi guarda con un misto di frustrazione ed esasperazione.

«È tutta colpa tua se sono in questo stato! Fa caldo! Non lo sopporto più!»

Non posso fare a meno di sorridere, posando un bacio tra i suoi capelli.

«A breve, appena l'avrai tra le braccia, ti dimenticherai di tutto questo».

Clarke mi fulmina con lo sguardo.

«Non ridere! E manca ancora un mese!»

Octavia, che ci osserva poco lontano, interviene con un sorriso divertito.

«È tipico di mio fratello combinare guai. Devi conoscerlo meglio di chiunque altro, Clarke».

Murphy, sempre pronto a scherzare, si avvicina con un sorrisetto.

«Ehi, Clarke, se vuoi posso prendermi cura io del piccolo Blake. Sono sicuro che sarà un angelo... proprio come Bellamy!»

Dice ridendo.

«Oppure magari sarà un genio... del crimine! Speriamo non prenda tutto dal padre!»

Raven scuote la testa, aggiungendo un tono serio alla conversazione.

«Se non avessi commesso quell'omicidio...»

Non riesce a finire la frase che la mia espressione cambia e la fumino con lo sguardo.

Raven, notando la mia reazione, scoppia a ridere.

«Tranquillo, Bellamy. Sto solo scherzando».

Clarke fa una smorfia, e io mi avvicino, preoccupato.

«Tutto a posto?»

Le chiedo, cercando di capire se c'è qualcosa che posso fare per aiutarla.

«Mmmm, no».

Risponde Clarke, con un'espressione di dolore sul viso.

«Che succede?»

Le chiedo, il cuore che batte più forte.

«Credo che il piccolo Blake abbia voglia di nascere oggi...»

Dice Clarke, stringendosi il ventre.

«Cosa?»

Esclamo, il panico che inizia a prendere il sopravvento.

«Jackson!»

Il resto del gruppo si anima immediatamente. Jackson corre verso di noi, seguito da Octavia e gli altri. Iniziano a organizzarsi per il parto improvvisato.

Le prossime sei ore sono un inferno di dolore e tensione. Clarke urla, stringendo la mia mano così forte che penso che me la romperà. I suoi occhi sono pieni di lacrime, il viso contorto dal dolore. Jackson e Raven fanno del loro meglio per aiutarla, mentre io posso solo stare lì, impotente, cercando di darle conforto.

«Respira, Clarke, respira».

Le dico, anche se so che non serve a molto. Lei mi guarda con occhi pieni di determinazione e sofferenza, e io vorrei poter fare di più.

Finalmente, dopo quello che sembra un'eternità, si sente il primo vagito. Jackson sorride e annuncia: «È una bambina».

Aurora Blake è nata. Clarke, esausta e sudata, tiene il nostro piccolo miracolo tra le braccia. Le lacrime scendono sul suo viso mentre guarda nostra figlia con un amore infinito.

Mi avvicino, baciando Clarke sulla fronte.

«Ti amo».

Le sussurro, la voce rotta dall'emozione.  

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