Incertezze e Amore

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Bellamy

 Mi ritrovo a fissarla, Clarke, mentre dorme accanto a me. Il suo respiro è lento, regolare, quasi ipnotico. Ogni volta che la guardo così, mentre il mondo sembra fermarsi intorno a noi, non posso fare a meno di chiedermi: come ha fatto a innamorarsi di me?

Io che non ho fatto altro che causare problemi. Io che, fin dal primo giorno, non ho fatto altro che ferirla, farla arrabbiare, spingerla via. Non sono mai stato facile da sopportare, figuriamoci da amare. Eppure, eccola qui, stesa accanto a me, il suo volto rilassato, sereno, come se non ci fossero mai state quelle notti di paura, di rabbia, di rimpianti. Come se tutto il dolore che abbiamo attraversato insieme non avesse lasciato tracce, come se il mio passato non fosse una cicatrice che porto ancora dentro.

Mi passa per la mente il pensiero di mia sorella. Octavia. L'unica persona che ho avuto per così tanto tempo, l'unica persona di cui mi sono preso cura, l'unica che dipendeva da me. Sono cresciuto da solo, senza una guida, senza un esempio, e ho dovuto crescere anche lei. Ho dovuto essere tutto per lei. Non è stato facile, nemmeno per un secondo, ma è stato il mio unico scopo per tanto, troppo tempo. E forse è per questo che mi sembra impossibile che qualcuno, oltre lei, possa voler stare con me.

E Clarke... Clarke non è semplicemente qualcuno. Lei è tutto quello che io non sono. Forte in modi che non riesco neanche a comprendere, intelligente, piena di risorse, sempre pronta a prendere decisioni difficili, decisioni che io ho spesso criticato o che non ho voluto prendere. Ho passato così tanto tempo a mettere in dubbio le sue scelte, a fare a pugni con la sua determinazione, a convincermi che non avrei mai potuto fidarmi completamente di lei. Eppure, lei mi ha scelto. Tra tutti, ha scelto proprio me.

Sento il cuore stringersi al petto. Mi sembra di soffocare al solo pensiero. Perché? Cosa ha visto in me? Io che non sono mai stato all'altezza delle sue aspettative, io che l'ho ferita, più volte di quante possa contare. Mi ritorna alla mente quella volta, tanto tempo fa, quando eravamo in piena guerra, quando ci siamo urlati contro l'uno all'altra.

«Non puoi sempre decidere tutto tu, Clarke!»

Le avevo detto, il viso contratto dalla rabbia, le mani serrate a pugno.

«Ogni volta che lo fai, qualcuno muore!»

E lei, con gli occhi pieni di dolore, mi aveva risposto: «Non è colpa mia se tu non hai il coraggio di prendere certe decisioni, Bellamy. A volte si deve fare ciò che è necessario, anche se ci fa male»

Le sue parole mi avevano colpito come un pugno allo stomaco, perché sapevo che aveva ragione. Ma l'orgoglio, la paura di essere inutile, mi avevano accecato. E adesso, ora che tutto è diverso, ora che la sua mano è così vicina alla mia, non posso fare a meno di chiedermi se ho fatto abbastanza, se posso mai essere l'uomo che lei merita.

Le sue parole continuano a riecheggiarmi nella testa.

«Ho scelto te perché hai un cuore grande, anche se non lo dimostri».

Quelle parole, pronunciate con tanta semplicità, mi hanno cambiato. Lei vede in me qualcosa che io stesso non riesco a vedere. Mi conosce meglio di quanto io conosca me stesso. Come può essere possibile? Come può riuscire a guardare oltre tutte le mie colpe, le mie paure, i miei errori?

Le sfioro dolcemente una guancia con la punta delle dita, il contatto è quasi impercettibile. Non voglio svegliarla, non voglio che questo momento si spezzi. Voglio solo... sentirla. Sentire che è qui, che è reale, che è accanto a me. Sento il calore della sua pelle sotto la mia mano, e mi perdo per un attimo nei dettagli del suo viso. Le ciglia lunghe, il profilo del naso, quelle labbra che hanno detto tanto e che, in questo momento, riposano in una pace che vorrei poter custodire per sempre.

Il mio petto si stringe ancora di più. La amo. È così semplice, eppure così complicato da ammettere. È un sentimento che mi travolge, mi consuma. E in fondo, sono terrorizzato. Ho paura che un giorno si svegli e si renda conto che ha fatto un errore. Che io non sono abbastanza. Che non posso darle quello di cui ha bisogno. Ho paura che il mio passato, i miei difetti, le mie debolezze, diventino troppo per lei da sopportare. E se la perdo?

Inspiro lentamente, cercando di calmarmi, ma è inutile. Non posso smettere di pensare a quanto tutto questo sembri fragile, come un castello di sabbia pronto a crollare alla prima onda. Ma poi, guardo di nuovo Clarke. Lei è qui. E io sono qui. E per un istante, decido di mettere da parte la paura, di lasciare che sia l'amore a parlare.

«Ti amo».

Mormoro a bassa voce, la mia mano ancora sulla sua guancia. Il suono delle mie parole si perde nell'oscurità della stanza, ma so che, in qualche modo, le raggiungerà.

«Grazie».

Non so nemmeno io per cosa la sto ringraziando esattamente. Forse per avermi scelto, per avermi dato una possibilità, per aver visto qualcosa in me che nessun altro ha mai visto. O forse, semplicemente, per essere qui.  

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