Capitolo 1

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Il caldo era opprimente, le bruciava la pelle pallida dandole la sensazione di trovarsi dentro un forno ad alte temperature. Ancora un po' e si sarebbe presa un'insolazione nonostante i diversi strati di crema solare, lo sapeva.

Aveva voglia di fare un tuffo nella fresca acqua oceanica, ma Isaac non era ancora arrivato, e tutto ciò in cui poteva sfogare la sua arsura era la bottiglietta d'acqua appena comprata nel bar non lontano da lì.

Trovò conforto nella minuscola ombra di qualche arbusto mentre, seduta sulla sabbia proprio all'inizio di unadelle tante spiagge di Perth, accanto alla stradina che portava alla riva, Althea attendeva l'arrivo del suo ragazzo, che era già in ritardo di cinque minuti.

Sospirò e guardò il cielo. Per un attimo il sole accecò i suoi occhi color nocciola, ma poi le ciglia li schermarono dai raggi e poté scorgere il volo dei gabbiani che planavano vicino ai bagnanti in cerca di cibo.

Abbassò le palpebre e inspirò a fondo la brezza piena di salsedine, ma ben presto fu costretta a rialzarle. Tra lo sciabordio delle onde, le grida di quei bianchi pennuti e le voci divertite in lontananza, le sue orecchie avevano captato un sibilo strisciante che proveniva dalla sua sinistra, nella parte più lontana dalla vietta in mattonelle. Si voltò immediatamente verso quella direzione e fece per allontanarsi, convinta che fosse un serpente; non era raro trovarli da quelle parti, c'erano persino diversi cartelli che avvertivano di non avvicinarsi ai cespugli per la loro presenza.

Qualcosa, però, la trattenne. Un suono particolare, che poteva essere un gemito o un lamento umano, attirò la sua attenzione verso il folto di quegli arbusti. Provò a scrutare tra gli spiragli che questi lasciavano, e dopo un po' riuscì a intravedere un movimento non identificato.

Indecisa, valutò cosa fare, e un nuovo e graffiante gemito arrivò a pungere le sue perplessità, quasi richiamandola con la sua nota sofferente. Al diavolo i serpenti, si disse. Non poteva giustificare la propria indecisione con il timore di incontrare qualche rettile e omettere così la possibilità di prestare soccorso a qualcuno che forse ne aveva bisogno.

Si alzò in piedi e, vedendo che di Isaac non c'era ancora traccia, scansò le foglie del primo cespuglio della foresta di arbusti che costeggiava interamente la stradina. Trovò con sorpresa che non era difficile addentrarsi tra le fronde, come se una via nascosta fosse stata precedentemente battuta da qualcun altro.

L'indecisione se seguirla o no sparì automaticamente quando un nuovo lamento le riempì le orecchie. Riuscì a identificare la voce di un ragazzo che a occhio e croce, dal tono basso e profondo, sebbene alterato dall'afflizione, non doveva essere troppo più grande di lei.

Senza più esitare, si immerse nel folto della vegetazione fino a sparire completamente dalla spiaggia. I rami più appuntiti le graffiarono braccia e gambe esposte, provocandole diversi solchi rossastri che non si curò nemmeno di controllare. Mantenne gli occhi chiusi per lunghi secondi, poi sentì il sole baciarle di nuovo il volto e rialzò le palpebre.

Si bloccò, confusa, al limitare di un piccolo spazio sabbioso circondato da arbusti. Davanti a lei, a pochi metri di distanza, un ragazzo era a terra nell'angolo più lontano dal suo. Non la guardava, il suo viso era rivolto verso il basso e non le permetteva nemmeno di scorgerlo. Tutto ciò che fu in grado di vedere furono i muscoli delineati del suo collo che venivano a tratti accarezzati da ciuffi di capelli nerissimi. Il suo corpo, esposto totalmente se non per il costume che indossava, era latteo e quasi risplendeva sotto la forte luce del sole di mezzogiorno. Ma ciò che la spinse finalmente a muoversi fu una cosa sola. Il giovane tremava mentre cercava di reggere il proprio peso sugli avambracci.

«Cos'è successo?» chiese, completamente dimentica di tutto il resto davanti a quella situazione. «Vado a chiamare aiuto?» Sebbene non lo desiderasse, quell'ultima domanda le era uscita fin troppo interrogativa. Era ancora indecisa sul da farsi poiché non si era mai ritrovata in una circostanza simile.

Lo sconosciuto alzò di scatto la testa e ciò che le permise di vedere le lasciò una scia di brividi così profonda che la scosse interamente. I suoi occhi, illuminati da un sole impertinente da cui sembravano volersi riparare, erano di un chiaro e luminoso color purpureo, che ricordava quello limpido dei lillà che piacevano tanto a sua madre.

Il ragazzo prese a tremare violentemente, come se d'un tratto la temperatura si fosse abbassata di meno dieci gradi, poi strinse i pugni e gemette ancora. Sembrava quasi stesse trattenendo qualcosa di più grande di lui, e che farlo gli provocasse sofferenza.

«Va' via» biascicò a fatica, e quelle semplici e brevi parole lo lasciarono senza fiato.

Althea strinse i denti e non demorse. Forse si trovava davanti a uno psicopatico, ma era evidente che aveva bisogno di aiuto e non era giusto negarglielo solo perché probabilmente non ci stava con la testa. Non ne era sicura, ma era possibile che fosse vittima di qualche strano disturbo.

Scacciò con uno sbuffo quei pensieri e si avvicinò al giovane sconosciuto con l'intento di aiutarlo a stendersi sotto l'ombra più vicina e poi offrirgli l'acqua che le era rimasta. Se non altro, in quel modo si sarebbe sentito meglio e magari avrebbe potuto parlare.

Nel momento in cui lo toccò, un gioco di luce l'accecò, costringendola a distogliere gli occhi. Attribuì quella scintilla al riflesso che aveva emanato l'anello di fidanzamento che portava al dito, ma un attimo dopo la sua attenzione venne attratta da ben altro. Sentì il ragazzo emettere un gemito più forte degli altri, per poi iniziare a respirare più velocemente, respiri mozzati che terminarono in un grido.

Spaventata, si distanziò quel poco da lui che le permise di guardarlo in volto, sfigurato da lineamenti sofferenti.

«Va'... via! S-se non vuoi che...» Non riuscì a finire la frase, interrotta da un altro lamento.

Althea indietreggiò, completamente sopraffatta da quella scena, e rimase a fissare lo sconosciuto con occhi spalancati. «Non posso lasciarti qui!» urlò, sperando che qualcuno la sentisse. Non ne era davvero in grado, senza contare che se si fosse venuto a sapere ci sarebbe pure andata di mezzo per omissione di soccorso. Ma non era solo quello... non poteva stare a guardare quel ragazzo soffrire e non fare niente per aiutarlo. «Permettimi di...» iniziò, ma le parole le morirono in gola.

Il giovane aveva raddrizzato la schiena e ora era immobile in una posizione minacciosa. Guardò i suoi lineamenti distorti e non seppe decifrare che cosa avesse innescato quel cambiamento, ma non sembrava più sofferente. Se prima le era apparso come fosse la preda di un qualcosa di sinistro e agghiacciante, adesso aveva assunto le sembianze e il portamento di un vero e proprio predatore.

«Chi...» iniziò titubante Althea, poi si rese conto che il tono risultava troppo esitante e si schiarì la voce. Non voleva apparire intimorita, non aveva senso! «Chi sei?»

Il ragazzo la squadrò per qualche istante, il suo petto a malapena si muoveva, a dispetto di come aveva fatto fino a quel momento. Poi, all'improvviso, piegò le labbra all'insù in un sorriso che non suggeriva nulla di amichevole. Althea poté giurare di vedere due lunghi e affilati canini prima che questi sparissero di nuovo alla sua vista per esternare le seguenti parole.

«Vuoi sapere chi sono?» La sua voce era molto più ferma di poco fa, aveva sfumature profonde e intimidatorie.

In un battito di ciglia, se lo ritrovò davanti e non seppe nemmeno come avesse fatto. Il respiro le si mozzò in gola quando lo fissò negli occhi perdendosi, quasi fosse incatenata, in quello sguardo freddo e violaceo, ma poi riuscì a svegliarsi dallo stato di trance e scosse la testa per iniziare a correre all'impazzata. Tuttavia, venne fermata.

«Sono un incubo» furono le seguenti parole, che misero fine a quel momento di stallo.

Le mani di lui le cinsero i fianchi un attimo più tardi con tanta forza che le lasciarono diverse strisce rossastre sulla pelle. Colta alla sprovvista, urlò al primo movimento, ma subito dopo lui le mise una mano sulla bocca.

Passato lo spavento iniziale tentò in tutti i modi di dimenarsi, ma la determinazione del ragazzo era molto più estesa di quanto avrebbe potuto immaginare. Con una presa ferrea sul suo fianco la stringeva fino ad arrecarle un'insopportabile sofferenza, con l'altra le tappava le vie respiratorie rischiando di farla soffocare.

Provò a stringere forte tra i denti un dito che riuscì ad afferrare dopo svariati tentativi e lo sentì emettere un'esclamazione di sorpresa, ma la freddezza nel suo sguardo non cambiò: non si era scosso minimamente. Non si era nemmeno scostato, e la sua mano era ancora lì a tentare di soffocarla. Strinse di più con i denti finché questi non si fecero deboli: andava contro il suo istinto fare del male a qualcuno in quel modo, tuttavia si obbligò a mettere sempre più forza nel morso; non avrebbe mai ceduto, si trattava della sua vita e avrebbe venduto cara la pelle.

Per tutta risposta, il ragazzo passò con l'altra mano a stringerle il polso sottile, così forte che temeva si sarebbe potuto spezzare da un momento all'altro. Gemette e fu costretta pian piano ad allentare la presa, complici anche i sensi che stavano venendo a mancare.

No... non può finire così!

Quando stava del tutto per distaccarsi dalla realtà, sentì una voce familiare che le diede la forza per tenersi in piedi, e la presenza ingombrante dello sconosciuto si fece all'improvviso assente.

«Althea!» si sentì chiamare nello stesso istante in cui riuscì a riavere indietro il totale comando della propria vista.

Non era mai stata più felice di scorgere la chioma chiara e scintillante di Isaac o la sua pelle abbronzata che tante volte aveva dato per scontata mentre la toccava. Era arrivata anche al punto di non desiderarne il contatto, a volte, invece adesso aveva rischiato di non rivederla mai più.

Vide da una parte il ragazzo che l'aveva assalita perdere sangue dal naso, ancora sorpreso da quell'arrivo inaspettato. Si portò una mano al viso per intridere le dita di quelle gocce, e Althea ebbe l'occasione per vederlo bene. Quasi le venne da rigettare nell'accorgersi che il fluido, che avrebbe dovuto essere rosso, era molto più scuro e viscoso di quanto fosse abituata a vedere, come se contenesse tracce di un veleno che lo anneriva. Al contrario, i suoi occhi violacei stavano virando rapidamente verso il vermiglio, un colore tanto irreale quanto spaventoso. Iridi con sfumature simili non sarebbero dovute esistere.

Il ragazzo si pulì rapidamente il sangue con un braccio e abbassò la mano per fronteggiare il nuovo arrivato.

Althea, la quale aveva provato la sua forza immensa sul proprio corpo, pensò di dire al fidanzato di scappare, ma prima che potesse aprire bocca lo vide partire all'attacco.

«Isaac, no!» urlò, ma questo non l'ascoltò. Non era solito avere un temperamento tranquillo e gli piaceva attaccare briga con chiunque, figurarsi ora che lei era stata assalita per... per cosa, esattamente? Quel ragazzo non era parso pericoloso all'inizio, ed era questo che continuava a stonare dannatamente nella sua testa. Non doveva finire così, non aveva senso. Non credeva ai propri occhi, eppure era successo, e lei non aveva idea di chi fosse quel tizio, quindi non poteva dare per scontato che non fosse un malvivente.

Isaac era partito in una carica composta da movimenti esperti, una sequenza di colpi che venivano abilmente schivati o parati. Il suo avversario sembrava molto più rapido di lui, e dopo qualche istante passato a esaminarlo partì agilmente e lo colpì in un occhio.

«Isaac!»

Il suo fidanzato la ignorò. Si piegò un solo attimo, poi indietreggiò di scatto per non dare un vantaggio al nemico. Si studiarono a vicenda, e Althea non poté fare altro che puntare lo sguardo sulle chiazze di sangue nero che erano cadute a terra. Sembravano gocce di petrolio.

Un istante dopo lo sconosciuto si mosse rapido, fiducioso, ma non aveva fatto i conti con l'asso nella manica di Isaac, che senza farsi vedere aveva tirato fuori il suo coltello a serramanico e l'aveva puntato senza indugi contro l'assalto del ragazzo.

Althea urlò spaventata quando il corpo del giovane si bloccò come paralizzato. Gocce viscose caddero immediatamente a terra e andarono a ricoprire la fetta di sabbia ancora bianca e scintillante al sole di mezzogiorno, rubandole quella purezza fino a macchiarla; la lama scivolò via dalle mani di Isaac per rimanere incastrata nell'addome contratto del ragazzo, metallo contro carne, in un'accecante accostamento che indusse la ragazza a distogliere gli occhi.

Lo sconosciuto tentò di rimanere in piedi per fronteggiare il suo avversario, ma alla fine si perse nella sofferenza di quel colpo e cadde in ginocchio sulla sabbia cocente, lo sguardo vuoto puntato in basso.

Isaac non represse la propria espressione disgustata: si tratteneva a stento, come se dovesse decidere se schiacciare o no un ragno, e in quel momento lei capì che nella furia che lo assaliva non sarebbe stato in grado di ragionare lucidamente.

«Isaac, ti prego! Andiamo via!»

Il suo ragazzo si voltò verso di lei e si riscosse. Guardò il proprio coltello e decise saggiamente di lasciarlo dov'era, quindi si avvicinò a lei e la esaminò con fare protettivo.

«Sto bene, andiamocene!» tagliò corto, un po' perché non voleva rimanere lì un secondo di più – sia per il timore dello sconosciuto sia perché non aveva idea di cosa sarebbe successo se qualcuno avesse scoperto il reato compiuto da Isaac – e un po' perché temeva la reazione del proprio ragazzo nello scoprire i segni che le aveva lasciato sul corpo.

«È tutto ok ora» le disse con voce bassa e calma, forse credendola in stato di shock. Lo era? Non ne aveva idea. Cosa doveva provare una persona quando veniva assalita da qualcuno in grado di cambiare il colore dei propri occhi in qualcosa di inesistente e inquietante come il rosso, e che aveva del sangue nero degno di un demone di qualche immaginaria leggenda metropolitana?

Quasi non si accorse di venire trascinata nel folto della piccola foresta e poi sotto al sole, fino alla Range Rover sulla quale tante volte era salita con spensieratezza. Solo a quel punto, trovandosi in una situazione familiare e così diversa rispetto a quella che aveva appena vissuto, riuscì a dare sfogo a ciò che provava dentro, anche se in maniera così insolita che si sorprese di se stessa. Si ritrovò con la testa piegata sulle ginocchia e le mani che le facevano da schermo protettivo verso il mondo, mentre un urlo le usciva dalle labbra bianche per lo spavento.

«Althea, ci sono qui io, è tutto finito! Non dovrai mai più rivedere quel bastardo.»

Si lasciò cullare dalla delicatezza delle braccia di Isaac, colte, suo malgrado, da spasmi di nervosismo di tanto in tanto. Sapeva che stava pensando che avrebbe meritato la morte anche solo per essersi azzardato a toccarla, ma gli era davvero grata per aver avuto la lucidità di non compiere tale atto prima.

Cullata dal vento che entrava dai finestrini aperti, riuscì a calmarsi solo parecchio tempo dopo, quando il sole stava ormai compiendo la sua parabola verso l'orizzonte. Alzò il capo e chiese al suo ragazzo di andare a casa, e lui l'accontentò senza farla insistere oltre.

Una volta arrivati, gli assicurò che stava bene. Solamente con quella bugia fu in grado di rimanere da sola, e si rifugiò nella sua stanza, di nuovo con la testa fra le ginocchia, sovrastata dalle immagini di occhi rossi come due rubini e sangue nero come un abisso.

Koa

Avrei voluto pubblicare ieri sera ma non ce l'ho fatta ^^' comunque, grazie all'aiuto dei miei meravigliosi beta (Black--Kat e il mio ragazzo dall'account dimenticato e inutilizzato xD) sono riuscita a farcela oggi perché mi hanno dato utilissimi consigli (e anche un po' simpatici hehe).

L'inizio non era così sulla vecchia versione, quindi non sono ancora convinta, ma per ora rimarrà tale ^_^ spero vi sia piaciuto e che non sia troppo frettoloso, ma in caso contrario mi impegnerò a risistemarlo, quindi fatemi sapere :* Ho anche unito i primi due capitoli perché mi sono accorta che non aveva senso che fossero separati :3

La canzone che sta a inizio capitolo è un po' il testo che caratterizza l'intera storia ed è molto bella, la consiglio ** questa e un'altra saranno la colonna sonora della storia, quindi le alternerò tra i capitoli :3

Un abbraccio, Koa!

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