15. Quindicesimo Atto

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LA LINEA SCURA


Era possibile perdonare un tradimento?

Fu con questa precisa domanda che Kristen si risvegliò di soprassalto, la fronte sudata e il respiro pesante.

Aveva appena avuto un incubo. E in quel terribile incubo, aveva visto se stessa precipitare da un profondissimo dirupo, senza che nessuno potesse salvarla da morte certa. Buttò un occhio alla radiosveglia poggiata sul comodino: erano appena scoccate le sei del mattino.

Poco male, pensò. Avrebbe dovuto alzarsi tra una mezz'oretta per poi prepararsi per andare al lavoro, perciò...

Era possibile perdonare un tradimento? Ed era possibile farlo senza perdere se stessi? Senza gettare al vento la propria dignità? si chiese ancora, mentre con grande indolenza si sbarazzava del morbido piumone e lasciava che il freddo della stanza acuisse quel tremendo senso di solitudine il cui carico, delle volte, si faceva così insopportabilmente pesante da mandar giù.

No, non era possibile. O meglio, era senz'altro possibile perdonare un simile torto, ma non si poteva pensare di aggiustare un cuore ferito. Di farlo tornare com'era prima. Non si poteva reclamare di nuovo quel cuore, che tanto naturalmente si era concesso di amare, come, a sua volta, aveva preteso di essere amato; di essere trattato come la più preziosa delle reliquie, con un rispetto tale da riservare completa e assoluta fiducia in quella persona alla quale si era dato il mondo intero – senza riserve, per giunta. Quella fiducia ormai tradita. Ormai spezzata.

No, non si poteva ricominciare come se nulla fosse accaduto. Ci si poteva provare, ci si poteva impegnare fino allo sfinimento e, nei casi più assurdi, persino fingere di non aver subìto la più grande delusione che si potesse mai ricevere nel corso della propria vita. Una vita che, alla fine dei conti, sembrava fosse fatta più di dolori, che non di gioie. Lei non avrebbe mai potuto pensare di fingere che Herbert non l'avesse tradita. Non avrebbe mai potuto calpestare la sua dignità di donna e considerare il suo "sbandamento" come un semplice incidente di percorso. Tutti gli uomini, pur essendo fatti di carne, erano dotati anche di un cervello. E non potevano comportarsi alla stregua di animali in calore, ai quali, giustamente, bastava accoppiarsi con chicchessia per assicurarsi il mantenimento – come la preservazione – della specie. Gli esseri umani, uomini o donne che fossero, avevano dei sentimenti. E calpestarli – anche soltanto per un banale capriccio – era un qualcosa di riprovevole e meschino. No, il semplice impulso sessuale non reggeva il confronto con i sentimenti e l'interesse autentici che si dovrebbero provare quando si decide di puntare tutto su una sola persona. Il resto, erano tutte chiacchiere da bar. Certo, magari erano vere quelle cose che, di quando in quando, le era capitato di leggere in rete.

Il fatto che un qualsiasi partner scelga di stare soltanto con noi, e quindi di coltivare un rapporto di natura esclusiva, non gli impedisce comunque di provare attrazione (e qui si parla di "mera" attrazione sessuale, ovviamente) per altre persone. Come, magari, di fantasticarci su.

Se per Kristen era già difficilissimo accettare una simile realtà, figurarsi se avrebbe potuto perdonare un tradimento effettivo. Un tradimento che, fra l'altro, aveva visto con i suoi stessi occhi. Kristen si sciacquò a più riprese il viso, mentre il costante rumore dell'acqua che scorreva dal lavabo le infondeva una certa tranquillità. Se pure Herbert fosse tornato da lei a piangere e l'avesse pregata in ginocchio di ritornare insieme a lui, Kristen non avrebbe mai ceduto. Voleva troppo bene a se stessa, nonostante l'avvilente prospettiva di ritrovarsi sola soletta, senza più nessun appiglio che le facesse pensare a una risalita. A una nuova realtà; una realtà che non contemplasse dei deliziosi marmocchi a cui badare.

Quel pensiero le fece rivalutare di colpo il suo rapporto con Marcus. Con lui non sarebbe andata proprio da nessuna parte. Lui non avrebbe mai lasciato sua moglie, e non era nemmeno convinta che lo desiderasse sul serio. Poteva benissimo immaginarsi cos'avrebbe provato lei non appena avesse scoperto che Marcus l'aveva tradita. Da un simile dolore non ci si riprendeva mai del tutto. Si poteva cercare altrove la felicità, questo era vero, ma di certo non lo si poteva fare con un colpo di spugna. Kristen aveva conosciuto alcune donne che, per il bene dei propri figli, avevano deciso di soprassedere al tradimento ricevuto o a qualche altra problematica che minacciava la serenità della coppia. A suo modo di vedere, non era troppo convinta che dal punto di vista maschile l'atteggiamento sarebbe stato altrettanto "conciliante". In ogni caso, Kristen non riusciva a capire cosa ci si potesse ricavare di buono nell'accettare quella brutta realtà senza nemmeno fiatare. I figli in questione, prima o poi, si sarebbero senz'altro accorti dell'astio (o quantomeno dell'indifferenza) che correva tra i genitori, e sarebbero cresciuti con l'amara consapevolezza che non si amavano più.

Kristen si vestì in tutta fretta. Se avesse continuato la sua tresca con Marcus, le sarebbe stato impossibile esaudire il suo impellente desiderio di maternità. Non avrebbe certo voluto arrivare a quarant'anni senza che un tenero pargoletto le allietasse le giornate. La donna temeva la solitudine, e temeva altrettanto che non si sarebbe mai realizzata sul fronte sentimentale. A dispetto di tutti i dubbi e le incertezze che le nascevano da dentro, lei avrebbe tanto voluto continuare a sperare che un uomo perbene, un bel giorno, si sarebbe accorto di lei e avrebbe fatto di tutto per conquistare il suo amore. Ma ormai, da un po' di tempo a quella parte, non le riusciva più. Non riusciva più a credere che l'avvenire potesse riservarle delle belle sorprese.

Per quanto la conoscenza di Marcus fosse stata inattesa, lei non avrebbe mai potuto considerarla una benedizione. Di sicuro, lo sarebbe stata in ben altre circostanze, ma visto e considerato che...

Kristen si richiuse indietro la porta di casa, con un tonfo piuttosto deciso. Doveva smetterla di arrovellarsi il cervello. E doveva smettere di vedere quell'uomo.

Facendo un bel respiro, scese rapidamente le scale e uscì fuori dal palazzo. Si immobilizzò quasi subito, gli occhi sbarrati. Nello spiazzo adiacente al marciapiede, c'era ancora la macchina di Marcus. O perlomeno, le pareva che fosse la sua. Per un istante, si rivide insieme a lui all'interno dell'abitacolo, uniti in un bacio tanto passionale quanto disperato, mentre delle calde lacrime scorrevano sul viso di entrambi. Nessuno dei due aveva avuto il coraggio di indagare sulle possibili ragioni di quel piagnisteo. Anche se, a ben pensarci, non era poi così difficile intuirle. Alla fine, si erano scambiati un ultimo bacio e, dopo essersi augurati l'un l'altra la buonanotte, si erano separati senza farsi alcuna promessa.

Kristen si mosse verso la macchina, come a rallentatore. Quello che vide la fece sorridere. Marcus era abbandonato sul sedile e stava ancora dormendo, un libro – quel libro – tra le mani, l'espressione leggermente corrucciata. La sua bocca sottile era appena dischiusa. Restò a fissarlo per qualche minuto, imbambolata e altrettanto sorpresa. Era forse rimasto là per tutta la notte?

Bussò piano sul finestrino, malgrado sapesse che sarebbe stato meglio andarsene. Ogni singola volta che lo rivedeva, però, non rispondeva più di sé. Marcus si stropicciò gli occhi, e non appena la vide le regalò un sorriso radioso. Era davvero felice di vederla. Le accennò di entrare e Kristen aprì lo sportello al lato del passeggero. Marcus allungò subito il braccio attirandola a sé, che altrettanto immediatamente si gettò su di lui. Lo baciò con dolcezza e desiderio insieme, torturandogli a più riprese il labbro inferiore.

Insomma, c'era cascata un'altra volta.

«Non dirmi che sei rimasto qui per tutta la notte!» lo rimbrottò lei, pur senza guardarlo in modo ostile. Il suo sorriso la faceva sempre andare in brodo di giuggiole.

«A quanto pare sì. Ieri sera, quando ci siamo lasciati, sono rimasto un pochino qui e... e mi sono messo a rileggere qualche capitolo del saggio scientifico di cui ti ho parlato qualche tempo fa. Il silenzio della notte mi ha restituito un po' di pace, e alla fine devo essermi addormentato. Ma di un sonno profondo, tant'è che non me ne sono neanche accorto.»

«E avresti continuato a dormire beato, se io non ti avessi rotto le uova nel paniere», gli rispose Kristen, accarezzandogli l'affascinante accenno di barba.

Lui le rubò un altro bacio. «Sono felice che tu l'abbia fatto. Credo di averti sognata, questa notte», le confessò.

«Ah sì?»

Io, a differenza di te, ho fatto un incubo terribile. Quel pensiero la fece rabbuiare per un istante.

«Sì. Cos'hai?» le domandò Marcus, l'aria perplessa.

Ancora una volta, Kristen non riuscì a non stupirsi della sua perspicacia. Sembrava proprio che lei non potesse nascondergli nulla, nemmeno il più piccolo turbamento. Gli si spalmò addosso, il cuore di Marcus che batteva furiosamente nel petto. Era forse quello, l'effetto che lei gli faceva?

«Ti accompagno al lavoro, se vuoi», farfugliò lui, quindi inserì la chiave nel quadro.

Kristen strabuzzò gli occhi e si scostò da lui. Se n'era completamente dimenticata! Se fosse arrivata in ritardo, la direttrice le avrebbe fatto una testa tanta, grande quanto una mongolfiera. «Oddio, magari! Anche se, a pensarci bene, potrei benissimo andarci con la mia Smart

«Non è necessario. Mi fa piacere accompagnarti, se questo significa stare con te ancora qualche minuto.»

«Non dovresti andare al lavoro anche tu?»

In verità, Kristen stava cercando di resistere alla tentazione di baciarlo di nuovo.

«Oggi no. Mi sono preso un giorno di congedo straordinario. Ho ben altro da fare.»

Kristen ebbe l'impressione che lui non volesse dirle di più, quindi non insisté. «D'accordo. Allora, be'... ti auguro una buonissima giornata», gli disse, mentre cercava di concentrarsi sulla strada – incrociare di nuovo il suo sguardo le avrebbe suscitato sin troppe domande. Per sua fortuna, nel secondo tratto di strada che portava al Children's Home, il traffico mattutino si era diradato di molto; quindi sarebbe senz'altro arrivata in orario.

«Tutto qui?»

Lo sguardo interrogativo di Marcus fu un tutto dire. Kristen si era appena girata a guardarlo – di nuovo –, e per poco non fece la fine di Orfeo, cui era stato tassativamente ordinato di non guardare la sua Euridice. Negli occhi di Marcus trapelava una scintilla di profonda tristezza. Quella tristezza che non la incenerì, ma che comunque le arrecò una forte agitazione. Non avrebbe mai più voluto provare un sentimento tanto dilaniante. Aveva ormai imparato a riconoscere la delusione negli occhi di Marcus, e se c'era una cosa che lei odiava più di ogni altra, era proprio quella di far credere a qualcuno che non le importasse niente della sua vita. Forse gli aveva risposto un po' troppo freddamente. Forse... Marcus desiderava ardentemente che lei gli chiedesse come avrebbe trascorso la sua giornata.

«Non volevo farmi gli affari tuoi», si difese Kristen. «Mi è sembrato che tu non volessi parlarmene, e così—»

«Sai che ti dico? È meglio che tu ne sia all'oscuro, in effetti. A tempo debito lo saprai.»

«Sapere cosa?»

Marcus le fece l'occhiolino e accostò la vettura. «Sbaglio, o siamo arrivati a destinazione?»

Kristen volse lo sguardo alla propria destra. Davanti al Children's Home c'era quel Thomas Hunt, che stava fumando una sigaretta. Sembrava piuttosto nervoso. «Non ti sbagli», gli rispose, senza smettere di scrutare il regista dall'alto in basso. Continuava a torturare quella povera sigaretta portandosela più volte alle labbra, senza neanche darsi il tempo di buttar fuori tutto il fumo. Si sforzò di non restare lì a fissarlo come uno stalker. Se l'avesse vista, avrebbe anche potuto farsi strane idee. Si rivolse di nuovo a Marcus e accennò un tiepido sorriso. «Grazie mille per avermi accompagnata.»

Lui le si avvicinò per darle un bacio, ma lei si scostò prontamente. «Ti prego, non qui», lo implorò, abbassando lo sguardo.

«D'accordo», rispose lui, senza battere ciglio. Le strinse di sfuggita la mano sinistra e la lasciò andare. «Mi raccomando, non sparire. Ti chiamo stasera.»

Kristen annuì, non capendo perché le avesse chiesto di non sparire. Che avesse già fiutato qualcosa nell'aria?

Quest'uomo è un sensitivo, non c'è altra spiegazione.

Non appena se ne fu andato, Kristen avanzò con sicurezza verso Thomas. Voleva scroccargli una sigaretta, e niente e nessuno l'avrebbe fermata. Non ricordava nemmeno quand'era stata l'ultima volta che aveva provato a fumarne una. O forse sì. Se ne ricordava fin troppo bene.

«Buongiorno, Thomas», esordì, simulando un falso sorriso. Doveva cercare di apparirgli più amichevole di quanto non fosse stata fino a quel momento.

A quel punto, anche Thomas sembrò accorgersi di lei. Rialzò gli occhi da terra, la solita espressione impenetrabile. «Buongiorno, Kristen.»

«Le dispiacerebbe offrirmi una sigaretta?» gli chiese.

Hunt aggrottò la fronte. Sembrava confuso. «Lei fuma?»

«Veramente no», ammise l'altra, scrollando le spalle. «Ma stamane, be'... ne avrei proprio bisogno.»

L'uomo non si fece pregare ulteriormente, quindi estrasse una confezione dalla tasca dei pantaloni e gliene porse una.

Kristen se la portò in bocca, mentre Thomas le si avvicinò per accendergliela. In quel preciso istante, si scontrò più da vicino con i suoi occhi scuri e le sembrò di cogliervi un certo sospetto.

Non è uno stupido, questo senza dubbio.

Al primo tiro, emise un leggero colpo di tosse, e per un attimo pensò di lasciar perdere. Prima che Thomas potesse dirle qualsiasi cosa, ci riprovò, quindi aspirò con più dolcezza dal filtro e, a poco a poco, si riabituò a quella strana sensazione.

"La prima brucia sempre un po'", le aveva detto Herbert anni prima, non senza riderci su, quando aveva tentato di fumare insieme a lui. Non che volesse diventare una fumatrice professionista, anzi. Ai tempi, voleva semplicemente entrare in sintonia con quell'affascinante studente di Giurisprudenza, quindi aveva pensato che, almeno per una volta, potesse fare uno strappo alla regola e unirsi a lui. Per avere quantomeno l'impressione di instaurare quel sodalizio che, effettivamente, era nato proprio a seguito del loro primo incontro.

Comunque sia, lei ci aveva provato a farlo smettere. Quando avevano capito che la loro non sarebbe stata una storia qualunque, Kristen aveva tentato il tutto per tutto perché Herbert lasciasse in pace i suoi poveri polmoni. Per un breve periodo, c'era persino riuscita. Ma non aveva fatto i conti con la sua indole tanto ribelle quanto scorbutica, che gli imponeva di non dar retta a nessuno, tantomeno alla sua tenera fidanzatina.

«Va tutto bene?» le chiese Thomas, dando segno di aver notato che si era persa nei suoi pensieri.

«Tutto bene», gli assicurò lei, aspirando dell'altro fumo. «Come mai qui? gli chiese. «Non avevamo un appuntamento.»

«Mi sta consigliando di andarmene?»

«Assolutamente no.»

«Bene.» Spense di colpo la sigaretta sul posacenere sistemato davanti all'entrata, quindi si fregò le mani e tornò a fissarla. «Senta, lo so che non sarebbe molto, come dire... convenzionale. Però... sarebbe tanto sconveniente se la invitassi a pranzare insieme?»

«Oggi?» domandò lei, gli occhi sbarrati. E per quale razza di motivo, poi?

«Esatto. Forse se ne starà chiedendo il motivo, però la prego di non farmi domande. Non adesso, almeno. Le spiegherò tutto quanto non appena saremo soli.»

Kristen non sapeva cosa pensare. Dall'atteggiamento di lui, non le pareva che ci stesse provando. Non si poteva mai dire, però; d'altra parte, non lo conosceva quasi per niente. «Parlare nel mio ufficio le dà così fastidio?» gli domandò, la sigaretta a mezz'aria.

«Non è questo. Però mi farebbe un immenso favore se accettasse di pranzare con me.»

Malgrado Kristen non ne fosse troppo convinta, decise di assecondare il desiderio di Thomas. «D'accordo. Dove ci incontriamo?»

«Al Road House andrà benissimo. Non so se c'è mai stata.»

«Qualche volta, sì.»

Thomas le sorrise appena, e in quel sorriso Kristen vide riflessa una luce diversa, che tradiva immensa gratitudine. Per la prima volta, le stava forse mostrando il vero se stesso.

«A più tardi, allora. Ci vediamo lì per le tredici.»

Kristen annuì e terminò di fumarsi la sigaretta, mentre lo guardava allontanarsi per poi sparire dal suo raggio d'azione. Fino all'ora di pranzo, la sua mente fu un susseguirsi di domande senza risposta.


Il Road House era una piccola rosticceria ai confini del paese, dall'aspetto rustico e non troppo sopraffino, ma in ogni caso ci si mangiava da Dio. Kristen c'era stata in più di un'occasione, sia per amicizia che per i consueti appuntamenti amorosi, ma certamente mai per lavoro – sempre che Hunt l'avesse davvero invitata per discutere di Robert e assimilati. Non appena vi entrò, individuò subito un Thomas pensieroso e altrettanto fuori dal mondo, a giudicare dal modo con cui stava fissando il suo bicchiere pieno d'acqua minerale. Gli si avvicinò e lui alzò la testa, pregandola di accomodarsi. Dopo qualche istante, sopraggiunse un cameriere e riscattò le ordinazioni. Ordinarono entrambi una deliziosa bistecca cui aggiunsero, come contorno, un'insalata di pomodori e patate al forno.

Si scrutarono per un istante di troppo senza proferire parola, come se, in un certo qual modo, si stessero studiando l'un l'altra. Ma non si conoscevano abbastanza per leggersi nella mente, o anche soltanto intuire la direzione dei propri pensieri.

«Questo posto mi è molto caro», esordì Thomas a un certo punto, poco prima che cominciassero ad assaggiare la prima portata. «Ci venivo sempre insieme a Jane, soprattutto da fidanzati.»

A Kristen non sfuggì il tono che aveva usato, tantomeno il tempo imperfetto. Sembrava che stesse narrando di un passato parecchio lontano. «E... quand'è stata l'ultima volta che siete venuti qui?»

Thomas scrollò le spalle. «Se non ricordo male è stato il tredici luglio scorso, in vista del nostro terzo anniversario di nozze.»

«E... anche quest'anno ci tornerete?» indagò Kristen, cercando il suo sguardo.

Lui l'accontentò. «Ci spero tanto, sì.» Trasse un lungo sospiro, senza smettere di guardarla. «Questo qua è il nostro tavolo. Ci siamo seduti proprio qui, il giorno del nostro primo appuntamento "ufficiale". Era il tredici luglio del duemiladiciotto. Jane aveva appena superato il mio esame con un bel ventotto. Perciò, abbiamo pensato di venire qui a festeggiare non solo quello, ma soprattutto il fatto che, da quel momento in poi, non avremmo più dovuto etichettarci come alunna e professore.»

A Kristen sfuggì un tenero sorriso. Quella ricchezza di dettagli non la sorprese più di tanto, dato che lui si era sempre professato pazzamente innamorato di sua moglie. C'era dell'altro, però. E Kristen sperava tanto che lui non si nascondesse di nuovo.

«E così, da quel momento in poi, non avete più dovuto nascondere il vostro sentimento agli occhi di tutti.»

«Non esattamente. Sa, io sono un tipo piuttosto complicato. Delle volte, mi sono domandato come Jane riuscisse a sopportare i millemila cambiamenti d'umore a cui sono andato incontro per colpa del fatto che le persone potessero additarla come un'arrampicatrice sociale. Essere famosi in tutto il mondo, checché se ne dica, non è sempre una benedizione. E io volevo proteggerla a tutti i costi, e non volevo che il suo futuro ne risentisse per causa mia. Così... alla fine mi sono deciso a farla finita. Sono partito per San Francisco, ho cercato di imparare a vivere senza di lei, ma ovviamente... non ci sono riuscito. Io appartenevo a lei, come Jane apparteneva a me.

«Quando ci siamo rivisti... ho giurato a me stesso che non l'avrei più lasciata. E non voglio farlo nemmeno ora», le confessò, gli occhi leggermente lucidi. «Per stare con lei, ho perso la stima di molti colleghi, ho rinunciato al mio lavoro e alle mie aspirazioni professionali. Forse tanta gente mi direbbe che no, non vale la pena lottare così tanto per una donna. E forse mi troverei anche d'accordo con loro, se solo questa donna fosse una qualunque. Ma lei non è mai stata una qualunque. Lei è l'amore della mia vita, il mio bene più prezioso. Il mio ossigeno. La mia forza. Capisce?»

Kristen, in quel momento, percepì tutta la disperazione di quell'uomo. Non stava piangendo, ma la sua voce era incrinata.

«Nell'ultimo anno, Jane non si è comportata poi così bene con me. Mi costa tanto confessarglielo, ma credo che sia giusto che lei sappia tutta la verità. A fronte dell'ennesimo test di gravidanza negativo, mia moglie si è chiusa in se stessa e, per un certo periodo, non ha più voluto che la sfiorassi. Non sapevo come affrontare la situazione, quel terribile distacco che, di giorno in giorno, si faceva sempre più grande. Ho comunque cercato di starle vicino come potevo; il pensiero di separarmi da lei era per me inconcepibile. Sono stato paziente, ho cercato di comprendere il suo stato d'animo e di non farmene una colpa. Poi... a seguito di una visita ginecologica, mi ha confessato la verità. A un anno e mezzo dal nostro matrimonio, era rimasta incinta e non vedeva l'ora che tornassi a casa per dirmelo. Io ero a Bristol per lavoro, come le ho già raccontato. Poco prima che tornassi, ha subìto un aborto spontaneo. Ed è stato in quel momento – o meglio, da quel momento – che ha cercato di evitarmi in tutti i modi. Io non ne sapevo ancora niente; credevo persino che non mi amasse più. Mi sembrava inconcepibile che, dopo ben tre mesi che non ci vedevamo, lei non volesse più fare l'amore con me. Mi sono sentito rifiutato, ho ripreso a fumare, e da allora... non sono riuscito più a smettere del tutto, malgrado gliel'avessi promesso.»

Ci avevo visto giusto, si disse Kristen. La questione è più intricata di quanto pensassi.

«Poi ci siamo riconciliati, però», continuò Thomas, dopo aver bevuto un sorso d'acqua. «Sembrava che tutto andasse per il meglio, fino a quando... gli occhi di Jane non si sono posati su quel bambino.»

«Sta parlando di Robert, suppongo.»

«Proprio così. Non mi sarei mai immaginato che sua madre Catherine, tanto tempo prima, avesse concepito Robert con quel delinquente che adesso marcisce in prigione.»

«Tantomeno avrebbe mai immaginato che Massimo Manetti volesse vendicarsi della sua Catherine cercando di ucciderlo.»

«Esatto. Al tempo, Catherine non sapeva che fosse incinta di Massimo. Lei lavorava in un supermercato, e quando tanti anni prima avvenne quella rapina... lei stessa riconobbe il volto di Massimo e lo denunciò. Lo spedì in prigione, e da quel giorno, Massimo giurò che si sarebbe vendicato di lei. Tuttora mi sembra una storia da film, invece è successa davvero.»

«Mi chiedo come abbia fatto Massimo ad architettare tutto», osservò Kristen. «Insomma, assoldare i suoi uomini non dev'essere stato facile, visto che era in prigione già da anni.»

«Eppure è stato fatto. Catherine è stata attirata da un uomo losco e inaffidabile, c'è stato un faccia a faccia con Robert, che nel frattempo era stato rapito quando si trovava a casa nostra, nel cuore della notte – come penso le abbiano già raccontato –, e alla fine... è stata Catherine a morire per mano di quel farabutto di Alex Cammon.»

L'ex compagno di cella di Massimo, pensò Kristen, che conosceva alla perfezione tutta la storia.

«Ha puntato una pistola contro Robert», proseguì Thomas, attonito, «e ha cercato di ammazzarlo. In quello stesso momento, è sopraggiunta la polizia, è successo di tutto... e adesso che Catherine è morta, io non—»

«Lo so. Lei e Jane siete ancora sconvolti, questo posso capirlo. Ma lei deve anche capire che io, in quanto responsabile del Children's Home, mi trovo in una posizione molto difficile. Quando Robert è stato rapito, era sotto la vostra tutela. E io non posso soprassedere a questo.»

«Sì, lei ha ragione. Ma nessuno ha fatto irruzione in casa nostra; è stato Robert a uscire fuori in giardino e a permettere che lo rapissero. Non le nascondo che la colpa sia stata anche mia, e sono davvero pentito di non averlo accolto come avrei dovuto fare fin dall'inizio. Però—»

«Però, adesso, le cose sono cambiate. Me lo sono sentita dire tante volte. Ma chi mi assicura che è davvero così?» gli chiese lei, gelida. Non avrebbe voluto mostrarsi tanto severa con lui, ma non poteva abbassare la guardia, tantomeno lasciarsi guidare dai sentimentalismi. La sua professionalità veniva prima di tutto.

«Forse nessuno, ha ragione lei. Le chiedo soltanto di darmi una chance.»

«Come potrei? Da quanto ho capito, lei e sua moglie non andate più d'accordo. E non si azzardi a dire il contrario.»

«Non è stato facile confidarle tutte queste cose. Mi sto esponendo come mai prima, e le assicuro che non mi sto inventando nulla. Voglio molto bene a quel bambino, anche se forse l'ho capito tardi, però... Lui ha bisogno soprattutto di Jane. Lui e Jane hanno un rapporto che va ben al di là della mia comprensione, perché è un qualcosa di unico, viscerale. Un qualcosa a cui mi piacerebbe tantissimo partecipare. Sono stato più volte in ospedale, negli ultimi tempi, e sono andato a fargli visita. Fortunatamente, sta migliorando di giorno in giorno, le ferite che ha riportato sul corpo quando Catherine lo ha spintonato via da sé per salvarlo da morte certa sono state lievi. Non fa che chiedermi di lei. Mi dica, che cosa dovrei rispondergli? Che Jane non potrà mai fargli da madre? Che sarà destinato a rimanere nell'istituto per chissà quanto tempo?»

«Non penso sarà tanto difficile trovargli un'altra famiglia», replicò Kristen con noncuranza, mentre un nodo alla gola la coglieva di sorpresa. Anche lei si era affezionata a quello scricciolo di Robert, e non avrebbe desiderato altro che trovargli una sistemazione adeguata. E pure lei, seppur in gran segreto, era andata a fargli visita in ospedale di tanto in tanto. Quel bambino era rimasto solo al mondo. Non avrebbe più potuto sperare di ricongiungersi a sua madre Catherine, che, per cercare di proteggerlo dalla furia di Massimo, aveva dovuto abbandonarlo sotto falso nome al convento di San Féliz per cercare di salvargli la pelle, quando aveva compiuto soltanto due anni. E adesso, lei stava cercando di capire fino a che punto si sarebbe spinto Thomas. Lo stava sfidando, gli stava implicitamente suggerendo di convincerla a farle cambiare idea.

A darle anche un solo motivo perché potesse affidarlo a lui e a sua moglie. Una donna graziosa, dal volto gentile e dall'espressione altrettanto gioviale e intelligente, aveva appurato, quando l'aveva vista in foto.

«Jane si sente tanto in colpa, non lo nego. Sente di non averlo protetto abbastanza, ed è solo per questo che si rifiuta di far visita a Robert. Gli vuole un bene immenso, e non ha mai smesso di volergliene. Nemmeno lui smetterà.»

Kristen si decise ad affilare le armi. «Per quale motivo si prodiga così tanto per sua moglie? All'inizio mi ha detto che, non troppo tempo fa, l'ha spesso trattata male, che non ha voluto più concedersi a lei a causa del fatto che avesse abortito, che non le dava più l'affetto di cui aveva bisogno. Che stava andando tutto a rotoli. Magari, pur non rendendosene conto, le ha dato persino la colpa di non riuscire a rimanere incinta. Eppure, non ha mai pensato di chiudere con lei. Dico bene?»

«Perché avrei dovuto farlo?» rispose lui, le sopracciglia inarcate. «Io l'amavo, e la amo tuttora.»

«Non ha mai pensato, che so... di cambiare strada?»

«Il suo è un modo alternativo per chiedermi se ho mai pensato di tradirla? Di lasciarla per un'altra donna?» Thomas si abbandonò a una risata sarcastica. «Il solo pensiero di spassarmela altrove mi disgusta. Per tanti è, senza dubbio, la strada più facile. Per me, invece, è la cosa più schifosa che ci possa essere. È da vigliacchi voltarsi dall'altra parte alla prima difficoltà. Quando si sta in coppia, non mancano di certo le discussioni e le incomprensioni. Ma io non ho mai perso la speranza, e non la perderò nemmeno adesso. Mi sono sacrificato tanto per stare con Jane, però lo rifarei altre mille volte. Non mi sono mai pentito di averla sposata, e non ho intenzione di arrendermi. Voglio riconquistarla. So che posso, devo, farcela, ma ammetto che, per riuscire nell'impresa, ho un disperato bisogno di lei. La prego, ci dia la possibilità di ricominciare.»

Kristen ammutolì. Come poteva non essere d'accordo con lui? Il tradimento era la cosa più schifosa che potesse esistere. Voltarsi dall'altra parte, senza empatizzare con le sofferenze dell'altro, era da autentici vigliacchi. E lei... era davvero giusto che facesse finta di niente? Stava distruggendo il matrimonio di Marcus senza farsi troppi problemi, ma magari avrebbe potuto salvarne un altro. Avrebbe potuto contribuire a salvare una coppia che era sull'orlo di quello stesso precipizio cui lei era caduta nell'incubo avuto quella mattina. Forse, avrebbe potuto riscattarsi proprio in quel modo; scontare le proprie colpe dando a Thomas un solido appiglio a cui aggrapparsi.

«Lei... lei pensi prima a fare pace con sua moglie, d'accordo? E poi, magari...» Fece spallucce lasciandogli intendere che forse, nel profondo, potesse ancora lottare per costruirsi una famiglia tutta sua.

Thomas distese le labbra in un dolce sorriso. «Ce la metterò tutta», dichiarò. «Dovrei confessarle un'altra cosa, però. Poco prima di morire, Catherine ha parlato con Jane, e... per puro caso, ho sentito quello che si sono dette. Catherine l'ha pregata di prendersi cura di Robert. All'inizio, Jane non sapeva che cosa risponderle. Probabilmente, non si sentiva meritevole di fare da madre a Robert. Alla fine, però, gliel'ha giurato. Le ha giurato che non l'avrebbe più lasciato solo. E spero soltanto che quel giuramento si trasformi presto in realtà.»

Ciò detto, Thomas la ringraziò ancora una volta per aver accettato il suo invito, quindi si affrettò a pagare il conto per entrambi (a suo dire, era il minimo che gli doveva per averlo ascoltato) e la scortò al Children's Home. Per tutto il tragitto, non si rivolsero più la parola.

Avevano entrambi molto a cui pensare.

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