1. Hallelujah

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Nella foto: Marco Mancini


"I used to live alone before I knew you

I've seen you flag on the marble arch

But love is not a victory march

It's a cold and it's a broken hallelujah"

Hallelujah - Jeff Buckley


Era una mattina di novembre. Nuvole bianche come latte lasciavano filtrare appena i raggi di un pallido sole invernale. L'asfalto delle strade di Firenze era ancora umido, aveva piovuto tutta la notte.

Marco era alla fermata dell'autobus, la tracolla poggiata sulla spalla sinistra, le mani nelle tasche del giubbotto, gli auricolari a tenergli compagnia nell'attesa.

Chiuse gli occhi per un istante e lasciò che la musica che stava ascoltando scivolasse attraverso le orecchie fin nei polmoni, così da dare ritmo e vigore al suo respiro, fino ad allora lento e assopito.

Quando li riaprì, il pullman aveva appena girato l'angolo e si faceva largo attraverso il traffico mattutino. Scese dal marciapiede e sollevò un braccio per segnalare all'autista la fermata. Il pullman frenò a pochi metri da lui e spalancò le porte cigolanti per lasciar salire Marco e gli altri passeggeri. I posti erano tutti occupati, così si resse a un palo.

Guardò fuori dal finestrino e osservò le auto rincorrersi lungo la strada, i motorini fare lo slalom nel traffico nel tentativo di guadagnare tempo, di arrivare prima... 

Ma dove? 

Quella domanda rimbalzava continuamente nella sua mente, come un boomerang, senza mai trovare risposta. Qual era il senso di tutta quella fretta?

Lui non correva mai. Odiava correre, gli sembrava di perder tempo a correre.

Spostò lo sguardo sugli altri pendolari. Seduta davanti c'era la solita vecchina, col suo carrello per la spesa color prugna, le scarpe marroncine consunte, uno scialle bordeaux e grigio fatto a maglia, e i capelli quasi completamente bianchi avvolti in un morbido chignon. I suoi occhi chiari, velati da una patina opaca, sembravano racchiudere i ricordi di una vita intera. Magari un'infanzia infelice, un amore giovanile, un matrimonio travagliato, tre figli, la povertà, la fatica nel tirare avanti, le gioie nel veder crescere i figli nonostante tutte le difficoltà, e infine la solitudine della vecchiaia...

Marco la osservava tutte le mattine, prendere il pullman con il suo carrellino vuoto, diretta chissà dove, magari in un piccolo discount di periferia, oppure in un centro che distribuisce pacchi di cibo per i più bisognosi...

Lui la osservava tutte le mattine, ma in realtà non sapeva nulla di lei. Non conosceva il suo nome, non ci aveva mai scambiato neanche una parola. Eppure sentiva che in qualche modo quella donna dal volto segnato dal tempo ormai faceva parte della sua vita.

Per una ragione a lui sconosciuta, l'intreccio del destino l'aveva portato ogni giorno, da ormai tre anni, a vivere un pezzettino della sua giornata su quel pullman con quella signora. Doveva pur significare qualcosa quel tempo speso insieme, nel silenzioso caos mattutino, a guardare le macchine scorrere fuori dal finestrino.

A un tratto il pullman frenò e le porte si aprirono.

Quando Marco si voltò, notò una leggiadra figura salire sull'affollato mezzo. Alta all'incirca un metro e settanta, capelli neri, lunghi e ondulati, la frangetta a ricoprirle la fronte. I pantaloni grigio chiaro delineavano gambe snelle e slanciate, la sciarpa bianca invece le nascondeva le labbra.

La seguì con lo sguardo, la osservò farsi largo tra gli altri passeggeri e avvicinarsi a un finestrino poco lontano da lui. La vide togliersi dalle spalle un pesante zaino blu notte con delle margherite bianche e poggiarlo sul pavimento dell'autobus, poi portarsi i capelli indietro e abbassare appena la sciarpa, quel poco che bastava a scoprire le labbra.

Marco rimase fermo a osservare ogni suo più piccolo gesto o movimento, come incantato dinanzi a un meraviglioso carillon dalla musica dolce e nostalgica.

Un'altra fermata, parecchia gente scese.

Lo spazio tra loro si svuotò e per un secondo a Marco parve di esserle più vicino, come se allungando un braccio avesse potuto sfiorarle i lunghi capelli corvini. Ma si trattene, convenne che sarebbe stata una cosa impulsiva e assolutamente folle, considerando che non l'aveva mai vista prima d'allora.

A un tratto lei sollevò la testa e i loro sguardi si incrociarono. 

Fu allora che Marco li notò: due occhi blu come il mare d'inverno che, come specchi, riflettevano nella sua mente il ricordo di lei.

La ragazza sembrò scrutarlo per alcuni secondi, poi un timido sorriso comparve sulle sue labbra prima che girasse il capo e rivolgesse l'attenzione al traffico per la strada.

Penultima fermata, facoltà di lettere e filosofia. Marco doveva scendere. 

Una volta giù, si voltò a guardare il pullman andar via e sfrecciare nel traffico, diretto alla fermata successiva. Chissà se l'avrebbe mai rivista...

Il ragazzo si diresse verso l'imponente edificio storico della facoltà con ancora questa domanda che gli ronzava nella testa e il volto della ragazza ancora dinanzi agli occhi.    

Se vi piace la storia lasciate un commento e una stellina, grazie 

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