19. Here without you - Parte II

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Carissimi lettori

Ecco a voi la seconda parte di questo capitolo di BROKEN - Il passato tra noi :D

Questa parte è una vera BOMBA e mi aspetto una valanga di commenti, mi raccomando!

Ci tengo a sapere cosa pensate della storia, e in questo caso anche con chi vi schiererete...

Ma basta spoiler! ahah

Vi lascio alla lettura, e come sempre un GRAZIE immenso per tutti coloro che continuano a seguire questa storia

Vi voglio bene


E fu così che quel sabato sera Marco si ritrovò al Music Time, seduto ad un tavolino in disparte, in fondo alla sala, in modo da evitare la calca di fan che si creava ai piedi del palco ormai ad ogni spettacolo.

I Kaleidoscope suonavano insieme da due anni e avevano raggiunto una certa fama a Firenze e nei paesini limitrofi. Una volta aveva sentito Alessandro parlare della possibilità di fare qualche concerto in giro per la Toscana, ma la cosa sembrava non essersi ancora concretizzata.

Era impossibile per Marco credere che fosse passata solo una settimana dall'ultima volta che era stato in quel locale. Era un posto che frequentava abitualmente, eppure quella sera gli sembrò diverso. Estraneo. Ogni cosa mancava di familiarità, come se qualcuno avesse deciso improvvisamente di cambiare l'arredamento e il mobilio del locale senza avvisarlo.

O forse era lui l'estraneo lì, pensò Marco.

Non era il posto a essere diverso. Era lui.

Sentì subito il peso di quella verità schiacciargli il petto e stringergli lo stomaco. Aveva voglia di vomitare, sentiva i conati premere in fondo alla gola, eppure nessun muscolo del corpo assecondò il suo bisogno.

Rimase incollato a quel tavolino, ignorato da tutto il resto della sala, con il terzo cicchetto di tequila vuoto in mano, a chiedersi se si sarebbe più sentito a casa da qualsiasi parte.

Quando il concerto terminò e Cristian lo raggiunse, Marco era ormai sbronzo. Aveva bevuto cinque shot di tequila e tre birre. Se ne stava seduto in fondo al locale, accasciato sul tavolino pieno di bicchieri vuoti, con la testa poggiata su un braccio, a malapena cosciente.

Cristian afferrò una sedia da un tavolo vicino e prese posto accanto a Marco. Rimase diversi secondi in silenzio, osservando l'amico ubriaco respirare rumorosamente e mugugnare parole confuse che lui non riusciva a distinguere.

Il ragazzo immaginò che, per essersi ridotto in quello stato, Marco dovesse essere davvero sconvolto. Poteva contare sulla punta delle dita le volte che lo aveva visto comportarsi così, in tutti gli anni che avevano passato insieme.

Provò a scuoterlo piano, sperando che si riprendesse da quella sbronza colossale abbastanza da non doverlo trascinare a casa di peso, com'era successo il sabato precedente.

«Ehi amico, mi fa piacere vedere che ti sei divertito anche senza di me...» scherzò Cristian.

Marco sembrò notare la sua presenza solo in quel momento. Alzò la testa dal tavolino e puntò lo sguardo arrossato dal troppo alcol sul compagno.

«Ehi, Cris, sì, ti ho anticipato, ma solo un pochino...» biascicò Marco, sghignazzando.

«Beh, direi più di un pochino... Ma si può sapere che ti è successo? Non è da te ubriacarti ogni fine settimana...» disse Cristian, mettendogli una mano sulla spalla, sperando che il suo amico fosse abbastanza in sé da potergli raccontare cosa lo aveva turbato fino a quel punto.

«Oh, non mi è successo niente...» biascicò Marco, «ho solo scoperto che i miei genitori non sono i miei genitori, niente di che...» concluse ridendo. Poi prese una delle bottiglia di birra e si scolò l'ultimo goccio rimasto.

«Marco, ma cosa stai dicendo? Tu sei proprio fuori...»

Cristian era sempre più convinto che il ragazzo fosse troppo ubriaco per raccontargli qualcosa di sensato. Quello che aveva detto non poteva essere vero, doveva essere frutto della tequila e della confusione.

«Sì, Cris, sono fuori, perché ho scoperto che la mia vita è un'enorme, gigantesca e merdosa bugia del cazzo. E l'ho scoperto per puro caso!»

Marco rise ancora. Una risata isterica ed esasperata, all'amico era evidente.

«Quindi mi stai dicendo che...»

Ma Cristian non fece in tempo a completare la frase, interrotto da Marco, la cui loquacità era appena esplosa, riversando un fiume in piena di parole disconnesse e frasi senza senso.

«Se n'è andata, senza dirmelo, cazzo... E lui sapeva, l'ha sempre saputo, e non ha detto niente... Da un libro del cazzo lo dovevo scoprire... Fanculo il libro, in faccia doveva dirmelo... E poi lui me l'ha nascosto, sotto il divano, in quella stanza del cazzo... Ah, ma io l'ho fregato, ho rubato la chiave! Due volte! Col cavolo rinunciavo... Io lo dovevo leggere... Anzi no, non lo doveva scrivere... Cosa pensava? Che li avrei perdonati? Col cavolo! Tutto una bugia, una cazzo di bugia...»

Cristian provò a decifrare le informazioni che Marco stava riversando su di lui, in modo confuso e sconclusionato. Un libro? Chi l'aveva scritto? E poi chi era questo lui a cui aveva rubato la chiave? E poi di quale chiave si trattava?

Era impossibile riuscire a capire cosa stesse blaterando Marco. L'unica possibilità era parlare con Alessandro. Se il fratello avesse saputo cosa gli stava succedendo, avrebbe potuto aiutarlo a ricomporre il puzzle di frasi che era riuscito a captare in quella valanga di parole senza senso.

«Ehi, ora calmati Marco, mi racconterai tutto quando starai meglio. Ora cerchiamo di portarti a casa, d'accordo? Hai bisogno di farti una bella dormita» disse Cristian, alzandosi per andare a chiamare Alessandro, ancora sul palco a sistemare gli strumenti con gli altri componenti della band.

Rimasto solo, Marco si accasciò ancora una volta sul tavolino, borbottando parole a malapena udibili.

Il locale si era quasi completamente svuotato, il chiasso si era trasformato in un leggero brusio e gli ultimi clienti erano seduti ai tavolini sparsi per la stanza. Al bancone del bar non c'era quasi più nessuno.

E fu in quel momento di calma a tarda notte che Falco notò Marco, seduto al tavolino in fondo alla sala. Riconobbe in lui il ragazzo che qualche settimana prima aveva visto ballare con Aurora, e poi per due sabati di fila ubriacarsi fin quasi a perdere i sensi.

Falco non sapeva se il malumore di Aurora dipendesse da quel tipo oppure no. Ma dato che da lei non aveva ottenuto nessuna risposta, decise che l'unico modo per scoprirlo era andare a parlare con quel ragazzo. Ammesso che fosse in grado di dire qualsiasi cosa, nello stato in cui si era ridotto.

Così Falco si avvicinò al tavolino su cui si era disteso Marco e lo scosse leggermente per attirare la sua attenzione.

«Ehi, eri tu che ho visto ballare qui con mia sorella un paio di settimane fa?»

Marco sollevò la testa in direzione dello sconosciuto che gli stava rivolgendo la parola. Era altissimo, o così gli sembrò dalla sua posizione seduta. Marco lo fissò con sguardo vuoto, incapace di elaborare la domanda che gli era appena stata rivolta.

«Cosa?» biascicò Marco, sforzandosi di far smettere alla sua testa di girare e di concentrarsi sulle parole dello spilungone sconosciuto.

Falco sospirò, spazientito, e ripeté la sua domanda.

«Conosci mia sorella Aurora? Capelli neri, lunghi, occhi blu... Ti ho visto ballare con lei un paio di settimane fa.»

Non appena sentì il suo nome, il cervello di Marco si rimise in moto, come riscosso da un lunghissimo letargo.

«Aurora... La conosci? Sta bene?» chiese Marco, allarmato dall'aver sentito pronunciare il suo nome da un estraneo.

«Ma mi stai ascoltando? Ti ho detto che è mia sorella!» ripeté Falco per l'ennesima volta, in tono esasperato.

Era sul punto di perdere la pazienza. Non riusciva a credere che ad Aurora potesse interessare un imbecille del genere, ancora una volta.

«Cazzo, sei suo fratello...» disse Marco, sopraffatto dall'informazione appena recepita. «Come sta?» chiese, aggrappandosi al braccio di Falco.

Il barista chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. La tentazione di spaccare la faccia a quel cretino stava crescendo sempre di più in lui.

«Non sta bene per niente... E ora devi dirmi se tu hai a che fare con questa storia» gli intimò Falco.

Ma la mente di Marco era ferma su un'unica informazione: lei non stava bene.

Ed era colpa sua.

Lo sapeva perfettamente. Ma come avrebbe fatto a spiegarlo al ragazzo alto e spazientito di fronte a lui? Era suo fratello... Lo avrebbe dovuto capire subito, pensò Marco, perché aveva i suoi stessi occhi blu, quegli occhi che in Aurora lo avevano fatto innamorare.

L'adrenalina stava lentamente spazzando via la sbronza, lasciandosi dietro un terrificante mal di testa e un fastidiosissimo senso di nausea.

«Che vuol dire che non sta bene? Cosa le è successo?» chiese Marco, oramai nel panico.

Aveva sperato che lei se la stesse cavando bene anche senza di lui, si era convinto che tenerla lontana le avrebbe risparmiato altre sofferenze. E invece lei stava soffrendo lo stesso. E stavolta unicamente per colpa sua.

«Certo, lo sto chiedendo a te perché io lo so!» ribatté Falco, sarcastico.

Strinse le mani a pugno, nel tentativo di placare il desiderio di prendere a schiaffi quell'idiota ubriacone che si ritrovava di fronte.

Marco lo guardò confuso, come se si aspettasse che lo sconosciuto gli raccontasse cosa stava succedendo alla sua Aurora. Ci mise un po' ad afferrare l'ironia nella sua replica.

Doveva dare delle spiegazioni. Ma cosa avrebbe mai potuto raccontargli? Era un perfetto estraneo, non poteva certo confidargli di essersi innamorato di sua sorella, né tantomeno quello che c'era stato tra loro, o quello che era accaduto dopo.

«Mi dispiace, non so cosa le sia successo. Non posso aiutarti» mentì Marco, tentando poi di alzarsi per avviarsi all'uscita.

Doveva mettere fine a quella conversazione, o avrebbe finito per raccontargli tutto, senza censure, e dentro di sé sapeva che quella sarebbe stata una pessima, pessima conclusione.

Ma Falco interpretò quel gesto come un'ammissione di colpevolezza. Così afferrò Marco per un braccio e lo costrinse a voltarsi per guardarlo in faccia.

«Sei stato tu, vero? Dimmi che cosa le hai fatto per farla piangere in quel modo o giuro che ti spacco la faccia seduta stante» lo minacciò il ragazzo, ormai sul punto di perdere il controllo.

Quelle parole colpirono Marco come una lunga lama affilata piantata nel cuore.

Aurora aveva pianto. Ed era soltanto colpa sua.

In quel momento avrebbe voluto prendersi a pugni da solo.

I conati di vomito tornarono a minacciare la sua gola. La testa gli martellava come se al suo interno ospitasse un fabbro.

Doveva uscire da quel locale, al più presto.

«Non volevo farla soffrire, mi dispiace che stia male... Ma non posso stare con lei, io devo andare...» farfugliò Marco, tentando di divincolarsi dalla stretta di Falco.

E pochi secondi prima che Cristian e Alessandro potessero accorrere in suo aiuto, Falco scaricò un gancio destro sulla faccia di Marco, che cadde a terra come un sacco, senza essere in grado di opporre la minima resistenza al colpo.

Il barista guardò il ragazzo andare giù e portarsi le mani al viso. Non appena ebbe inferto il colpo, sentì una scarica di dolore diramarsi lungo tutta la mano, fino al polso. Era la prima volta che colpiva qualcuno, e non avrebbe mai immaginato che potesse essere doloroso anche per chi assestava il colpo.

E mentre Falco si massaggiava la mano dolorante, Alessandro e Cristian si precipitarono verso di loro e si chinarono su Marco per controllarne le condizioni.

«Ehi, ma sei forse impazzito? Si può sapere per quale motivo l'hai colpito?» gridò Cristian, rivolgendo a Falco uno sguardo torvo.

«Questo idiota ha fatto star male mia sorella e non ha neanche il coraggio di ammetterlo, codardo!» replicò Falco in tono rabbioso, puntando un dito verso Marco, ora seduto sul pavimento e intento a pulirsi il labbro sanguinante con la manica della maglietta.

«Ma non ti sei reso conto che è ubriaco?! Cosa pretendevi che ti dicesse? È a malapena in grado di dire il suo nome!»

Cristian stava per perdere la pazienza. Ormai aveva rinunciato a cercare di capire cosa avesse scatenato la lite, gli interessava solo difendere il suo amico, in evidente difficoltà.

«Aspetta, sei il fratello di Aurora?» intervenne Alessandro, con un'espressione sorpresa in volto.

«Sì» rispose Falco in tono seccato. «Sono il fratello di Aurora. E non ho idea di chi sia questo ubriacone, so solo che una volta l'ho visto ballare con mia sorella e da quel giorno è stata sempre più strana. Poi quattro giorni fa è tornata a casa bagnata fradicia e in lacrime, e io voglio sapere se lui ha a che fare con questa storia.»

Cristian e Alessandro si scambiarono uno sguardo perplesso. Nessuno dei due sapeva esattamente cosa fosse successo tra Marco e Aurora, e l'unico che poteva far luce sulla vicenda era a terra, sanguinante e completamente incapace di dare spiegazioni.

«Senti, bello, io non so cosa sia successo tra Marco e tua sorella, ma conosco il mio amico e so che non farebbe mai soffrire una ragazza, non di proposito. Forse dovresti darti una calmata e provare a parlare con tua sorella» gli suggerì Cristian, cercando di mettere fine a quella litigata per lui assurda e completamente inutile.

Falco spostò lo sguardo da Cristian a Marco. Sapeva bene che non si ottiene nessuna informazione utile, o perlomeno sensata, da una persona che ha bevuto così tanto. Ma aveva dovuto tentare.

«Prima o poi scoprirò chi è il responsabile delle lacrime di Aurora, e se dovessi scoprire che sei tu» disse Falco puntando un dito contro Marco «stai pur certo che il pugno di stasera sarà stato una carezza in confronto a quello che ti farò.»

Marco abbassò lo sguardo sulla manica della maglia bianca, macchiata del suo sangue.

«Mi dispiace» disse a voce bassa, quasi in un sussurro.

«E ora andate fuori di qui, stiamo per chiudere» concluse Falco in tono asciutto, rivolto agli altri due. Poi si voltò e, massaggiandosi la mano dolorante, si avviò verso il bancone.

Cristian seguì Falco con lo sguardo per qualche secondo, poi tornò a concentrarsi sul suo amico, ancora seduto per terra. Aveva il labbro spaccato e sanguinante, ed era evidentemente incapace di alzarsi da solo.

«Dai, Ale, dammi una mano a portarlo via di qui. Vi accompagno io a casa stasera, la macchina di Marco verremo a recuperarla domani.»

I due ragazzi afferrarono Marco dalle braccia e lo aiutarono a mettersi in piedi. Poi Cristian si portò un braccio dell'amico su una spalla e lo trascinò verso le scale che portavano al piano superiore, verso l'uscita.

Gli sguardi degli ultimi avventori del locale erano tutti puntati su di loro, ma Marco era troppo ubriaco per rendersene conto. La sua mente era annebbiata dall'alcol e occupata da un unico pensiero: Aurora stava male.

Era quella l'unica cosa a cui riusciva a pensare, come un chiodo piantato in profondità nel cervello e una spina conficcata nel cuore.

Il senso di nausea diventava più forte ogni secondo che passava e lui avrebbe solo voluto sparire, annichilirsi e non sentire più nulla.

E non appena furono fuori dal locale, Marco non fu più in grado di controllarsi. Con una spinta allontanò Cristian, si poggiò al muro esterno del Music Time e vomitò. Sentiva la testa pulsare all'impazzata, fuori controllo, le luci fioche dei lampioni gli ferivano gli occhi. Poi il mondo attorno a lui iniziò ad oscillare e nel giro di qualche secondo Marco perse l'equilibrio, privo di conoscenza.

«Cazzo, Marco» imprecò Cristian, che si affrettò ad afferrare l'amico per evitare che cadesse e sbattesse la testa.

Quando Alessandro li raggiunse, un minuto più tardi, i due ragazzi sollevarono Marco di peso e lo misero sul sedile posteriore della macchina di Cristian.

«Certo che tuo fratello si è ridotto proprio male...» commentò il vocalist, con un braccio poggiato alla macchina, guardando l'amico privo di sensi.

«Già...» concordò Alessandro, passandosi una mano tra i folti capelli castani, appena più scuri di quelli di suo fratello.

«Senti, Ale, prima della scazzottata Marco mi ha detto delle cose strane... Non è che ci abbia capito molto, farfugliava di un libro, una chiave, delle bugie... E poi ha detto una cosa... Una cosa grossa...» Cristian esitò un attimo, poi riprese.

«Ho bisogno di sapere se quello che mi ha raccontato è vero oppure era frutto dell'alcol.»

«Cosa ti ha detto?»

«Che i vostri genitori non sono i suoi genitori...»

Alessandro imprecò e si coprì il volto con entrambe le mani. Era stanco di tutta quella situazione. Era stanco dell'atteggiamento apatico di suo padre, di tutto quello che stava lentamente logorando e facendo a pezzi suo fratello.

«È vero» confessò Alessandro, «purtroppo sembra proprio che sia così...» disse in tono sconsolato.

«Merda» disse Cristian, incredulo. «Ero convinto che fosse una cazzata, o magari un fraintendimento... Non avrei mai pensato che potesse essere vero... E come l'avete saputo?»

«Marco ha trovato papà che leggeva un libro della mamma nello studio, un manoscritto che non avevamo mai visto, con una dedica per lui... E così martedì mattina ha rubato la chiave a papà e ha preso il manoscritto di nascosto, per capire come mai non fosse stato pubblicato, e soprattutto perché noi non ne sapessimo niente.»

Alessandro tirò un lungo respiro e si massaggiò il viso con entrambe le mani, poi riprese. «E nel libro c'era scritto che lui non è figlio di mamma e papà, ma è stato adottato...»

Cristian rimase in silenzio ad ascoltare il racconto di Alessandro, ammutolito dall'enormità della notizia che aveva ricevuto. Pur non riguardandolo in prima persona, soffriva per il suo migliore amico, consapevole di quanto potesse essere stata sconvolgente per lui quella scoperta.

«Cazzo, ora si spiegano tante cose...» disse alla fine il ragazzo, poggiandosi alla macchina con entrambe le braccia. «E c'è scritto nel libro chi siano i suoi genitori biologici?»

«Non esattamente, mamma ha scritto solo che la madre naturale si chiama Sara e che il padre non ha voluto saperne di lui... Ma alla fine ha scritto che papà dovrebbe avere qualche informazione utile per rintracciarla.»

«E tu sai cosa pensa di fare Marco? Ne avete parlato con Stefano?»

Alessandro fece un sorrisetto triste. «Scherzi? Papà già non sta bene da quando mamma ci ha lasciati, se gli dicessimo cosa abbiamo scoperto andrebbe fuori di testa...»

Cristian guardò gli occhi tristi di Alessandro e gli si strinse il cuore. Solo in quel momento si rese conto che tutta quella faccenda non aveva ferito solo Marco, ma anche il ragazzino alto e mingherlino di fronte a lui.

Conosceva quei ragazzi da anni, li aveva visti soffrire e darsi forza a vicenda quando Giulia se n'era andata, ma ora era diverso. Tutta quella storia era più grande di loro e, con Marco fuori gioco, Alessandro non ce l'avrebbe mai fatta a sopportare tutto da solo.

«Senti Ale, c'è ancora una cosa che non riesco a capire... Ma chi è questa Aurora? E cosa diamine centra con tutta questa faccenda dell'adozione?»

Alessandro sospirò, ormai esausto.

«Non ne ho idea, Cris. So solo che Aurora è la ragazza che stava baciando qui due settimane fa, ricordi? Dopo quella sera ho fatto delle ricerche su di lei, perché sapevo di averla già vista da qualche parte, e ho scoperto che è una pianista pugliese abbastanza famosa nel circuito della musica classica. L'ho incontrata tempo fa in conservatorio, era qui per un concorso.»

«E cosa ci fa qui ora?» chiese Cristian, desideroso di saperne di più.

«Credo si sia trasferita qui. Ho letto un articolo che parlava di un grave incidente in macchina, avvenuto un anno fa, dopo il quale non ha più suonato. Ma non so altro. Dopo aver raccontato tutto a Marco non so cosa sia successo tra di loro... Forse lui le ha detto cosa aveva scoperto e lei si è arrabbiata, non saprei... Ma credo che non si siano sentiti in questi giorni, perché dopo la scoperta mio fratello si è comportato peggio di un vegetale... Quindi probabilmente Marco non ha nemmeno niente a che fare con quello che fa star male Aurora...»

«Dio, che casino...» mormorò Cristian, scostandosi dei ciuffi biondi ribelli dalla fronte. «Spero non si sia affezionato a questa ragazza, o saranno solo guai... Se anche lei ha un passato incasinato, insieme non faranno altro che distruggersi.»

«Già» concordò Alessandro. «Beh, ora pensiamo a portare Marco nel suo letto, che tra poco crollo dal sonno anche io.»

E così i due salirono in macchina e si avviarono verso casa.

Allora amici, piaciuta questa parte?

Per chi avete tifato durante lo scontro? Marco oppure Falco?

Sono proprio curiosa di sapere chi dei due ha conquistato più cuori :D

Alla prossima con l'ultima parte di questo capitolo.

E non dimenticate di votare e commentare, ci tengo alla vostra opinione ❤ 

Sempre vostra ❤ 

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