22. Saturn - Parte II

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Cari amici lettori! Eccomi tornata tra voi 

E come avrete notato, oltre a questo nuovo capitolo, ho deciso di dare un nuovo titolo e una nuova copertina alla mia storia: "BROKEN: Il passato tra noi".

Spero che apprezziate questo cambiamento, su cui ho meditato moltissimo e le cui motivazioni sono varie. Ma aspetto di sapere il vostro parere :) 

Vi auguro buona lettura ❤ 

Quando quel martedì mattina Aurora entrò in cucina, avvolta nella sua vestaglia di pile rosa pallido, trovò sua sorella seduta al tavolo, davanti a una tazza piena, con ogni probabilità, del latte macchiato con molto caffè che le piaceva tanto. La osservò mescolare pigramente il liquido marroncino con gli occhi ancora chiusi e la testa poggiata sulla mano sinistra, segno che l'aroma della bevanda non aveva ancora sortito il suo effetto.

«Stai ancora dorm...»

Proprio mentre Aurora stava per parlare, un forte bruciore alla faringe le impedì di terminare la domanda, procurandole una fitta di dolore inaspettata. Anche deglutire le si rivelò difficoltoso, costringendola così a dei colpi di tosse che le squassarono il petto, peggiorando la situazione.

«Che hai?» biascicò Isabella, con gli occhi ancora chiusi.

«Niente» provò a replicare Aurora, ma quello che uscì dalla sua bocca fu solo un suono rauco a stento comprensibile.

Sua sorella grugnì in risposta, continuando a mescolare pigramente il suo caffelatte, ancora preda dell'intontimento mattutino per poter indagare più a fondo, alla ricerca di una risposta sincera.

Aurora si portò una mano al petto, massaggiandolo nella speranza che il calore della sua mano potesse alleviare anche solo di poco il dolore che il colpo di tosse le aveva procurato. Quando si rese conto che sarebbe stato necessario molto più che un massaggio caldo per rimediare al danno, si diresse verso lo stipo che conteneva diverse varietà di thè e tisane, quelle che sua madre amava prepararsi ogni sera prima di andare a dormire e che invece suo padre detestava, preferendo sempre e comunque una generosa tazza di caffè forte e amaro.

Frugò tra le decine di bustine bianche dell'erboristeria che riempivano i due ripiani dello stipo, leggendo le scritte a inchiostro blu con cui sua madre aveva specificato il caso di utilizzo di ogni infuso. Le ci volle un po' per trovare la bustina con su scritto "per mal di gola" e, quando l'aprì, non fu affatto felice di scoprire che si trattava di una tisana alla cannella. Aurora non amava particolarmente l'aroma speziato di quella pianta, ma più di una volta da piccola aveva beneficiato delle sue proprietà antibatteriche e antinfluenzali, così prese l'infusore, vi versò un generoso cucchiaio del contenuto della busta e attese che l'acqua bollente assorbisse l'essenza della cannella. In ultimo zuccherò la bevanda con un cucchiaino raso di miele e prese posto al tavolo da pranzo, alla destra di Isabella.

La ragazza, finalmente con entrambi gli occhi aperti, aveva quasi terminato la sua colazione, alternando ogni sorso di caffelatte con un morso a un pan di stelle; Aurora, invece, si limitò a bere in silenzio la sua tisana, incapace di inghiottire qualsiasi cosa fosse più grande di un granello di zucchero.

Fu la vibrazione del cellulare della maggiore a riscuotere definitivamente le sorelle dal torpore delle prime ore della giornata. Aurora passò un dito sullo schermo del cellulare e, quando vide il nome di Marco sotto il numerino 1 dell'icona di Whatsapp, si affrettò a leggerlo, curiosa di sapere cosa le volesse dire così di buonora.

Ehi Aurora, scusa se ti scrivo così presto, ma volevo avvisarti che stamattina non sarò sul pullman... Resto a casa, con tutta la pioggia di ieri mi sono ammalato :( Tu come stai?

«Si può sapere chi ti scrive a quest'ora del mattino?» chiese curiosa Isabella, scrutando la sorella da sopra la tazza che teneva sospesa a mezz'aria davanti alle labbra, pronta a mandar giù l'ultimo sorso di caffelatte.

Aurora sollevò lo sguardo dallo schermo del cellulare, che si affrettò a spegnare per tornare a bere la sua tisana, determinata a lasciare sua sorella senza una risposta.

Dopo la brutta reazione di Falco alla sola vista di lei e Marco che parlavano, non voleva sfidare la sorte raccontando anche a Isabella delle sue vicende tormentate con il ragazzo. L'aveva vista tornare a casa bagnata fradicia e in lacrime già una volta, l'aveva aiutata a lavarsi e a vestirsi, le aveva asciugato i capelli, l'aveva confortata quando, durante la notte, aveva svegliato tutti urlando, in preda agli incubi. Se le avesse raccontato di Marco, di averci fatto l'amore dopo sole poche settimane dal loro primo incontro, e tutto quello che ne era seguito, era certa che la ragazza le avrebbe dato contro, finendo per spifferare tutto alla loro madre, com'era solita fare quando era convinta di avere ragione e di non poter avere la meglio sulla sorella maggiore da sola.

Aurora non poteva biasimarla, non in quella particolare circostanza: dopo la discussione con Falco, non si sarebbe stupita di sentir pronunciare le stesse parole dalle labbra di Isabella.

Ma la più piccola dei Ferraro, decisa a ottenere una risposta, la colse in contropiede.

«È il ragazzo che ti fa piangere, non è vero?». La testa inclinata di lato e le sopracciglia leggermente sollevate che accompagnarono la domanda parlavano da sé: Isabella aveva intuito cosa stava accadendo ad Aurora, ma desiderava averne la conferma da lei, per sentirsi così autorizzata a esprimere liberamente la sua opinione.

«Non c'è nessun ragazzo che mi fa piangere» mentì la maggiore con un filo di voce, nascondendo il viso nella grande tazza da cui fuoriusciva ancora una voluta di vapore caldo e aromatizzato alla cannella.

Isabella poggiò lentamente la sua tazza ormai vuota sul tavolo e iniziò a rigirarsela nervosamente tra le mani, come se quel gesto potesse servire a calmarla e a evitare che la rompesse in testa a sua sorella. Non riusciva proprio a capacitarsi che Aurora le mentisse così spudoratamente e che fosse tanto ingenua da pensare che lei potesse crederle. Ma era consapevole che forzarla ad ammettere la verità non sarebbe stato utile, non in quel caso, così decise di dare ugualmente il suo parere, seppure non richiesto.

«Ascolta Aurora, non puoi mentire a me, d'accordo? Ti ho vista piangere per Leonardo sin troppe volte per non riconoscere le tue lacrime di delusione. Vorresti forse dirmi che quando sei tornata a casa, bagnata fradicia e in lacrime, solo una settimana fa, non era colpa di un ragazzo? Dai, Aurora, mi credi così stupida? Dev'essere successo per forza qualcosa. Non vuoi parlamene? D'accordo, lo accetto.»

«Ne sei proprio sicura? Perché a me non pare che tu l'abbia accettato, dato che continui a tempestarmi di domande su cose che non ti riguardano.». Nonostante la voce bassa e il raffreddore, le parole di Aurora risultarono più taglienti della lama di una katana.

«Sai che ti dico? Hai ragione, non lo accetto!» replicò Isabella in tono brusco, sbattendo la sua tazza sul tavolo. «Sono stufa marcia di vederti ridotta uno straccio, di vedere mamma e papà preoccuparsi costantemente per te e chiedersi se mangi, se riesci a dormire, se sorridi, se ti trovi bene qui a Firenze... Per non parlare di Falco! Ma ti sei accorta di come ti guarda? Ha lo sguardo perennemente allarmato, come se tu potessi andare in pezzi da un momento all'altro se solo si permettesse il lusso di pensare solo a sé stesso anziché a te, per una volta. Ti sembra giusto, eh?!»

Eccole lì, come una secchiata d'acqua gelida in pieno volto, le parole che Aurora aveva tanto temuto di ascoltare. Era la seconda discussione che aveva in meno di ventiquattro ore e, per quanto potesse comprendere la posizione dei suoi fratelli, era esausta di dover dare spiegazioni a tutti.

«Non vi ho chiesto io di preoccuparvi per me! Sei stufa?! Benissimo! Allora smettila di curarti di me e pensa agli affari tuoi!» urlò Aurora con la poca voce che le restava, trascinando rumorosamente la sedia sul pavimento e uscendo in tutta fretta dalla cucina.

Sulla porta si scontrò con suo padre, avvolto da una vestaglia verdone di lana a trama scozzese, dalle impunture bordeaux, che lo copriva sino alle ginocchia.

«Ehi, cosa succede?» chiese l'uomo confuso, con la voce impastata di sonno.

Aurora si fermò a un passo da lui, poi si voltò a guardare Isabella, ancora seduta al suo posto, e, tornando a darle le spalle, disse in tono monocorde: «Niente, non è successo proprio niente.» e proseguì verso il bagno.

Chiusasi la porta alle spalle, Aurora tentò di fare un respiro profondo, cosa che le procurò un altro attacco di tosse. In quelle condizioni non avrebbe desiderato altro che tornare a letto e infilarsi sotto le coperte, al caldo e al riparo dal gelo che era calato tanto su Firenze quanto sulla sua famiglia. Ma non poteva permettersi il lusso di perdere altri giorni di lezione, o la sessione d'esami sarebbe stata un completo disastro e, dopo l'anno che aveva perso tra l'ospedale e la convalescenza, non poteva lasciare che le cose andassero così.

L'unico pensiero a confortarla era la consapevolezza di potersi confidare con Eleonora, l'unica ad aver sostenuto la relazione tra lei e Marco sin dall'inizio, l'unica che si era mostrata disponibile ad ascoltarla e a comprenderla, abbandonando ogni pregiudizio e dicendole vis-à-vis quello che pensava.

Così si preparò in tutta fretta e, sapendo che Marco non sarebbe stato sul solito autobus, approfittò di un passaggio da sua madre, ancora una volta di turno di primo mattino in ospedale.

Una volta in macchina, Aurora scrisse a Marco per rassicurarlo.

Buongiorno :) Mi dispiace che tu ti sia beccato l'influenza :( Io ho un po' di tosse, ma niente di grave :) Sto andando a lezione, ne ho fino all'ora di pranzo. Tu riposati e prendi qualcosa per la febbre, noi ci sentiamo più tardi :)

La risposta di Marco non tardò ad arrivare.

Mi dispiace che tu abbia la tosse, spero vada via presto, perché ho in programma per noi un primo appuntamento indimenticabile ;) A dopo :)

Le poche righe scritte dal ragazzo fecero sorridere Aurora, che pensò a cosa si sarebbe dovuta aspettare per quel primo appuntamento, terrorizzata ed eccitata allo stesso tempo.

Non appena entrò nell'aula di chimica quantistica, la ragazza intravide la folta chioma rossiccia di Eleonora, seduta in posizione laterale lungo la quarta fila, il suo posto prediletto per quella lezione, così da poter evitare lo sputacchiare continuo del professor D'Arrigo, l'incubo di ogni studente che negli ultimi trent'anni avesse inconsapevolmente occupato le prime file di banchi.

Aurora si affrettò verso di lei e, una volta raggiunta l'amica, spostò lo zaino che questa aveva utilizzato per occuparle il posto a fianco al suo.

«Ehi eccoti! Ti stavo aspettando!» la salutò allegra Eleonora, sporgendosi per salutarla con un abbraccio.

Aurora rimase inizialmente rigida, sorpresa dal gesto affettuoso della sua amica. Da quando aveva avuto l'indicente le risultava difficile farsi toccare dagli altri, specialmente se estranei alla famiglia; ogni carezza, ogni abbraccio, ogni mano che le sfiorava inavvertitamente il corpo o i capelli la faceva rabbrividire di terrore, come se quel gesto potesse frantumare la fragile maschera che aveva indossato ogni giorno nell'ultimo anno, fingendo che la vita andasse avanti incurante delle sue sofferenze, e che questo a lei non importasse.

Lasciarsi guardare da Marco, priva di ogni indumento e di ogni corazza, era stato uno degli ostacoli più difficili dinanzi al quale il destino, o meglio, il caso l'avesse posta, secondo solo al dover accettare di vivere una vita intera senza poter più suonare la sua musica.

Ma l'abbraccio di Eleonora, per quanto inatteso, non la spaventò né la infastidì, al contrario le tramise subito una sensazione di caloroso conforto che la lasciò stupefatta, come se il suo corpo avesse atteso quel naturale gesto di affetto sin dal loro primo incontro, quasi le loro anime estranee si fossero riconosciute al primo sguardo.

Dopo qualche secondo Aurora ricambiò l'abbraccio dell'amica, ancora esitante ad abbandonarsi del tutto, ma felice di aver rimosso un'altra barriera tra lei e il mondo circostante.

«Allora, ieri ho intravisto un pulcino bagnato alla fermata, che ti aspettava...» esordì con espressione maliziosa Eleonora, sciogliendo la stretta per poter guardare Aurora in viso. «Su dai, raccontami tutto, sto morendo dalla curiosità! Cosa ti ha detto? E tu che hai fatto?»

La curiosità e l'impazienza dell'amica fecero sorridere la ragazza, che si liberò del capotto e si preparò a raccontarle l'accaduto del giorno precedente.

«Se me ne dai il tempo, ti dico tutto.»

«A cominciare dal perché sei senza voce...»

«La meravigliosa voce da uomo che mi ritrovo oggi è un regalo dell'acquazzone di ieri.» cominciò a spiegare Aurora.

«Ma non avevi l'ombrello?» chiese perplessa Eleonora.

«Sì, lo avevo, ma a un certo punto mi sono distratta, mi è scivolato di mano e niente, alla fine mi sono inzuppata per bene anch'io.»

«Insomma Aurora! Mi vuoi raccontare cos'è successo?» la rimproverò l'amica, esasperata dal tergiversare della compagna. «Vi siete chiariti? State insieme oppure no?»

Aurora fece un respiro profondo e ripensò alla conversazione avuta con Marco il pomeriggio precedente.

«Ci siamo baciati» le confidò, ma prima che Eleonora potesse replicare, continuò «ma non stiamo insieme, non ufficialmente perlomeno. Ci sono tante risposte che deve ancora darmi e non ho intenzione di fidarmi ancora ciecamente di lui, non prima di aver sciolto ogni dubbio.»

L'amica rimase in silenzio a fissarla per diversi secondi, prima di tornare alla carica. «E quindi? Come siete rimasti? Vi siete rivisti stamattina?»

Aurora provò a rispondere, ma un attacco di tosse la interruppe prima che potesse cominciare.

«Cavolo, sei combinata proprio male...» osservò Eleonora, posandole una mano sulla schiena scossa dai colpi di tosse.

«E allora mi sa che devo riprendermi in fretta,» disse Aurora, non appena la tosse si fu calmata, «perché sabato mi ha invitata fuori per un appuntamento, e non posso certo presentarmi in queste condizioni.»

Nell'udire quelle parole, la sua compagna di studi cominciò a saltellare euforica sul posto, contenta di ricevere quella notizia. Dal racconto di Aurora, aveva intuito che Marco non le aveva detto nulla del bacio con Federica e si chiese se il ragazzo avrebbe mai avuto il fegato di rivelarle ogni cosa, correndo il serio rischio di perderla. Di una cosa però Eleonora era certa: non spettava a lei scoperchiare quel vaso di Pandora, quindi si sarebbe limitata a sostenere la sua amica in ogni circostanza, a partire da quel primo appuntamento, sperando che, prima o poi, Marco avrebbe spontaneamente deciso di raccontarle ogni cosa.

«Oddio, che bella notizia! Il primo appuntamento è sempre così emozionante!» esultò la ragazza, esternando più entusiasmo di quanto non ne avesse mostrato Aurora, il giorno precedente, nel ricevere quella proposta. «Sai cosa vuol dire questo?» le chiese Eleonora, con un sorriso così largo da sembrare quasi fuori di testa.

«Che devo uscire con lui...?» chiese Aurora in tono sarcastico, sconcertata dalla reazione decisamente spropositata della sua amica.

«Questo è chiaro, Capitan Ovvio! Ma non era questo che intendevo... Lo sai, vero, che ti toccherà indossare qualcosa di speciale per questa occasione?» le domandò con sguardo malizioso.

«Eleonora, è un appuntamento, non un invito ad un galà!»

«E cosa c'entra?! Per voi è comunque un'uscita importante e vorrai sentirti al meglio, specialmente se dovrai convincerlo a darti tutte le risposte che desideri.»

Aurora rifletté attentamente sulle parole dell'amica. Non aveva poi tutti i torti; se avesse voluto affrontare una conversazione difficile con Marco, avrebbe avuto bisogno di sentirsi bella e sicura di sé, o avrebbe finito col farsi trasportare ancora una volta dalle sue insicurezze e dalla sua innegabile attrazione per quegli occhi color smeraldo, dei quali era stata prigioniera sin dal loro primo incontro su quell'autobus. Ma quel sabato aveva bisogno di essere lei quella irresistibile, nella speranza che Marco lasciasse cadere una volta per tutte il velo tra loro e le rivelasse la verità sul suo passato e sulla sua scomparsa dei giorni precedenti.

«Allora direi che ho un problema enorme, perché a parte jeans e maglioni, non ho altro nel mio armadio.» ammise Aurora a malincuore.

«Che problema c'è! Domani si va a fare shopping! So io dove portarti, tranquilla. Vedrai che ci divertiremo come matte!» replicò Eleonora, sempre più su di giri.

Lo shopping era un'attività che non aveva mai elettrizzato Aurora, ancora meno dopo l'incidente che le aveva sfregiato il braccio. La sola idea di doversi provare un abito a giromanica, o una camicetta a maniche corte, e doversi specchiare, la fece rabbrividire di disgusto. Ma osservando l'entusiasmo della sua compagna, non ebbe il coraggio di tirarsi indietro e rischiare di deluderla.

Così sorrise debolmente e acconsentì, pregando tra sé che la ricerca dell'"outfit perfetto", come lo aveva definito Eleonora, non richiedesse l'intero pomeriggio successivo.

Allora, come pensate che si evolverà il pomeriggio di shopping tra Ele e Aurora? Filerà tutto liscio? Saranno capaci di scovare L'"outfit perfetto"? :D

Come sempre ci tengo a ringraziare tutti voi lettori, quelli più vecchi ed affezionati, e quelli più recenti ❤ 

Spero davvero che vorrete continuare a seguire le vicende di Marco e Aurora fino alla fine, che molto probabilmente non sarà in questo volume

Sempre Vostra

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