23. Memory - Parte I

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Buonasera lettori ❤ 

Ecco la prima parte di questo capitolo tutta per voi 
Non dimenticate di commentare e farmi sapere che ne pensate ❤ 

Buona lettura e buon fine settimana a tutti voi ❤ 

"Memory

All alone in the moonlight

I can dream of the old days

Life was beautiful then

I remember the time I knew what happiness was

Let the memory live again."

Memory - Barbra Streisand


Come da programma, il giorno seguente Eleonora raggiunse casa di Aurora subito dopo pranzo, pronta a trascorrere con lei un piacevole pomeriggio tra amiche.

Quando premette il pulsante del citofono per avvertire la ragazza del suo arrivo, la voce di quest'ultima la sorprese invitandola a salire. Facendo il suo ingresso sul pianerottolo del secondo piano, trovò Aurora ad accoglierla sull'uscio di casa.

«Ciao Ele. Scusami se ti ho fatta salire, ma non sono ancora pronta e non volevo lasciarti ad aspettare in macchina. Vieni, accomodati.» e si fece da parte per farla entrare.

«Nessun problema, fai pure con calma» la rassicurò l'amica, varcando la soglia dell'appartamento.

Eleonora si sfilò il giubbotto e lasciò che il suo sguardo vagasse per il salone, in attesa di veder comparire altri membri della famiglia.

«Mi dispiace, è in camera sua che dorme» disse Aurora, che aveva presto intuito il motivo dello strano atteggiamento dell'amica.

«Cosa? Chi è che dorme?» chiese di rimando Eleonora, fingendo maldestramente di non aver capito.

«È inutile che provi a nasconderlo, lo so che speravi di incontrare mio fratello» replicò la padrona di casa, con un sorrisetto malizioso a fior di labbra.

«Non negherò e non confermerò questa tua affermazione tendenziosa» scherzò la ragazza, fingendo un'espressione seriosa.

Aurora ridacchiò di rimando, poi invitò l'amica ad accomodarsi in camera sua, mentre lei avrebbe ultimato di prepararsi in bagno.

Eleonora si sedette sul letto di Aurora e si guardò intorno. Non era la prima volta che si trovava in quella stanza, ma nella precedente occasione non aveva avuto modo di studiarla a dovere, troppo presa dal suo ruolo di cupido e dalla consegna della lettera di Marco.

Ora, però, rimasta sola e incoraggiata dal silenzio che riempiva tutto l'appartamento, segno che gli altri componenti della famiglia non erano in casa, poté notare dei dettagli che le erano sfuggiti. La prima cosa che le saltò agli occhi furono le foto.

Sulla parete accanto al letto che sapeva essere di Isabella erano appese decine e decine di foto, alternate a disegni ad acquerelli e schizzi a matita. Sapeva, dai racconti di Aurora, che la sorella minore frequentava il liceo artistico e, dalle immagini affisse sul muro, Eleonora si rese conto di quanto la ragazza fosse piena di talento. Ogni tratto di matita era ben dosato, ogni sfumatura di colore era sapientemente combinata con le altre, dando vita a dei veri e propri piccoli capolavori. 

La maggior parte raffiguravano volti dalle linee spezzate, frammenti di sguardi dagli occhi grandi e profondi come specchi di anime perdute, fatte di vento e sabbia, pronte a scivolare via e a perdersi nell'abisso più oscuro. Eleonora rimase incantata a guardarli, chiedendosi come una ragazzina di appena diciotto anni fosse riuscita a percepire le fragilità più profonde dell'essere umano e a riprodurle così fedelmente, su un semplice pezzo di carta.

Ai disegni si mescolavano fotografie di Isabella in compagnia di familiari o ragazzi, i suoi vecchi amici del paese, presunse Eleonora; talvolta, invece, era sola, in primo piano, intenta a suonare il suo flauto traverso. In alcune foto fu in grado di riconoscere una versione di Aurora più giovane di qualche anno, con i capelli leggermente più corti e l'incarnato meno pallido, sorridente come lei non l'aveva mai vista.

E quando si voltò di spalle, verso la parete sulla quale era accostato il letto di Aurora, a colpirla fu il vuoto assoluto, la totale assenza di qualsiasi cosa potesse rimandare a ciò che la ragazza era stata o sarebbe diventata. Non una fotografia, né un poster o un'immagine che potessero in qualche modo lasciare una traccia della personalità di Aurora, di quello che le piaceva o che avrebbe desiderato fare.

Solo una parete vuota e bianca, pronta a riflettere e respingere ogni sguardo che avesse anche solo provato a oltrepassare il confine che la ragazza aveva tracciato tra sé e il resto del mondo.

Anche le scrivanie raccontavano molto delle due sorelle: quella della minore era ricoperta di oggetti alla rinfusa, portamatite colorati, pennelli dalle setole consunte, spartiti e fogli con schizzi sparsi su tutto il ripiano e, sulla mensola che la sormontava, spiccava una nutrita collezione di fumetti dai titoli più bizzarri, appena coperti da diversi pupazzetti che rappresentavano personaggi di anime giapponesi. Ogni cosa, su quel lato della stanza, raccontava di una ragazza estrosa, solare, piena di vita, affezionata ai suoi amici e desiderosa di esprimere sé stessa e la sua personalità attraverso ogni forma artistica che le appartenesse.

La scrivania di Aurora, invece, raccontava una storia completamente diversa. La superficie era quasi totalmente sgombra, fatta eccezione per un paio di penne nere e un'ordinata pila di fogli e quaderni posizionata sulla destra. Lo scaffale sulla scrivania, invece, conteneva diversi volumi disposti in ordine di altezza, tra i quali Eleonora riconobbe molti classici e alcune raccolte di poesia, unico indizio, fino a quel momento, di cosa potesse piacere alla sua amica. Anche lì non una foto o un oggetto che potessero rimandare al suo passato, alle persone che aveva conosciuto e con cui aveva condiviso l'infanzia e l'adolescenza.

Eleonora non conosceva i dettagli dell'incidente che aveva stravolto la vita di Aurora, ma comprendeva bene il suo desiderio di cancellare ciò che era stato, nonostante ogni cosa attorno a lei fosse un costante rimando a quel passato tanto doloroso e tanto difficile da dimenticare.

La capiva bene perché quel desiderio era stato anche il suo.

Dopo il divorzio dei suoi genitori, Eleonora aveva negato l'evidenza per mesi. Trovava davvero curioso il modo in cui la sua mente di dodicenne aveva elaborato quel cambiamento; per un lungo periodo aveva finto con tutti che la sua famiglia fosse ancora unita come un tempo, che i suoi si amassero ancora come la prima volta che si erano incontrati, e aveva finto così bene col finire per ingannare anche sé stessa. 

Aveva coltivato per anni l'idea che potessero tornare insieme, cancellando dalla sua mente tutte le liti a cui aveva assistito, le urla di suo padre e il pianto isterico di sua madre, mentre si incolpavano vicendevolmente di ogni più piccolo momento di infelicità vissuto negli ultimi quindici anni.

Eleonora ci aveva messo parecchio ad accettare che, in fin dei conti, il divorzio dei suoi non era stato la causa delle sue sofferenze, piuttosto una chance per lei e la sua famiglia di essere felici ancora una volta, anche se non insieme.

«Si può sapere che fine hai fatto? Sono due giorni che non ti fai sentire!»

La voce di Falco riscosse dai suoi pensieri Eleonora, che si voltò di scatto verso la porta chiusa dalla quale quelle parole erano giunte ovattate sino a lei.

La stanza del ragazzo era di fronte a quella delle due sorelle, a soli pochi passi da dove si trovava; a quella distanza, riusciva a distinguere gran parte della conversazione, che immaginò stesse avvenendo tramite il telefono, poiché alle sue orecchie arrivava solo la voce profonda e irritata di Falco, alternata a lunghi silenzi.

Non essendo in grado di frenare la curiosità, Eleonora fece qualche passo verso la porta della stanza in cui si trovava, spalancata dinanzi a quella chiusa del ragazzo, si poggiò allo stipite e, pur sapendo di commettere una scorrettezza, stette ad ascoltare i frammenti di conversazione che riusciva a captare.

«Lo so, è quello che ripeti ogni volta... Non me ne faccio niente del tuo "mi dispiace"... Niente, se per te è tutto normale... E certo, ora devi andare... Quando mai hai tempo?... Va be', ciao.»

Lo scambio di battute terminò all'improvviso, facendo ripiombare la casa nel silenzio più assoluto.

Eleonora non sapeva con chi Falco avesse avuto quella conversazione, ma la sua immaginazione la condusse verso un'unica risposta: la sua ragazza.

Da quel poco che aveva potuto capire, le cose sembravano non andare affatto bene, ma nonostante fosse stata attratta da quel ragazzo biondo e dal sorriso mozzafiato sin dal loro primo e casuale incontro al Music Time, non era certo contenta di sentirlo così irritato e di malumore.

Immaginò che la distanza stesse scavando tra loro un fosso troppo difficile da saltare e che uno dei due fosse sul punto di cedere e rinunciare.

Se una parte di lei aveva desiderato sin dall'inizio di poter avere un'occasione per avvicinarsi a Falco e conquistarlo, l'altra provava pena per lui, perché lei sapeva meglio di chiunque altro quanto un amore non più (o mai) ricambiato potesse fare male. Così, senza volerlo, si ritrovò ad allungare un braccio verso la stanza del ragazzo, fino a quando il palmo della mano non aderì perfettamente alla superficie di legno freddo della porta.

Visualizzò nella sua mente di essere al di là di quella barriera, di essere lì, in piedi dinanzi a lui, con la mano posata sul suo petto, all'altezza del cuore, pronta a grattar via tutto il dolore e la rabbia che si erano impadroniti di lui, portandogli via dagli occhi quel sorriso dolce e affascinante che l'aveva fatta arrossire quando, la volta precedente, se l'era trovato davanti, sul pianerottolo, pronto a darle il benvenuto in casa loro.

Persa nel ricordo di quel momento, Eleonora non sentì i passi di Falco provenire dall'interno della stanza, né il rumore della maniglia che veniva abbassata. Si rese conto di cosa fosse successo solo quando si ritrovò davanti il ragazzo, con il viso a un passo dal suo, a fissarla con sguardo frastornato e sorpreso.

«Che ci fai qui?» fu la prima cosa che le chiese.

La rossa, colta in fallo, arrossì violentemente, così tanto da rendere le lentiggini che le puntellavano le guance a malapena distinguibili.

«Io, ehm... Ciao... Ecco, sto aspettando che Aurora si prepari perché dobbiamo uscire» balbettò la ragazza, in evidente stato di panico.

«E la stai aspettando dietro la mia porta?» domandò Falco in tono stizzito, incrociando le braccia al petto.

«No, assolutamente, cioè io... ho sentito un rumore provenire dalla tua stanza e mi sono avvicinata per assicurarmi che fosse tutto okay.»

Eleonora sapeva bene che la sua storia era credibile quanto quella di un asino in grado di volare, ma presa dal panico più assoluto non era stata in grado di fare di meglio.

Falco la osservò in silenzio per diversi secondi, lo sguardo fisso nel suo, come se volesse leggerle dentro e scovarne i pensieri più reconditi. La ragazza, ammutolita, rimase immobile dinanzi a lui, paralizzata, nell'attesa che il ragazzo dicesse qualcosa che potesse sciogliere la tensione che si era creata tra loro.

E dopo quella che a Eleonora parve un'eternità, Falco si decise a parlare.

«Mmm d'accordo...» disse in tono non troppo convinto. «Comunque... Posso offrirti qualcosa mentre aspetti mia sorella? Un caffè?» chiese di nuovo con il tono gentile a cui Eleonora era abituata.

«Sì, grazie, un buon caffè non lo rifiuto mai.» e si fece da parte per lasciarlo passare, seguendolo poi in cucina.

«Allora, so da Aurora che frequentate insieme... Come se la sta cavando con le lezioni?» domandò Falco dando le spalle alla ragazza, intento a reperire dal mobile della cucina l'occorrente per preparare il caffè.

Eleonora si accomodò su una delle sedie intorno al tavolo e osservò i movimenti rapidi e precisi del biondo, incantata dal suo fisico asciutto e slanciato, dai muscoli che si intravedevano appena attraverso la felpa nera che gli copriva il busto e i pantaloni melangiati grigi e neri che gli fasciavano gambe e sedere.

«Ehi, ti sei incantata?» le chiese improvvisamente Falco, che le si era avvicinato per farle schioccare due dita davanti agli occhi.

Ancora una volta il viso di Eleonora divenne paonazzo, assumendo un colorito sempre più simile a quello dei suoi capelli. Si affrettò quindi a distogliere lo sguardo dal ragazzo e a rispondere alla domanda, pregando tra sé che non fosse stata troppo distratta per sentirla bene, o avrebbe infilato la terza figuraccia in meno di cinque minuti.

«Direi che se la cava egregiamente, tenendo conto del tempo che ha perso... Non sembra affatto che sia rimasta ferma per così tanto tempo, credo sia la più veloce tra noi a svolgere i calcoli. È davvero in gamba.»

Le parole di Eleonora lasciarono Falco a bocca aperta.

«Quindi ti ha raccontato?» chiese esterrefatto.

«Se ti riferisci all'incidente sì, mi ha detto grossomodo come è andata, anche se non è scesa nei dettagli.»

Falco posizionò la caffettiera sul fornello, poi si voltò ancora una volta verso la ragazza e si appoggiò col sedere al bordo della cucina, massaggiandosi il mento ricoperto da un velo di barba chiara con la destra.

«Wow... Davvero, non credevo che sarebbe riuscita a parlarne con qualcuno. Sono molto contento che abbia trovato un'amica con cui confidarsi» disse il ragazzo, gli occhi finalmente illuminati di serenità, specchio sincero del suo sollievo.

«E io sono contenta di aver trovato lei.» continuò Eleonora, «Ci capiamo bene e andiamo molto d'accordo. Io adoro il suo essere calma e silenziosa e lei probabilmente apprezza il mio essere l'esatto opposto, o almeno lo spero.» scherzò, lasciandosi sfuggire una risata.

«Se ti ha confidato dell'incidente, vuol dire che si fida di te, e non è una cosa che mia sorella riesce a fare facilmente, non più almeno. Devi essere una persona davvero speciale» concluse Falco, con un sorriso dolce sulle labbra che fece arrossire Eleonora come e più delle volte precedenti.

La ragazza avrebbe voluto rispondere qualcosa, una qualsiasi cosa che potesse interrompere lo sguardo sensuale con il quale il biondo la stava scrutando da capo a piedi e il silenzio imbarazzato che era calato tra loro.

Ma a spezzare la tensione intervenne Aurora che, con il suo ingresso in cucina, pose inconsapevolmente fine a quel momento di estranea intimità che si era creato tra i due ragazzi.

«Ah, sei qui. Pensavo stessi riposando» disse l'ultima arrivata, rivolgendosi al fratello.

Dopo la discussione avuta qualche giorno prima, non avevano più avuto modo di parlare o interagire, non avendo così la possibilità di confrontarsi pacificamente e chiarirsi.

«Mi sono svegliato poco fa. Sto preparando un caffè per la tua amica, ne prendi un po' anche tu?»

«Sì, giusto un goccio» rispose in tono freddo Aurora, andando a occupare il posto al tavolo di fronte alla sua amica, desiderando uscire da quella stanza il prima possibile.

I tre ragazzi consumarono il caffè rimanendo quasi sempre in silenzio, fatta eccezione per qualche domanda posta da Eleonora all'uno o all'altra, nel vano tentativo di imbastire una conversazione ed evitare il silenzio imbarazzante che tanto la metteva a disagio.

Quando finalmente furono in macchina, da sole, Eleonora non fu più in grado di trattenersi.

«Ma si può sapere che è successo tra te e tuo fratello? Mi sembrava di essere al Polo Nord, a prendere il caffè con due pinguini.» scherzò l'amica, sperando così di allentare la tensione.

«Lascia perdere, l'altro giorno abbiamo discusso.» si limitò a raccontare Aurora, mentre si allacciava la cintura.

«Che ha combinato? Ti ha tirato le trecce?»

A quella battuta, un sorriso amaro fece capolino sulle labbra di Aurora.

«No... È che la settimana scorsa mi ha vista piangere e poi ieri ha visto che parlavo con Marco, qui sotto casa, e si è incazzato... È convinto che possa farmi stare male come il mio ex ragazzo...» confessò la ragazza in tono triste.

Eleonora rifletté sulle parole dell'amica, trovando finalmente una spiegazione alla strana scenetta che era avvenuta poco prima in cucina.

«Okay, ora capisco i musi lunghi... Ma sai che ti dico? A quel paese i ragazzi, almeno per oggi! Ti avevo promesso un pomeriggio di svago tra amiche e non ho intenzione di venir meno alla parola data. Quindi tieniti pronta, perché stiamo andando al centro commerciale e non usciremo di lì fino a quando non avremo le vesciche ai piedi e tante buste da non avere abbastanza mani per portarle!»

La voce di nuovo squillante e piena di entusiasmo di Eleonora fece sorridere Aurora che, confortata dal buonumore dell'amica, decise di seguire il suo consiglio, di abbandonare ogni pensiero negativo e di lanciarsi in quello che, senza ombra di dubbio, sarebbe stato il pomeriggio di shopping più lungo della sua vita.

Allora, piaciuto questo capitolo dal "point of view" di Eleonora? :D

E che ne pensate della figuraccia che ha fatto con Falco? ahah xD

Ecco qui di seguito, per chi fosse interessato, la traduzione del testo di Memory da me citato all'inizio del capitolo:

"Ricordo

Tutta sola sotto la luce della luna

posso sognare i giorni passati

La vita era meravigliosa allora

Ricordo i momenti in cui

ho davvero capito cosa fosse la felicità

Lascia che il ricordo viva di nuovo."

Grazie a voi per tutto, i commenti, le stelline, gli incoraggiamenti, o semplicemente per aver scelto di leggere le mie parole ❤ 

A presto, sempre vostra ❤ 

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