25. Numb - Parte II

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Buongiorno lettori!

Ecco a voi la seconda parte di questo capitolo ^-^

Preparatevi, perché questa parte ha in serbo per voi una vera e propria BOMBA!!!

E per celebrare l'occasione, ho pensato di condividere con voi uno dei miei aesthetic, sperando che possa piacervi :)

Allora, siete pronti?!?!?!

3, 2, 1... Buona lettura! :*


Impiegarono una decina di minuti a raggiungere il luogo della festa, e il doppio per trovare parcheggio. Leonardo non aveva fatto altro che sbuffare e imprecare per tutto il tempo, ma Aurora ormai ci era abituata: sapeva bene che la pazienza non era il suo punto forte.

Quando finalmente ebbero trovato un posto, Leonardo recuperò la pistola giocattolo dal cruscotto ed entrambi scesero dall'auto, per dirigersi verso il locale dove era stata organizzata la festa.

Il vento freddo di tramontana proveniente dal mare spazzava le strade del paesino, sollevando le foglie secche che, abbandonato il loro rifugio sicuro tra i rami degli alberi, si lasciavano trasportare nell'aria qua e là, colorando il paesaggio di mille sfumature sui toni dell'arancio.

Non appena fu fuori dalla macchina, la pelle di Aurora, che ancora portava su di sé una leggera sfumatura olivastra, unico residuo dell'estate passata a prendere il sole sulla spiaggia, si ricoprì di brividi, facendola tremare lievemente.

Leonardo, senza neppure rivolgerle uno sguardo, la afferrò per un polso e si avviò a passo svelto in direzione del locale, trascinando la ragazza dietro si sé, totalmente incurante del suo disagio.

Aurora lasciò che la conducesse a destinazione, stringendosi la giacca di pelle sul petto con la mano libera, come una tartaruga alla ricerca di riparo nella sua corazza.

Il locale a cui erano diretti era un grande stanzone al piano seminterrato di un palazzo antico, nel centro di Polignano, a due passi dall'arco di ingresso della città vecchia.

Il riverbero degli amplificatori si poteva udire già a diverse centinaia di metri dal luogo della festa, e in quella musica Aurora riconobbe subito l'impronta di Nicola, o Dj Nick, come amava farsi chiamare lui, un caro amico di vecchia data di suo fratello. 

Ogni volta che qualcuno organizzava una serata nei dintorni di Polignano, era lui che chiamavano, il ragazzone alto quasi un metro e novanta, con la barba castana e un taglio sempre alla moda, che amava remixare i grandi successi degli anni '80 e giocare in una squadra semiprofessionista di basket.

«C'è Nicola alla console, ne sono sicura.»

Il suo tentativo di conversazione fu accolto da Leonardo con un grugnito seccato, mentre continuava a camminare e a strattonarle il braccio ad ogni passo.

Aurora, rassegnata all'idea che il suo ragazzo avrebbe continuato a tenere il muso lungo per tutta la serata, decise di non fare ulteriori tentativi ed evitare di irritarlo più di quanto già non lo fosse.

Giunti a destinazione, bastò loro scendere cinque gradini per ritrovarsi immersi in un'atmosfera spettrale, quasi da film dell'orrore. Ogni angolo del locale, compreso il bancone del bar, era stato ricoperto di finte ragnatele, con tanto di insetti di gomma incastrati tra i sottili fili argentei; l'unica luce ad illuminare la stanza era quella proveniente dalle zucche, appositamente intagliate e private della loro polpa, così che potessero ospitare delle candele e rischiarare appena la stanza.

Gente con le maschere più fantasiose e bizzarre affollava il locale, rendendo quasi impossibile attraversarlo per raggiungere il bancone sul fondo.

L'unico faretto della sala era puntato sulla postazione del dj, inondandola di un cono di luce attraverso il quale si potevano vedere i granelli di polvere danzare a mezz'aria, come minuscoli insetti intrappolati nell'intercapedine tra due vetri.

La console era circondata da un folto gruppo di fan di Nicola, tutte pronte ad attirare la sua attenzione e disposte a fare qualsiasi cosa per conservarla. Ma non appena il ragazzo vide la coppia entrare nel locale, alzò il braccio sinistro e lo agitò nella loro direzione, facendogli segno di raggiungerlo, attirando così su Aurora numerosi sguardi di disprezzo e invidia da parte delle sue "groupie".

Quando furono a pochi passi da lui, dj Nick abbandonò momentaneamente la sua postazione per andare incontro alla ragazza e stringerla in un abbraccio. 

Conosceva Aurora sin da bambina, quando andava a trovare il suo amichetto Falco per giocare alla Playstation e la vedeva gironzolare per casa, con le sue treccine nere sempre scompigliate e le guanciotte piene tinte di una sfumatura rosea che gli ricordava quella dei gerani che sua madre aveva appeso alla ringhiera del balcone, per metterli in bella mostra.

Nicola l'aveva osservata da lontano per anni, nutrendo per lei un affetto che, col tempo, si era evoluto in qualcosa di ben diverso da un sentimento d'amicizia. Ma non aveva mai avuto il coraggio di fare nulla di più, consapevole che, alla loro età, gli anni che li separavano potevano essere un ostacolo insormontabile. Per non parlare del fatto che Aurora era la sorella minore del suo migliore amico, e Nicola non aveva la più pallida idea di come lui avrebbe potuto prendere la notizia di una loro eventuale "unione".

E mentre rimaneva lì, in disparte, ad amarla in silenzio, un altro ragazzo era entrato nella sua vita, rubandogli ogni speranza che un giorno, forse, lui sarebbe riuscito a farsi avanti e che lei avrebbe potuto ricambiarlo. E a ottenere il cuore della ragazza era stata l'ultima persona al mondo che avrebbe meritato di averlo, quel ragazzo con le braccia tutte tatuate e lo sguardo arrogante a cui Nicola avrebbe volentieri tirato un cazzotto in faccia.

Lo stesso ragazzo che, in quel momento, lo stava fulminando per aver indugiato un secondo di troppo nella sua dimostrazione di affetto ad Aurora.

Così, a malincuore, il dj lasciò andare la ragazza, sciogliendola dal suo abbraccio e facendo un movimento appena accennato col capo per salutare il suo accompagnatore.

«Serata fantastica, eh?» gridò Aurora per sovrastare la musica sparata a tutto volume dagli amplificatori a pochi passi da solo.

«Sì, è venuta un casino di gente» replicò Nicola, sporgendosi in avanti e avvicinandosi all'orecchio destro della ragazza, per farsi sentire. «Francesco stavolta ha fatto le cose in grande.»

«Già! Quindi...» ma Aurora fu interrotta bruscamente da Leonardo che, afferratala per una spalla, la fece girare verso di lui.

«Ehi, io vado a cercare Francesco e a prendere qualcosa da bere, che qui si soffoca» intervenne il ragazzo tatuato, infilando un dito nel colletto della camicia bianca e tentando di allentarne la morsa intorno al collo. Poi, senza aspettare la replica di Aurora, le lasciò la spalla e si voltò in direzione opposta, pronto ad attraversare la marea umana che si frapponeva tra lui e il bancone del bar.

Aurora rimase impalata a guardare il suo ragazzo allontanarsi, con un'espressione delusa dipinta sul volto, le cui gote di erano tinte di un colore purpureo non appena era passata dal gelo esterno al caldo asfissiante del locale.

Nicola la osservò sistemarsi qualche ciocca ribelle dietro l'orecchio destro, respirare a fondo a labbra serrate e poi tornare a indossare quel suo sorriso dolce che l'aveva fatto innamorare di lei, lo stesso che in quell'esatto momento stava rivolgendo a lui, facendogli sentire una stretta allo stomaco. 

Il dj sapeva bene che quel sorriso non era nient'altro che una maschera, una barriera per tenere lontano il mondo ed evitare che qualcuno le dicesse in faccia quello che tutti pensavano ormai da tempo, ovvero che Leonardo non era il ragazzo adatto a lei.

«Ehi, tutto bene?» provò a chiederle, prendendo delicatamente una mano guantata di pelle tra le sue, grandi almeno il doppio di quelle dalle dita sottili della ragazza.

Ma Nicola non ebbe il tempo di ascoltare la risposta, che qualcuno venne a recuperarlo, trascinandolo di nuovo al suo posto, dietro il piano della console.

«Vai tranquillo» mimò Aurora con le labbra, rivolgendogli un ultimo sorriso, per poi mescolarsi alla folla e sparire dalla visuale del dj che, a malincuore, riprese il suo lavoro di mixaggio, con ancora dinanzi agli occhi l'immagine di quello sguardo blu come il mare che portava nel cuore da ormai quindici anni.

Aurora si mescolò agli altri partecipanti alla festa, alla ricerca di un volto familiare, magari quello di Leonardo oppure di un altro membro della loro comitiva.

Tutti intorno a lei si stavano scatenando come matti sulle note del remix di Sweet Dreams, una delle sue canzoni anni '80 preferite. 

https://youtu.be/tLmfSvy4rmo

Sapeva che Nicola l'aveva messa per lei e in quel momento decise che se ne sarebbe fregata di tutto e tutti, in particolar modo del suo ragazzo che, come al solito, era riuscito a rovinare la serata già dal principio, sparendo chissà dove.

Si fece largo tra la folla, guadagnando il centro della pista, gremito di gente mascherata nei modi più bizzarri, e cominciò a ballare.

E in quel momento si spogliò di ogni pensiero, di ogni paura, di ogni emozione negativa che Leonardo era in grado di farle provare, per lasciarsi semplicemente andare e godersi quei brevi minuti di pace, in compagnia unicamente di sé stessa.

Aurora ballò tra la gente sconosciuta, con le braccia alzate verso il cielo e gli occhi chiusi, e per tutta la durata della canzone si sentì libera.

E quando la mano del dj dirottò la musica verso un'altra melodia, la ragazza fece ritorno alla realtà, ritrovandosi persa e disorientata, come un libro vecchio senza più la copertina.

Riprese a guardarsi intorno, nella speranza di avvistare Leonardo, ma di lui non c'era nessuna traccia neppure al bancone del bar.

Stufa di cercare il suo ragazzo ovunque, decise di ordinare da bere un capiroska alla fragola e, mentre era intenta a sorseggiarlo, finalmente vide arrivare una faccia amica.

«Ehi bella, eccoti!» la salutò Sofia, una delle ragazze della comitiva che frequentava da quando stava con Leonardo.

Per l'occasione, la ragazza indossava un costume da leopardo piuttosto sexy, con tanto di orecchie e di codina a penzolare dagli short maculati.

«Ciao Sofi!» la salutò Aurora, lasciando lo sgabello su cui si era seduta per abbracciarla e stamparle un bacio sulla guancia. «Vi ho cercati in giro, ma non ho visto nessuno del gruppo.»

«Siamo in una saletta sul retro del locale, c'era troppo casino qui per i ragazzi e hanno preferito starsene di là per conto loro» spiegò la ragazza, agitando la mano in segno di disapprovazione. «Lascia che stiano di là tra maschietti! Noi ci godiamo la serata qui insieme!»

Aurora le sorrise in rimando. Aveva sempre trovato il suo entusiasmo molto contagioso ed era stata la prima a farla sentire a suo agio nel loro gruppo, quando vi aveva fatto ingresso cinque anni prima.

Come suggerito dalla sua amica, Aurora abbandonò la ricerca di Leonardo per rimanere con lei e le altre ragazze della comitiva, intente a scatenarsi in un angolo del locale, a bere un drink dopo l'altro e a ballare, conquistando passo dopo passo il centro della pista.

Ma il divertimento per lei non durò molto a lungo.

Fu un conato di vomito a interrompere il suo momento "hakuna matata".

Aurora corse in bagno, e non appena si fu chiusa nel cubicolo, rigettò nella tazza tutto quello che aveva bevuto e quel poco che aveva spiluccato per cena, prima di uscire.

Quando gli spasmi del suo stomaco si furono esauriti, Aurora si pulì le labbra con un pezzetto di carta igienica e si accovacciò contro la parete di mattonelle bianche e fredde del bagno, completamente ricoperte di scritte, disegnini osceni e numeri di telefono accompagnati da epiteti poco lusinghieri.

E con lo sguardo perso nel vuoto, si portò istintivamente una mano sulla pancia, quella pancia che da qualche settimana nascondeva un segreto, uno di quelli che avrebbe volentieri dimenticato.

Quando si era resa conto di avere un ritardo, il panico l'aveva assalita, e ancora di più quando le due lineette del test di gravidanza si erano colorate di una decisa sfumatura di rosa.

E dalla fase di shock aveva fatto presto il suo ingresso in quella della negazione; aveva ignorato la questione, sperando che alla fine si sarebbe risolta da sola, senza dover fare nulla, soprattutto senza doverlo dire a Leonardo.

Per quanto Aurora lo amasse incondizionatamente, conosceva abbastanza bene il ragazzo da sapere che non l'avrebbe presa bene.

Nella sua testa di ragazzina aveva immaginato più volte quel momento, quando un giorno, quasi trentenne e con un lavoro, sarebbe tornata a casa dall'uomo che sarebbe stato il suo compagno di vita, per dirgli che non sarebbero più stati in due, bensì in tre. Aveva anche immaginato la reazione di lui che, felice per la bella notizia, l'avrebbe sollevata tra le sue braccia e l'avrebbe baciata, pieno d'amore per lei, pieno d'amore per loro.

Ma nulla stava andando come Aurora aveva sognato.

Nessuno dei due l'aveva voluto, era stato semplicemente frutto di un incidente, di un preservativo che non si era dimostrato resistente come prometteva la pubblicità che spesso si vedeva su internet o in tv, un incidente che novecentonovantanove volte su mille non portava a nessuna conseguenza. Eppure lei rappresentava quell'uno su mille.

E, al contrario dei suoi sogni, non aveva trent'anni, non aveva un lavoro, e soprattutto non aveva un compagno che sarebbe stato felice di ricevere quella notizia.

Così aveva deciso di fingere che nulla fosse cambiato in lei, che tutto sarebbe andato avanti come sempre, che avrebbe potuto bere tre cocktail dall'alto tasso alcolico senza nuocere a nessuno, se non a sé stessa. Ma ci aveva pensato il suo stomaco a riportarla alla realtà.

In quel momento Aurora si sentì come una stella, una di quelle che aveva visto così tante volte sui suoi libri dell'università, una di quelle grandi e luminose che si trovavano a miliardi di anni luce dalla Terra, una di quelle che, alla fine della propria vita, avrebbe avuto solo due possibilità: esplodere in una magnifica supernova, spargendo pezzetti di sé per l'universo e inviando la propria luce sino ai confini del mondo visibile, oppure trasformarsi in un buco nero, in grado di risucchiare con la propria gravità tutta la luce intorno a sé.

Il momento di evolvere era vicino, Aurora ne era consapevole; ma in cosa si sarebbe evoluta era ancora un mistero per lei.

A interrompere le sue riflessioni intervenne l'ennesimo conato di vomito, stavolta accompagnato da una fitta al basso ventre che non lasciava presagire nulla di buono.

La ragazza, terrorizzata, si strinse le gambe al petto, sperando di poter allentare gli spasmi di dolore, sempre più frequenti. D'istinto provò a prendere il cellulare dalla tasca dei pantaloni, per poi rendersi conto che i pantaloni di pelle tasche non ne avevano e ricordarsi che aveva lasciato il cellulare nella borsetta, abbandonata su un divanetto del locale insieme alla giacca.

Provò anche a gridare aiuto, ma nel bagno non c'era nessun altro a parte lei, e la musica a tutto volume impediva che chiunque altro potesse sentirla.

Così capì che l'unica soluzione per uscire da quel guaio era mettersi in piedi e andare a cercare aiuto.

Le ci vollero ben quattro tentativi prima di riuscire a reggersi sulle gambe e, poggiandosi alla parete del bagno, riuscì a fatica a uscire dalla stretta toilette e a tornare nella confusione della sala.

Per un attimo si guardò intorno, spaesata: decine di figure oscillavano davanti ai suoi occhi, ridendo e ballando, totalmente ignare di tutto, senza che lei potesse far nulla per fermarle. Poi si sentì strizzare una spalla e, nella confusione generale, la voce di Sofia si fece improvvisamente chiara.

«Aurora tutto bene? Prima ti ho vista correre via... Che hai? Sei pallidissima... Che ti prende? Bevuto troppo?»

Le domande dell'amica le arrivarono alle orecchie come una raffica di proiettili, al quale non fu in grado di reagire. Riuscì solo ad appoggiarsi a lei e a dire: «Per favore portami da Leonardo, non mi sento bene.»

E così la ragazza, senza protestare, si passò un suo braccio sulla spalla e la guidò verso la stanza sul retro, dove il resto della compagnia si stava godendo un po' di privacy, tutti stravaccati sui divanetti in pelle marrone e consunta sistemati a ferro di cavallo intorno a un tavolino.

Nessuno dei presenti notò l'ingresso delle due ragazze, ciascuno impegnato in una diversa attività: chi a bere, chi a fumare, chi a pomiciare in piena libertà davanti agli altri, come se nessuno potesse vederli.

E su un divanetto a due posti, accanto a Francesco, l'organizzatore della festa, c'era Leonardo, con una ragazza bionda dalle curve generose seduta sulle sue ginocchia, intento a bisbigliarle qualcosa nell'orecchio. Ma Aurora, quasi piegata in due dalle fitte alla pancia, neppure se ne accorse.

Fu Sofia a richiamare l'attenzione del bel biondo vestito da 007.

«Leo, che cazzo fai?! Vieni qui, muoviti, Aurora non sta bene!» gridò la ragazza, continuando a sorreggere l'amica, sempre più pallida in viso.

A quelle parole, il ragazzo sembrò riscuotersi; così diede una spintarella alla bionda per farla alzare, si mise in piedi anche lui e, camminando a zig zag tra i divanetti, raggiunse le ragazze, poggiate contro una parete della stanza.

«Cos'è successo?» chiese Leonardo. La voce impastata e il tono seccato lasciarono intendere che non avrebbe collaborato volentieri.

«Non lo vedi che non sta bene, imbecille?!» lo insultò Sofia. «La devi portare a casa, immediatamente. Forse ha bevuto troppo...»

«Sì sì, vai dai, ci penso io.» replicò, liquidando sgarbatamente la ragazza senza farsi troppi problemi.

Prima di lasciare la sua amica alle cure maldestre e disinteressate del suo ragazzo, Sofia afferrò Leonardo per la manica della giacca e lo costrinse a guardarla negli occhi.

«Hai bevuto o ti sei fatto?» chiese la ragazza in tono severo. «Perché se è così non potete mettervi in macchina, la porto io a casa.»

Nonostante avesse gli occhi arrossati e le pupille dilatate, il ragazzo negò l'evidenza che a uno sguardo esperto non sarebbe sfuggita.

«Certo che non sono fatto! E ho bevuto solo una birra. Ci penso io alla mia ragazza.» e con il suo sguardo gelido e possessivo mise fine alla discussione.

Dopo essersi passato un braccio di Aurora intorno alla spalla, prendendo così il posto di Sofia, Leonardo la guidò verso l'uscita del locale, recuperò la giacca e la borsetta, e si avviarono verso la macchina.

Ma a metà strada la ragazza urlò di dolore, costringendolo a fermarsi.

A quel punto anche il ragazzo si spaventò, rendendosi conto che doveva trattarsi di molto più che una semplice sbronza.

«Aurora, ma che hai? Cos'è che ti fa male?» le chiese, accarezzandole una guancia priva di colore con la destra.

«Ti prego, portami all'ospedale... Devo andare all'ospedale...» biascicò Aurora, prima di digrignare i denti per un nuovo spasmo.

«Ma che hai? Mi vuoi dire dov'è che ti fa male? Sei caduta?» insistette lui.

Conoscendolo, Aurora sapeva che se non avesse detto la verità all'istante, probabilmente non si sarebbero schiodati da lì per il resto della nottata, e lei non avrebbe resistito a quel dolore un secondo di più.

«Leo, sono incinta!».

La confessione di Aurora colpì Leonardo come un cazzotto alla bocca dello stomaco, lasciandolo pietrificato e senza fiato.

«Mi fa male la pancia, ti prego, portami all'ospedale...»

Fu la supplica della ragazza e i suoi gridolini di dolore a restituirgli l'adrenalina necessaria per poter agire.

In una mossa improvvisa e resa goffa dalla droga in circolo nel suo sangue, il ragazzo la sollevò tra le braccia e riprese la strada verso la macchina a passo spedito.

Adagiò Aurora sul cofano il tempo necessario per aprire lo sportello, dopodiché la sistemò sul sedile del passeggero e si affrettò ad andare al posto di guida.

Gli ci vollero trenta secondi per riuscire a infilare la chiave d'accensione nella serratura; le sue mani tramavano come non mai, e l'eroina, mescolata all'adrenalina, cominciava a fare il suo effetto, annebbiandogli la vista e dandogli una percezione distaccata della realtà, come se il mondo attorno a lui fosse solo frutto del suo trip mentale, compresa la ragazza accasciata e sofferente accanto a lui.

Quando finalmente riuscì a mettere in moto, Leonardo spinse il piede sull'acceleratore, grattando la frizione e passando dalla prima direttamente alla terza.

Ad ogni frenata brusca, ad ogni buca che prendeva, Aurora si sentiva morire. Il dolore le era insopportabile, e la guida scriteriata del suo ragazzo non l'aiutava a sentirsi meglio. Sentiva la macchina sbandare, vedeva la strada dinanzi a loro muoversi come una serpentina sotto le ruote della vecchia Punto.

«Leo, ti prego, dimmi che non hai bevuto...». Più che una domanda, quella di Aurora parve una supplica.

«Tu stai tranquilla e non pensare a niente, tra poco saremo in ospedale» la confortò lui, continuando però a zigzagare tra le due carreggiate.

«Cazzo, non ci credo... Ti avevo chiesto di rimanere sobrio e lucido per una sera, una sola sera! E tu neanche questo sei riuscito a fare...» gli urlò contro lei, con le mani inchiodate al grembo.

«Ferma la macchina e fammi scendere, chiamerò un'ambulanza» continuò la ragazza, cercando di trattenere l'ennesimo grido di dolore.

«Sei scema?! Non ti lascio in mezzo a una strada in queste condizioni! Sono perfettamente in grado di portati in ospedale!»

Nella voce di Leonardo c'erano rabbia e convinzione, quella convinzione che solo una percezione distorta della realtà poteva dargli.

E prima che Aurora potesse replicare altro, o che il ragazzo potesse accorgersi di essere finito nella corsia opposta, una luce abbagliante spuntò dinanzi a loro, così forte da accecarli entrambi.

Fu così che Leonardo perse il controllo dell'auto, finendo fuori strada, contro un muretto a secco, uno di quelli che delimitavano il terreno di un contadino, pieno di maestosi alberi d'ulivo.

E mentre il conducente dell'altro mezzo, illeso, chiamava i soccorsi, Aurora e Leonardo rimasero lì, immobili e privi di sensi, ad aspettare che il destino infame facesse il suo corso.

Lo so, lo so, questa proprio non ve l'aspettavate :P

Perché non ve l'aspettavate... Vero??? 

Se non sono riuscita a sorprendervi con questo, allora alzo le mani! Ahahah

Come sempre aspetto con ansia di sapere cosa ne pensate, per me è molto importante ❤ 

Grazie di cuore a tutti voi per avermi seguita fin qui ❤ 

Se continuo a scrivere è anche e soprattutto per voi ❤ 

Un bacione e a presto

Sempre vostra

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro