25. Numb - Parte I

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Buonasera lettori!

Ecco un nuovo capitolo tutto per voi ^-^

Piccolo anticipazione: ci sarà un point of view tutto nuovo, fatemi sapere se gradite :D

Buona lettura :*

"I'm tired of being what you want me to be

Feeling so faithless, lost under the surface

I don't know what you're expecting of me

Put under the pressure of walking in your shoes."

Numb - Linkin Park

«Allora, come li vuoi i capelli?» chiese Ilaria alla figlia, mentre con la spazzola le lisciava i lunghi capelli corvini, da cui proveniva un delicato profumo di fragola e vaniglia.

Aurora si guardò allo specchio, mordendosi il labbro mentre pensava all'acconciatura più adatta per la serata.

Era il 31 ottobre, la notte di Halloween, la serata in cui tutti si mascheravano fingendo di essere qualcun altro, almeno per qualche ora. Anche lei avrebbe indossato un costume per l'occasione, lo aveva scelto dopo aver vagliato decine e decine di ipotesi.

Per quella sera lei e Leonardo erano stati invitati alla festa organizzata da un amico della loro comitiva, Francesco, in un locale nel centro di Polignano. Sull'invito c'era chiaramente scritto che era d'obbligo mascherarsi, ma Leonardo si era opposto con tutte le sue forze all'idea, definendola "una stronzata infantile". Aurora non riusciva neanche a ricordare quanto lo avesse dovuto pregare per convincerlo che indossare un costume per qualche ora non lo avrebbe ucciso.

Così, dopo molte discussioni, il ragazzo aveva capitolato, acconsentendo a indossare un abito scuro e una cravatta, comprati in occasione del matrimonio di sua sorella maggiore, in coordinato con una pistola giocattolo per interpretare 007, l'agente segreto più celebre del pianeta.

Aurora, invece, aveva abbandonato il suo look acqua e sapone per mascherarsi da bad girl, indossando pantaloni di pelle che le fasciavano le cosce, una canotta nera che aderiva sul seno non troppo abbondante, ma ben strizzato per l'occasione in un push-up che lo metteva in risalto. A completare il look un giubbino di pelle dello stesso colore della canotta, con cinturino in vita, e guantini in pelle da motociclista, con le dita tagliate, così da lasciare in mostra lo smalto bianco che decorava le unghie delle mani.

Per quanto concerneva il viso, Aurora aveva scelto di non truccare le labbra, preferendo mettere in risalto gli occhi con un po' di ombretto nero sulle palpebre, una linea di eyeliner e un filo di mascara.

«Avevo pensato di portarli tutti indietro, bagnarli con un po' di gel e poi mettere due ferrettini ai lati, quelli semplici. Che ne dici?» chiese dubbiosa alla donna in pedi alle sue spalle, mentre continuava a studiare la sua immagine riflessa nello specchio davanti al quale era seduta.

«Sì, direi che può andare» mugugno la madre, portandole tutti i capelli indietro con un paio di colpi di spazzola. «Dove hai il gel?»

«È nello sportello di destra del mobile del bagno, sullo scaffale in alto» rispose Aurora, afferrando la spazzola dalle mani di Ilaria, pronta ad andare a recuperare il resto degli occorrenti.

Neanche un minuto dopo la donna fece ritorno nella stanza della figlia e si mise all'opera, bagnando i capelli col gel e fermando alcune ciocche ai lati della testa con un paio di ferretti dello stesso colore dei capelli della ragazza.

Quando la madre ebbe finito, Aurora si alzò in piedi e si voltò verso di lei, in modo tale che Ilaria potesse esaminare la sua figura al completo.

«Allora, come sto?» chiese la ragazza con un'espressione perplessa sul viso.

Ilaria prese a stuzzicarsi il labbro inferiore con la destra, mentre osservava attentamente sua figlia, studiando ogni più piccolo dettaglio della giovane fanciulla davanti a lei. Ricordava perfettamente il giorno in cui le aveva fatto indossare un vestitino per la prima volta, e le aveva acconciato i capelli, allora molto più corti e mossi, in una coda dalla punta riccioluta, fermandole qualche ciocca ribelle con un fermaglietto azzurro che richiamava il colore dei suoi occhi.

La sua bambina di quattro anni, con un grande sorriso sulle labbra e un colorito rosato sulle guance paffutelle , aveva sollevato le braccia, per poi girare su sé stessa e mettere in mostra il vestitino nuovo che le piaceva tanto. Poi aveva saltellato felice per tutta la casa, chiamando a gran voce il papà e il fratello più grande, affinché potessero ammirarla e condividere con lei tutto il suo entusiasmo.

Guardandola ora, con indosso quegli indumenti così sensuali che le davano un'aria provocante e aggressiva, Ilaria provò nostalgia per la bambina con il vestitino bianco a fiorellini, la stessa bambina che stava vedendo, ogni giorno sempre di più, dissolversi dentro il corpo di un'adulta.

Sapeva di non poter impedire ai suoi figli di crescere e, seppur contenta che fossero tutti e tre sani e belli, una piccola parte di lei continuava a desiderare che fossero piccoli per sempre, così da poterli tenere vicini e proteggerli da qualsiasi cosa.

«Allora mamma, mi dici come sto?» incalzò Aurora, impaziente di ascoltare il suo responso.

«Sei stupenda» decretò infine la donna, lasciando andare il labbro e distendendolo in un sorriso commosso.

«Che fai mamma? Ora ti metti a piangere?» la prese in giro Aurora, andandole incontro e stampandole un sonoro bacio sulla guancia.

Ilaria tirò su col naso e si ricompose, ricordando che era giunto il momento delle raccomandazioni.

Sapeva dove stava andando e in compagnia di chi e, tra le due cose, a preoccuparla non era il luogo della festa.

Erano ormai diversi anni che Aurora e Leonardo stavano insieme: il ragazzo frequentava assiduamente la loro casa, lei e suo marito Tommaso ne conoscevano i genitori, eppure tutto quello non era ugualmente sufficiente a farla stare serena.

Perché conosceva bene i ragazzi come Leonardo, pieni di tatuaggi, muscoli e una faccia da schiaffi a completare il ritratto de perfetto rubacuori; ai tempi dell'università, prima di incontrare l'uomo che sarebbe diventato suo marito, Ilaria ne aveva avuti tanti a farle la corte, sicuramente per il suo aspetto da bambolina, con i suoi occhi blu e i capelli biondi, che all'epoca portava lunghi e quasi sempre sciolti.

Ma nessuno di loro era riuscito a fare breccia nel suo cuore; e così, in attesa del ragazzo in grado di conquistarla dentro e fuori, Ilaria aveva visto diverse sue amiche abbandonarsi tra le braccia di maschi belli e affascinanti, senza peli sulla lingua e incapaci di legarsi sentimentalmente a una persona.

La donna le aveva viste piangere e disperarsi, struggersi nella speranza che il ragazzo di turno cambiasse per loro, trasformandosi da dongiovanni incallito a principe azzurro in un colpo solo. Inutile dire che tutte le loro speranze erano rimaste tali, costringendole a guardare in faccia la realtà e a rassegnarsi.

Ma il caso presente era molto diverso, perché quella volta a rischiare il proprio cuore non era una sua amica, bensì sua figlia.

Era il suo istinto di mamma a metterla in guardia: ogni volta che guardava Leonardo negli occhi, non era amore per la sua bambina quello che scorgeva, bensì egoismo, arroganza e vento di distruzione. Tante volte aveva visto Aurora piangere perché aveva litigato con il ragazzo, perché lui aveva promesso di chiamarla e non l'aveva fatto, o perché si era fatto aspettare per ore per poi non presentarsi, senza neppure avvisare. Più di una volta Ilaria aveva tentato di persuadere sua figlia a lasciare Leonardo, senza purtroppo avere successo.

«Ehi Aurora, prima di andare, ho qualche raccomandazione da farti» disse la donna rivolta alla figlia.

«Mamma, non ho mica cinque anni eh!» si lamentò Aurora, intenta a infilare l'occorrente per la serata in una borsa microscopica.

La donna si sedette sulla sedia della toeletta, occupata solo pochi minuti prima dalla ragazza, e ne osservò la figura di spalle ultimare di prepararsi e sistemare la stanza.

«Le raccomandazioni non sono mai troppe» sentenziò la donna, pronta a ignorare i borbottii di protesta della figlia.

Aurora sbuffò sonoramente, ma rimase in silenzio, consapevole che lamentarsi non sarebbe servito a evitarle quella tappa obbligata che precedeva ogni sua uscita serale.

Non ricevendo ulteriori lamentele, Ilaria iniziò il suo elenco di avvertimenti: «Innanzitutto non bere troppo e soprattutto dì a Leonardo di non bere, dato che deve guidare; e andate piano con la macchina, che il meteo riporta pioggia per stasera... Mi raccomando, fatemi stare tranquilla.»

Aurora ascoltò le ultime parole di sua madre, che suonavano più come una preghiera che come una raccomandazione, e non poté fare a meno di rassicurarla, consapevole che tutte quelle attenzioni ed esortazioni erano nient'altro che l'espressione di tutto il suo affetto per lei.

«Stai tranquilla mamma, andremo piano e gli dirò di non bere» le promise la figlia, avvicinandosi per stamparle un sonoro bacio sulla guancia.

Poi, come un'ombra nell'abisso, Ilaria vide Aurora uscire dalla stanza e sparire nella penombra del corridoio. Qualche secondo dopo sentì la porta chiudersi e nello stesso istante un brivido attraversarle la schiena, fin sulla nuca.

Si chiese cosa significasse quel brivido, se si fosse trattato di un caso oppure del suo istinto che la metteva in guardia. Non credeva nelle coincidenze, ma i suoi molti anni come medico e chirurgo le avevano insegnato che l'istinto spesso non sbaglia e che bisognerebbe ascoltarlo di più.

Ma quella sera Ilaria decise che non era il caso di assecondare i suoi impulsi di madre protettiva, così fece un respiro profondo e scacciò dalla sua mente i pensieri negativi che l'avevano attraversata.

* * *

Erano dieci minuti ormai che aspettava in macchina. Odiava aspettare, non era fatto per quello. Lui era più un tipo da "Passo a prenderti, ma se non ti fai trovare fuori dal portone ad aspettarmi, ti mollo a casa!". E infatti, di solito, non era lui quello che aspettava.

Ma quella sera gli toccava. Le aveva promesso una bella serata, e se si fosse lamentato sin da principio, sicuramente avrebbero finito col litigare, e quella sera non ne aveva proprio voglia.

Prese una sigaretta dal pacchetto abbandonato sul cruscotto e poggiò la testa sullo schienale. Gli ci vollero un paio di tentativi per riuscire ad accenderla, dopodiché aspirò a fondo una lunga boccata di fumo, per poi lasciarla andar via, piano, contro il parabrezza dell'auto.

Chiuse gli occhi e lasciò che le sue papille gustassero il sapore forte del tabacco, quello dal gusto amarognolo che fumava da anni, che gli raschiava la gola lasciandogli la bocca secca e la testa più leggera.

Nel frattempo, la voce graffiante di Chester Bennington alla radio cantava Numb, uno dei più grandi successi dei Linkin Park:

"I'm tired of being what you want me to be
Feeling so faithless, lost under the surface
I don't know what you're expecting of me
Put under the pressure of walking in your shoes"*

*"Sono stanco di essere ciò che tu vuoi che io sia

Sentendomi così sleale, perso sotto la superficie

Non so cosa ti aspetti da me

mi tieni sotto pressione per assomigliarti"

Ascoltando quelle parole urlate attraverso l'etere, Leonardo pensò che quel fottuto cantate doveva averle scritte pensando a lui, perché era esattamente così che si sentiva: costantemente sotto pressione, smarrito, imprigionato in una gabbia invisibile fatta di responsabilità e aspettative da non disattendere. Eppure lui lo sapeva bene, niente gli riusciva meglio che deludere le aspettative altrui.

Specialmente quelle della sua ragazza, Aurora.

Ed era unicamente per lei che quella sera era lì, puntuale per la prima volta dopo una vita, ad aspettare che la ragazza uscisse per portarla a una festa alla quale, sapeva, lei si sarebbe divertita, ma lui di certo no.

Nell'ultimo periodo non avevano fatto altro che litigare, per qualsiasi cosa, a partire dalle ragazze che gli giravano attorno, per finire con l'argomento di discussione preferito da Aurora: la droga.

Da quando si erano messi insieme, avevano sempre avuto opinioni discordanti in merito: lui amava sperimentare sempre cose nuove, comprese le sostanze più strane in circolazione, mentre lei non aveva mai accettato di fare un tiro neppure a uno spinello. Quando l'aveva conosciuta, cinque anni prima a scuola, era per quello che l'aveva notata, prima ancora che per la sua indiscussa bellezza; la sua ingenuità e purezza la facevano rifulgere di un bagliore etereo, quasi inafferrabile. E quando una cosa si dimostrava difficile da conquistare, era quella che Leonardo doveva avere.

E così aveva fatto: l'aveva conquistata, l'aveva presa e fatta sua, nonostante loro fossero due mondi completamente diversi.

Ma dopo tanti anni, quella sua innocenza che l'aveva rapito e incuriosito, era diventata un ostacolo tra loro, cominciando così a farlo sentire stanco di quel rapporto.

Eppure, nonostante le mille differenze e incompatibilità, Leonardo non poteva fare a meno di amarla, desiderarla, farla sua ogni volta che gli si presentava l'occasione.

Sapeva che lei non si sarebbe mai arresa, avrebbe provato a cambiarlo ogni giorno, con quello spirito da crocerossina tipico del genere femminile; e lui avrebbe continuato a resistere, a fare di testa propria, a cercare conforto e sollievo nella droga e nel sesso occasionale, anche solo per qualche ora, per poi alla fine tornare da lei. Sempre.

Leonardo si aggiustò il nodo della cravatta che sentiva stringergli il collo come un cappio, aspirando poi un'altra boccata di fumo.

Aveva seguito le istruzioni di Aurora, si era conciato come un damerino, in completo nero con tanto di camicia bianca e cravatta, solo per farla felice. Odiava mascherarsi, specialmente se implicava dover indossare quegli abiti scomodi da figli di papà che, tra le altre cose, nascondevano le sue braccia muscolose e tatuate, che amava tanto mettere in mostra.

Per quella sera avrebbe dovuto farne a meno ed era la cosa che lo irritava sopra ogni altra. Ma aveva già in mente qualcosa che lo avrebbe tirato su di morale.

La tasca interna della giacca all'altezza del pettorale destro nascondeva, infatti, una bustina contenente qualche grammo di polverina bianca che avrebbe reso quella patetica festa sicuramente più divertente. Leonardo posò la sinistra sul rigonfiamento della giacca, appena visibile, pregustando nella sua mente il momento in cui sarebbe entrata in circolo attraverso le sue narici.

Ma quell'onirica visione fu interrotta dal rumore del portone che si chiudeva. Leonardo lasciò cadere il mozzicone di sigaretta fuori dal finestrino e si voltò verso destra, in direzione della casa a pochi passi dal mare in cui abitava Aurora, e quando la vide rimase senza fiato.

La sua figura alta e sottile era fasciata in dei lucidi pantaloni di pelle, che ne mettevano in risalto le cosce lunghe e sode, e il giubbotto con i cinturini, lasciato aperto, gli permetteva di intravedere il decolleté della ragazza, opportunamente strizzato e messo in mostra.

In quel momento Leonardo pensò che non l'aveva mai vista vestita in modo così sexy in vita sua, e subito quel pensiero si tramutò in un rigonfiamento nei suoi pantaloni.

Prima della fine della serata avrebbe dovuto farla sua, senza ombra di dubbio, o avrebbe passato il resto della sua vita a pentirsene.

Qualche secondo dopo Aurora aprì lo sportello della Fiat Punto e prese posto accanto a lui, stampandogli un veloce bacio sulle labbra in saluto.

«Amore, ma quanto sei bello vestito così! Che ti avevo detto?!» esclamò la ragazza, con gli occhi che le brillavano.

«Beh, direi che anche tu sei niente male» replicò Leonardo con sguardo ammiccante, soffermandosi sull'apertura nella sua scollatura più di quanto fosse galante.

«Ah sì?» chiese lei in tono malizioso. «Ho pensato di renderti questa serata più... piacevole.»

Il ragazzo sollevò istintivamente entrambe le sopracciglia, sorpreso di sentire quelle parole così provocanti provenire dalle labbra di Aurora.

«Oh sì, piacevole lo sarà sicuramente» disse lui con un sorrisetto lascivo, tirandola a sé con un braccio e baciandola con passione.

Aurora si abbandonò a quel bacio, carico di lussuria e desiderio, lasciando che la lingua del ragazzo accarezzasse la sua, assaporando il gusto amaro e pungente del tabacco. Quando si separarono per riprendere fiato, la ragazza guardò Leonardo negli occhi, quegli occhi verdi come smeraldi che l'avevano fatta capitolare sin da subito, e sentì che mai aveva amato qualcuno così tanto in tutta la sua vita.

E mentre il ragazzo accendeva il motore, pronto a partire, Aurora si chiese se quell'amore sarebbe durato per sempre, o se sarebbe finito com'era cominciato, in un battito di ciglia, senza poter fare nulla per impedirlo.

Che ne dite di Leonardo? Vi è piaciuto ascoltare la sua "voce"? :)

Come sempre un grazie enorme voi che continuate a leggere, votare e commentare le vicende di Marco, Aurora e tutti gli altri personaggi che popolano la mia storia e la mia fantasia

P.S. Stavolta la traduzione della canzone citata all'inizio non l'ho inserita perché è già presente nel testo :)

Un bacione e a presto

Sempre vostra

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