28. Take on the world - Parte I

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Cari amici e lettori

Ecco a voi un nuovo capitolo con un nuovo point of view  :) Spero possa piacervi :)

Vi auguro buona lettura


"I can see, see the pain in your eyes


Oh, believe, believe me and I have tried


No I won't, I won't pretend to know what you've been through


You should've known, I wish it was me, not you


And just say the word, we'll take on the world


And just say you're hurt, we'll face the worst"


Take on the world - You Me At Six


Cristian premette il piede sull'acceleratore e lasciò che il suo pollice tamburellasse freneticamente sullo sterzo.

Possibile che quel coglione del suo amico non sentisse il cellulare?

Era al volante da quasi un'ora e gli occhi gli bruciavano come non mai. La notte precedente aveva fatto le ore piccole con una tipa conosciuta al Music Time, una ragazza tutta curve dai lunghi capelli castani e una risatina alquanto fastidiosa. Ma non gli importava più di tanto, purché condividesse la sua idea di divertimento.

E così era stato, per gran parte della notte e della mattina seguente, fino a quando non erano stati interrotti dalla telefonata di Alessandro. Non appena aveva strisciato sull'icona verde sullo schermo del suo cellulare, il fratello minore del suo migliore amico aveva iniziato a parlare a raffica, palesemente agitato, senza riuscire a fargli capire quale fosse il problema.

Sapendo che Marco non era a casa con lui, aveva congedato Terry, o Maggie, o come diavolo aveva detto di chiamarsi la bionda nuda accanto a lui nel letto, e si era precipitato a casa del ragazzo.

Una volta lì, aveva trovato Alessandro sull'uscio, intento a mordicchiarsi le pellicine delle mani, con il viso pallido e lo sguardo terrorizzato.

Dopo diversi tentativi di calmarlo e farlo parlare in maniera comprensibile, Cristian era finalmente riuscito a capire la gravità del problema. E non sapendo come essere d'aiuto, si era infilato in macchina e si era diretto verso la casa al mare, dove sapeva che avrebbe trovato Marco, l'unico probabilmente in grado di risolvere la situazione.

Il giorno precedente il suo amico gli aveva chiesto le chiavi di quel posto per poter stare un po' in pace con la sua ragazza e non c'era bisogno di spiegazioni per capire quanto tutto quello fosse importante per lui. Dopo la morte di sua madre, Marco si era chiuso in sé stesso, e pur continuando a mantenere i contatti con il mondo esterno e a portare avanti la sua routine, Cristian non aveva potuto fare a meno di notare quanto fosse cambiato.

Il sorriso dolce e insicuro che lo contraddistingueva era andato pian piano sbiadendosi, come una vecchia polaroid consumata dal tempo.

Era stato forte, non aveva pianto, neppure il giorno del funerale, aveva confortato e sostenuto suo fratello e si era occupato di tutto, compreso suo padre. Ma lo si poteva leggere nei suoi occhi spenti che, insieme a Giulia, era morto anche il bambino timido e spensierato che era in lui.

Eppure l'arrivo di quella misteriosa ragazza, dagli occhi blu e i capelli più scuri della notte, sembrava aver cambiato le carte in tavola. Per lei si era esposto, aveva rischiato, e Cristian sperava che quella mattina fosse anche riuscito ad aprirsi e a confidarle il suo passato.

Sebbene Marco non volesse mai parlare di Giulia, lui sapeva che ne aveva un estremo bisogno, o non sarebbe mai stato in grado di superare la vicenda e voltare pagina.

L'ultima cosa di cui il suo amico aveva bisogno era quella interruzione, eppure, data la situazione, non aveva visto altre opzioni disponibili.

Una volta arrivato a pochi metri dalla casa sulla spiaggia, che spesso aveva usato come tana in cui portare le conquiste del momento, Cristian vide la macchina del suo amico parcheggiata a pochi passi dalle scale d'ingresso. Fermò l'auto accanto alla sua e scese di corsa, sbattendo lo sportello della sua Abarth nera, tirata a lucido solo alcuni giorni prima.

Tirò fuori dalla tasca del giubbotto di pelle la copia delle chiavi che aveva segretamente sottratto a sua madre e, senza annunciare la sua presenza, si precipitò in casa.

«Marco, ci sei?» lo chiamò a voce piuttosto alta, una, due, tre volte, senza ricevere risposta.

Così si affacciò dalla grande portafinestra del salone, convinto che potessero essere usciti per fare una passeggiata sulla spiaggia. Ma anche lì pareva non esserci nessuna traccia di loro.

A quel punto Cristian alzò lo sguardo verso il balcone del piano superiore, quello della camera da letto che spesso aveva fatto da sfondo a serate a base di alcol, musica e sesso, consapevole che, non essendo altrove, li avrebbe trovati lì.

L'ultima cosa che voleva fare era piombare nella stanza e dare vita a uno dei momenti più imbarazzanti in assoluto, per tutti e tre. Così rientrò in casa e riprese a chiamare il suo amico a gran voce, nella speranza che, presto o tardi, lo avrebbero sentito.

Ma dopo svariati tentativi, ancora nulla.

Rimasto di nuovo a corto di alternative, Cristian sbuffò esasperato e, dopo essersi passato una mano tra i capelli, si fece coraggio e imboccò le scale che portavano al piano superiore.

Giunto sul pianerottolo, vide la porta della camera padronale socchiusa. Si avvicinò e decise di sbirciare dallo spiraglio, così da poter sondare la situazione prima di irrompere nella stanza.

Come aveva immaginato, Marco e Aurora erano lì, stesi sul letto e semicoperti da un vecchio piumone che l'amico doveva aver trovato nell'armadio. Lui era coricato sulla schiena, con gli occhi chiusi, un braccio dietro la testa e l'altro avvolto intorno alle spalle di Aurora, che si era addormentata con la testa poggiata sul suo petto e il braccio sinistro sull'addome.

Cristian non poté fare a meno di notare la lunga cicatrice che correva lungo il braccio della ragazza e ricordò quel poco che Alessandro gli aveva raccontato a proposito della pianista prodigio, che aveva abbandonato la carriera a causa di un brutto incidente.

E fu in quel momento che realizzò che forse il suo amico non era l'unico a portare sulle spalle il peso di un passato ingombrante e pieno di cicatrici.

Quando picchiò le nocche sulla porta di legno bianco, nessuno dei due accennò minimamente a muoversi; non potendo indugiare oltre, decise di entrare ugualmente. Solo una volta nella stanza realizzò il motivo della loro apatia: entrambi indossavano un auricolare, collegati a un ipod posato sul cuscino.

Con la musica nelle orecchie e profondamente addormentati, sicuramente non lo avevano sentito.

Per non svegliarli di soprassalto, Cristian si avvicinò alla parte del letto occupata da Marco, gli sfilò piano l'auricolare e gli scosse delicatamente il braccio.

Un istante dopo il ragazzo aprì un occhio, e quando si ritrovò il volto dell'amico a pochi centimetri dal viso, imprecò spaventato, sollevandosi immediatamente a sedere sul letto e mancando di pochissimi centimetri la testa di Cristian con la sua.

«Ehi, Marco, calmati, sono io!» si affrettò a dire il ragazzo, sperando di tranquillizzarlo.

Aurora, svegliata di soprassalto dal movimento brusco del suo compagno di letto, urlò scioccata non appena i suoi occhi si posarono sulla figura alta di Cristian. In meno di un secondo si tirò la coperta fin sopra la testa, sperando che il ragazzo non avesse intravisto le sue nudità.

«Cazzo, Cristian, che ci fai qui?!» gli chiese Marco in tono brusco, evidentemente seccato da quella intrusione fuori luogo.

Cristian si passò ancora una volta la mano tra i folti capelli biondi, strattonandoli esasperato.

«Se tu avessi risposto a quel cazzo di cellulare, ora non sarei qui, mi sarei risparmiato più di un'ora di macchina e non avrei visto la tua ragazza mezza nuda!» sbottò l'amico.

«Oh mio dio... Voglio morire!» La voce di Aurora giunse ovattata da sotto la coperta e, pur non potendole vedere, Marco immaginò le sue gote dalla pelle chiara andare in fiamme per l'imbarazzo.

«Si può sapere perché sei qui?!» insistette il ragazzo, desideroso di scoprire il motivo che aveva spinto il suo migliore amico a rovinare quel momento di pace con la sua Aurora.

«Stamattina mi ha chiamato tuo fratello, tutto agitato, farfugliava di una stanza chiusa, tuo padre, e non capendo cosa stesse dicendo, mi sono precipitato a casa vostra.»

«Oh mio dio, cos'è successo a mio padre?!» lo interruppe Marco, buttando le gambe giù dal letto, pronto ad alzarsi e a correre in suo aiuto.

A quelle parole anche Aurora fece capolino da sotto la coperta, più preoccupata per Marco che per la situazione alquanto imbarazzante. Ora che sapeva la verità, capiva bene quanto le cose dovessero essere complicate a casa del ragazzo.

Cristian fece un respiro profondo, poi continuò. «In realtà non lo sappiamo. Quando sono arrivato, ho trovato tuo fratello ad aspettarmi sulla porta; per fortuna sono riuscito a farlo sedere e a farlo calmare, giusto il necessario per farmi spiegare cosa fosse successo. In pratica mi ha detto che stamattina si è alzato e, sapendo che non c'eri, è andato a chiamare Stefano per fargli fare colazione, ma in camera sua non c'era e la porta dello studio di tua madre è chiusa a chiave. Ha provato a chiamarlo, ma attraverso la porta della stanza non si sente nulla. Quindi non ha idea se lui sia chiuso lì dentro o se sia uscito senza avvisare.»

«Perché cazzo non mi ha chiamato subito?!» imprecò il ragazzo, fuori di sé dalla rabbia e dalla preoccupazione.

«Non tocchiamo questo tasto! Avremo provato a chiamarti un milione di volte, ma il telefono squillava a vuoto. L'unica cosa era venire ad avvisarti di persona!» urlò Cristian in risposta. Poi fece un respiro profondo, per ritrovare la calma e non peggiorare la situazione, già grave di suo. «Penso sia il caso che vi rivestiate e che torni a casa. Ale non sa più che fare.»

Marco posò i gomiti sulle ginocchia e si passò entrambe la mani tra i capelli castano chiaro, frustrato.

Dove poteva essere suo padre?

«Dacci solo due minuti, giusto il tempo di rivestirci» intervenne Aurora, risoluta.

«Certo, vi aspetto giù» replicò Cristian, prima di uscire dalla stanza e chiudersi la porta alle spalle.

«Dio... Che avrà combinato?» disse Marco, con la voce rotta e il corpo immobile.

Aurora gli si avvicinò da dietro e lo circondò con le braccia, posando il mento sulla spalla destra di lui.

«Andrà tutto bene, vedrai che lo troveremo» lo rassicurò, prima di sfiorare la sua nuca con le labbra e lasciarvi un bacio delicato.

Lui raddrizzò la schiena e fece un respiro a pieni polmoni.

«D'accordo. Vestiamoci e andiamo a cercare mio padre.»

Dove sarà finito Stefano, il padre di Marco e Alessandro? 

Nel prossimo capitolo potremo scoprirlo :)

Nel frattempo, ecco a voi la traduzione della strofa citata a inizio capitolo :)

"Posso vedere, vedere il dolore nei tuoi occhi

oh,credimi, credimi l ho provato anche io.

no io non, non pretendo di sapere ció che hai passato 

tu dovresti saperlo, vorrei fosse capitato a me, non a te

E basta che dici quella parola, ci prenderemo il mondo

basta che dici che sei ferita, affronteremo il peggio. " 

E in ultimo un'altra chicca per voi: ecco un banner che ho creato per la nuova storia che sto scrivendo e che pubblicherò qui su Wattpad a partire da marzo, "La cosa più importante" :)

Se siete curiosi, sul mio profilo potete già trovare la storia con un breve trailer di anteprima :)

E come sempre, grazie infinite del vostro sostegno 

Sempre vostra

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