4. Everything has changed

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"Cause all I know is we said "Hello"

And your eyes look like coming home

All I know is a simple name

Everything has changed"

   Everything has changed -  TaylorSwift ft. Ed Sheeran



Appena entrata nel dipartimento, Aurora si nascose dietro una delle colonne dell'ingresso, lasciò cadere la cartella dalla spalla e si abbandonò contro il marmo freddo e liscio che la ricopriva.

Quando quella mattina si era svegliata non avrebbe mai pensato di poterlo incontrare ancora. Non sapeva spiegarsi cosa di quel ragazzo la turbasse così tanto. Forse il fatto che era un completo sconosciuto, o forse i suoi meravigliosi occhi verdi, quegli occhi così simili a quelli di lui... 

La mente di Aurora si perse nei ricordi degli anni trascorsi in un'altra città, la casa in cui era cresciuta, gli amici che aveva dovuto salutare, le mille cose a cui aveva dovuto dire addio... E tra queste mille cose, lui. Per un attimo sentì il dolore tornare ad invaderle il petto, come se quella sensazione fosse sempre stata lì, in agguato, pronta a ripresentarsi al più piccolo cenno di fragilità. Le lacrime le riempirono gli occhi, e un attimo prima che potessero bagnarle le guance, Aurora si morse il labbro inferiore, sbatté le palpebre, fece un respiro profondo e riuscì ad arrestarne la caduta. Non poteva piangere, non più. Lo aveva promesso a sé stessa.

Attese qualche secondo e, una volta sicura di essersi ripresa del tutto, raccolse il pesante zaino da terra, se lo portò in spalla e si diresse alla bacheca in cui erano appesi gli orari delle lezioni e le rispettive aule.

Fisica nucleare Aula D

Dopo aver vagato per i corridoi per una decina di minuti, Aurora riuscì finalmente a trovare l'aula. Dal fondo notò che alcuni ragazzi avevano già preso posto nelle prime file di banchi, mentre la Professoressa stava entrando nella stanza dalla porticina accanto alla cattedra. Così si affrettò e si accomodò in terza fila, a due banchi di distanza da una ragazza.

Mentre tirava fuori dallo zaino un quaderno nuovo e l'astuccio con le penne, come in un déjà-vu, Aurora ripensò al suo primo giorno all'università, ma non quella in cui era ora. Un'altra università. Le tornarono in mente tutte quelle emozioni contrastanti: la gioia, l'entusiasmo nel cominciare un nuovo capitolo della sua vita, il più importante, quello che l'avrebbe portata un passo più vicina al futuro che aveva sempre sognato; e poi il terrore, quella paura cieca che blocca ogni muscolo del tuo corpo, che fa rimbalzare continuamente una domanda nella tua testa. 

E se fosse stata la scelta sbagliata? E se non avesse mai raggiunto l'obiettivo che si era prefissata? E se arrivata in fondo avesse capito che non era la cosa che l'avrebbe resa felice? 

Aurora non aveva mai trovato le risposta alle sue domande. Probabilmente solo il tempo gliele avrebbe concesse. 

Ma quel primo giorno Aurora non aveva bisogno di risposte. L'unica cosa importante era che in quel luogo, in quell'esatto momento, lei aveva sentito di essere nel posto giusto. Lei era stata felice. E quello era un ricordo potente, prezioso. 

Perché in quel magico primo giorno di qualche autunno prima lei non poteva saperlo, ma non sarebbe stata felice molto spesso nei tre anni successivi.

E ora, dopo la tempesta che aveva messo a soqquadro la sua vita, Aurora si aggrappava a quel ricordo con tutte le sue forze, determinata a portare a termine quello che aveva cominciato, determinata a mettere un punto al suo passato, determinata a ricominciare.

E mentre la Professoressa illustrava il meccanismo di fissione nucleare, lei ripensò al sorriso di quello sconosciuto dagli occhi verdi incontrato sull'autobus. Ora sapeva il suo nome. Marco.

Marco attraversò l'ingresso della facoltà di filosofia correndo a perdifiato. I corridoi erano quasi completamente deserti, segno che ormai erano già tutti in aula per le lezioni. Quando finalmente arrivò davanti alla porta dell'aula di filosofia teoretica, come si aspettava la trovò chiusa. La lezione era già cominciata. 

A quel punto Marco aveva due possibilità: entrare ugualmente, interrompere la lezione e incorrere nelle ire del Professore, oppure rinunciare a seguire e aspettare che arrivasse l'orario della lezione successiva. E mentre recuperava fiato, con la mano destra poggiata sulla maniglia della porta dell'aula, Marco realizzò che sarebbe stato molto meglio evitare di indispettire il Professore a poche settimane dall'inizio della sessione d'esami. Così lasciò andare la maniglia, voltò le spalle all'aula e si diresse verso l'uscita posteriore.

Nonostante fosse novembre, la giornata era soleggiata e la temperatura mite. Un pallido sole faceva capolino tra le nubi color panna che riempivano il cielo fino all'orizzonte. 

Marco attraversò la porta che conduceva sul retro del palazzo, dove c'era un ampio parco, con erba e alberi secolari, e in fondo, nascosto alla vista da un serie di alberi di magnolia, c'era un piccolo laghetto, il suo posto preferito. Rimase per qualche secondo in piedi sul gradino più alto della scalinata che conduceva al prato, respirando l'aria fresca e pulita, poi recuperò l'ipod dalla tracolla, infilò gli auricolari e si incamminò verso il limitare del parco.

L'erba era secca, l'inverno aveva denudato gli alberi di tutte le loro meravigliose e variopinte fronde per lasciarli nudi di fronte alle intemperie. Era così che Marco si sentiva a volte. Fragile ed esposto proprio come lo erano le magnolie sulle cui radici amava sedersi a scrivere e riflettere.

Erano passati nove mesi. Solo nove mesi da quando se n'era andata. A lui erano sembrati molti di più. Da quel giorno niente era stato più lo stesso. 

Lui non era stato più lo stesso. 

Era come se una parte di sé fosse andata via con lei. Proprio come l'inverno aveva strappato ai rami nodosi i loro piccoli e delicati fiori bianchi. Solo la primavera avrebbe restituito agli alberi la loro bellezza e la loro vita, ancora una volta come ogni anno. Ma a lui no, nulla sarebbe stato restituito.

E mentre quei pensieri malinconici affollavano la sua mente, Marco arrivò sulle sponde del laghetto, con l'acqua di un verde scuro che lasciava intravedere le alghe appena sotto la superficie. Si sedette sulle radici di una delle magnolie che costeggiavano la pozza e tirò fuori dalla tracolla un diario e una penna. 

Perché era per quello che lui andava lì: per scrivere. 

Pur essendo il parco della facoltà, non aveva molti frequentatori, specialmente il laghetto. La maggior parte delle matricole non era ancora a conoscenza dell'esistenza di quello specchio d'acqua, nascosto in fondo al parco, e tra i più grandi pochi avevano voglia di avventurarsi così lontano, specialmente nella stagione invernale. 

Per quello era il luogo ideale per scrivere: nessuno lo disturbava o interrompeva, così Marco poteva prendersi il tempo che gli serviva per fissare sul foglio tutte le parole mai dette, tutte le occasioni perse, tutti i sogni che non si sarebbero mai realizzati.

Così il ragazzo posò la punta della penna sul foglio e cominciò.

Cara Giulia,

sono ancora qui a scriverti, per raccontarti tutto quello che non posso dirti guardandoti negli occhi, anche se non sono sicuro che questo serva a qualcosa. Ma non mi importa, voglio farlo ugualmente. Ricordi la ragazza di cui ti ho scritto ieri? Oggi l'ho incontrata di nuovo. E sono riuscito a parlare con lei. 

Si chiama Aurora. 

Oh Giulia, è così bella... I suoi capelli corvini mi ricordano così tanto i tuoi, che per un momento, vedendola salire sull'autobus, ho pensato potessi essere tu. Sì, lo so, sono solo un illuso, eppure una piccola parte di me ci ha creduto davvero. Darei qualsiasi cosa per vederti tornare, per ascoltare ancora una volta la tua risata, per avere un ultimo tuo bacio... Prima di andar via mi hai detto che sarebbe andato tutto a posto, che sarei stato bene, col tempo... Sono passati nove mesi dall'ultima volta che ti ho vista e io non sto bene per niente. 

Ovunque io vada, qualunque cosa io faccia, con chiunque io sia, mi torni in mente tu. 

E continuo a pensare a tutte le cose che vorrei chiederti, a tutte le risposte che avrei potuto avere, e che ora che sei troppo lontana non otterrò mai. Ma dovrà andar bene lo stesso, perché a quanto pare non c'è molto che io possa fare a riguardo. 

Ma dimmi, Giulia... È così sbagliato continuare a cercarti in lei? È così sbagliato voler parlare ancora con lei, per illudermi anche solo per un secondo di star parlando con te? 

L'unica cosa che so per ora è che parlare con Aurora stamattina, vederla sorridere, mi ha fatto sentire vivo per la prima volta da quando mi hai lasciato. E se avrò la fortuna di incontrarla ancora, non lascerò più nulla al caso. 

È una promessa che faccio a te.

Giulia, ovunque tu sia, spero solo che tu stia bene e sia felice. Non desidero altro.

Con amore.

Marco sollevò lo sguardo dal foglio e lo posò sulla superficie quieta del laghetto.Niente riusciva a calmarlo come quel posto. Dopo aver scritto ciò che aveva bisogno di tirar fuori, era pronto a tornare alla sua solita routine. Così ripose il diario e la penna nella borsa, si mise la tracolla in spalla e si avviò verso il palazzo, pronto per affrontare il resto della mattinata.     

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