Il silenzio dei deficienti

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Non c'era voglia di sesso quella sera. Non all'inizio, per lo meno.

Luca si conquistava il "trono" accomodandosi sul divano, nuovo signore della casa dal mutuo ancora parzialmente pagato da quel poveraccio di Francesco. Azzurra non contava già più niente, né come inquilina né come volontà d'imporsi sull'amico amante, arresa ad averlo sempre trai piedi coi suoi viziacci e l'altezzosità di un luminare. Piacevole finché non la inchiodava analizzandola, porgendo domande scomode atte, a suo dire, a darle una mano, benché la reale intenzione dello scrittore fosse interrogarla per capirla, quindi per prepararsi meglio a cosa avrebbero vissuto in caso di passo in avanti.

Azzurra aveva avuto una pessima giornata, si dondolava sui glutei in un angolo a debita distanza. Lui aspettava risposte dopo averle anticipato che quella sera avrebbero parlato di lei e degli uomini, o dei suini cui fare recensioni era troppo deprimente.

Ad alcuni non serve lo psicologo, ma l'addestratore cinofilo.

«Credo che la mia sfiga sia cominciata quando sono andata via di casa» ipotizzò lei nel silenzioso disagio. «È come sostieni te, così sei contento.»

«Vorrei che mi bastasse, non sono poi tanto cattivo da compiacermi delle altrui sciagure» disse lui quieto, indurito dal whisky. «Non stiamo a ripeterci, sappiamo come funziona in questi casi. Le attenzioni ci piacciono, la tua famiglia non c'era, si spalancavano le porte di un nuovo mondo. Fuggire da loro non significava fuggire da te stessa, essere perciò andata via è successo portandoti dietro chi eri e chi sei. Non sarebbe cambiato il tuo desiderio, piccola mia.»

«Vedi te. Sei quello che dice sempre che nessuno cambia», disse nervosa Azzurra, «come potrebbero cambiare i desideri?»

«Non lo fanno, di norma» precisò il serio shinigami. «Scappare, scappare per sopravvivere, scappare per realizzarsi, per ottenere quello che volevi ma che alla fine non hai ottenuto se non una volta, per misericordia della sorte.»

La cubista si risentì. «Parli di Francesco? Ti piace dare coltellate.»

«Ho solo detto che dopo la sfiga hai avuto fortuna, è la verità. Come sia andata t'interessa in quanto lezione per il futuro, ma è sul desiderio che vorrei soffermarmi.»

Luca posò la bottiglia e s'inclinò in avanti, accorciando di un poco la distanza coperta dall'irrispettosità cui si dipingevano le sue iridi. «Dimmi, che succede quando sei sul cubo?»

Azzurra, schifata, sfoggiò la sua smorfia di disappunto. «Vengo guardata.»

«È quello che volevi da bambina, piccola stella senza cielo. Volevi che tuo padre ti notasse, volevi che gli uomini ti amassero. Non avevi tuttavia gli strumenti per discernere attenzione, amore, eccitazione, tutto ciò che un paio di occhi addosso possono svelare. Ora essere guardata ti provoca un effetto diverso, anzi, avverso. Loro guardano te, ma tu non guardi loro.»

«No, non li guardo.»

«Senti vergogna?» domandò lui dovendosi ripetere per ricavarci un brevissimo "Sì". «È la vergogna dei coscienti, Azzurra. La sensazione di chi ha finalmente capito l'essenza di certi sguardi. Ma c'è un punto che ti sfugge, e adesso lo imparerai con me. Quando loro ti guardano, tu cosa vedi?»

«Che vorrebbero scoparmi e basta» rispose lei triste.

«No», espresse lui severo, «questo è secondario, non ha importanza per il nostro fine. Cosa c'è in quegli sguardi prima delle loro intenzioni?»

«Io... Io non lo so, cazzo.»

«Azzurra... C'è il de-si-de-rio, per alcuni l'origine di ogni male, il frutto di un'innata consapevolezza della nostra imperfezione. Lo facciamo tutti, cerchiamo fuori da noi stessi cosa desiderare, alle volte solo per avere qualcosa da rincorrere. Ma mentre il desiderio è unico per il singolo, il desiderare è unico per ognuno di noi, fa parte della nostra natura. Non moltiplicare i fattori più del dovuto, chiediti quale sia la verità nella sua forma più semplice. Tu desideri un amore che forse non hai nemmeno mai concepito, ma cos'è il tuo desiderare?»

«Non ti capisco, Lu...» si abbatté lei col magone in gola.

«Davvero non ci arrivi? No, non vuoi arrivarci perché non vuoi pensare, sei sempre stata così. Te lo spiego io che il tuo desiderare corrisponde esattamente all'istinto che spinge ogni persona verso la sopravvivenza. Sei scappata di casa, ti sei salvata la pelle ma non era abbastanza, c'erano troppe ferite che non avresti medicato. Gli uomini per te sono la cucitura senza anestesia o disinfezione, perché da te non parte mai la ricerca congrua al desiderio di amore per quel che l'amore è, come loro desiderano averti perché la pulsione animale è più forte dell'empatia.»

Lei sorrise fasullamente, lacrime soppresse. «E tu devi essere un esperto, no? Racconti di aver amato Camilla, ma ti sei scopato tua cugina per quanti anni?»

Luca fu impermeabile. «Non ci guardiamo più negli occhi, tra persone, perché non sappiamo guardarci allo specchio, la realtà ci terrorizza. Sì, l'ho fatto, mi sono scopato mia cugina per quasi dieci anni e amavo Camilla. Te amavi Francesco e ti sei fatta scopare dai tuoi stessi spacciatori. Cose che capitano.»

Azzurra non ci vide più. Balzando in piedi gli lanciò contro il pacchetto di sigarette, poi lo agguantò per la maglia e strattonandolo sul divano cadde con lui sul pavimento. Unghiate, poco ci mancò a prendergli l'occhio da shinigami. Uno sfogo rabbioso, ve ne sarebbero stati molti altri.

Luca se ne stette schiacciato a farsi graffiare e quasi ne godette, avendo dentro dolori più grandi. La ragazza lo insultava, infieriva, si sentiva meglio. Quando smise, il suo pianto bagnò i segni del suo impeto.

«Sei un bastardo e ti odio» mentì. «Ti odio, sei il peggiore di tutti.»

Lo scrittore l'accarezzò. «Desiderio. Devi imparare a inseguire il bene accettando quanto desiderare possa essere male. Desideravi farmela pagare picchiandomi, done. Ora che cosa vorresti?»

Lei non rispose. Poiché desiderare può essere maligno, Azzurra si lasciò cadere sul suo male e venirne avvolta fu la realizzazione di un altro desiderio.


La formosa cubista stava seduta sotto a un caratteristico archetto quando loro sono apparsi. Bella, da sola; si sono domandati cosa vi facesse lì, al buio, col lume del display a illuminarle viso e grazie generose, accovacciata scomoda sulle mattonelle del vicoletto. Tre ragazzetti, figurini esaltati in cerca di una bevanda per accrescere la sensazione rigonfiante di onnipotenza data da nove shottini disgustosi: molto meglio fermarsi, studiare la beltà della ragazza solitaria, fraintenderne l'età e approcciarla malamente, senza classe e senza riguardi.

Azzurra ha fatto incetta di imbecilli, quando balla ne vede a dozzine di mocciosi segaioli con la bava alla bocca. Al lavoro è protetta dai buttafuori, con quelli non si scherza. Nel vicoletto però non c'era Luca, o Baron, o anche molto banalmente uno di larghe spalle munito come Begbie. Un po' di paura l'ha avuta, subito ha mostrato i denti ed è ricorsa al gelido "Andate a farvi fottere, pivelli", in genere funzionante. Non sul tris di piccoli montati, suo malgrado provenienti da periferie simili a quelle che ha conosciuto. Un invito ad andare a fanculo per alcuni è una stimolante sfida da accettare, sin quando nella vasca di piranha non compare uno squalo molto più vissuto a far della possanza qualità convincente a levarsi di torno.

Revello, che razza di coglione ancora a zonzo nei vicoli dove si è sempre distinto per machismo, storico picchiatore che dalle sue parti non si divertiva più e allora andava a menare qualche cazzaro fuori da altri bar. Avesse avuto la divisa da sbirro, ai tre non sarebbero occorse le sue classiche minacce per andare a infastidire un'altra ragazza.

«Avanti, fuori dal cazzo» ha detto Reve con tono annoiato, impossibilitato dal mestiere a suonarli.

Uno, servitosi di un cordiale "Stai calmo, fra", non ha mai imparato che bisogna dare ascolto ai più grandi, perché non si può prevedere cosa l'esperienza abbia fornito al di là dei muscoli. Grossi o sottili, bassi o alti, non ubbidire a chi ha praticamente il doppio degli anni può costituire il preludio di una notte in ospedale, se non peggio.

«Ma sono calmo, fratellino», ha replicato lo sbirro in serata libera, «e con molta calma vi sto ordinando di sparire prima che vi spacchi il culo. Non mi ripeto.»

Azzurra ha riassaporato i malumori di un passato che vorrebbe tanto scordare. Prima di Francesco, prima che Luca addirittura scoprisse della fuga da casa, l'allora sedicenne bambolina non era tanto diversa per fame di affetto. Reve andava per i diciannove, sciancava in macchina come il più spregiudicato dei piloti e faceva effetto per l'ostentazione di sicurezza nei propri mezzi, sigaretta sempre in bocca e coda di stupide dietro ai suoi boxer firmati. Anche Azzurra era stupida, di sigaretta preferiva la sua a quelle che era Luca ad accenderle.

Un mesetto, due, una storiaccia come tante altre, nulla di memorabile all'infuori della delusione cocente, primissimo paio di corna. E che odio per la "fortunata" con cui egli si divertì all'insaputa della sognatrice, certa che bellezza e tette grosse avrebbero rapito qualsiasi maschio.

Da che si racconta, Reve non ha mantenuto le abitudini nella sfera sessuale e Azzurra ne è testimone, perché mentre balla osserva quanta gentaglia limoni qualcuna nonostante stia guardando lei, sul cubo, divinizzata da luci stroboscopiche: lui non lo fa più, mani in tasca e conversazioni tranquille.

Peccato che lo sbirro non sia sempre stato come oggi, pensa ogni volta che lo incrocia, ma non ne comprende la vera ragione. Rivalsa, riscrivere la storia, realizzare un sogno infantile che è rimasto lì, ignorato perché di uomini a darle paranoie ne sono giunti a fiotti: Azzurra non lo sa, ma Reve sì, ed è per questo che la superbia mai lenita ha ricominciato a puntarla ora che si è fatta strepitosa; forse è ingenua e credulona come al tempo, sono in tante a esserlo.

Lo sbirro ha dovuto stringere per il colletto della felpa uno dei pivelli, persuasiva dimostrazione di forza alla quale è seguita una minaccia scurrile. Risolto il problema, mano galante a tirar su la bella dalla sporcizia, la stessa sparsa sulla coscienza di chi recita che l'abito non faccia il monaco, quando lo fa eccome. Nel caso di un poliziotto, l'esser monaco è dare l'impressione di affidabilità, di rettitudine; nel sottomondo le impressioni non contano, e il cosiddetto fascino della divisa si scopre in realtà essere il fascino dello stipendio garantito, ergo del mutuo che stimola le ovaie di certe donnicciole. Azzurra non è tanto estrusa nelle riflessioni quanto il suo sospettoso uomo, e la cortesia di farsi rialzare l'ha accettata.

«Che mi combini, Azzurra?» ha stemperato lui la tensione. «I vicoli di notte non sono posto per starsene da sole per terra, con la gente che gira.»

«Sarà come dici, ma sarebbe anche l'ora che la stessa gente imparasse a non molestare le ragazze.»

«Condivido, ma purtroppo questo è il mondo reale e bisogna stare sempre attenti. Ti hanno fatto del male?»

Lei non si è mai sollevata dalla postura, nessuno l'ha toccata. Ha comunque dato un'occhiata alle braccia per riflesso condizionato e si è mostrata indenne al poliziotto.

«No, non mi hanno fatto niente... Anche grazie a te, immagino» ha riconosciuto in seguito.

«Figurati, ho solo fatto quello che devo per etica. Però che ci facevi per terra sotto a un voltino? C'è stato qualche problema?»

Reve e i suoi odiavano gli Ignoranti. Luca, in particolar modo, era odiato da tutti, pezzo di merda egocentrico. Il dilemma della ragazza è il medesimo soggetto che Reve non si dispiacerebbe a raddrizzare. «No, no. Nessun problema, è una serata un po' così.»

«Così come?» l'ha messa in difficoltà lui, intuendo dall'esitazione che forse v'è del vero in quel che si vocifera a proposito della cubista e dell'alcolizzato. E Azzurra, povera d'improvvisazione e di malafede, non ha saputo farsi esplicativa come invece ne sarebbe in grado il machiavellico Luca, un genio della frode.

Dalla difficoltà a spiegarsi, Reve, tacendolo, ha concluso che lo stronzo fosse nei paraggi, saggiamente mantenendo il riserbo nel proporre alla bella corvina di attendere con lui chiunque stesse arrivando, magari davanti a una birretta così da conversare alla vecchia maniera.

Azzurra aveva il telefono in mano, questo si è illuminato: di nuovo Luca, infido manipolatore a spacciarsi preoccupato per la ragazza. Vi è stato pertanto il dubbio in lei: accettare l'offerta standosene in compagnia o evitare qualsiasi travisamento?

Un passato tra i due c'è stato, benché breve; lui sarà migliorato da allora, ma resta sempre il Revello di strada, e Luca, dopo pure la brutta notizia circa il rapporto sessuale tra Azzurra e Mafia, certa gente potrebbe ammazzarla.

Né fedeltà né rispetto, meglio lasciar perdere fingendo che l'appuntamento con chi aspetta ce l'abbia al BlaBla, dove Aneta penserà a una storia per reggerle il gioco, oltre che darle supporto psicologico da donna a donna perché Azzurra si sta innamorando di un cretino.

Al BlaBla ci è tornata, l'abbiamo detto, ma non abbiamo specificato che il poliziotto ce l'abbia accompagnata volentieri – va preservata. E altrettanto non si è scritto che, camminando, Azzurra abbia avvertito la malinconia, domande e fantasie su un passato che non c'è stato perché Reve è cresciuto troppo tardi, secondo lei. Ma oggi, chissà come andrebbe...


Aneta non sa farsi gli affari propri. Molla la collega a chiudere il locale per conto suo, guizza fuori nel buio e conta i secondi fino alla comparsa di Luca sotto la cattedrale di San Lorenzo. Azzurra, sulle scale, tace, ma la rumena ha percepito la nascita di un nuovo dilemma del quale lo scrittore è causa. Considerando i bisogni della cubista, Luca dovrebbe aggrapparsi alla poca umanità che gli resta e farsi più dolce, romantico, perché Azzurra desidera e non smette di desiderare certezze. Non riuscendovi, alimenta male il suo sognare, e più ella sogna più s'illude.

Azzurra, Aneta ne è certa, non ha mai accettato le corna e ancor meno ha digerito che Reve non fosse il principe del suo stupido castello in aria. Se Luca non si sveglia, allora, il rischio di ritorno di fiamma non è improbabile affatto.

Lui, mano nella giacca e grattata ai capelli, avvia il chiarimento. La cocaina è un mostro, porta a fare cose orribili in certi casi; Luca afferma che ha sbagliato a perdere la ragione, doveva limitarsi a portare via Azzurra, mentre Azzurra, in sintesi, ammette di essere una codarda.

Parlano, sembra che chiariscano, si abbracciano. Per Aneta, qualcosa non va. Non capisce cosa, poi lo vede: manca l'onestà.

Luca non confida di essere stato convinto da Samantha, Azzurra non peggiora la situazione menzionando Revello e la loro chiacchierata. Nel silenzio dei deficienti, ad Aneta basta osservarli dietro a un bidone per capire quali siano i loro problemi. È tardi anche per intervenire.

«Andiamo a casa?» fa lui pentito e riflessivo. «Voglio farmi perdonare...»

«Sì, andiamo a casa» fa lei innamorata, senza cognizione di cosa l'amore desiderato in effetti sia.

Sta per scoprirlo.

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Spazio autore

Capitolo che non mi piace e che mi è costato più fatica del consueto. Il prossimo, in teoria domani, dovrebbe essere più semplice.

Domando scusa per l'attesa, ho ricevuto visite a casa e ieri ho fatto un by night con una principessa da salvare dai cattivi 🙈

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