Il ruolo di Thanatos

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Nel letto di nuovo riempito, lei si sentiva rinata ogni volta.

Via le lenzuola, scalciava le coperte a terra. Voleva vederlo tutto, non si curava dei danni provocati da anni di alcolici, drogucce e stress. Avrebbe sì gradito goderselo quando era nel fiore della sua forma fisica, snello ma definito, dotato di addominali invidiabili e di braccia rafforzate dal nuoto, però Azzurra, pur essendo fissata col mantenimento della linea al punto da affamarsi, non è una donna rifiutante lo scorrere del tempo.

Che Luca sia visibilmente trascurato è indiscutibile, pancetta adorabile da fargli pizzicotti. La ragazza gli dà sempre un morso, dopo quella sera in cui realizzò quanto benessere egli le stesse apportando.

Lui soffiava il fumo verso il soffitto, era sudato e poco gli mancava ad abbandonarci per embolia polmonare. Pensava, non la stava considerando. Azzurra vi era sdraiata accanto, bagnata di calura e di piaceri schizzati sul materasso, mescolati alla fertilità dello scrittore. Pazienza per lo sporco, l'avrebbero lavato; si concentrava sull'assenza del suo Luca e aspettava invano l'abbraccio che fu ella a dar per prima, ma lui l'avvolse diversamente dal solito, altrove nello spazio e nel tempo.

Azzurra guardò l'occhio dello shinigami e dentro le sembrò di vedere scorci di un passato ove Camilla non compariva: storie più brutte, memorie di drammi come quelli della cubista. Era certa che con la mente Luca fosse a est, laddove troppe cose di lui si persero o furono annegate in fiumi di etanolo. Sparando un colpo sicuro, vagamente intimorita dalla possibilità di fargli del male, gli chiese: «Mi hai raccontato tutto tutto dei tuoi viaggi?», e Luca non batté ciglio.

Dichiarava di sì, che le vicende più importanti fossero state rese note a lei come ai ragazzi, eccezion fatta per un solo dettaglio, che invece intimoriva lui perché rispecchiava la più grande tra le paure di Azzurra. Non voleva che la ragazza soffrisse rammentando. Ma si erano detti e ridetti che sarebbero sempre stati sinceri, mai ce la facevano a pieno.

Lo scrittore fu scaldato dal corpo della bella, seni strofinati sul suo costato e gambe che si chiudevano attorno alla sua coscia. Osservandone l'attenzione, fu pervaso da un rarissimo addolcimento: lei era grande e completamente sviluppata, eppure aveva l'aria di una bimba avvinghiata al suo eroe e labbra teneramente contratte, indecise se continuare ad attendere il bacio o se richiederlo dandolo per prime. Quasi vent'anni perché il modo di guardarla cambiasse, un'uguaglianza nelle loro vite. Luca la difendeva e non ebbe il coraggio di negarle che pure lui era ancora umano.

«C'è una cosa che in effetti non ti ho raccontato» si aprì lo shinigami. «Non scenderò troppo nel dettaglio, conosci l'argomento.»

Lei gli prese mano. «Ti ascolto» disse, e Luca tornò indietro sino a un giorno di scuola.

«Avevo diciassette anni, qualche mese prima della fine della quarta superiore. Avevamo un professore, Big G, c'insegnava storia e letteratura buttandoci in mezzo filosofia e odio per il clero. Ne aveva di difetti, era pure misogino, ma con la testa che avevo trovavo sempre avvincenti le sue spiegazioni. Fumavamo nei bagni, quando c'erano scioperi facevamo lezione direttamente al cesso. Se non ricordo male, fu dopo aver parlato di Leopardi, felicità e pessimismo che un po' tutti fummo toccati dalle argomentazioni. Da ragazzini, figurati, ci si sente invulnerabili ma allo stesso tempo se ne hanno di motivi per cagarsi addosso, no? Al cesso glielo dissi, confidai le mie tre paure: diventare un fallito, la solitudine e la morte. Big G si confuse, poteva immaginare che l'età mi facesse preoccupare di cose che non avevo ragione di temere, tranne ovviamente di restarci secco prima o poi. Fallito o solo, per lui, non avrei potuto diventarlo, perché avevo sia il cervello per farcela sempre e la personalità per tenermi stretti gli amici facendomene pure di nuovi.»

Azzurra si fece materna e matura, bastonata dalla vita tanto da aver capito come la realtà funzionasse con meccanismi più complessi. Gli accarezzò i capelli disordinati. «La faceva semplice. Mi ricordo di un professore che credeva tanto in te.»

«Era lui», confermò Luca, «e ci credeva perché nei temi scrivevo sostanzialmente quello che voleva leggere, misantropia e bile sull'ordine costituito con la superficialità di un moccioso incosciente. Sì, sì, la faceva troppo semplice.»

«Il cervello può prendere le decisioni sbagliate», sottolineò lei, «e la personalità può respingere gli amici, o non piacere ad altri come ci aspettiamo.»

Lo scrittore accennò un minimo, impercettibile sorriso per la sua insperata cura. «Vedi? Pensi di non riuscire a starmi dietro perché, restando in tema, te non credi in te. Hai colto perfettamente il punto.»

La ragazza invece il sorriso glielo dedicò tutto, felice che tra un litigio e l'altro fossero sempre più capaci di viaggiare di pari passo. Si godette quei brevi istanti del loro pacifico silenzio, poi, lisciando il mento ispido, chiese lui di proseguire.

«Tredici anni dopo, a Oslo, mi tornava in mente quella scena. Che ho fatto nelle mie avventure? Il patataro, il banconista, i kebab, pizze di merda, lo stereotipo dell'italiano del cazzo. Ma io, Cristo, io il cervello l'ho studiato, mi sono preso una laurea non so come e non ho mai svolto un mestiere inerente al mio percorso. Due spiccioli, lo stretto indispensabile e i miei malanni non dimenticai. Non ho mai avuto un appartamento decente, vivevo in dei monolocali che i bagni di Principe* a confronto sono la stanza da letto di Betty*. Andare all'estero per inseguire chimere e successi che non avevo la maturità per raggiungere, per poi accorgermi che nulla mi era servito, che ero un inutile poveraccio senza niente di concluso che stava soltanto scappando. Fallito lo ero diventato. Ed ero pure da solo, straniero, con delle necessità e delle mancanze che mi stavano schiacciando.»

«Io lo dicevo che dovevi restare, Lu» ad Azzurra si strinse il cuore. «Dovevamo mantenere quelle promesse insieme e darci la forza a vicenda.»

Luca scosse il capo innanzi all'ipotesi. «Ero stupido, bambolina. E lo sono ancora tanto. Ma adesso che so come ci si sente, stai tranquilla che non lo rifarei per nessuna ragione al mondo. Se solo fossi stato più grande e accorto, credimi, sarei rimasto sì, sarei andato contro tutto e quelle promesse le avrei rispettate.»

«Perché allora continui a bere?» dolce fu la preoccupazione della corvina. «Puoi rispettarle ora quelle promesse e non lo fai. Anzi, possiamo, dobbiamo. Io sono la più stupida tra i due, mi sono lanciata in un inferno di dipendenza, ma tu che hai adesso per massacrarti?»

Aveva citato la solitudine ed ella non si era scomposta. Temeva di destare la sua fobia, ma Azzurra non aveva un solo pensiero a riguardo perché tutta se stessa era rivolta a Luca. Per quanto gli risultasse strano, aver studiato la mente diede un senso a quel comportamento premuroso, vincente sulla paura. E l'occhio dello shinigami, che a Luca come a Odino dà l'altissimo potere di cogliere il vero, vide al di là di tutto. La conoscenza gli conferì coraggio per essere sincero.

«Perché sono molto più debole di quanto lasci intendere, scimmietta» disse, e l'amica amante, sfiorandolo, non gli credette. «Tredici anni per accorgermi di essere un fallito, un perdente. Dato che siamo gli artefici del nostro destino, io ho scritto il mio fallimento scegliendo strade sbagliate, trovandomi alla fine solo, distrutto. E sono anche morto tante volte. Sono morto quando mia madre mi ha dato dell'incompiuto, quando Camilla se n'è andata, quando Sara ha smesso di rivolgermi parola, quando ho perso qualcuno e quando non ho potuto fare niente o non ho veramente voluto fare qualcosa per impedire una disgrazia. Sono morto adesso, perché non riesco più a piangere. Ma almeno non ho più paura della morte, perché ho conosciuto il dolore della solitudine e so che è peggio di morire. Sei a casa, rifletti, hai lavorato tutto il giorno e non hai modo di vivere come ti piace perché non sei integrato, non hai i tuoi amici con te, non puoi abbracciare le persone a cui vuoi bene, non fumi la sigaretta con Begbie giù nel portone e non parli di manga con Neddu. Fatichi poi a far sesso perché hai scoperto quanto sia meglio farlo con dei sentimenti veri e ti passa la voglia quasi subito. Sei in un limbo, nel cazzo di vuoto che da ragazzino neanche lontanamente immaginavi essere un incubo reale. Peggio, molto peggio della morte, non ci sono parole per descriverlo. E siccome all'essere un fallito mi sono abituato, l'unica paura che mi resta è quella di ritrovarmi ancora in quel vuoto. È un buon motivo per darsi da fare, ma con le ferite che ho addosso è difficile rimettersi in piedi.»

Luca così avvilito e fragile Azzurra non lo aveva mai conosciuto. Sapeva e sa quante virtù siano sepolte sotto tonnellate di cinismo e viziosità, ma la debolezza non gliel'avrebbe mai e poi mai attribuita. Per contro, quella era tra le poche qualità umane ancora vive nel dissoluto, che aveva appena affermato una soluzione che un cuore altrettanto o più sensibile avrebbe senz'altro colto in tutta quella negatività.

https://www.youtube.com/watch?v=OOdiAoV3mXI

Hai scoperto quanto sia meglio farlo – il sesso – con dei sentimenti veri. Luca sosteneva di non riuscire a farlo con nessun'altra, e Azzurra non contava più le volte in cui, al mattino, si svegliava sul suo petto ed entrambi erano nudi, profumanti dell'altro.

Sentimento.
L'istinto dell'alfa lo spingeva a farla sua perché questa era la natura; la ragione suggeriva invece che lei dovesse avere altri uomini e lui altre donne, ma il sentimento, in segreto, lo tormentava, facendolo perennemente dubitare di cosa fosse meglio per la ragazza anziché per sé stesso.

Se pressoché ogni notte finivano a unirsi, significava che quei sentimenti fossero davvero forti. Se per Luca la sessualità era sempre stata rilevante, Azzurra era per lui qualcosa ogni concezione idealistica di partner e altre stronzate. E lei ci stava arrivando: dopo essere stata salvata in più occasioni, era giunto il momento di salvare lui. Il medesimo momento in cui Azzurra avvertì un battito diverso e nessuno fu più importante.

«Hai sbagliato, questo è verissimo» gli disse gentile, opposto della violenta che nel pomeriggio lo mandò a fare in culo per non essere passato a prenderla al lavoro. «Ma fallito lo saresti davvero se dopo aver capito che ti devi impegnare non faresti niente.»

«Facessi, terrona analfabeta» la redarguì il grammarnazi, sentitosi però subito in dovere di scusarsi per i titoli con cui rispose alle ingiurie pomeridiane – "terrona analfabeta" era un complimento al confronto, e a lei tutto sommato piaceva perché lo stronzo impazziva per la sua "ignorante meridionalità".

«Comunque, sei tornato, adesso è questo l'importante. Ferito, ma hai imparato, sai che devi rialzarti, vuoi di più. Solo lo eri lassù, ovunque fossi. Fisicamente, però. Non andavi sui social, non avevo il tuo numero estero e te guai a farti sentire, ma te l'ho detto quanto ti ho pensato chiedendomi come stessi. Ti assicuro che anche i ragazzi ti pensavano. Non eri solo, perché eri qui

Azzurra indicò il seno sinistro. Luca non ce la fece a fare battute, considerando inoltre che leccare o ciucciare erano azioni riservate alla sola mammella destra. La ragazza sarà anche ignorante, ma le è sempre stato chiaro perché lui baci con rispetto l'altra, sotto la quale v'è il cuore.

Luca accostò le dita all'indice di Azzurra, toccò il battito da dove non se n'era mai andato. Al che fece congiungere la mano della ragazza alla propria e l'accompagnò sino a farla posare sul torace su cui la strinse: sul pettorale sinistro, dove Azzurra si stava conquistando tanto spazio.

«E tu eri qui, nonostante sia pessimo come amico e come persona» disse l'angelo nero. «Mi dispiace averti abbandonata, ho inseguito stronzate lasciando indietro chi mi voleva bene. Ringrazio allora il dolore, la paura e la morte per avermi insegnato che la ricchezza è sempre stata qua, davanti ai miei occhi. Chiedo scusa per i modi, ma penso sia comprensibile perché sia venuto a tirarti fuori dai guai e continui a farlo.»

Lo era, e alla corvina diede vento di vitalità che avrebbe montato la testa dello shinigami. «Perché sei un crocerossino» scherzò lei.

«Riprova» ribatté egli senza scherzare.

«Perché te la do.»

«Non me la davi ancora quando sono venuto a prenderti al motel degli scambisti.»

«Perché sei un maschio e devi fare l'eroe della situazione.»

«No.»

La sua serietà fu significativa. Azzurra odia doversi dare risposte da sola, lui potrebbe pronunciare qualche parola carina e glielo rimprovera tutti i giorni, ma in quell'espressione dura ed esaustiva la cubista, fattasi nuovamente bambina, vi lesse la stessa verità rilevata dall'occhio dello shinigami. Invero, la vide ben prima di lui perché gli dei della morte potranno anche andarsene via per ultimi, ma più potente della fine è l'amore. E Azzurra, allora, solo guardandolo si sentì amata come mai.

«Perché mi vuoi bene...»

"Bene è poco" pensò Luca ammirando l'ingenuità che rilassò la ragazza, dunque superando con la vista innaturale quella bellezza tossica, mediterraneità deviante, dal trucco pesante sbavato dalla passione con cui si dimostravano adulti feroci, affamati della reciproca carne per poi cadere in un abbraccio letale ma magnifico, puro, identificante ciò che li accomunava più dell'essere morti e rimorti. Più della paura del vuoto.

Molti non comprendono di avere una sola vita a disposizione e la sprecano perché cedono alla paura del vivere. Si arrendono ai vizi, si nascondono dietro certezze illusorie, si lasciano sfuggire occasioni uniche. La "morte" ha però donato ad Azzurra e Luca la cognizione dell'effimerità dell'esistere: non c'è più tempo per la paura, non ce n'è mai stato.

«Ti voglio bene e credo che tu mi stia facendo qualcosa...» svelò il ragazzo, e l'angelo senz'ali intuì.

«Tu la stai facendo a me...»

"Ci stiamo innamorando?" si chiesero restando zitti a guarirsi.


"Perché sono così rotta?" si chiede Azzurra guardando verso l'insignificanza di una palazzina qualunque. "Quelle parole che mi dici quando facciamo sesso o l'amore che sia... io non riesco a darci peso quando non siamo soli. Mi sembri onesto, ti cambia il viso, ma è più forte di me, non mi fido, ho paura che sia solo un sogno. Non so, forse dovevamo restarcene a casa e basta."

Nemmeno un altro giro di alcol può offuscare i poteri di uno shinigami. Più forti, però, sono i sensi vigili di un uomo innamorato, o anche "solo" molto affezionato a una donna per lui speciale.

La cubista è strana, Luca lo nota senza neppure squadrarle la faccia. Sta in disparte, assente, non festeggia assieme agli altri. Quando poco fa la coppia ha incrociato la Triade, è stato divertente assistere alle tentate traduzioni del ragazzo, dichiaratosi in possesso di competenze di dialetto siciliano avendo letto molti libri sul linguaggio animale, nonché di aver distrutto videocassette di documentari sugli scimpanzé quando era piccolino. Le tre sicule, energiche e giovanissime bestioline della notte, hanno avvisato i due della festa per il matrimonio tra Willy e Tamara, la banda dei motoristi stava facendo faville lì vicino. Giacché di strada, non costava niente andare a porgere omaggi magari facendosi un ultimo sorso prima di rincasare e fare il loro primissimo sesso da coppia ufficiale.

Azzurra infatti era ben presa dalla notizia, ma ha trascurato un dettaglio considerevole: Genova è piccola, di notte è un buco di culo vergine e tutti i soggettoni si conoscono. Come è stato rapido lo spargersi della voce sulla loro presunta relazione, a uguale velocità si è diffuso l'invito a celebrare quel mattacchione di Willy con un party di strada, pieno di moto da corsa e di personaggi che sarebbe meglio non incontrare. Tra questi, l'unica sana e anche quella che più di chiunque spaventa Azzurra, indipendentemente da qualsiasi cazzata Luca, maschio, possa inventarsi per farla stare tranquilla.

Lo scrittore ha pensato di averla convinta che Samantha non possa costituire affatto una minaccia, sottovaluta insicurezze che il tempo ha ovviato a lui e non a lei. Perciò Luca beve, brinda, congratulazioni a Willy e Tamara, evviva gli sposi; Azzurra, viceversa, non fa che puntare la ragazza col coniglio, che a sua volta guarda in direzione di Luca con un sospetto interesse, pregno di affetto e di una calibrata malia, per quanta ne può avere una signorina tanto sobria.

La piazza è casinista, i motori rombano, i residenti stanno per svuotare secchi d'acqua ghiacciata ai quali i motoristi risponderanno con nuovi brindisi e la cubista si sente tremendamente sola, alienata dai festeggiamenti che rendono tutti allegri. Non gli crede, quell'osservare il suo uomo con insistenza la fa incazzare e mina qualsivoglia garanzia egli possa averle dato "chiedendole" di diventare la sua ragazza. Ci andrebbe faccia a faccia, le ringhierebbe contro di smetterla di guardare colui che adesso le appartiene e le ammazzerebbe quel coniglio di merda, ma questo porterebbe poi a un'altra lite con Luca, quindi si deve contenere ed essere matura perché l'età ce l'ha, cazzo.

Si contiene. Si contiene. Samantha è brava a non farsi beccare dal soggetto dei suoi desideri, forse sta sfidando Azzurra a una battaglia psicologica di "femminile subdolaggine". Glielo vuole portare via, non c'è dubbio, contenersi è dannatamente faticoso. E quella puttana troppo bella e buona è brava pure a recitare, perché è la prima ad applaudire quando Luca, ringalluzzito dalla Vienna Lager, ruba la scena agli sposi agguantando la cubista per il fianco e annunciando a gran voce che si sono messi assieme.

«Bellissimi!» urlano alcuni, «Entusiasmo, porco ⬛!» esultano talaltri, ma per Azzurra non c'è gioia nell'imbarazzo, solo l'odio insensato per una ragazza che ritiene vorrebbe essere al suo posto, allora una che comprova la sua fortuna.

Non ci riesce a essere felice, la paura di morire non l'ha istruita come il suo nuovo fidanzato: lei incontro alla morte ci è andata di sua iniziativa perché vivere le fa male, le persone sono cattive, le famiglie abusano, gli uomini uccidono.

Sì, Samantha è interessata a Luca, io ve lo confermo. Ma il suo cuore gentile, Azzurra non comprende, mai, e ripetiamo mai, oserebbe rubare l'uomo di un'altra donna perché ella stessa è donna e ha amato chi l'ha uccisa. La natura di guardare viene ostacolata dalla ragione che lascia Luca all'affetto di chi è lampante lo ami già, e Samantha, facendo applaudire anche il batuffoloso Twinkie, soffre a vedere Azzurra sottrarsi all'abbraccio per allontanarsi sotto lo straniamento di tutti.

Luca, sgomento, perde addirittura la presa della bottiglia.

«Ho bisogno di stare da sola» dice lei frettolosa quando lui la raggiunge in un vicolo.

«Ma che cazzo è? Che ti piglia?»

«Ho bisogno di un attimo, per favore.»

Ovviamente è per Samantha. Luca non ha il tempo per innervosirsi mantenendo tuttavia la calma, disposto a ripetersi purché non si discuta rovinando una serata che pare un giro sulle montagne russe: Azzurra non si fa catturare dalla mano e scatta via.

«Torno, cazzo, lasciami stare un secondo, te lo chiedo per favore! Vado da Aneta, devo parlare con un'altra ragazza.»

Stavolta la ragione sfugge allo stupito shinigami. Si è preso un bel caso umano, altro che salto di qualità.

«Ma vaffanculo» mormora all'aria, con lei già sparita nei vicoli. «Fai un po' il cazzo che ti pare, io vado a bere. Dio, siete assurde.»

La notte si è fatta nera e fredda. La luna splendente sancisce la fine della sera e l'inizio del loro vero mondo – il sottomondo, dove la città che non dorme è più sveglia del normale.

Un diavolo intravede Azzurra correre al buio.

Luca, rosso dalla vergogna, crede sia il caso di scusarsi per la figuraccia mentre Samantha coglie l'aspetto umoristico dell'episodio.

Un urlo acuto e lontano fa rizzare le orecchie del coniglietto.

🌙🌙🌙🌙🌙🌙🌙🌙🌙🌙

*Stazione di Genova Principe.
*Betty: la regina Elisabetta.

Spazio autore

Stavolta lo posso dire: qua io e Luca siamo stati la stessa persona, quelle sue parole sono le mie e la conclusione del viaggio ha dato un risultato comune.

Quando tra te e la fine di ogni cosa c'è un pelo, te ne passano parecchie di paure, garantito. Parimenti, "l'occhio dello shinigami" può essere talento o condanna, tutto dipende da come lo si usa e dal perché. La ragione che mescola le due facce della medaglia, l'autodifesa, è un altro fattore che ci equipara, ahimè.

Ma perché difendersi? La risposta ce la dà Azzurra, cioè l'inferno sono gli altri. Interessante che nel mezzo delle motivazioni di lei e dei sistemi di lui ci stia io, non trovate?

Non sono però io il nodo da sbrogliare, devono trovare loro il punto di contatto. Come ci insegnano Alberto e Michela (a proposito, sento puzza di bruciato 🤔), la chiave è spingersi all'evoluzione a vicenda, ma mentre i Costa sono come Eren e Mikasa, Luca e Azzurra hanno un qualcosina di non trascurabile che li avvicina 💦

Il ruolo di Thanatos... Mmmm...

Sono stanchissimo. Come sta andando? 🥺🥺🥺

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