La febbre

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Ode alla notte, musa delle sette arti. Il giorno di chi non conosce sbadiglio, l'ispiratrice degli insonni pensatori. Si ammanta del suo buio mistero, oh malia dell'oscurità cullante i suoi figli più curiosi, gli intrepidi, gli agenti del caos nell'imperturbabilità della sua quiete. Unico lume a regnare nel nero sublime è il riflesso di una stella tra miliardi di stelle, su di un volto di roccia sempre stupito come i viandanti che nella luna si rispecchiano. Laddove la cupezza si diffonde, le ombre fluiscono nelle arterie di una città i cui occhi stanchi son ora chiusi, solcando sentieri per il cammino di fantasmi attraverso il fascino dell'occulto, dell'interrogativo; l'intrigo di un discorso sospeso, ultima parola non pronunziata, tocco di una donna fatale ad attirarti nel suo abbraccio.

Poesia necessaria, a Luca la notte non dice più nulla quasi quanto il calcio, o le lamentele del gentil sesso su omuncoli peggiori di lui.

È bravo al volante, anche con quantitativi illegali di THC nel sangue mantiene alta l'attenzione. Da dove Azzurra abita, tra capannoni e mostri di Bargagli* ai confini di Genova, non sono nemmeno sei i chilometri di marcia per il centro cittadino, lungo una strada vuota accanto alla secca del torrente. I velox non lo preoccupano, venire fermato dalle autorità men che meno: nelle periferie è troppo facile fare retate o controlli, gli sbirri sparano agli studenti più che sulle ambulanze; per questo non se ne vedono, è tutto funzionale al mantenimento di un certo indice di criminalità che, qualora diminuisse, lascerebbe tanti pulotti a casa. Dacché le periferie sono piene di meridionali, si compiace Luca alla guida, è evidente un conflitto d'interessi tra le forze dell'ordine – composte per lo più dai terroni cui farebbe inalare lo Zyklon B, i veri responsabili della delinquenza non da lui diffusa.

La cosa lo manda su di giri, ma a suo fianco c'è una "merdosa terrona" che lo guarda in silenzio, con rispettosa invadenza. Non si è truccata per uscire, Luca non glielo ha consentito perché ritiene che non ci sia niente migliore dell'autenticità di una donna.

L'ha assecondato, Azzurra, o gli si è sottomessa, o vuole pensarlo a sua volta per sentirsi fiera di com'è. Il senso della bellezza è inoltre relativo, proprio come la discriminazione se una babbuina del Salento s'insinua nella mente; allora non è tanto babbuina, né terrona, ma qualche sorta di piacevole maledizione alla quale Luca nega l'occhiata che lei brama nel guardarlo ininterrottamente.

Semaforo rosso all'altezza della rimessa degli autobus, concentrarsi sulla strada non è più una scusa. Lo scrittore la incrocia, ma non s'incanta. Vent'anni sono tanti, si sono visti crescere, sono abituati a quel che ora piace su un altro livello. Azzurra può essere di una bellezza fuori dall'ordinario, e il suo nome sovviene una certa rarità, ma il dolore che affligge Luca, un male che lo vorrebbe accostare la macchina e imporre la natura sulla ragazza, sta al di là del volto: è nel modo che Azzurra ha di osservarlo ch'egli vede la ragione per cui perdere ogni lucidità, la dignità, la ragione stessa. Occhi che lo assaporano, che lo denudano delle vesti, che perlustrano le sue menzogne in cerca del perché ella già lo ami più di quanto mai abbia amato altro uomo, pur non sapendolo, pur rifiutandolo.

E lei, nel silenzio che non li imbarazza poiché se ne assuefanno in compagnia di una persona speciale, scorge sé stessa nelle iridi che celano lo spaesamento. Or dunque, anche Azzurra capisce come mai non c'era senso a truccarsi, a provare a farsi più bella: a lei non gliene frega niente di quanto bello lui sia, fintanto che l'ammira con lo stupore impresso nella luna; è lo sguardo smarrito che ammette che resterà, non andrà più all'estero, sarà sempre suo. Nessuna parola per confidarsi che si amano di un amore insalubre, ma forse coi presupposti per evolvere nel sognato.

"Smettila di guardarmi così, non ci sono più abituato" pensa il romanziere. "Non è vero, tutte le stupide mi guardano alla stessa maniera, ma te... Te sei una depravazione, l'amica che chiunque si farebbe sui chiodi. Logicamente sei un lusso che voglio permettermi, ma dentro me, dove non mi spiego, sei un disordine che non lascia spazio alla logica."

"Dove sei stato tutto questo tempo, stupido?" si chiede la cubista. "Perché hai aspettato vent'anni per non farmi capire più un cazzo?"

Ai primordi di un sentimento intenso, comune è dimenticarsi del resto. Passano in secondo piano la famiglia, gli amici, gli impegni, addirittura il passato, se non troppo preponderante. Azzurra guarda il suo Luca al volante e come una bimba dimentica l'importanza che Francesco ha avuto per lei, pentendosi di non esserci cascata prima.

Lo scrittore ha visto troppi anime e definisce occhio dello shinigami l'insieme di doti deduttive e analitiche con le quali traduce immediatamente chi ha davanti a sé, psicobastardo. Contemplando l'amante, individua il pentimento che lo rinvigorisce. Ma è conscio che le ragazze come Azzurra non siano in grado di chiudere definitivamente col passato, allora non abbassa la guardia.

Non basta essere bravi. Bisogna essere i migliori. Lei arrossisce, è il momento di attaccare.

«A che pensi?» domanda Luca avviando il gioco.

«A niente» lo "sfida" Azzurra, mordendosi l'indice.

«Niente non aumenta la temperatura corporea, da che mi ricordi dopo l'ultimo testo di biologia.»

«È la verità, non ho pensato a niente.»

«Ma davvero?» fa lui roco. «Lo sai che non è possibile non pensare a niente?»

«No che non lo so. Sei tu il laureato, io la scimmia che balla sul cubo di notte e che taglia la mortadella di giorno.»

«Che brutto termine "scimmia". Non ne vedo in questa macchina.»

«Ah no?» sorride lei. «E cosa vedi?»

«Una bella ragazza arrossita, che risponde di non pensare a niente perché"niente" è la parola che più istiga gli uomini. Ma io non sono gli uomini, ed è per questo che la bella ragazza è arrossita.»

Azzurra persevera con le provocazioni. «Quante arie che ti dai, proprio come gli altri uomini.»

«Nope, sono un'altra cosa, le sembianze non contano.»

«Parole, solo parole» cantilena la cubista, accorciando le distanze.

Il bacio Luca non glielo dona. Non prima di averle sfiorato le labbra con le proprie, a malapena aperte per esalare sulla sua dannazione il caldo respiro della sua sfrontata sicurezza. Un dito d'aria li separa. «Io sono la tua febbre, gioia. Sono il pensiero che ti arrossisce, la difficoltà a distogliere lo sguardo, la delusione per un bacio non ricevuto, le parole solo parole che ti fanno sorridere mentre ti addormenti sul mio petto. E sono il tuo niente.»

Azzurra resiste all'impulso di prendersi quelle labbra velenose, dispensatrici di consigli e di coltellate quando Luca aveva soltanto l'amicizia da dover coltivare. Gli stessi insulti hanno un sapore diverso, fanno più male e sono più semplici da perdonare. Non gliene rivolge più come in passato, nota la ragazza. Si sta contenendo, benché di stronzate rimproverabili Azzurra continui a farne. Uno degli insulti, "cerebrolesa", Luca lo urlò scoprendo la gravidanza che aiutò a interrompere; oggi non c'è notte che non rammenti le lacrime piante da Azzurra quel giorno, quando, dopo il sesso, l'istinto gli fa accarezzare la pancia piatta, così priva di vita, così piena di rammarico per non aver creato allora. E seppur non voglia ricordare, Azzurra sente che quella dolcezza insolita sia il sintomo di una febbre che ha infettato anche lui.

Ora la prova è nello sguardo forzato, nel tono di voce di un attore imbroglione. Chiedere non fa mai male, anzi, è un vizio che vince il timore di ricevere risposte infelici. «E io invece cosa sono?»

Luca se lo aspettava e si era preparato la risposta. Ma rispondere, ahilui, talvolta non è così semplice. Non quando trovi il crollo delle tue certezze nella più improbabile tra le donne, simile a Camilla per abitudini e a una madre per la tenerezza con cui ti coccola alla fine del giorno, mentre la stanchezza e l'odio per il mondo ti corrodono. La sua meraviglia del sud, odiata nelle sere di sopportazione e assente nei momenti di voluta libertà; fare le "lucate" da solo ha perso di significato già di suo, il tempo senza Azzurra sembra impoverito.

La ragazza è peste, è morbo, è problema indesiderato. È una matassa di lagne che nella vita di Luca hanno riportato qualcosa per cui essere contento. C'è però la cocaina del cazzo di mezzo, e non riesce a farla smettere perché lui per primo non riesce a togliersi gli alleggerimenti dati dall'alcol. Segue dunque la certezza che Francesco sia ancora lì, nella sua testa prima che sull'intestazione del mutuo. Vivono, si drogano e si godono l'altro sotto lo spettro di un rispettivo amore indimenticabile, ma Luca almeno ci è arrivato e ha scelto di andare avanti in nome di chi non c'è più; ugualmente non se la sente di affermare di Azzurra, ed è ironico che dei due sia lei quella a fidarsi meno.

Dire o non dire: è questa la prima sfida degli amori che non nascono.

«Sei... sei» esita Luca, non più così sicuro del suo charme avendo innanzi la limpidezza dello spirito che implora la salvezza.

Azzurra, intanto, sogna, ma si maschera da risoluta suadente. «Sono?»

Mia. È troppo pure per lui, ripromessosi di passare al lato chiaro.
La piccola stella senza cielo. Altre parole non dette perché strabusate, inefficaci.

Lo scrittore vuole sorprenderla. Gli viene da ridere dacché è un toccasana sentirsi all'angolo dopo non aver provato più nulla per troppo tempo, indipendentemente da quale notevole ragazza vi sia uscita insieme. Non era scritto nei suoi testi universitari che i sentimenti positivi giocassero un ruolo fondamentale nel sesso, comprovando quindi che le pulsioni siano roba da ragazzini mentre gli uomini giocano in un altro campionato.

Che le voglia bene traspare dal disagio che adesso lo blocca. Azzurra se ne accorge e scopre quanto unico sia emozionarsi infantilmente nella noiosità dell'età adulta.

«Il silenzio è una risposta» dice lei.

Per lui non è abbastanza. «Sei come un gol di Boselli al novantesimo contro la Samp.»

La più grande dichiarazione d'amore per un genoano, da riservarsi soltanto alla sola e unica per cui vivrà. Ma se lei è sampdoriana, è un vero schifo. Azzurra infatti sgrana gli occhi, gli si spezza il fiato per l'orrore. Sul punto di mandarlo a fare in culo, non realizza il suo diletto. Luca ha detto quel che ha detto perché vedere la sua espressione stupita è meglio di udirla ansimare di piacere, di averne le braccia strette attorno al torace. Viene baciata a tradimento, una richiesta di perdono sufficiente.

Occhi chiusi sino allo scatto del semaforo verde. Nessuno per strada, la macchina non riparte. Stanno bene dove sono.

«Stronzo» mormora Azzurra, concentrata sul suo sogghigno infame.

«Terrona di merda» risposta divertita, timbro gentile. «Sei meglio del gol dei gol.»

«Mi aspettavo di più da uno scrittore, fai pena.»

«Allora perché non ti allontani, se faccio pena?»

«L'hai detto tu» sussurra la ragazza dopo una breve riflessione inutile, che tanto non servirebbe a rimetterla al sicuro dall'occhio dello shinigami. «Sei la mia febbre, non ci si può allontanare dalla febbre.»

«Yes, ma si può guarire» gioca lui.

«Sì, immagino di sì...»

Le pupille si alzano, si trovano. Si spera che non si litighi più, ma occorre camminare insieme su altre strade. Una, pensa Luca, inizia dove un'azzardata sincerità trasforma la febbre. «Ecco», le dice, «anche te sei la mia febbre quando litighiamo per stronzate. Per il resto del tempo, sei l'altra cosa che conosci, quella che sono io per te quando non ti faccio incazzare.»

Azzurra storce il naso. «Quale?»

Ode alla notte, amica dei poeti e rifugio degli amanti. Luca ha buoni presentimenti per la serata.

«Il mio benessere

https://www.youtube.com/watch?v=jJHFirGQqvk

Vi fu un tempo più luminoso in quel di Genova. Azzurra era scappata da casa già da diversi anni e ne aveva da poco compiuti ventuno. Luca e la sua banda, gli Ignoranti, le sembravano tanto grandi nonostante si scambiasse venti mesi col più giovane. Forse era nella fierezza che rintracciava la stessa mascolinità di Francesco, con un'importante differenza: Franci era il buono, il tranquillo e premuroso destinato a prenderla sempre nel culo, mentre gli altri erano scatenati, fuori controllo, senza paura.

Così pareva alla piccola cubista, mai istruita su cosa in effetti fosse un uomo. Le bastò ogni volta che aveva da chiedere un consiglio, o anche solo voglia di sfogarsi per le classiche cagate che le capitavano al lavoro, siccome in Franci vi era l'amato ma non la durezza per sopportare faccende del sottomondo genovese. Per i palpeggiamenti non concessi - quelli che non si lasciava fare per estinguere un debito di coca - Azzurra chiamava Luca e Luca chiamava Blondie; chiunque si fosse sporcato le mani, gliele avevano rotte.

Non solo violenza, perché tra gli Ignoranti Azzurra aveva gli unici amici che il suo caratteraccio le permise di farsi. Tempo radioso ove erano al loro apice, Luca non se n'era ancora andato e con Francesco tutto procedeva bene. La ragazza smise di farsi e iniziarono mesi di felicità mai provata, piangendo per ogni cosa interpretata come un dono dalla vita che non le sorrise parimenti durante l'infanzia e l'adolescenza.

In segreto pianse in un bagno, durante la sua festa di compleanno. Luca, ubriaco, le dedicò La faccia delle donne e fu deriso dai ragazzi: pianse perché nessuno prima di lui le dedicò mai una canzone, neppure Francesco - più portato per caricare playlist sulla chiavetta USB e regalarle fiori.

Ora manca poco allo scoccare della mezzanotte che sancirà l'inizio dell'otto di marzo, il giorno più pericoloso per tutti gli uomini. Il mio benessere. Non c'è mimosa che valga quanto un simile colpo imprevisto, sapendo cosa è significata Camilla per lui.

Il semaforo è verde, una macchina arresta la marcia dietro agli amanti. Luca riparte solo se Azzurra scende dalle nuvole. Le fa segno di abbassare gli occhi, sul cambio, dove tiene la mano aperta.

«Abbiamo dei bei guai tra me e te», le dice, «ma continuo a illudermi che finché si è vivi si può risolvere tutto, tranne la morte. Dobbiamo imparare a comunicare come persone civili, cosa che non siamo. Ti va di parlarne davanti a un Mojito?»

L'impaziente che suona il clacson viene invitato a farsi fottere dalla ragazza, tornata dal suo speculare nella memoria per dare a Luca il ringraziamento. Per lui non era il caso di andare subito al sodo, la domanda cruciale preferisce farla dopo essersi schiarito tutti i dubbi circa i desideri e le pretese della cubista che lo bacia come se fosse nata per farlo.

«Accetto il Mojito», afferma "contenuta", «ma non in discoteca, non ci voglio passare da quella merda di posto quando sono libera.»

«Tecnica segreta: Trust me.»

«Cazzo hai detto?»

«Che ci avevo già pensato, perciò niente discoteche o simili. Scegli te il posto, non badare a spese. Stasera Rocco Siffredi ci ha fatto il favore di svuotare la città, è allo Scandic a farsi toccare l'uccello da una marea di affamate con un botto di maschi beta che vogliono farcisi il selfie*. C'è tutta Genova per noi.»

Di alternative il lunedì poche ne offre, ma quaranta chilometri di riviera sono una bella torta di opportunità. Meglio però non guidare troppo, col rischio di beccare gli sbirri del cazzo e finire a non avere più l'unica patente a disposizione. Azzurra opta per il centro, il dove non importa. Luca se la sente e propone di andare a fare casino all'Angolo, non dovrebbe esserci coda per il karaoke.

«Cantare no, ti prego» fa lei, e Luca si morde la lingua per non dirle che, comunque andrà, ha deciso che entro l'alba le avrà cantato qualcosa per rivederla morire dell'imbarazzo che adora. «Andiamo da quello nuovo che hanno aperto in Piazza delle erbe.»

«L'Empire? Ci sono già stato, niente di che.»

«Io no, voglio provare. Hai detto tu che scelgo...»

«Allora! Ci muoviamo?!» urla un'altro automobilista, messosi al posto di quello che se n'è andato bestemmiando.

«E sorpassami rincoglionito di merda, qua stiamo organizzando la serata!» sbotta Luca, cipiglio convincente subito disteso a riprendere a parlare con Azzurra. «Va bene, mi sono fregato da solo. Mojito all'Empire, speriamo che non faccia cagare come il Black Russian dell'altra volta.»

E si parte verso la destinazione. Prima, però, un contento bacio sulla guancia e due mani strette sul cambio. Azzurra sta bene.

Ma all'Empire stasera ci sono quelle che non sono andate a toccare l'uccello di Rocco Siffredi.

Qualcuno degli amici prende in giro Samantha per essersi portata dietro il coniglietto Twinkie. A breve nessuno prenderà più in giro nessuno.

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*Mostro di Bargagli: denominazione indicante l'autore, o gli autori, di una serie di omicidi nel paesino di Bargagli, ai confini di Genova, tra il 1944 e il 1983.

*Notizia vera: Rocco Siffredi è venuto a Genova, si è messo davanti alla pista  e se n'è stato lì tutta la notte a farsi toccare l'uccello da una mandria di allupate. Tanto per fare un paragone, quando vado allo strip club non tocco il culo alle signorine che mi si siedono sul pacco, sbattendomi le tette in faccia. Ex æquo i miei compari. La dice lunga sui pregiudizi di genere, no?

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