Regressione all'infanzia

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È ancora presto per parlare di notte e di gente della notte. L'ultimo minuto della giornata non è scoccato, sono tanti i perditempo a spasso per le vie più frequentate del centro storico. Le frivolette alle loro prime uscite serali si appostano dinnanzi alle vetrine di Via XX Settembre, i maschietti al seguito mormorano che non ci sia speranza di andare a passeggio con una donna senza che questa si fermi a contemplare vestiti. Giù per Via San Vincenzo, deserta giacché povera di boutique, i pozzi di scienza del liceo artistico s'imboscano in una traversa per rollare la cannetta della buonanotte, ed ecco che si materializzano ventenni universitari d'impeccabile style, in rapida risalita della via per raggiungere altri mantenuti nel principale luogo di ritrovo della massa.

Piazza delle erbe è soffocante d'inverno quanto in estate, racchiusa in un perimetro quadrato di vecchi palazzi al cospetto della storia di dogi e navigatori dimenticati. È un passo sotto la maestosità degli edifici nobiliari, protetta dall'altezza delle torri di Porta Soprana. A nessuno frega un cazzo del passato, perciò si cammina nello sporco con l'unico scopo di fiondarsi a bere qualcosa, poi, in genere, di parlare di quei due o tre argomenti appropriati per i giovani.

I dehor ammassati stanno per scoppiare tanta è la plebaglia che li riempie, cade un bicchiere ogni cinque minuti; saltare è un'arte che s'impara per forza, e Luca e Azzurra di pratica ne hanno maturata assai per starsene fuori a dare la precedenza a dei mocciosetti del cazzo. Giustificando le spintarelle con la scusa di dover tornare dentro a recuperare il portafoglio della mediterranea, Luca fa strada tra studenti e milfoni reduci dalla palpata ai testicoli di Rocco.

Fossero andati altrove sarebbero già al secondo giro, ma l'Empire ha il fascino del locale appena aperto e ne attira in abbondanza di mosche abitudinarie – la gente va sempre negli stessi posti e ha il coraggio di dire che in giro non c'è mai un cazzo. L'hanno decorato a tema iconografico, mette d'accordo tutti: la sagoma di Jimi Hendrix all'entrata è un must, la gigantografia di Fabrizio De André in sala sarebbe un crimine non averla, dunque ci sta chiamare i piatti da tavola fredda con nomi di celebrità che si rivolterebbero nella tomba ad assaggiare la qualità dei cocktail, George Best e River Phoenix su tutti. Almeno la musica commerciale scelta annovera brani rispettabili, esaltano i più piccoli e aggradano gli adulti rimasti giovani dentro.

Il bancone ovviamente è affollato, però un angolino libero lo si trova, e la coppia di amanti si apparta per godersi la bevuta. Non lo fanno quasi mai di comparire in pubblico insieme, di solito li s'intravede mentre vanno a nascondersi a casa "di lei"; fa bene prendersi una pausa dal vizio per condividere un momento diverso, fin salutare.

Luca vi riflette, pazienza se il cocktail non sia questo granché. Azzurra, che non sa bere, è contenta, la scelta le piace e va tutto bene. Stare a casa a fumare, guardare film strappalacrime e far sesso stuferebbe persino il meno fantasioso tra i sessualmente attivi, cosa che lo scrittore non sente più di essere già da prima di Camilla. Non lo confida, ma anche a lui piace cambiare, andare a cena fuori, scoprire un altro posto, se è con la persona che gli riempie la testa. Ci stava pensando da giorni, consapevole degli effetti positivi dell'avere una vita di coppia "movimentata", che non si limita ai soli compitini che fan tutti. Sacrosanto vedersi in altre situazioni, farsi un regalo, scendere dal letto; siamo fatti per apprendere, s'impara meglio quando ci si sfama di novità elasticizzando il cervello. Vale per lo studio e vale per l'amour, infatti Luca si appaga del piacere di averla lì, seduta a quell'alto tavolino in un angolo, a bersi il suo alcolico con un'evidente serenità addolcente il viso. E che effetto fa al romanziere riscoprirla in tale forma, avendo sempre, Azzurra, le labbra contratte, le sopracciglia incattivite, la voce rozza da ragazzaccia "affetta da ciclo perenne" giacché la strada l'ha obbligata a farsi dura quando non lo è mai stata. Se ne vuole prendere il merito, finalmente ha fatto qualcosa di buono.

«Questo Mojito è buonissimo», lo sveglia lei dal sogno, «non capisci un cazzo.»

Luca, sedici anni di sbronze e quattro di alcolismo effettivo, incassa il colpo. «Gli è uscito bene solo perché ho fatto precisazioni in cassa. "A me una Piñacolada e alla bella ragazza con la frangetta lì al tavolo un Mojito". Al tizio è cascato l'occhio sulle tue noci di cocco e si è dimenticato di metterne il latte nel mio bicchiere, sto bevendo rum e sperma di cane.»

Azzurra va fiera del suo nero vestito, dal leggero tessuto retribuito sulle maniche per lasciarla sensualmente scollata sulla sua femminile voluminosità. Qualcuno parlerebbe di volgarità, e sarebbe una pudica o un maschio con dei problemi. «See, see» cantilena la cubista. «Piuttosto che darmi ragione ti attacchi alla solfa delle tette.»

«Ci ho lavorato ai banconi, bellezza» sogghigna Luca. «Più tecnica possiedi e più riceverai qualità. Cibo, alcolici, viviamo in un mondo di due pesi e due misure, come testimoniano i nostri drink. A proposito, fammelo assaggiare.»

Permesso non consentito, ma lo scrittore non è tipo da chiedere. Da quando ha lo stress post traumatico, per giunta, ha del tutto perso quella parvenza di tatto per cui in gioventù gli riusciva meglio ingannare la gente. Azzurra sbuffa, se lo tiene così com'è. «Cazzo, è buono per davvero.»

«Visto? Mai una volta che mi credi sulla parola» lamenta lei senza serbare rancore e, anzi, rivolgendogli ancora un sorriso.

«Che vuoi farci, mi baso sempre sulla mia personale esperienza per farmi le idee. La psicologa sostiene che devo imparare a confidare di più nelle persone.»

«Bella speranza, con uno come te in cura.»

«Sfiduciata, faccio progressi di continuo» mente per metà Luca, dissetato dal cocktail a base di spermatozoi canini.

«Forse, ma dovresti imparare a essere anche più gentile.»

«Perché, non lo sono?»

Azzurra scuote puerile la testa, col sorrisetto innocente di chi sta tirando lo scherzetto. Punzecchiate giocose, se ne scambiano a volontà sulle lenzuola. Per entrambi costituiscono la parte più piacevole di ogni fine sessione, meglio pure dei bacetti.

«Al diavolo, mi tocca darti ragione» assente Luca, posando il bicchiere. «Devo impegnarmi in tante cose a dire il vero, ma più gentile mi ci devo fare sennò risulto incoerente.»

«Sii sempre gentile perché tutti quelli che incontri combattono una battaglia di cui non sai niente» lei pronuncia parole ormai memorizzate, Luca gliele recita per farla sentire in colpa quando gli strilla nelle orecchie. «E dovresti dire più spesso cose carine.»

Quelle cose carine, forzate sdolcinatezze o complimenti pretesi sempre da personaggi svogliati, poco inclini a far contente le ragazze. L'alcolizzato le scrive nei suoi libri pietosi, ma guai a esprimerle a parole nella vita reale – è una forma di castrazione. Stasera però è dell'umore adatto per fare apprezzamenti, ne aveva intenzione già prima della rinfacciata. Azzurra si è rovinata la sorpresa, millesima tra le insicure che gli hanno elemosinato una lusinga; ora se la suda.

«Te le dico sempre» esagera Luca.

«Non dire cazzate» lo "rimprovera" lei, affondando la cannuccia nella medicina che l'aiuterà a sopportarne le sparate.

«Guarda la nostra chat, è zeppa di cose carine.»

«Ma dove?!» sghignazza Azzurra, fulmine a estrarre il telefono dalla borsetta per leggergli la sua stessa arte. Tecnica mortale: Feminine reproach. «Questa sotto una foto, "Quel reggiseno ti fa dei tettoni importanti". Poi abbiamo... "Buonanotte puzzola", perché eri andato al bagno dopo di me e avevi detto che c'era profumo di merda alla ciliegia. "Mamma, con la coda fai una porcobip di figura", al Time, "Certo che hai un culo di un tondo che mi fai salire il calcio piazzato" mentre stavo lavorando allo Scandic, "Sto pensando alle tue labbra a canotto, ti chiamerò Lampedusa", era quella sera che scleravi con Begbie sui migranti.»

Luca ne è istruito, eppure non smette di sorprendersi della memoria delle donne per le stronzate. «Va bene, va bene, non infierire. Sono pessimo.»

«A tratti imbarazzante. Uno scrittore che non sa usare parole poetiche per la sua bella...» sospira lei.

L'involontario assist perfetto per un uomo paragonabile a un giaguaro per rapidità di attacco. Lui posa il bicchiere, abbassa lo sguardo quasi vergognandosi. «Vero, non so usare le parole. E la ragione è semplice, non sono all'altezza di certe poesie. Ma mi perdono, perché di libri ne ho letti a migliaia e non ne ho trovato uno che vagamente sappia descrivere ciò che vedo quando ti ho davanti. "Bella", piccola e inflazionata parola per sintetizzare cosa va al di là della mia capacità di comprendere, che è la ragione per la quale starei ore qui, ad ascoltarti farmi a pezzi, mentre cerco di capire e non ci riesco. Allora mi arrendo, non servono parole. Tutto quel che ho per dirti qualcosa di carino è il mio silenzio, nell'agitazione che anticipa il momento in cui mi spoglierai e già avrò perso la testa soltanto guardandoti.»

Crogiolata, Azzurra fluttua sul volergli credere, mare di quesiti senza risposta. Sognare è bello, ma chi ha conosciuto la vita reale nutre sempre la maledetta, fottuta sfiducia. E Luca ce ne mette del suo per non risultare credibile quando beve, o se ne va nel mezzo della discussione, preferendo far dell'altro; non può pensare veramente quel che proferisce. Solo, Azzurra ancora non sa perché certi uomini non parlino di cosa li spaventa, ed esclude a priori che una faccia da culo come il romanziere possa titubare. Ma è così, Luca si nasconde e temporeggia, perde tempo, si caga sotto all'idea di rischiare dopo tante seccature: con Azzurra si sta dando l'ultima occasione per completarsi, non vuole sbuffare di nuovo per la delusione. Perdere un'amica storica è un timore che serpeggia tra i dilemmi...

Sotto al tavolo, la cubista tiene la mano sulla coscia. Vuole stenderla per trovare quella che la stringerà, le prude perché non è convinta di lasciarsi andare. «Un progresso l'hai fatto, bravo» gli dice inquieta. «Però dovrai darmi di più per farti perdonare per tutte le volte che mi fai incazzare.»

«Sono umano, il linguaggio è limitato. Per darti di più dovrei parlare la lingua del dio che ti ha creata» risponde di getto Luca, troppo spontaneo per non essere sincero. Ma è un grande manipolatore, ricorda Azzurra, e il suo confessare di essere umanamente migliorato dopo Budapest non ha persuaso nessuno, nemmeno gli amici.

Se voleva ottenere qualcosa, ce l'ha fatta: una mano sotto al tavolo vuole essere accarezzata e la ragazza gli è debole. «Sono quasi vent'anni che ci conosciamo. Non sei mai stato uno romantico. Perché adesso, Lu? Io non voglio credere che sia per via del sesso. Pensavi già prima certe cose di me?»

L'evidenza scientifica chiosa che sia umano regredire a uno stato infantile durante le fasi dell'innamoramento. È fisiologico. Nell'involuzione dell'individuo, ha senso che, nonostante il tempo trascorso insieme, dal cilindro Luca estragga omaggi sconosciuti. Anche il sesso ha giocato un ruolo, ovvio che sia così; ma affetto e stima esistevano a prescindere. Lo shinigami, istruito, ha la risposta. «Non mi sono comportato bene con tante persone, questo lo sai. Con gli amici, però, sono sempre stato coerente e fidato. Cos'è? Poco meno di un annetto che abbiamo iniziato. Le domande ce le poniamo ora per la costanza con cui ci siamo legati più di prima. Il sesso c'entra, c'entra per tutti. Mi chiederei come mai sia successo la prima volta, e non lo spiego diversamente dall'ultima. Ci vogliamo bene, sappiamo il peggio dell'altro, ci sentiamo più a nostro agio.»

«Stai allora dicendo che... che è per il sesso che sei diventato più dolce...» un po' si strugge lei, ma il romanziere la corregge.

«No, gioia. Il sesso è capitato perché in quel momento avevi bisogno di qualcuno che ti desse qualcosa di bello. Non poteva che succedere con qualcuno che ti voleva bene e a cui volevi bene. Te non sei diventata più dolce, sei esattamente come quella sera, e io continuo a farlo con la stessa attenzione nei tuoi confronti. Intendo dire che il sesso ha semplificato a entrambi un'apertura verso l'altro. Ma il sesso sei tu, non ci può essere se non ci sei innanzitutto tu. Quindi, se oggi mi senti dire cose mai dette in vent'anni, è perché...»

Esitare. È fisiologico e coerente con la regressione. Donne e uomini, eguali al cospetto dei miracoli della natura. Azzurra e Luca, una tossica che talvolta si prostituisce per saldare i debiti e un alcolizzato che beve per dimenticare di essere un fallito. L'esperienza del marciume viene meno, nessuno dei due sarà più forte della chimica.

Lei capisce, lui può anche non concludere. «Baciami.»

"...è perché sei tu a tirare fuori la parte migliore di me." «Agli ordini.»

E si baciano. Non dovrebbero farlo lì, nel marasma. Non con l'avvenenza della ragazza, che attira la festosità di un amico comune. Cazzo, dalle casse del locale è partita Hit the road, Jack di Ray Charles e i più disinibiti si sono lanciati a ballare: non si può non chiedere a una professionista di far vedere a tutti come si fa scena.

Così Azzurra, sul più bello, coglie l'opportunità di andare a far la figa, mentre Luca si scola il cocktail con la soddisfazione del maschio alfa – la donna migliore all'Empire è praticamente la sua fidanzata. Però non si sono chiesti di stare insieme dopo il bacio, e oggigiorno ufficializzarlo pare essere rilevante più dei fatti. Ad Azzurra servirebbe una stupida conferma del genere per stare più serena. Luca la sottovaluta.

«Chi si rivede» dice una voce femminile, alle spalle dello scrittore.

Timbro noto, ma da parecchio non lo udiva. Si è fatta donna, la ricordava più secca e meno affascinante. Della rudezza che contraddistingue Azzurra lei non ha assolutamente nulla, e nell'essere di pari fattezze mediterranee possiede una femminilità graziosa, leggiadra. Luca la riconosce perché soltanto una persona al mondo si porterebbe il coniglio nei vicoli, di quanto si differenzi per il resto poco importa. Per ora.

Azzurra fa ballare l'alticcio amico comune. Percepisce un pericolo. Alza gli occhi in cerca di Luca e vede Samantha essergli troppo vicina.

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Spazio autore

La scaletta è pronta, parliamo di una trentina di aggiornamenti da chiudere entro il 23 Settembre.

Allacciate le cinture.

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