Spaccatura (Prima parte)

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Frastuono. Nella casa di periferia ve n'erano di rumori allarmanti. I fratelli non intervenivano, zio Antonio si piantava giù al bar e risaliva quando il chiasso cessava. I nonni, i più inquietanti, guardavano in silenzio la televisione. Solo lei si preoccupava, chiusa nell'armadio.

In linea puramente teorica, tale baccano doveva pur essere risolto in un modo o nell'altro. Chiedere aiuto era escluso, sarebbe costato una punizione. Azzurra era bambina, ma non scema. Papà urlava alla mamma perché la donna raccontava vicende private; le lamentele non erano ammesse, e non lo erano i dubbi circa l'infedeltà. Volavano quindi i piatti, i bicchieri, gli insulti. La piccina si tappava le orecchie e si chiedeva quando quel disagio avrebbe avuto fine. Si risvegliò un giorno, anni dopo, e la storia era proseguita, ma la protagonista delle umiliazioni era adesso lei, vittima di titoli forse anche meritati. Forse, in fondo nessuno è abbastanza santo da lanciare il primo macigno.

Si risvegliò poi un altro dì, passò la giornata a maledirsi e non si pentì di esserci ricascata. Ancora con Luca, ancora stesa sul letto impregnato dell'odor di lui. Dopo le botte lo scrittore avrebbe dovuto andare a farsi fottere, treno o non treno. Che strano sentirsi grata per aver ricevuto sberle tanto diverse da quelle prese dalla madre, vita salvata contro vita controllata. Lo respirava, mentre le dita dello shinigami discendevano lungo la schiena scoperta per risalire percorrendo il fianco lentamente riammorbiditosi, dopo mesi di secchezza dovuta alle pastiglie.

Azzurra gli perdonò le uscite infelici con cui poco prima l'aveva "offesa" rimproverandole piagnistei insulsi. Luca sembrava voler veramente mantenere la parola data e tirarla fuori dai guai, promesso come il fatto che non sarebbe più ripartito.

«Da quanto sei così? Chi ti ha cambiato?» domandò la cubista a quel gentile estraneo.

«Non si cambia, scimmietta» disse lui sospeso nel tempo, con gli occhi che riflettevano tante storie. «Al massimo si cresce e si migliora o s'involve e si peggiora. Sono sempre stato così. Solo ci vogliono le persone giuste per tirare fuori questo mio lato. Accade raramente.»

Azzurra, coccolata, s'intristì. «Raramente... Capisco.»

«E tu? Da quanto è che non eri così?»

«Da tanto. Non me lo ricordo più.»

Luca si percepì colpevole. «Non pensarci. Goditi il momento.»

Ciononostante, per la ragazza fu difficile non riavvolgere il nastro, e nuotando tra i ricordi fece emergere un'apprensione vecchia come l'umanità. Alzò lo sguardo verso il soffitto, fu il suo turno di accendere la sigaretta per entrambi. «Tu che sai tutto, è vero che crescendo diventiamo come i nostri genitori?»

Un padre privo di polso e una madre rompipalle. Anche se la sorte di Luca fu più lieta, l'esito di un'intera generazione non fu per lui diverso. Poter affermare di avere una famiglia non significava affatto esserne felice. Si prese il suo tiro. «Mi auguro proprio di no, ma resta vero che le mele non cadono mai lontane dall'albero. Sapendo come sono i nostri genitori, abbiamo il dovere di essere sempre meglio.»

«È tardi,» si dolse lei «io sono già diventata come mia madre. Sempre a subire, a farmi maltrattare. "Deficiente, troia", me ne hanno dette di tutte i colori. E io scema a farmelo andare bene.»

«Io non ti chiamo né "deficiente" né "troia". Concedimi che sono più creativo.»

Azzurra fu infastidita dalla spontanea manifestazione di sé, ma, anche stavolta, lo perdonò perché l'essere meglio che Luca citò, per lei, era un'implicita conferma in un altro campo: l'amico amante era già superiore a chiunque avesse mai abbracciato; superiore persino a Francesco, forse. «Sono seria, Lu. Non ho più voglia di cattiverie inutili.»

«Di cosa hai voglia, allora?»

Paura. Confidarlo sarebbe stato un segno di debolezza, di sottomissione, l'ultimo di migliaia coincisi con altrettanti fallimenti. Azzurra si reputò tale e quale a sua madre, inesistente e inutile senza accanto una presenza maschile che dirigesse i "giochi" verso un finale ormai prevedibile, comune a tutti. Ma Luca era diverso, questo non poteva negarlo. Con lei era capace d'ignobile mascolinità e poi le scaldava il letto come nessun altro, avendo per la così definita"amica" un'amorevolezza che mai dimostrò in quasi vent'anni di degrado superato insieme. Una tra le poche, pochissime: doveva esserci un valore che non necessitava di parole per essere chiarito, essendo già condiviso in lunghe, lucide ore di silenzio, a guardarsi dicendosi tutto.

Fanculo allora la debolezza. Per una volta, tacere avrebbe fatto più male che bruciarsi. Azzurra aveva voglia «Di questo...»

Il loro abbraccio, il loro vicendevole vestirsi di conforto e sentirsi completi. Per Luca fu molto più semplice andare incontro al domani. «Ne avrai per tutta la notte.»

Ma la paura non si vince con le parole, e i gesti talvolta non sono sufficienti - non importa quanto siano sentiti. La certezza è solo un'altra droga di cui ci facciamo per fidarci degli altri. «E le prossime notti?»

Lo shinigami rispose: «Credo che per rispondere a questa domanda si faccia prima a chiedermi di cosa abbia voglia io» e pensò alle occasioni perse, al male fatto, a quello distribuito. Aveva un desiderio realizzabile con un miracolo.

«Di cosa hai voglia tu?»

«Di stare bene.»

Nella verità Azzurra ascoltò l'eco di Camilla. Luca aveva il suo lutto, lei pensieri che nonostante la sua vicinanza non cancellavano del tutto Franci. Probabilmente avrebbe dovuto lottare con un fantasma per vincere il cuore dell'uomo incerto da definirsi, se ancora un amico o qualcosa che valesse un azzardo della fortuna. Oppure, e ciò la intimorì di meno, l'angelo nero aveva solo le turbolenze date da una vita sregolata, dove scappare dal fato di divenire simile ai suoi genitori lo fece andare fuori rotta. Farlo stare bene allora non era un'impresa impossibile, giacché in quel caldo letto trascorreva ogni notte da tanti giorni e l'affetto durava più della passione.

Azzurra provò coraggio e lo strinse quasi entrandogli nel petto. «Tu ti prendi cura di me, io mi prenderò cura di te.»

Ed egli, poco convinto, stette zitto. L'occasione era stata data, ora lei doveva salvarsi prima di medicargli le ferite.

«Non picchiarmi più e non mi chiamare mai "deficiente", mi ricorda quella merda di mio padre. Piuttosto "cogliona", ma mai "deficiente". Sarebbe una pugnalata.»

Luca non lo aveva tra gli intenti. Iniziò subito a pensare a nuovi nomignoli da dare alla terrona di merda. "Amore" non suonava affatto male. Sarebbe stata la prima tra tutte.



https://www.youtube.com/watch?v=bZV1h83ULVA

La città è strana stanotte. C'è un brivido a tremare nell'aria, mentre un qualche mistero sinistro gorgoglia negli abissi più profondi.

Non è per le persone comuni fiutare il pericolo, una dote invidiata persino dallo shinigami. Chi vi riesce è una ragazza, o una giovane donna a cui il sottomondo non è sconosciuto. Non lo sono i by night, non lo è un male assai più grande di quello che Azzurra ha tollerato.

Conta i minuti, un passo distinto e celere le si accosta. Certo che lui potrebbe provare ad agghindarsi per l'incognito, la camicia bianca e la giacca da signore perbene spiccano un po' troppo dalle parti da cui vengono. Di tutt'altra matrice ed effetto, il cuoio pesante del quale è fatta la giubba che copre lei le dona oggi come allora, quando lui gliela mise sulle spalle decidendo di regalargliela. Avevano sedici anni, sarebbero cresciuti; la giubba è oggi corta, lascia indifesi fianchi e ventre.

Peccato che dai pantaloni, appena sopra glutei di una rotondità divina, spunti il calcio di una Desert Eagle, perché una Beretta non le si addice. E poco ha di che preoccuparsi dell'ombelico non protetto, poiché di femminile v'è solo la liscezza della pelle su addominali forgiati da tante battaglie. Iridi di ghiaccio spietate incrociano lo scintillio di smeraldi brillanti malgrado le nuvole tra loro e la luna. Nessun altro nella piazza dove si sono dati appuntamento, neppure i cani e i padroni a passeggio.

«Sei in ritardo» fa lei scocciata allo sfregamento imbarazzato di capelli più neri di quelli di Azzurra. «Il crimine non aspetta i tuoi comodi.»

Lui sogghigna. La cicatrice sull'occhio sinistro si contrae. «Se ce lo siamo perso, lo inseguiamo e lo prendiamo come tutte le volte.»

Ogni mondo ha il suo re e la sua regina. Quelli che dominano su questo sono tornati nel lerciume, mentre uno scrittore alcolizzato le tenta tutte per non farsi catturare da un poliziotto corrotto.

«Lo prendo, semmai. Ho una soffiata fresca fresca: dobbiamo trovare due idioti di nostra conoscenza, l'alcolizzato e la sciacquetta, fratellino.»

«Molto bene, sorellina. Vado a fuoco.»

Continua...

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Spazio autore

Sintesi di queste settimane di mia assenza:

- ci siamo trovati in meno quattro al lavoro, le ore sono schizzate per tutti su turni distribuiti tra l'alba e la mezzanotte;

- mia sorella ha avviato dei restauri in casa. Avremmo dovuto ospitarla per una quindicina di giorni, invece è da giugno che è qui con la bambina di tredici mesi, il compagno e il cane da portare. E qua dentro, animali compresi, eravamo già in nove.

- ci sono pure i cani di mia madre da portare (mio compito) due volte al giorno. Capita che smonti da lavorare e che debba quindi correre a casa per star dietro a due merdine che manco ho voluto, tre gatti, mio fratello e mia nipote;

- ho cominciato l'università e sono venti giorni che sto sclerando dietro a una comitiva di ritardate che non riescono a fare un login, poi ci si sorprende che l'Italia non funzioni;

- l'uccello ha ripreso a tirarmi (yeeee), ma ho avuto conferma che funziona molto diversamente rispetto a prima (noooooo);

- mansioni domestiche non le specifico neppure;

- anche quando non è necessaria la mia presenza, mentre scrivo, qualcuno mi chiama per delle cagate (levare il gatto dal tavolo, prendere un faldone, rimuovere un ragno e bla bla bla, quindi interruzioni su interruzioni);

Se prima riuscivo a ritagliarmi quelle tre o quattro ore, adesso è già tanto se riesco a mettermi a scrivere per un'oretta. Questa prima parte di capitolo è leggermente meglio della sua precedente versione, che era in pratica completa prima del disastro. Mi son detto "Vabbè, mancano due righe, finisco dopo, portiamo fuori la bambina". Non l'avessi mai fatto, perché il meraviglioso computer lasciatomi dalla mia ex (sono ironico) vive da impallato; con la cagata dello spegnere-riaccendere ho corrotto il file e non c'è stato modo di recuperare un belino.

Ora seguono altre giornate impegnate a bestia, ma conto di poter dare la seconda parte sabato. Siete due persone a leggere, non mi andava di farvi aspettare 😞

Anyway, sapete chi sono questi due soggetti appena apparsi?

❄️🤭🔥

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