Spaccatura (Seconda parte)

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Il muro ha un retrogusto di intonaco e murales.

Una solenne irritazione scuote le fondamenta del romanziere dissoluto, innocente e perciò doppiamente seccato dall'agire del duro braccio della legge. Due braccia, nel caso del suo placcaggio: Reve lo ha intercettato in un vicoletto, bloccato e costretto alla parete pisciata; vano è stato guizzare fuori dal locale assieme a tutti quelli che, invece, qualcosa da nascondere l'avevano, ma che a differenza sua non sono stati catturati nella retata.

«Levami subito quei tentacoli di dosso, figlio di troia» è polemico lo shinigami. «Qua non c'è niente che scotti.»

«È un piacere anche per me, Luca. Lasciami fare il mio lavoro.»

«Giusto, la perquisa a uno che non gira mai con la merda addosso. Cristo, possibile che voialtri non sappiate stare senza rompere i coglioni alla gente?»

«Senso del dovere, una cosa che a quelli come te manca.»

«Ma sentilo il mezzosangue,» ironizza Luca, «ripulisce gli altri perché così crede di ripulire il marciume dalle sue vene.»

Reve è più muro del muro su cui lo spiaccicato è impotente. «Lascia fuori mia madre e fai meno lo spiritoso, parassita.»

«Disse la sanguisuga che si ciuccia le mie tasse. Dio ⬛, rompe il cazzo pure quando non è in servizio.»

Il divario tra le forze è incolmabile, ma Luca non è solo. Attraverso il fuggi fuggi e il parapiglia, la voce fastidiosa dell'amato si distingue nel far ciò che riesce meglio, offendere, e la bella interviene affinché la bestia venga rilasciata. «Reve, lascialo stare, lui non ha niente» accorre Azzurra.

L'inclemente, che sia vero o falso, non ha interesse ad accertarsene - principi esterni alla professionalità. «Devo lo stesso controllare, è il mio lavoro.»

«Ammazza, abbiamo il poliziottone» infierisce Luca, perso nel magico mare dell'etanolo. «Reve, superdetective senza occhiali, che per campare fa i verbali, ogni spaccino ingabbiera per due grammi d'erba!»

«Reve, davvero,» insiste la cubista, ponendo una mano sulla rigidità dell'avambraccio che non molla il suo uomo, «Luca non fa uso di droghe pesanti e non gira mai con l'erba in tasca.»

«Fumo solo quella degli altri, tutti stupidi tranne me. Hai sentito la ragazza o vuoi ravanarmi anche il buco del culo, sbirrosuga

Più lo ode parlare e più Luca lo sfinisce. Azzurra però è finalmente arrivata. Si può procedere a disseminare zizzania dove non esiste alcun equilibrio. «Certo che l'ho sentita, l'ho sentita parecchio stasera» dice Reve, e l'eco del "parecchio" ha la risonanza desiderata.

Luca è ubriaco, però l'ebbrezza annebbia soltanto una parte del giudizio. Il rimanente raziocinio s'interroga, calcola, solleva ipotesi che Azzurra può confermare o smentire. Lo shinigami, impresso sulla parete, non si ribella, ragiona ancora sul "parecchio". Dal due più due ottiene già la risposta che non vorrebbe ricevere. Allora se ne resta fermo, a farsi perquisire, ribollendo di uno scazzo che non può sfogare su Reve senza mettersi nei casini.

L'altro ha ottenuto quel che voleva, adesso deve solo aspettare in disparte. «Bene, si direbbe che sei a posto. La prossima volta ti prenderò sulla fiducia. State lontani dai guai.»

Se ne va, ma in un certo senso resta.

Il fascino dell'alcol risiede nella sua frizzantezza. Come un buon amico trasporta, scioglie. Capita anche che nella sua schiettezza tocchi punti sensibili, accrescendo sensazioni che la stupida lucidità proporzionerebbe. Quando hai paura di qualcosa, puoi fare la conoscenza della rabbia; il valore dell'onestà non va tradito, ed è proprio quel che lo shinigami ritiene essere stato fatto con l'omissione.

«Luca, mi dispiace...» fa Azzurra incauta, motivata solo da preoccupazione e affetto.

La mano che ha toccato Reve sfiora ora la spalla amata. Lui non si fida più. «Che significa che ti ha sentita parecchio stasera?»

«Come?»

«Azzurra, che hai fatto mentre non eravamo insieme?» la voce s'incrina.

«Niente, io...»

«Hai visto Reve, non è così?»

Lei, spiazzata nonostante potesse aspettarselo, fa un passo indietro, ponendosi sulla difensiva. «Luca, calmati...»

«Rispondi.»

Lo vede, ne soffre l'indurimento. Ha bevuto tanto, potrebbe arrabbiarsi di più. Sapendo di non aver però fatto nulla di male, l'innocenza della sincerità eviterà il litigio. «Sì, ho incontrato Reve. Ma abbiamo solo parlato, non è successo...»

«Bene, non serve altro.»

Purtroppo Azzurra non ha imparato molte lezioni. Prima tra le più importanti, dare sempre ragione a un ubriaco, attendere il ritorno della coscienza e poi passare agli schiaffi rieducativi. Interrotta più volte, ha una rimembranza del suo emozionante vissuto domestico, nel quale mamma aveva torto a prescindere e la parola non gli era concessa. «Posso finire di spiegare?»

«Non devi spiegarmi nulla, basta quello che hai detto.»

«Perché non mi lasci parlare?» chiede l'orgoglio.

«Non mi va, andiamo a casa. A Reve non voglio che ti ci avvicini» sentenzia lui.

«Ma perché? Te lo giuro, ci siamo beccati per caso.»

«Non ne dubito, ma è abbastanza. Stai lontana da quello sbirro e fine della discussione.»

Rimandi alla vecchia vita, alla sottomissione. Non da Luca, non da chi lei pretende sia migliore perché il cuore ha ripreso a battere. È triste a rammentargli: «Avevi detto che non avresti mai controllato la mia vita...», fregandosene dell'alcol che impedisce all'altro di mantenere la calma necessaria, affrontare il problema e illustrarle a modo le sue teorie.

«Infatti non la controllo, ti tengo alla larga dalle teste di cazzo. Avanti, andiamo.»

Azzurra non ci sta. «Io non capisco. Non posso parlare con un uomo, ma te puoi cazzeggiare con Samantha.»

«Samantha non è un pericolo, Reve sì. Non generalizzare, puoi parlare con tutti gli uomini che ti pare tranne lui.»

«Dici così solo perché ti sta sul cazzo.»

«E ho i miei buoni motivi per avercelo. Adesso basta, andiamo» impone lo shinigami, stavolta causa del male prossimo da smaltire.

Azzurra, al tendersi della sua tremolante mano, tira indietro la propria. «No, in questo stato non ci entri a casa mia.»

Rifiuto. La confusione e il mal di testa incidono su un'instabilità emotiva già di suo alterata dai nervi tesi. La reazione di Azzurra, per il tempo sufficiente a non poter più tornare indietro, tocca Luca in un orgoglio diverso per sviluppo. L'ha aiutata, le è stato vicino dopo essersi comportato male, è convinto di averle dimostrato quanto per lui sia importante e insostituibile. Visioni che non si sposano, per questo è complicato andare d'accordo. La sua certezza non è la droga di cui lei ha bisogno per lasciarsi andare, ma un pretesto per offendersi e scordare che Azzurra non è Camilla: non è forte, non è alla sua altezza, non sa fargli abbassare il pelo. E finché è la stizza a dominare, è il lato della scimmia a vincere sull'empatia. «Azzurra, forse non ci siamo capiti...»

Usare la forza sarà l'ultimo suo errore. Lei nel vedersi stretta e tirata via vede anche una scena osservata in terza persona, ma vissuta come se l'imposizione la ghermì. Senza essere in errore, perché quando papà ancora non la picchiava bastavano gli scleri a farla restare chiusa nell'armadio.

Reve, che aspettava nella mischia, ritorna, fa di nuovo l'eroe e riesce nell'intento. Azzurra, libera dalla presa, se ne va con lacrime deluse, in fiamme tra le palpebre che le trattengono. Va verso Aneta, ovunque si sia dileguata, poiché è stanca di perdonare e fingere che le liti e gli insulti siano accettabili condizioni della sua indefinibile relazione.

Ma la peggiore amarezza l'assapora Luca, sulla stessa lingua prima spiaccicata sul muro.
«Che intenzioni avevi, testa di cazzo?» lo sballotta Reve.

Lui non risponde. Lei non si volta.






«Sembri bella incazzata» osserva "allegro" l'uomo in giacca e camicia, insensibile al freddo del sottomondo. Freddo che è sua sorella a far calare per i vicoli all'ingresso della città vecchia.

«Io sono sempre incazzata. Trent'anni che mi conosci, te ne stupisci?»

L'occhio di lui casca sul calcio del cannone che la ragazza si porta tra culo e pantaloni. C'è poco da scherzare stasera. «Sorry, era per fare conversazione.»

«Converseremo a lavoro svolto. Tutto chiaro?»

«Certo che sì, sorellina. Bracco il cretino, lo metto all'angolo e lo rovino di schiaffi se mi costringe.»

«E bravo fratellino che ha capito al volo» replica lei cinica, facendosi offrire una sigaretta impossibile da non fumare. «Stanotte la città è in fermento, abbiamo la crème de la crème. Tranquillo, a tua moglie non dirò che hai fatto a botte con qualche coglione.»

«Meraviglioso. Sono qui che non vedo l'ora di fare esercizio, sto perdendo colpi.»

«Allora vamos. Tu segui lui, io mi fotto lei.»

Dall'accendino, la fiamma. Nelle iridi di ghiaccio splende il fuoco della più cattiva tra le brave ragazze.


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Spazio autore

Tanta fatica per 'sta cagata, domando scusa ancora. Nel prossimo aggiornamento ci rifaremo con una canzoncina molto attuale.

Se ve lo state chiedendo, no. Né Azzurra né tanto meno Luca hanno una minima speranza di farcela contro questi due, nemmeno se fossero loro quelli con le armi. Da provare a tirarglieli i capelli a Michela, in Le lacrime della falena c'è scritto cosa può succedere. E Luca con Alberto, poi... fa già ridere solo a pensarci, ma ci tengo comunque a fare delle precisazioni per rendere l'idea di chi è appena sceso in campo.

Siccome Fuoco e i suoi successivi capitoli sono un grosso soggetto che deve la sua esistenza ai manga shōnen, Alberto non è diverso dal tipico protagonista di uno shōnen e ha sette livelli determinati principalmente dalla rabbia.

A livello base, ora come ora, è l'uomo più forte del mondo, con una sola comprimaria in grado di eguagliarlo. Abbiamo poi la forza isterica, che è come il kaioken di Goku. Seguono la Firefox, la Wildforce, il Fireking, il Firegod e l'Afterfire. In quest'ultima forma, forte dell'armamentario e della sua elevata intelligenza, non scherzo, batterebbe Thanos senza troppa fatica.

Fuoco è però un universo a sé che funziona con la logica del fumetto, qui non si può esagerare. Ma la reazione di Luca posso garantire che sarà oro...

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