25 - Can you read my mind

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Jimin osservava Taehyung ed Alice provare le mosse di autodifesa a braccia conserte appoggiato alla parete di una delle loro sale di prova; lui si era fatto male ad una spalla durante un concerto e non voleva rischiare di peggiorare le cose; così aveva domandato a Tae di sostituirlo, ma qualcosa non andava in lui.

Taehyung era il suo migliore amico, la persona a cui avrebbe affidato la sua stessa vita, eppure lo stava guardando posare le mani su di lei ed era geloso.

Geloso di come le prendeva i polsi quando stava a cavalcioni su di lei, di come le stava addosso fingendo di aggredirla, di tutto.

Sentiva le mani fremere dal desiderio di interromperli.

Anche se non stavano facendo assolutamente nulla di male, erano davanti a lui e stavano solo provando alcune prese, una parte di lui ne era consapevole, ma non era sufficiente a farlo calmare del tutto.

Quando lei aveva accettato di lavorare per la sua stessa compagnia era entusiasta, ma ogni volta vederla scambiare qualche battuta con Namjoon se si incrociavano in ascensore lo feriva, perché vedeva come lui la guardava.

Il suo hyung non si era arreso, era solo in attesa.

Soprattutto notava come lei al contrario evitasse lo sguardo di Namjoon, come se avesse paura di tradirsi in qualche modo.

Il tonfo di Alice sul pavimento lo riportò alla realtà, e piantò lo sguardo carico di rimprovero dritto verso Tae; gli aveva detto più d'una volta di fare più piano.

«è colpa mia, mi sono sbilanciata» disse Alice, notando lo sguardo accigliato sul volto di Jimin.

«non difenderlo» le rispose lui.

«è andata bene dai, sei atterrata sul morbido no?!» disse Tae ridacchiando.

«che stronzetto» lo apostrofò Alice dandogli una pacca sulla coscia ed allungando le braccia così che lui l'aiutasse a risollevarsi.

«Per oggi basta» disse Jimin dopo essersi avvicinato a loro ed averle messo un braccio attorno alle spalle facendo appoggiare con la schiena contro il suo petto.

Aveva bisogno di sentirla vicina, per scacciare quella montagna di pensieri che non facevano altro che tormentarlo.

«Sono sudata Jimin» disse Alice cercando di spostarsi.

«Non me ne frega un cazzo» le rispose con un tono di voce più basso del solito, che la fece un tantino mettere sull'attenti; conosceva quel tono di voce in particolare, era quello che utilizzava nei suoi momenti di insicurezza.

Guardò il volto di Tae davanti a sé e si rese conto che non era l'unica ad essersi accorta che qualcosa non fosse del tutto ok in quel momento.

«io vi lascio, vado a farmi una doccia perché sono sudato da far schifo» disse Tae, prima di dileguarsi rapidamente.

Alice si divincolò dalla stretta di Jimin e si voltò per guardarlo in faccia. La voglia di fargli una ramanzina era tanta, ma ormai aveva imparato che non serviva a nulla se non a farli tornare a casa arrabbiati, e lei era stanca di litigare.

Era ben consapevole del fatto che lui si stesse impegnando, che stesse cercando con tutte le sue forze di non essere troppo geloso e possessivo, la maggior parte dei giorni ci riusciva. E negli ultimi tempi trovava perfino tollerabile che lei e Namjoon scambiassero qualche battuta durante le pause.

Gli prese il viso tra le mani e baciò dolcemente le sue labbra morbide.

Lui reagì immediatamente stringendola a sé, era sempre rischioso baciarsi per loro ma in quel momento era dannatamente contento che lei l'avesse fatto.

«Jimin...» sussurrò con tono di rimprovero Alice quando sentì le mani di lui stringerle il sedere.

«lo so» sospirò lui mollando la presa e premendo la fronte contro quella di lei insofferente alle restrizioni a cui si dovevano attenere per non rischiare il peggio.

«prendo le mie cose e torniamo a casa ok?» gli disse.

«sì, devo prendere qualcosa per questa spalla del cazzo e mi fa pure male un ginocchio» disse lui scocciato.

Alice gli rivolse uno sguardo preoccupato, la faceva sempre sentire di merda la consapevolezza che loro stessero sacrificando la giovinezza e la salute per inseguire i sogni che si erano prefissati.

Non le sembrava affatto corretto, quello non poteva essere il migliore dei mondi possibili se non erano nemmeno padroni della loro salute.

Jimin si distese sul letto mentre Alice si faceva una doccia; avevano cenato in fretta e lei lo aveva aiutato a sistemare i cerotti sulla spalla ed infilato il tutore per il ginocchio.

Si sentiva un vecchio.

Sollevò il lenzuolo sopra la testa e si raggomitolò su un fianco; la mattina seguente era libero e gli sarebbe piaciuto passare quella serata in maniera decisamente diversa.

Alice si infilò sotto il lenzuolo e si avvicinò a lui lentamente; posò le labbra contro il collo di Jimin e vi depositò un paio di baci delicati.

«ho preso la mattinata libera domani, dato che sapevo saresti stato a casa anche tu» gli disse.

Jimin si voltò a guardarla e lei sorrise; fece per aggiungere qualcosa ma lui si buttò sulle sue labbra quasi a volerla divorare; la attirò più vicina e la fece mettere a cavalcioni sopra di lui senza mai smettere neanche per un secondo di toccarla e baciarla.

Scese dai suoi fianchi al suo sedere facendola sobbalzare dal tanto che strinse forte.

«scusa...» le disse staccandosi un istante.

«non è che mi dispiaccia quando fai così» ammise lei guardandolo negli occhi e notando la malizia fare capolino sul viso di Jimin.

Il cellulare di Alice squillò, ma decisero di non interrompere la loro sessione di baci e toccatine poco caste.

«amore magari è importante» fece Jimin alla terza volta di fila che squillava.

Alice si sporse verso il comodino e rispose, senza però muoversi dalla sua posizione sopra di lui e Jimin la vide cambiare completamente espressione nel giro di pochissimi secondi.

Non riusciva a capire di cosa stesse parlando dato che non capiva una parola d'italiano, ma quando la vide tremare e trattenere a stento le lacrime la strinse forte tra le braccia mentre lei finiva la conversazione.

Alice lasciò scivolare il cellulare sul letto e si strinse tra le braccia di Jimin cercando di razionalizzare quello che Sandra le aveva appena detto.

«Ali?» fece Jimin preoccupato.

«è morto David, gli è venuto un infarto questa mattina» disse lei tornando improvvisamente seria ed alzandosi dal letto.

«Alice mi dispiace tanto» fece lui cercando di afferrarle il polso.

«vado un attimo in bagno» gli disse.

Alice si chiuse la porta del bagno alle spalle e ricacciò indietro le lacrime, si sentiva sull'orlo di un crollo emotivo e non ne voleva sapere di affrontarlo, non voleva gestire quel dolore, non in quel momento.

Iniziò a rovistare nei cassetti in cerca di un rasoio, voleva risolvere quel momento come faceva anni prima quando non riusciva a gestire le liti con la madre a causa del suo aspetto fisico.

Finalmente ne trovò uno.

«Jagi no... per favore» dissi Jimin sulla porta; lei non si era nemmeno accorta che l'avesse aperta dal tanto che era assorbita dalla sua spirale cupa.

«Jimin lasciami sola»

«no, io ti amo e non posso lasciartelo fare; non voglio che tu ti faccia del male, sono qui con te Alice, sono qui per te, ti prego» le disse avvicinandosi e tendendo la mano così che lei potesse consegnargli il rasoio.

Alice gli mise il rasoio in mano, non aveva il coraggio di guardarlo in faccia in quel momento; quella era una parte di lei che non aveva mai davvero condiviso con nessuno prima di allora e non sapeva se lui l'avrebbe accettata o meno.

«Quando stai con una persona i lati oscuri contano tanto quanto quelli in luce, me l'hai dimostrato tu, più di una volta quando sono venuti fuori i miei, adesso è il mio turno. Puoi appoggiarti a me se senti che stai andando in pezzi, sono qui» le disse.

In quel preciso istante Alice decise di non trattenersi più, si buttò tra le braccia di quel dolcissimo ragazzo con il quale aveva deciso di condividere la vita e pianse a dirotto; lasciando che lui rimettesse insieme i pezzi del suo cuore quella sera.

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