My way

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Alice era rientrata a lavoro un paio di giorni dopo aver fatto pace con Jimin. Camminava nervosa lungo il corridoio che portava al suo ufficio, aveva nuovamente rifiutato la proposta di lui di andare a lavorare nella sua stessa compagnia, non voleva mischiare la vita privata con il suo lavoro.

Inoltre, era ancora scombussolata per quello che si erano detti quella sera, lui le aveva fatto capire che lei potesse essere potenzialmente più legata a lui di quanto pensasse, ma allo stesso tempo non riusciva a togliersi dalla testa quello che le aveva detto Namjoon, che l'avrebbe aspettata, e nel suo cuore sapeva che era così.

La sua attenzione si spostò verso la figura femminile che stava avanzando nella sua direzione, ci vollero pochi istanti prima che capisse di chi si trattasse, Kate.

«Unnie, abbiamo saputo che sei stata male, spero che ora vada meglio» le disse con un finto mezzo sorriso che avrebbe fatto invidia persino alla Gioconda.

«sì, avevo preso freddo, ma ora va tutto bene»

«guarda che io l'ho capito chi sei Alice» la disse allora Kate, chiamandola per nome per la prima volta e facendole gelare il sangue nelle vene.

«scusa ma non ti seguo» fece Alice fingendosi inconsapevole.

«sei la puttana che prova di portarci via Jimin»

Alice si sentì messa alle corde, se avesse reagito le avrebbe dato conferma di quanto stava insinuando, ma il non provare neppure a difendersi non le sembrava comunque un'alternativa consona alla situazione.

«Oh Alice sei qui, puoi seguirmi in sala bianca un secondo?» disse Min-Ha comparendo alle spalle di Kate.

«certo» disse procedendo verso di lei a passo deciso senza mai interrompere il contatto visivo con Kate, era consapevole che la conversazione non fosse terminata.

Concentrarsi sul lavoro fu parecchio complicato per tutto il resto della giornata, non fece che accumulare errori su errori e quando venne il momento di tornare a casa si sorprese ad esserne sollevata, cosa che non le capitava quasi mai dato che amava il suo lavoro.

Prima di rientrare decise di fare una telefonata, aveva bisogno di parlare con qualcuno di quanto era successo e quel qualcuno non poteva essere Jimin, che avrebbe ripreso a sentirsi in colpa per aver postato quella foto.

«Che succede Alice? il mio migliore amico ti ha fatto arrabbiare, vuoi che lo sculacci?» chiese Tae ridacchiando dopo aver risposto alla sua chiamata.

«no, posso sculacciarlo da sola; ma grazie per esserti offerto. Devo parlare con te di una cosa un pochettino più seria, hai dieci minuti per me?»

«dimmi cosa non va» le disse lui notando dal tono della sua voce che fosse preoccupata sul serio per qualcosa.

Alice spiegò a Tae che cosa stesse succedendo, gli parlò dei primi approcci di Kate e di quello avvenuto quel giorno in corridoio tra loro.

«Hai detto che Jimin lo sa giusto?» domandò Tae.

«sì, non sa di oggi... ho paura che se glielo dico, mi faccia stare a casa domani»

«non sarebbe una cattiva idea»

«Tae, io devo lavorare. Non posso restare a casa a guardare la polvere sui mobili»

«sai quanto guadagna Jimin vero?»

«non mi è mai importato e lo sai» rispose Alice piccata.

«è una delle ragioni per cui sono contento che stia con te» le disse Tae sincero.

«lo so... comunque speravo che tu avessi una delle tue idee geniali, per poter evitare di stare di nuovo a casa, ma temo non ci siano alternative» fece Alice rassegnata.

«devi stare fuori dai loro radar il più possibile, ed inoltre credo che Jimin farebbe bene a parlarne coi manager e trovare insieme il modo migliore per tenerti al sicuro»

«addirittura?»

«Alice in questi casi è sempre meglio essere previdenti»

«ti ringrazio per i consigli Tae»

«figurati, piuttosto se vuoi accenno qualcosa a Jimin di quello che è successo oggi, così te lo faccio arrivare a casa meno agitato» le disse.

«sarebbe fantastico»

«farò del mio meglio» le disse lui prima di chiudere la chiamata.

Alice rimise il cellulare in tasca ed affrettò il passo verso la stazione della metro, si stava alzando un vento gelido ed il cielo prometteva pioggia di lì a poco.

Jimin rincasò più tardi del solito quella sera, non appena Tae l'aveva informato di quanto accaduto ad Alice sul posto di lavoro, lui era immediatamente andato a parlare con i suoi manager ed era riuscito ad ottenere senza troppi sforzi una guardia del corpo per lei.

«Jimin?» lo chiamò Alice dal soggiorno.

«hai già cenato?» le domandò mentre si dirigeva verso la stanza in cui lei si trovava.

«no, volevo aspettarti.»

«Grazie» disse depositandole un bacio leggero sulle labbra.

Si sedette a tavola ed attese che Alice facesse lo stesso, non sapeva bene come intavolare il discorso della guardia del corpo personale per lei, non era sicuro di sapere come l'avrebbe presa.

Alice rimase in silenzio fino alla fine del pasto, poi decise di essere lei la prima a parlare di quello che era successo, dato che era certa che Tae l'avesse ben informato.

«vogliamo parlare dell'elefante nella stanza Sig. Park?» domandò notando una leggera inflessione verso l'alto delle labbra di lui.

«sì Noona»

«bene, immagino che Tae ti abbia fatto un resoconto molto dettagliato della nostra conversazione telefonica»

«Alice io...»

«aspetta, fammi finire; Jimin questo non è il mio mondo, non so come muovermi e cosa sia meglio fare o non fare, quindi ho pensato che la cosa migliore sia lasciare decidere a te che cosa fare adesso» gli disse.

Jimin rimase piacevolmente sorpreso dalla decisione di Alice, era convinto che avrebbe dovuto insistere parecchio per convincerla a fare come voleva lui; invece, lei gli stava lasciando carta bianca.

«devi esserti spaventata più di quanto immaginassi, per lasciarmi decidere tutto senza un minimo di discussione tra noi» le disse preoccupato.

«sì, è vero. Mi sono spaventata... ma non voglio che tu ti senta in colpa per questo. Sapevamo che prima o poi sarebbe successo, non è facile restare fuori dai radar delle vostre fan a lungo» disse lei con tono estremamente calmo, non voleva che lui ricadesse nella spirale di autocolpevolizzazione che lo aveva assorbito pochi giorni prima.

«vorrei fosse più facile per te stare con me» ammise rattristato dalla sua stessa considerazione.

«ed io vorrei mangiare gelato senza ingrassare, non possiamo sempre avere ciò che vogliamo.»

«sono serio Alice» la riprese.

«troppo serio, è solo un brutto momento passerà vedrai»

«potrebbe volerci molto tempo, sei sicura di...»

«Jimin, noi stiamo insieme. Dovrò imparare a convivere con questo aspetto della tua vita finché sarò la tua ragazza. Posso farcela, possiamo farcela entrambi» disse Alice interrompendolo perché sapeva perfettamente dove lui stesse per andare a parare e non gli avrebbe permesso di ribadire ancora una volta che le stava chiedendo troppo e tutte le altre stronzate che seguivano.

Jimin annuì e prese in mano il cellulare per controllare che cosa gli fosse arrivato, dato che aveva vibrato parecchie volte nella sua tasca mentre stavano parlando.

Seguì ogni movimento di Alice, che sparecchiava e riordinava la stanza in maniera attenta e rapida come sempre.

Amava guardarla, i suoi movimenti fluidi e controllati, i suoi capelli sciolti che dondolavano da una parte all'altra delle sue spalle, amava davvero ogni cosa di lei.

Ed il pensiero che qualcuno potesse farle del male non riusciva ad abbandonare la sua testa.

Si alzò e la raggiunse mentre stava sciacquando le ultime cose, l'abbracciò da dietro e posò la testa sulla sua spalla.

«vorrei che tu ti allenassi con me per imparare a difenderti nel caso ti dovesse servire» le disse aumentando la stretta attorno alla vita di Alice, nella speranza che lei non rifiutasse la sua richiesta.

«ok, farebbe stare più tranquilla anche me»

«grazie, ti aspetto a letto» disse lui depositandole un bacio sul collo.

Una volta finito di sistemare le ultime cose ed aver mandato via un paio di e-mail di lavoro, Alice raggiunse la camera da letto.

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