33 - "42"

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Alice aprì gli occhi, aveva sentito il cellulare vibrare sul comodino; accanto a lei Kevin russava della grossa.

Allungò il braccio e recuperò il cellulare.

"42... vieni prima dell'alba"

Era un messaggio di Namjoon, contenente solo quel numero, ai più sarebbe sembrato assurdo, ma lei intuì cosa volesse dire.

Afferrò lo zaino ed estrasse il suo portafoglio, alla ricerca della loro lista.

Il numero 42 era il National Museum of Western Art di Tokyo.

Prese un foglio di carta e lasciò un messaggio per Kevin, non voleva che si preoccupasse inutilmente per lei.

Si vestì cercando di fare meno rumore possibile e poi scese nella hall, ad attendere il taxi che aveva prenotato.

Non aveva risposto al messaggio di Namjoon, quindi non era del tutto convinta che lui sarebbe stato lì ad attenderla.

Le luci della città scorrevano veloci fuori dal finestrino del taxi; Alice si sentiva il cuore in gola, era come se una parte di lei fosse convinta di fare qualcosa di estremamente sbagliato andando dove Namjoon le aveva chiesto, vedendolo, dopo quello che era successo poche ore prima; forse non era emotivamente pronta per vederlo in quel momento.

Il taxi si fermò davanti al cancello chiuso del museo; il tassista le chiese nuovamente se fosse sicura di essere nel posto giusto, le sembrava parecchio preoccupato all'idea di lasciare una donna sola in un posto semi-deserto a quell'ora.

Lei lo rassicurò convincendolo ad andare.

Aveva notato l'auto scura parcheggiata poco distante; non appena il taxi si fu allontanato l'auto si mise in moto e la raggiunse.

Namjoon aspettò che lei si fosse accomodata sul sedile accanto a lui e che il manager fosse sceso dall'auto lasciandoli soli.

«sei venuta» constatò voltandosi a guardarla.

«Non sono per niente convinta che sia stata l'idea più intelligente da prendere visto tutto il carico emotivo di merda che ho messo insieme nelle ultime ore» gli fece presente Alice seria.

«quello che ti ho scritto, e che ti ho ripetuto in ascensore è vero, io ti...»

«smettila di ripeterlo Joonie»

«perché? tu non provi niente per me? non ci credo Alice»

«è complicato, non so cosa provo in questo momento... ho il cuore spezzato, la testa piena di domande e non riesco a capire come uscirne»

Namjoon si sporse verso di lei e sfiorò le labbra morbide di Alice con le sue, ma la vide spostarsi subito.

«Se lascio che succeda qualcosa tra noi adesso, non sarò migliore di lui» disse amareggiata.

«Alice...» sospirò Namjoon mettendole una mano sulla coscia e notando una smorfia di dolore comparirle sul volto.

La consapevolezza che lei si fosse fatta del male a causa di quello che era successo lo colpì come uno schiaffo in pieno volto; sentì la mano di Alice spingere via la sua e la vide voltarsi per aprire la portiera dell'auto.

La trattenne per un braccio attirandola verso di sé.

«fermati» le disse cercando di farle alzare il volto.

Alice incontrò lo sguardo di Namjoon ed in quel preciso istante non riuscì più a trattenere le lacrime si aggrappò alle spalle del ragazzo e pianse.

Namjoon la spostò senza fatica, facendola sistemare a cavalcioni sulle sue cosce per stringerla ancora di più a sé.

Rimasero parecchio in quella posizione, lui era intenzionato a non lasciarla andare finché non si fosse calmata; Alice dal canto suo si stava trovando dannatamente bene tra le sue braccia.

«ci hanno riempito di domande sai...» le disse interrompendo il silenzio.

«Mi dispiace, non avrei dovuto reagire in quel modo... ma è stato più forte di me» ammise Alice sollevandosi per guardarlo in faccia.

Namjoon le mise le mani sui fianchi per sostenerla e sorrise debolmente.

«Forse è il caso che io vada; avrete le prove per il concerto di stasera» gli disse prima di cercare di spostarsi dalla sua posizione.

Namjoon rinsaldò la presa sui suoi fianchi.

«chiarisciti le idee, prenditi tutto il tempo che ti serve... ma dammi una risposta Alice, anche se dovessi decidere di restare con lui, dimmelo» le disse serio.

Dentro di lui sperava che lei non tornasse da Jimin, che stesse con lui, ma l'aveva guardata in faccia quando urlava contro il più piccolo poche ore prima, e aveva visto quanto fosse ferita.

Jimin le aveva spezzato il cuore e la ragione risiedeva nel fatto che lei ne fosse comunque innamorata, poco o tanto, non faceva alcuna differenza.

La portò fino al suo hotel e si salutarono velocemente; lui doveva comunque rientrare prima che gli altri si svegliassero, non voleva sorbirsi l'ennesimo terzo grado, ne aveva già avuto abbastanza.

Jimin si guardò nuovamente allo specchio, non aveva chiuso occhio quella notte; durante le prove era stato distratto, ed in quel momento l'ultima cosa che avrebbe voluto fare, era salire sul palco e fingere che fosse tutto ok.

«cinque minuti ragazzi» li informò una ragazza dello staff.

Si alzò in piedi e seguì gli altri, ogni gesto era automatico e cronometrato fin quasi a rasentare la perfezione.

Dopo essersi posizionato alle spalle di Jin prese un bel respiro, ricordando a sé stesso che in quella situazione di merda ci si era infilato da solo.

Avevano appena terminato il secondo brano, quando la vide.

Alice era in terza fila accanto a Kevin.

Era andata a vederli ugualmente, nonostante quello che era accaduto tra loro.

Tae gli diede una pacca sulla spalla per riportarlo alla realtà, non era consigliabile che si mettesse a fissarla in quel modo durante il concerto.

Alice si era accorta del fatto che Jimin si fosse bloccato nell'istante esatto in cui l'aveva vista tra la folla di Army.

Si erano guardati negli occhi, ma alla fine era stata lei la prima a distogliere lo sguardo, non riusciva proprio a guardarlo come prima.

Le faceva troppo male pensare al fatto che l'aveva tradita con tutta quella leggerezza.

Come se quei mesi insieme non avessero avuto alcun valore per lui, come se fosse stato solo un gioco; come quelli che si fanno da bambini, dove si finge di essere il medico, l'avvocato, il pirata; prove di vita, per capire a cosa potremmo davvero volerci abituare

Lei alzò nuovamente lo sguardo verso il palco e vide Namjoon, la stava osservando mentre beveva piccoli sorsi dalla bottiglietta che aveva appena raccolto da dietro una delle casse.

Continuò a guardarlo finché lui non posò la bottiglia e si voltò dalla parte opposta rispetto a dove si trovava lei.

Pochi secondi dopo la voce di Namjoon che cantava senza base la sua strofa di "134340" risuonò nello stadio.

"Dimmi che cos'ha la Luna che io non ho"

Quella strofa, lanciata nell'aria con la sua voce calda e profonda, le fece capire quanto lui volesse che non lo respingesse ancora.

L'intero stadio continuò a cantare accompagnando Namjoon, prima che Jin lo interrompesse fingendosi il pagliaccio di turno per evitare che la cosa andasse troppo oltre, dato che aveva notato lo sguardo scuro di Jimin.

Kevin si avvicinò ad Alice, non essendo affatto uno stupido non gli era sfuggito nulla di quello che stava succedendo, su quel palco.

«vuoi che ce ne andiamo prima che finisca?» le domandò all'orecchio.

Lei si limitò ad annuire, per poi lasciare che Kevin le prendesse la mano e la portasse con lui verso l'uscita; andare al concerto era stata una pessima idea, non era in grado di guardare in faccia Jimin, e non voleva vedere Namjoon soffrire per colpa sua.

Dovevano darsi tempo, tutti quanti.

Alice era sdraiata sul letto della sua camera, Kevin era rimasto con lei per una mezz'ora abbondante dopo che erano rientrati dal concerto in anticipo, probabilmente per assicurarsi che non facesse altre stronzate.

Si passò le dita sulle cosce, e sentì i solchi dei tagli sotto di esse; dopo tanti anni non poteva credere che ci fosse ricaduta in quel modo.

Si rannicchiò su un fianco e strinse il cuscino tra le braccia.

Stava per spegnere la luce quando bussarono alla porta.

Si alzò, senza preoccuparsi di prendere qualcosa per coprirsi, convinta che fosse Kevin che come sempre le chiedeva in prestito questo o quel cosmetico.

Aprì la porta con un mezzo sorriso disegnato in volto, sorriso che scomparve immediatamente quando non riconobbe in Kevin la figura che le stava davanti.

Sotto al cappuccio nero ad alla mascherina, Alice aveva riconosciuto perfettamente gli occhi di Jimin.

Fece per chiudergli la porta in faccia ma lui la prese in contropiede e la spinse dentro la stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

Le mise le mani sulle spalle e la fece sbattere contro la parete.

«che hai fatto sulle cosce?!» le urlò, lanciando la mascherina.

«vaffanculo Jimin, ti importa adesso che cosa faccio?»

«Ho chiamato io Kevin per dirgli di non lasciarti sola l'altra notte, ma non sembra sia servito a molto» le rinfacciò.

«togliti quello sguardo di rimprovero dalla faccia Jimin; adesso chiami il tuo manager e ti fai riportare al tuo hotel» disse Alice.

«io non me ne vado da qui»

«te ne vai invece, adesso!»

«Alice tu mi ami, te lo leggo in faccia; lo so da come mi guardavi stasera sul palco»

«Jimin, vattene via porca troia! lo capisci che mi hai fatto del male oppure no?» sbottò Alice spingendolo lontano da lei.

Jimin le prese i polsi e la spinse verso il letto, facendola cadere rovinosamente sul materasso e mettendosi sopra di lei tenendole bloccate le braccia sulla testa.

«che cosa vuoi fare Jimin?» gli chiese Alice preoccupata da quella situazione.

«niente Noona... hai paura di me?» domandò sorpreso Jimin, leggendole il timore nello sguardo.

«allora liberami le braccia»

Jimin lo fece rimanendo però a cavalcioni sopra di lei.

Lei lo guardò sfilarsi la felpa e poi la maglietta che aveva sotto, per rimanere a torso nudo davanti a lei.

Al collo aveva la sua catenina in argento, quella che lei gli aveva lasciato sul comodino la sera prima, abbandonando il suo hotel e le stava indicando proprio quella con il dito.

«Alice» la chiamò e lei alzò lo sguardo verso il suo volto.

«lo so che ho fatto una stronzata, ma ti prego di ascoltarmi; concedimi almeno il tempo di spiegarti di scusarmi con te»

«hai 5 minuti, ma scendi» disse lei.

Jimin si spostò dalla sua posizione come lei gli aveva domandato; la osservò appoggiarsi alla testata del letto e raccogliere le gambe al petto; quelle gambe nude che rivelavano chiaramente quanto lui le avesse fatto male.

Jimin recuperò la felpa e la indossò nuovamente prima di accomodarsi accanto a lei.

«sono stato un pezzo di merda, sono andato con quella ballerina solo perché mi faceva i complimenti e avevo voglia di svuotare le palle... mi piacciono i complimenti, le lusinghe, lo sai; forse una parte di me voleva che tu lo scoprissi, che mi lasciassi, perché io non riuscirei mai a farlo, non potrei mai lasciarti»

«quindi mi stai ringraziando perché ti ho lasciato?»

«Mi hai lasciato Noona?» le chiese cercando conferma.

«ti ho detto di non chiamarmi più Noona e ti ho detto che non voglio vederti per un po'...mi spieghi perché cazzo sei venuto qui stasera?»

«e tu perché sei venuta al concerto se non volevi vedermi?»

«forse non è per te che sono venuta» rispose cattiva.

«non è lo sguardo di Namjoon che non sei riuscita a sostenere Noona»

«smettila di chiamarmi noo...» dissi Alice voltandosi verso di lui di scatto ma venendo interrotta dalle labbra di Jimin che si erano appena schiantate contro le sue.

Alice maledisse sé stessa perché non si stava opponendo a quel bacio.

Una mano di Jimin andò a posarsi sulla sua coscia ed in quel momento lei lo spinse via.

«smettila di farmi del male» gli disse.

Jimin si spostò, non credeva di spingersi tanto oltre.

Rimasero in silenzio per qualche minuto, un silenzio assordante per entrambi e doloroso soprattutto per lei.

«vorrei che te ne andassi adesso, devo riposare» disse Alice voltandosi verso di lui.

«Chiamo qualcuno per farmi venire a prendere» disse alzandosi dal letto.

Alice si infilò sotto al lenzuolo e chiuse gli occhi, voleva fingere che lui non ci fosse, che niente di quella sera fosse realmente accaduto, non voleva neppure sentirlo andarsene, chiudersi la porta alle spalle e fregarsene del casino che aveva lasciato dentro di lei.

Jimin rimase seduto sul bordo del letto in silenzio, in attesa che il suo manager gli dicesse di scendere perché era arrivato.

Non voleva lasciarla sola, ma allo stesso tempo non era sua intenzione imporre la sua presenza più di quanto non avesse già fatto.

Quando il suo manager gli scrisse, fece per alzarsi ed andarsene, ma si trattenne dal farlo senza dirle un'ultima cosa.

«farò di tutto per farmi perdonare Noona» le disse, raggiungendo poi la porta ed uscendo dalla stanza.

Alice sentì le lacrime rigarle il viso, non voleva piangere, ma non riusciva a trattenersi.

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