7 - Poker Face

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Jimin era seduto sul letto della sua stanza, era più di mezz'ora che stava cercando di scrivere ad Alice per chiederle se le avrebbe fatto piacere vederlo. Stavano affrontando l'ennesimo tour e si trovavano in Francia in quel momento.

Ormai da quella sera a Kyoto era passato più di un mese e dopo che lei gli aveva fatto un regalo per il compleanno, cosa del tutto inaspettata che lo aveva anche commosso non poco, si era convinto che era giunto il momento di farsi avanti definitivamente. Voleva fare le cose per bene, una cena, regalarle dei fiori nella sua testa era già partito il film dell'intera serata con tanto di bacio finale, era un romanticone. Non era però sicuro che quello fosse un approccio apprezzato dalle donne occidentali come era invece per le coreane e questo lo frenava tantissimo, inoltre lei era più grande, magari aveva aspettative diverse; però non riusciva a smettere di pensare a lei neanche per un attimo, all'inizio le scriveva solo per parlare e scambiare meme idioti, poi aveva iniziato ad aprirsi con lei, erano iniziate le chiamate lunghe ore in cui lei lo rassicurava sul fatto che nessuno avesse notato uno stupido errore commesso durante la coreografia, in poche settimane si era reso conto che la mancanza di quei messaggi era qualcosa di tangibile, lasciava un vuoto che poteva quasi sentire; si scompigliò i capelli nervosamente un paio di volte e si decise a scriverle.

Quando Alice mise piede fuori dall'aeroporto di Charles de Gaulle, il suo cervello iniziò a pensare senza fermarsi un attimo, cosa diavolo ci faceva lì? Come le era venuto in mente di accettare l'invito di Jimin, quando in cuor suo sapeva perfettamente che non era per lui che aveva realmente messo il suo culo sull'aereo quella mattina. La realtà che non poteva assolutamente nascondere a sé stessa era il fatto che voleva rivedere Namjoon, non le era proprio andato giù il modo in cui si erano lasciati, in cui lui l'aveva lasciata.

Era dispiaciuta per Jimin, ma ad essere onesta lei non gli aveva promesso un bel niente, si stavano semplicemente sentendo niente di serio. Lui aveva inizialmente insistito per mandare una macchina a prenderla per portarla al suo hotel, ma lei si era imposta, facendogli notare che avrebbe potuto dare nell'occhio, inoltre aveva una valigia davvero leggera, dato che sarebbe rimasta solo un paio di giorni; quindi, la metro era il mezzo di trasporto perfetto.

Jimin era davanti allo specchio, non riusciva a smettere di guardare il piccolo brufolo che gli era spuntato appena sotto lo zigomo, era praticamente impercettibile, assolutamente niente di sconvolgente, ma lui non riusciva a smettere di guardarlo, era come se il suo viso non esistesse al di fuori di quei millimetri incriminati. Sentì la serratura della porta scattare e si precipitò fuori dal bagno.

«Ah, ciao...» fece Alice interdetta, era convinta di avere una camera tutta sua.» non avevo capito che avremmo diviso la stessa camera» gli disse chiudendosi la porta alle spalle.

«Ti dispiace?» le chiese lui preoccupato di aver frainteso le intenzioni di Alice.

Lei posò lo zaino sulla poltrona accanto alla porta e svolse la sciarpa verde da attorno al suo collo con disinvoltura, aveva notato che indossava gli orecchini che lei gli aveva regalato per il compleanno, e che c'era un mazzo di rose rosse posato sul letto dietro di lui, in quel momento le fu chiaro come il Sole che per lui la relazione aveva tutta un'altra valenza e si maledisse per non aver rifiutato.

Gli sorrise, era troppo stanca e lontana da casa per spezzare il cuore a qualcuno.

«Non mi dispiace» mentì» solo che pensavo che voi coreani ci andaste più piano con queste cose, è la prima volta in cui ci vediamo ufficialmente e dividiamo la stessa stanza e lo stesso letto.» disse lei.

«Non ti forzerei mai a fare nulla che non ti andasse bene» disse lui sincero.

Lei sorrise debolmente, "l'unico che potrebbe provare forzarmi a fare qualcosa, non si trova in questa stanza" pensò, sentendosi di nuovo una stronza di dimensioni bibliche.

Si avvicinò a lui e gli diede un bacio leggero sulle labbra, solo per dimostrare definitivamente a sé stessa che per lui non provasse altro che una semplice attrazione fisica, e la sensazione che ne scaturì non la smentì; Lui era dolce, carino e molto impacciato e lei, beh lei non era una mamma, da quando avevano iniziato a parlare si era accorta in fretta che quello che il ragazzo cercava era un sostegno costante, continui incoraggiamenti e conferme. Si faceva parecchio schifo in quel momento, nel vederlo arrossire leggermente imbarazzato davanti a lei e sapere di non ricambiare con la stessa moneta.

«vado a farmi una doccia, sono a pezzi» gli disse.

«certo. Ho ordinato la cena per entrambi, mangeremo sul terrazzo» disse lui indicandolo.

Lei seguì la direzione con lo sguardo e si diresse verso la grande finestra in parte celata dalla tenda bianco panna; scostò il leggero lembo di tessuto e il suo cuore per un battito, si vedeva tutta Parigi.

Come per i più classici film di serie B, il panorama valeva la presa in giro.

«è bellissimo» si voltò a dirgli.

Namjoon era seduto nella sua stanza intento a visionare alcune riprese del concerto della sera precedente, per tutto il giorno aveva fatto del suo meglio per ignorare la presenza di Alice a così pochi metri da lui; continuava a ripetersi che quei pochi giorni sarebbero volati, avevano un secondo concerto il giorno seguente e poi via, verso la prossima tappa del tour.

La cena era ormai conclusa, Jimin si passava nervosamente le mani sui pantaloni, era ancora seduto al tavolo mentre lei era appoggiata al balcone e guardava la città illuminata con una tale intensità che si sentiva quasi in dubbio se andare a parlare con lei oppure no, prese il coraggio a due mani e si alzò dalla sedia per raggiungerla.

«Hai freddo?» le chiese mettendole un braccio attorno alla vita; in quel momento gli sembrava che il cuore potesse esplodere da un momento all'altro, si sentiva sempre così insicuro e si odiava per questo.

«Non sono una freddolosa, ma possiamo anche metterci a letto se vuoi» gli disse.

Lui la seguì dentro, mentre lei cercava qualcosa di comodo nella valigia, lui prese il suo pigiama e fece per andare a cambiarsi nel bagno.

«Non c'è bisogno che tu vada a cambiarti in bagno» disse.

«ok...» rispose leggermente titubante per poi voltarsi per togliersi i vestiti dandole la schiena. Si sentì mettere le mani sui fianchi e si voltò, trovandosi Alice davanti.

«Hai un corpo perfettamente normale, non c'è nulla di cui tu debba vergognarti» gli disse sollevandogli la maglia e facendogliela togliere.

«Non è sempre facile da credere» disse lui.

«Oh, lo so credimi» gli rispose abbassando i jeans» Guarda, questa sono io che "amo "il mio corpo a 25 anni» aggiunse mostrandogli delle cicatrici sulle cosce.

Lui si scostò i capelli dalla fronte, e la guardò negli occhi.

«perché ti sei fatta una cosa simile?» le chiese.

«non mi amavo abbastanza da credere di meritare compassione neppure da me stessa» disse sincera.

«la strada per l'accettazione e l'amore per noi stessi è sempre in salita Jimin, lo è per tutti. Ora mettiti quel pigiama e fila a letto» disse facendolo sorridere.

Cercarono un film su Netflix, lei si accorse che lui si stava avvicinando sempre di più e la voglia che lui aveva di guardare effettivamente lo schermo del computer era decisamente poca. Lasciò che facesse la prima mossa, per capire fin dove volesse effettivamente spingersi.

Jimin si sporse a cercare la bocca di Alice, la baciò dolcemente, non voleva sembrare troppo sfacciato, lei ricambiò il bacio e gli morse il labbro inferiore, un po' più forte di quanto si sarebbe aspettato e la cosa gli diede una forte scossa lungo la schiena, si mise a cavalcioni sopra di lei e riprese a baciarla, quando lei gli mise le mani sulle cosce si bloccò, non voleva correre così tanto.

«che succede?» chiese Alice dopo che lui si era rimesso nel suo lato del letto.

«non voglio che tu creda che ti considero facile, lo so che ti piaccio fisicamente e spero anche come persona... ma non voglio correre.» le disse.

«ok, c'è qualcosa che dovrei sapere? sei ancora...»

«no, non lo sono. Oddio, non ho certo avuto la possibilità di fare molta esperienza, ma alle basi almeno ci sono arrivato.» si affrettò a rispondere facendola sorridere

«ottimo, ti confermo che anch'io alle basi ci sono arrivata» disse lei.

«con quanti uomini sei stata? puoi non rispondere se è troppo personale» fece lui mettendosi seduto a gambe incrociate.

«uno, il ragazzo con cui ho perso la verginità a vent'anni e basta, non sono neanche sicura che fosse sesso» ridacchiò imbarazzata richiamando quel ricordo alla memoria.

«eri innamorata di lui?»

«no, ero solo curiosa di capire se in due fosse meglio, e ho capito che è solo più faticoso» rispose sincera. Notò che si era fatto serio.

«che succede?» chiese sistemandosi davanti a lui.

«ti sei mai innamorata?»

«wow, questa è una serie di domande belle toste per un primo appuntamento Jimin...e stai facendo domande solo tu. Comunque, non mi sono mai innamorata, le persone non mi ispirano mai abbastanza fiducia da lasciarmi andare»

«di me di fideresti?»

«Jimin...» tentennò lei.

«vorrei che tu diventassi la mia ragazza» le disse sincero, guardandola dritto negli occhi e tormentandosi il labbro inferiore.

«io...»

«non me lo devi dire adesso, volevo solo farti capire che le mie intenzioni sono serie e non voglio giocare»

Alice annuì non sapendo che cosa le sarebbe convenuto aggiungere in quel momento, lui si buttò a peso morto sul letto e con un rapido movimento del corpo si voltò per guardarla, lei spostò il pc dal letto e si sdraiò a sua volta.

«raccontami qualcosa Alice, la tua voce mi fa sempre rilassare» le disse avvicinandosi a lei e nascondendo il viso nell'incavo del suo collo.

Non sapendo cosa dire, lei iniziò a parlargli di Parigi, raccontandogli delle sue avventure in quella città nel corso dei suoi viaggi; quando lo sentì respirare con regolarità smise di parlare e chiuse gli occhi a sua volta, si era cacciata davvero in una situazione scomoda.

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