8 - folding up your arms, closing up your heart

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Jimin allungò il braccio nel letto in cerca di Alice ma si accorse di essere rimasto solo, la sveglia l'aveva riportato alla realtà in modo piuttosto brusco e sperava che il fatto di trovarla lì sarebbe stato d'aiuto. Si sollevò a sedere e prese il cellulare, per controllare se ci fossero messaggi.

Niente.

La porta della stanza si aprì ed Alice comparve con qualcosa tra le mani.

«maledizione, sei già sveglio» disse.

«mi stavo preoccupando»

«ero convinta di metterci meno tempo, tieni» disse lei allungandogli un sacchetto di carta leggermente stropicciato con scritto sopra Pierre Hermè.

Lo sguardo di Jimin si illuminò quando ne scoprì il contenuto; c'erano almeno una ventina di macarons al suo interno.

«dovrei essere io quello che ti fa regali.» le disse timidamente.

«mi hai pagato un volo e la camera ... direi che comunque sei ancora in vantaggio tu» fece lei.

«forse...» si limitò a dire addentando un macaron al cioccolato fondente.

«cosa farai oggi mentre noi saremo alla radio per l'intervista?» le chiese.

«come ogni volta che vengo a Parigi, cercherò di trovare il coraggio di vivere il mio momento in stile "Bande a Pàrt" dentro il Louvre» disse lei.

«cosa?»

«è un vecchio film della Nouvelle Vogue francese, inseriscilo nella lista che ti ho fatto, non puoi non conoscerlo» disse lei.

Lui mangiò un altro paio di macaron e poi si preparò per uscire; in momenti come quello si sentiva inadeguato rispetto a lei, come poteva pensare che una ragazza così intelligente, potesse prendere sul serio una relazione tra loro due?

Alice lo osservò mentre si preparava per uscire, controllava continuamente ed ossessivamente la sua immagine riflessa nello specchio; si chiese come diavolo fosse possibile che una persona tanto bella, fosse anche tanto insicura del suo aspetto. Prese la giacca nera che lui aveva scelto e lasciato sul letto e gliela passò.

«smetti di stressarti, stai benissimo» gli disse seria.

«lo so, stavo solo cercando di non essere troppo affascinante, infatti, non vorrei che gli altri sfigurassero troppo» disse lui facendola ridere di gusto.

«che modestia» disse.

Alice si mise lo zaino sulle spalle e fece per prendere la sua sciarpa, ma Jimin la precedette.

«quella mi serve, non indosso la giacca perché la trovo scomoda e col freddo mi prendo sempre dei tremendi mal di gola senza la sciarpa» disse.

«puoi prenderne una delle mie» le disse indicando la sua valigia» questa ha il tuo profumo e mi aiuterà a stare rilassato.» aggiunse affondandovi il naso.

«ma il verde non ti sta bene» cercò di insistere Alice.

«a me sta bene tutto» concluse lui prima di uscire dalla porta facendole l'occhiolino.

Durante il viaggio verso la radio Namjoon si maledisse per non essersi svegliato prima ed aver preso l'auto con Jin e Hoseok; ora era bloccato accanto Jimin e poteva distinguere senza alcuna difficoltà il profumo di Alice su di lui.

«Allora che farà la nostra Alice mentre tu sei alla radio?» chiese.

«Ha detto che voleva andare al Louvre a fare non so cosa... "Nonde a Pàrt", non ricordo, ha detto che è un film.» rispose Jimin voltandosi verso Namjoon.

«"Bande a Pàrt" ...» si limitò a correggerlo. Sapeva perfettamente di che cosa stesse parlando Alice, era una delle tante cose che era stata affrontata nei loro innumerevoli discorsi sul cinema.

Namjoon prese il cellulare e le scrisse "scommetto che non hai le palle di correre per il Louvre", poi mise la modalità aereo per evitare di distrarsi nel corso della loro intervista alla radio, stava pur sempre lavorando.

Alice stava passeggiando poco distante dal Louvre, aveva ricevuto il messaggio di Namjoon e voleva metterlo alla prova, "lo dovevamo fare insieme, se non ricordo male" gli aveva risposto senza ottenere nessuna risposta da parte sua però. Sapeva che il giorno dopo ci sarebbe stato il concerto e sarebbero andati a provare prestissimo, quella giornata era fondamentalmente tutto quello che avevano, una manciata di ore, sempre che lui decidesse di accettare e raccogliere il suo guanto di sfida.

Le ore passarono e lei fece il suo giro all'interno del museo comportandosi come una perfetta turista che ama rispettare le regole.

Una volta uscita dal Louvre era tardo pomeriggio, c'erano un paio di messaggi di Jimin che le diceva che sarebbe tornato in camera per riposare in vista del concerto e ce n'era uno di Namjoon "vieni davanti alla Sorbonne alle 17.00".

Lei si rese conto che mancavano solo una ventina di minuti alle 17.00 e che il messaggio le era arrivato due ore prima, decise di andare ugualmente.

Namjoon era seduto in attesa di Alice; un paio di guardie del corpo lo controllavano da lontano, girare da soli era sempre pericoloso per loro. Avrebbe desiderato una maggiore intimità, non per fare chissà cosa, solo per fingere che fosse solo un ragazzo che passeggia con una ragazza, come tutti.

La vide arrivare da lontano, camminava senza mai guardare dove mettesse i piedi, lei teneva lo sguardo alto e ammirava ogni cosa la circondasse, come se stesse costantemente immagazzinando ogni fotogramma delle sue giornate, ogni singolo istante.

«il Louvre chiude tra un'ora» disse quando l'ebbe raggiunto stringendo i lacci del cappuccio della felpa, per far entrare meno aria fredda e maledicendo Jimin per essersi appropriato della sua sciarpa.

«Hai freddo?» le chiese dato che aveva notato quello che aveva fatto.

«un po', ma se ci muoviamo non lo sento»

«tieni» disse lui facendo per togliersi la sua sciarpa dal collo.

«non ci pensare nemmeno, domani devi cantare.» dissentì lei.

Lui fece finta di nulla e le mise, comunque, la sciarpa attorno al collo, non era preoccupato di prendere freddo in quel momento.

«che stiamo facendo qui?» chiese lei mentre osservava le mani di Namjoon sistemarle attentamente la sciarpa.

«vieni» si limitò a dire iniziando a camminare.

Alice lo seguì non sapendo bene che cosa aspettarsi in quel momento, le sembrava tutto così irreale, il suo cervello le aveva imposto di tornare indietro almeno una ventina di volte, ma non voleva dargli ascolto, lei voleva sapere dove la stava portando così silenzioso. Lui teneva lo sguardo fisso sulla mappa del cellulare e lei guardava solo lui in cerca di un contatto visivo per interrompere quel limbo acustico nel quale l'aveva relegata.

Quando svoltarono l'ennesimo vicolo lei si rese conto di sapere esattamente dove stessero andando e si bloccò prima di vedere quello che non era pronta a vedere.

«non posso venire là» gli disse.

«non potevi vederla da sola dopo quello che è successo in aprile, hai detto. Io sono qui perché tu non lo debba fare» disse lui.

Lei prese tutto il suo coraggio e proseguì il tragitto che li avrebbe portati a Notre Dame; l'aveva vista così tante volte, Parigi era una delle sue mete di fuga preferite in Europa, quando aveva appreso la notizia del suo incendio era rimasta a piangere davanti alla televisione come una bambina, non ci poteva credere. Arrivarono sul retro della cattedrale dove prima si ergeva imponente e meravigliosa la guglia gotica, ora c'erano solo gelide impalcature di metallo e legno al suo posto. Alice chinò il capo, non appena si rese conto che le lacrime stavano iniziando a rigarle il viso "chi piange per una Cattedrale...?" si chiese ancora una volta, mentre cercava di asciugarsi gli occhi con il polsino della felpa.

«perché?» chiese Alice.

«perché a volte le persone hanno bisogno di perdere le cose importanti prima di capire quanto lo fossero» le rispose serio.

«tu non mi hai mai perso» disse lei spontaneamente, salvo poi pentirsi di quello che aveva appena detto.

«ti ho lasciata andare, l'ho fatto quando le cose erano ancora all'inizio, ed ora tu sei qui per un'altra persona, che non ho intenzione di ferire per un mio errore. Ti ho chiesto di vederci perché avevo bisogno che tu sapessi che sono disposto ad aspettare. Voglio che tu decida di stare con me consapevolmente, dopo aver valutato attentamente l'opzione che in questo momento ti si è presentata davanti. Jimin è un bravo ragazzo, è giusto per te? non lo so. Egoisticamente spero di no.» le disse guardandola.

Lei era rimasta di sale nel sentire quello che lui le aveva appena detto, quasi non si accorse che si era avvicinato tanto da poterla abbracciare; alzò lo sguardo e incontrò il suo riflesso negli occhiali scuri del ragazzo. Alice fece per dire qualcosa, ma lui si avvicinò ancora, ormai li separavano solo pochi centimetri, azzerò quella distanza con un semplice passo, trovandosi ad abbracciarlo prima che il buonsenso le tornasse.

Namjoon dovette resistere al suo istinto di baciarla in quel momento e venire meno alla promessa che aveva fatto a sé stesso di non tradire l'amicizia con Jimin.

Fu la cosa più bastarda che gli fosse toccato fare in tutta la sua vita.

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