Carmilla

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Carmilla si è assopita come la bella addormentata. Non sogna lei. Non può più farlo da quanto è morta. Nessun principe la potrà mai risvegliare.

Chiunque entrerebbe in questa stanza vedrebbe solo il cadavere di una dolce fanciulla. Non respira. Non ha battito. Il suo corpo è freddo.

Dorme adagiato su un antico letto intarsiato da abili mani. Fiori di papaveri e teschi fissano il soffitto bianco della piccola camera.

Carmilla a quanto pare detesta le bare. Si è fatta costruire il letto col legno della sua e i bellissimi pomi d'ottone contengono la terra del suo paese d'origine.

Devo ammettere che questa vampira è ingegnosa.

Si degnasse però di trovare qualche trucco per farmi passare il tempo quando dorme.

Una noia mortale (ah! Che gioco di parole)

Almeno potessi usare i miei poteri. Nulla. Sono un demone sfaccendato.

Chissà come vanno gli affari del mio locale. I miei piccoli fenicotteri spiumati sicuramente si divertiranno a torturare le vittime senza produrre vero nettare di lussuria. Incapaci. Senza motivazione e creatività. Li licenzierei se potessi.

Ah! Quanto mi manca un bel calice della deliziosa bevanda.

Niente. Carmilla non muove un muscolo. Il sole fuori deve essere ancora alto.

Mmmm però quel bocconcino di Polidori sarebbe un bel giochino con cui gingillarmi. Chissà se potrò portarmelo via quando non ci servirà più. Aveva dei bicipiti interessanti e succosi. Ah! Lo metterei nella gabbia a ballare con un delizioso perizoma fucsia peloso. Perfetto. Magari due piercing con scosse elettriche per movimentare un po' la danza e far divertire i clienti. I demoni sono sempre così esigenti. Ultimamente sono diventati insopportabili. Affermano che ci si diverte di più sulla terra che all'inferno.

Ah! Sfacciati! Un tempo piangevano davanti ai cancelli del mio locale per poter entrare nella sala VIP.

Ora invece sognano di partecipare a qualche festino umano ricco di droga e escort da seviziare o magari strozzare fino alla morte. Non un briciolo di classe.

La bruttura proprio.

«Asmodeo taci un po'» la voce roca di Carmilla riecheggia nella camera.

Oh! Oh! Come passa veloce il tempo quando uno si diverte! Buongiorno bocconcino bello. Sei morta bene anche oggi? Se ti senti divinamente defunta possiamo anche chiamare papino, no?

Carmila storce la bocca evidenziando un certo disgusto all'idea di chiamare "papino".

«Detesto doverlo fare» Carmilla si siede sul letto con le gambe a ciondoloni. Non ha speranza di crescere e non toccherà mai il pavimento.

Ragazza mia ormai la fase adolescenziale dovresti averla superata da un paio di secoli! Perché non riallacciare i rapporti col tuo adorato creatore. Colui che ti ha dato vit...emmm morte eterna?

«Oh! Non è questo il problema» alza gli occhi al soffitto e poi con un balzo si avvia verso il bagno «capirai cosa intendo appena lo vedrai»

Incredibilmente Asmodeo tace. Consente a Carmilla di farsi una doccia in santa pace, assaporando il calore dell'acqua calda sulla pelle gelida. Dopo tutti questi secoli ancora si stupisce della capacità di percepire il calore come se fosse viva. Anzi ancora più di allora. Come se il suo corpo ghiacciato cercasse di assimilare vita da ogni cosa con cui entra in contatto.


Era il 1870. Un'estate fin troppo piovosa anche per il piccolo paesino Barfleur a picco sul mare.

La peste stava decimando la popolazione in diverse città, "portata dagli indiani" si vociferava nelle taverne del porto.

Carmilla aveva appena compiuto quattordici anni e, se i suoi genitori fossero stati ancora in vita, sarebbe stata data in sposa a qualche compaesano. Una moglie senza dote non faceva gola a nessuno e, grazie a ciò, poteva godere di una certa libertà che alle sue coetanee non era concessa.

Carmilla adorava ascoltare le storie dei viaggiatori quando consegnava le uova nelle locande. Fu così che venne a sapere che un ricco conte era appena giunto al paese e risiedeva, ospite, presso la ricca famiglia del duca. "Che fortuna inaspettata" aveva pensato allora quando realizzò che il giorno seguente avrebbe consegnato le uova proprio nella tenuta.

Si presentò nelle cucine e i domestici erano tutti in fermento. Dicevano che il conte fosse un uomo di una bellezza inquietante. Pelle bianca come l'alabastro e due occhi profondi che facevano svenire le ancelle più giovani. Inoltre era accompagnato proprio da un servo indiano! Erano tutte spaventate come polli davanti ad una volpe.

La curiosità di Carmilla cresceva sempre più. Doveva assolutamente vedere questo conte.

Le dame dicevano che purtroppo era malato. Anemia mediterranea. Di giorno dormiva sempre e la notte invece era molto attivo. Tant'è che spesso sentivano suonare il piano.

Era venuto in visita dal duca in cerca di una figlia da adottare. Più di ogni altra cosa desiderava passare gli ultimi giorni della sua vita in compagnia di una fanciulla.

Non intendeva sposarsi. Non ne aveva mai avuto intenzione nella sua lunga, e ricca, vita.

Voleva crescere una figlia, riempiendola di attenzioni e viziandola.

Carmilla rimase seduta in cucina ad ascoltare le storie delle serve sino a sera inoltrata. Nel frattempo il cielo si era scurito come se fosse scesa la notte. Carmilla salutò le sue compagne di chiacchiere e si incamminò per i bui corridoi verso l'uscita della tenuta.

Fu lì che incontrò per la prima volta colui che l'avrebbe adottata.

Per sempre.

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