CAPITOLO 2

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KRYSTELLE

Finalmente è venerdì sera, il momento della settimana che preferisco: mi sono riservata una serata solo per me, per divertirmi e allo stesso tempo guadagnarmi un bel centone. È così che, questa sera, lavoro al "Red Carpet" come bartender.

Ho imparato questa professione durante una vacanza studio in Inghilterra. Avevo bisogno di perfezionarmi nella lingua, ma, allo stesso tempo, non potendo del tutto gravare sui miei genitori, ho dovuto scegliere come guadagnarmi qualche sterlina per le mie spese extra. Tra me e i cocktail è stato amore a prima vista, un'alchimia che non si è più spezzata fino a diventare una seconda attività a cui attingere in tempi di estremo bisogno.

Sono anche una fotografa professionista sempre in attesa di qualche ingaggio.

Stavo appunto consultando il mio blog, dove pubblicizzo le foto più belle che ho fatto nel corso degli ultimi anni, con la speranza nel cuore di vedere una qualche richiesta per un servizio.

Niente.

Nessun lavoro in vista.

Chiudo il pc e mi accingo a prepararmi per la serata lavorativa al "Red Carpet".

Questo è il venerdì di musica latino-americana, quindi indosso il mini-abito rosso con la balza di raso che sale su, lungo lo spacco che lascia intravvedere la coscia. Lo scollo a barca che arriva all'estremità delle spalle è rifinito con la stessa balza e fra i capelli, appena sopra l'orecchio, infilo una molletta con una rosellina rossa. I capelli sono sciolti e scendono giù lungo la schiena, nel loro ondulato naturale. Lo shatush biondo incornicia il mio viso, truccato ad arte per far risaltare gli occhi azzurri e le labbra morbide.

Dopo aver spruzzato in abbondanza il mio profumo preferito, mentre sto osservando il risultato finale del make up, suona il campanello della porta. Guardo l'orologio e bisbiglio: "Questa è mia cugina! Puntuale come al solito."

Appena apro, il suo sorriso m'investe e la voce squillante m'infonde l'allegria necessaria per iniziare positivamente la serata.

«Krys sei uno schianto!» Cinguetta.

«Senti chi parla!» Le dico per contraccambiare il complimento. Lei ha il mio stesso vestito, nero invece che rosso e un'acconciatura con crocchia bassa laterale. Ci assomigliamo molto. Ce lo dicono tutti e tutti ci scambiano per sorelle, anche perché abbiamo due nomi simili.

«Dai andiamo!» Chiude la discussione lei.

Mi infilo il cappottino nero e usciamo dal monolocale per dirigerci al lavoro.

«Porca miseria Krys, mi sono dimenticata di mettermi il profumo. Devo rientrare a casa, faccio subito!»

«No Cri, è tardi. Tieni,» cerco dentro la mia borsa, «usa il mio.»

«Buono questo profumo. Grazie.»

«Tienilo. È un campioncino. Io ne ho diversi.»

°°°

Entriamo dal retro mezz'ora prima dell'inizio del nostro turno; George e Wanda, i titolari, si stanno già accordando con Dj Ricky, l'animatore del locale, sulla scaletta musicale della serata. Giulia non è ancora arrivata. Manuel e Michael sbucano dalla cucina e ci vengono incontro.

Per essere tutti interscambiabili, ogni venerdì, le mansioni ruotano.

«Ciao ragazze, come ci organizziamo stasera?» Chiede Manuel, mentre Michael mi fa l'occhiolino.

Mi sforzo di non alzare gli occhi al cielo e mi limito a distogliere lo sguardo da lui; forse mi esce una piccola smorfia.

George interviene subito: «Voglio Krys e Manuel al bancone, Giulia prenderà le comande ai tavoli, tu,» indica Michael, «e tu Chicca,» si riferisce a mia cugina, che, qui, tutti chiamano così per non confonderla con me, «in cucina.»

Tiro un sospiro di sollievo; meno male che non sono con Michael in cucina. Ormai sono settimane che ogni serata ci prova e mi chiede di uscire a fine turno con lui; mi dice che vuole portarmi in un posto speciale e che vuole farmi vivere un'esperienza unica. Tutte le volte gli do il due di picche, ma lui non demorde. Non è il mio tipo, non mi piace e, nonostante sia biondo con gli occhi azzurri, non provo la benché minima attrazione nei suoi confronti. Le prime volte utilizzavo la massima sensibilità e gentilezza nel rifiutare, adesso mi sono un po' scocciata e forse il mio stato d'animo insofferente comincia a trapelare.

Mia cugina sostiene che dovrei dargli una possibilità e soprattutto dovrei scoprire questo posto speciale: lei è curiosissima. Una volta mi ha detto che, se glielo avesse chiesto, lei sarebbe uscita con lui. Per quel che mi riguarda, non se ne parla.

Dopo un cenno di Wanda, ognuno raggiunge la propria postazione per iniziare a sistemare; io, ad esempio, mi accingo a lavare e tagliare la frutta da utilizzare per fare i cocktails; Manuel invece pulisce il bancone, la macchina del caffè, riordina le bottiglie degli alcolici e sistema gli shaker.

Chicca e Michael, in cucina, devono preparare gli ingredienti per i taglieri che ordinano i clienti accomodati ai tavoli, più la stuzzicheria per rifornire il bancone.

Trafelata arriva Giulia che si scusa per il ritardo e subito si accinge a sistemare la zona tavoli.

Siamo al completo.

Parte la musica in sottofondo: la serata ha inizio.

Tra poco cominceranno a entrare i primi clienti per l'aperitivo, alcuni si accomoderanno ai tavoli per una "apericena", altri rimarranno al bancone; più tardi arriveranno i clienti del dopo cena per il caffè e l'amaro; è a questo punto, con il locale pieno, che Ricky alza il volume della musica e chi vuole si mette a ballare lungo il tappeto rosso che separa il bancone dai tavoli.

Il Bar prende il suo nome proprio dal lungo e largo tappeto che si estende a L per tutto il perimetro del locale; i tavoli sono disposti davanti alla vetrata abbellita dalle tende a sipario rosse, raccolte da dei drappi tono su tono. L'arredamento è moderno. I mobili della parete attrezzata dietro il bancone, gli sgabelli e i tavoli sono in stile wengè; gli accessori sono tutti dello stesso rosso del tappeto; le pareti sono tinteggiate in avorio, spatolato con sfumature lucide e lievemente luccicanti; negli spazi rimasti liberi ci sono delle tele senza cornice con disegni stilizzati.

Io ho l'abitudine di iniziare la serata preparandomi un cocktail. Ogni venerdì me ne faccio uno diverso, è una specie di rituale; non lo bevo subito tutto, ma lo appoggio in un angolo in cucina per poi sorseggiarlo quando sarà possibile fare delle piccole pause. In quei momenti colgo l'occasione per scambiare due parole con Chicca.

Questa sera mi sono fatta una Piña Colada, ci ho messo dentro latte di cocco, succo d'ananas e appena un goccio di rum chiaro. Poco, poco.

Lo assaporo e mi faccio i complimenti.

Quando entro in cucina per parcheggiare la bevanda in attesa del prossimo assaggio, vedo mia cugina parlare fitta con Michael e fargli un sorriso. Poi lei mi scorge e mi raggiunge sfoggiando un'espressione radiosa.

«Mi sa proprio che stanotte scopro il famoso posto speciale,» dice a voce bassa avvicinandosi al mio orecchio, «visto che tu non te lo fili, ha deciso di cambiare mira.»

«Oh Chicca! Sei sicura? Ti piace?»

«Dai, non è male! Comunque sono stata chiara: voglio solo vedere questo posto speciale, per l'esperienza unica se ne riparla più avanti.»

«E pensi di poterti fidare?»

«Sì, certo. Sono anni che lo conosco! Non è che ti dispiace?»

«Figurati, mi stai facendo un favore.»

Io e mia cugina siamo entrambe single per scelta dei nostri ex e da quando ci siamo incontrate qui a Roma abbiamo sofferto insieme, confidandoci e sostenendoci a vicenda, fino ad arrivare a prendere la decisione che è ormai arrivato il momento di voltare pagina, chiudere la porta e cercare il famoso portone da aprire.

«E non ti dispiace tornare a casa da sola?» Mi chiede.

«Vai tranquilla...» Il lavoro mi richiama all'ordine ed esco dalla cucina.

Due ragazzi si avvicinano al bancone, mi porgono lo scontrino e mi chiedono ciò che hanno pagato.

Inizio così con il preparare due semplici prosecchi al banco, poi arriva Giulia con la prima comanda: sei "aperol spritz" da portare ai tavoli.

Finora niente di complicato, tuttavia so per esperienza che il ritmo e la difficoltà aumenteranno con l'aumentare dell'affluenza.

Come sempre, infatti, non mi sbaglio: anche questa sera, nel giro di poco tempo, si materializza un gran casino di gente. Per fortuna la musica e il mio cocktail mi danno la giusta energia per soddisfare ogni richiesta.

Il brusio di voci si fa sempre più intenso; anche il mio olfatto percepisce profumi e odori che non si avvertivano all'inizio della serata: la fragranza di dopobarba e di eau de toilette si mescola con l'aroma della frutta e dell'alcol.

Quando però a tutto questo si aggiunge il volume più alto della musica e il buon odore del caffè con quello meno gradevole del sudore, capisco che siamo giunti a metà serata, il momento in cui il locale si anima e iniziano le danze.

Altri clienti, che hanno cenato altrove, si aggiungono a quelli arrivati in precedenza e per me è giunta l'ora di destreggiarmi tra cocktail, caffè, cappuccini e amari.

Do le spalle alla zona red carpet, intenta a trafficare con la macchinetta del caffè. Quando mi giro, con le mani occupate a sorreggere due tazzine colme del liquido nero, i miei occhi si scontrano con altri due occhi.

Due pupille marroni intense e profonde mi stanno fissando con attenzione.

Io non capisco più niente.

All'improvviso mi sento indebolita e le tazzine mi scivolano dalle dita finendo di traverso sul piano di lavoro. Per fortuna non ho avuto la forza di arrivare al bancone, così il danno è limitato: non ho sporcato nessuno, ho solo rovesciato tutto il caffè davanti a me.

Subito prendo una spugna per pulire, ma, mentre lo faccio, non resisto e alzo lo sguardo verso di lui. Vedo la sua bocca, contornata da una leggera barba castana, incurvarsi in un sorriso divertito, appena accennato.

«Ciao Krystelle» mi dice, portandosi i capelli bruni dietro l'orecchio con le dita della mano destra.

"Porca miseria, sa chi sono. Com'è possibile? Che stupida: ha letto il cartellino."

Sento che sto per andare in panico, istintivamente mi volto un istante verso la porta della cucina per vedere se mia cugina, per caso, stia osservando la scena. No. Lei è dentro con Michael. Torno a fissarlo quasi inebetita, intanto che continuo a strofinare il piano ormai pulito.

«Piacere, sono Andrew.»

Già lo so. «Merda!» Mi esce appena fra i denti.

«Come scusa?...»

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