Capitolo 11: Altezze

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La polizia si trovò incapace di giungere alla fonte del messaggio. Il profilo, usato momentaneamente per spedire parole aberranti e disgustose, era stato prontamente eliminato pochi minuti dopo la ricezione e con esso, anche tutte le possibilità di rintracciarne l'origine.

Lauren venne privata del suo cellulare per qualche giorno, il che la rese particolarmente nervosa. Non che amasse molto la tecnologia, ma in quel cellulare custodiva oltre due anni di raccolte musicali ricercate, melodie sognanti con le quali riusciva a rilassarsi, colonne sonore di una vita a colori concessa solo dalle cuffiette alle orecchie.

Dormire la sera divenne una cosa impossibile. Non solo per il fatto che le mancasse la musica, ma anche per via della paura che andava nutrendo verso Franklin e nei confronti della sua nuova e imposta prigionia. Ogni volta che il sonno veniva per accoglierla, l'incubo del messaggio avanzava nei propri ricordi per imporle di restare sveglia.

《Dovremmo chiedere al dottor Colton di venire a casa nostra per la seduta di ipnosi. 》riferì zio Jean, intento nel preparare il pranzo.
Zia Beth era da poco uscita con Maria per fare acquisti, lasciando Lauren in casa con il marito.

《Non ci penso proprio, io voglio andare nel suo studio.》

《Potrebbe essere pericoloso farti vedere nello studio di Victor. 》

Lauren afferrò una mela e se la portò alle labbra. Ne staccò un morso e masticò rumorosamente.

《Non credo che Franklin si avvicinerebbe così tanto. 》un pezzetto di mela sfuggì al controllo delle labbra di Lauren, finendo sul tavolo.
Si apprestò a levarlo prima che zio Jean potesse riprenderla.
Non si parla con la bocca piena, ripeteva di continuo, ma Lauren non prestava mai attenzione alle raccomandazioni dello zio. Detestava i discorsi consuetudinari.

《D'accordo. Proviamo alla tua maniera.
Se tanto ti piace il rischio, voglio assecondarti. 》

Il tono di zio Jean risultò tagliente e astioso, ma Lauren decise di non badarci. Allo studio di Victor ci sarebbe andata, eccome. Nessuno le avrebbe imposto il contrario, pena il non volerlo frequentare più. Se zio Jean si fosse accanito per impedirglielo, Lauren di sicuro avrebbe rifiutato di sostenere ancora le sedute di ipnositerapia. Si trattava di una minaccia, ma a fin di bene.

《Siamo già in ritardo, allora. Mi vado a preparare di corsa. 》

Jean la vide sparire oltre il corridoio, attanagliata da una fretta sempre crescente.

《Ripulisco la cucina e ti aspetto in auto, nel vialetto.》si rese conto di aver parlato da solo. Lauren doveva già essere rinchiusa nella propria stanza per prepararsi.

Nulla si poteva per far cambiare idea a Lauren, testarda come un mulo.
Zio Jean lo sapeva molto bene perché la conosceva come le proprie tasche.

Rassettò il bancone dalle briciole e infilò il cappotto.
Con lo sguardo di colui che aveva perso l'ennesima battaglia di botta e risposta con la nipote, accese l'auto nel vialetto.
Pensò che se non fosse stata per l'insistenza di Beth, Lauren non avrebbe mai conosciuto lo psicanalista amico d'infanzia e tutta quella faccenda non sarebbe nemmeno mai iniziata.

                            ******

Lui era lì.
Lauren lo percepì immediatamente e una parte di sé sfuggì al proprio controllo. Era il cuore che aveva mancato un battito, poi due e infine lo stomaco le si era chiuso per la tensione.

《Pare che al dottor Colton piaccia proprio metterci gli appuntamenti vicini. 》

Stephen doveva essere seduto sulla poltroncina più distante a giudicare dalla provenienza della voce.

《Come mai non c'eri settimana scorsa?》

Stupida, stupida!
Lauren si sentì di essere stata fuori luogo. Nemmeno lo conosceva e già pretendeva di sapere cose inerenti alla vita privata di Stephen. Lui tuttavia, non si scompose come al solito. Lauren avrebbe dovuto immaginarlo prima di fare determinate domande. Stephen era un vero osso duro, forse tanto quanto lei.

《Potrei anche dirtelo, ma mi piace lasciarti brancolare nel buio. Oh, pardon. Sono stato un vero maleducato. 》

Chiunque si sarebbe offeso, ma non Lauren. Lei rise, sino a piegarsi su se stessa per il mal di stomaco. Ogni volta che si trovava a parlare con Stephen, lui riusciva non solo a farla divertire, ma anche eccitare. Era di gran lunga più interessante parlare con qualcuno che fosse in grado di tenerle testa, piuttosto che con i soliti melodrammatici con cui aveva a che fare di continuo. Sua zia Beth, ad esempio. Lei era davvero la regina del melodramma.

《Oggi credo che entrerai prima tu. 》

Lauren rammentò di essere arrivata decisamente presto nello studio del dottor Colton. Il suo appuntamento era stato fissato per le tredici e non per le dodici, come al solito.

《Io non credo nemmeno che entrerò, a dire il vero. Oggi non ho proprio nulla da raccontare. 》

《E allora perché sei venuto?》

Rimasero entrambi in silenzio per un po', giusto per assaporare la tensione crescente.

《Perché speravo di vederti, ancora.

Qualcuno sopraggiunse nella stanza. Un odore nuovo, che Lauren non ebbe modo di inquadrare.
Doveva essere per forza una donna, vista la fragranza floreale e il rumore dei tacchetti sul pavimento. Una persona esile, dal momento che passeggiò nella sala d'attesa in modo tenue e inconsistente. I piccoli tocchi sul suolo, veloci uno dietro l'altro, fecero capire a Lauren che la nuova arrivata doveva essere parecchio nervosa.

《A che ora avete appuntamento, voi?

Dalla voce, a Lauren sembrò poco più che una bambina. Una ragazza parecchio giovane e delicata, di primo pelo.

Lui entra per primo, poi ci dovrei essere io. 》Lauren cercò di indicare la zona in cui, in teoria, doveva essere seduto Stephen.

《Io dovrei solo prendere il mio primo appuntamento. È un problema se entro un secondo? Ci metto poco. 》

Entrambi garantirono di essere ben disposti.

《Mi chiamo Roberta, comunque. Piacere!》si alzò in piedi per porgere la propria mano ai presenti.
Lauren la afferrò, la strinse con vigore. La sconosciuta, colei che aveva appena fatto capolino nella stanza, mostrò di non possedere la medesima forza. Languidamente accarezzò il palmo di Lauren, prima di tornare a sedere.

Stringere la mano in presentazione, era per Lauren come mostrare  un biglietto da visita con impresse tutte le generalità. Roberta, vista l'incapacità di essersi presentata con determinazione, le risultò subito una persona fragile. Magari si sbagliava, e si augurò fosse così, ma quella stretta molle non presagì davvero nulla di buono.

A Roberta venne concessa la possibilità di entrare nello studio di Victor per prima. Lauren e Stephen rimasero soli, ancora una volta. Qualcosa del discorso precedente non era stato ancora affrontato, vista l'entrata in scena di una sconosciuta nella sala d'attesa. Li aveva interrotti sul più bello.

《Volevi davvero rivedermi?》

Una serie di mattoncini si distrussero nel muro che Lauren aveva costruito per difendersi dagli altri. Per una volta si prestò ad essere solo un'adolescente alla quale qualcuno aveva fatto una confessione, una piacevole confessione che la riguardava.

《Può essere. Del resto, hai azzeccato il mio profumo, hai mangiato la caramella che ti ho dato, sei incline al dito medio facile. Chiunque vorrebbe rivedere una persona stramba come te. 》

Lauren gli avrebbe risposto allo stesso modo. Anche lei sentì di tenerci, di voler rivedere Stephen.

《Quanto sei alto?》

Che domanda banale. La prima che le venne in mente per stemperare l'imbarazzo.
Stephen si alzò in piedi e giunse a pochi centimetri dalla sedia su cui Lauren attendeva pacata il proprio turno con Colton.

《Quanto credi che possa essere alto?》le afferrò una mano per permetterle di tornare in piedi. Un tocco gentile, comunque. Lauren si lasciò trasportare, sino a ritrovarsi con il viso a pochi centimetri dal corpo del ragazzo.

《Credo che tu sia alto almeno un metro e novanta. 》

A poca distanza da Stephen, Lauren percepì il profumo di lui ancora più intenso. Sentì l'agitazione crescere, farle sudare le mani e sbarellare le ginocchia.
Si trattava comunque di un fatto positivo. Altroché farfalle nello stomaco, nel suo potevano esserci direttamente colibrì impazziti. Stava perdendo il controllo di sé stessa e tutto sommato la cosa le piacque.

《Ci sei quasi.》

Un metro e novantadue?》

Fuochino...》

Non vi era più nulla a dividerli, nemmeno un centimetro. Stephen si era talmente fatto vicino al punto da sfiorare con il proprio corpo quello di Lauren. Il disagio prese il sopravvento, obbligando quest'ultima nel fare un passo indietro.

Alzò la testa e si impose di dirigere i propri occhi su quello che doveva essere il viso di Stephen. Riusciva a distinguerne i contorni a malapena, figuriamoci i colori.
Lui per contro, non potè non notare la tonalità degli occhi di Lauren, sfumature dell'erba in un prato fiorito di primavera.

《Allora sei un metro e novantasei. Non posso sbagliare, sono sicura. 》

《Perché ti interessa così tanto?》

《Perché... sto cercando di immaginarti con la mente. 》

Un'altra serie di mattoncini nel muro di Lauren cadde al suolo, aggiungendosi ai precedenti.
Calcinacci, intonaco ovunque.

Come poteva aprirsi così tanto con uno sconosciuto? Sebbene questo piccolo particolare, il fatto che fosse ancora un forestiero, Lauren si rese conto di possedere un'affinità con Stephen, maturata sin dal loro primo incontro.

《Devo entrare, è il mio turno.》disse lui, poco prima di allontanarsi definitivamente.

《Mi ha fatto piacere parlare un po' con te.》l'ennesima confidenza, presa di posizione da parte di Lauren. Per un momento le venne da chiedersi se colei che stava parlando in quel modo fosse davvero la Lauren di sempre.

Se per una volta le fosse stato concesso di vederlo, avrebbe di certo cercato il suo sorriso nella stanza, fiduciosa nei confronti delle proprie aspettative. Le sarebbe di sicuro piaciuto tanto.

E Stephen le stava sorridendo davvero, cosa che gli capitava davvero di rado.

《Anche a me. Spero di poterti vedere presto e mi auguro anche di sentirti suonare ancora. 》















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