Capitolo 10: Spaccature nette

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Lauren si rese conto di un'ovvieta. Stephen le piaceva, le piaceva davvero un sacco.

Nei giorni successivi al mancato incontro nella sala d'attesa del dottor Colton, le era capitato molto spesso di pensare a Stephen. Lo aveva comunque idealizzato molto bene, poiché consapevole che, per dover pensare a lui, per lo meno ne avrebbe dovuto immaginare le fattezze.

Per Lauren, Stephen doveva essere alto almeno un metro e novanta. Sì, doveva essere per forza così. Inoltre, non doveva pesare molto. La sagoma era comunque esile, nonostante l'altezza desse da intendere una fattezza mastodontica. Possedeva di certo capelli scuri. Un castano cioccolato, o qualcosa di simile e allo stesso modo anche gli occhi dovevano essere ombrosi, parecchio bruni.

Insomma, Stephen sarebbe dovuto somigliare all'idea che Lauren aveva sempre posseduto di ragazzo mediterraneo. Carnagione olivastra, altezza sopra la media, leggermente sottopeso e probabilmente pieno di complessi.

Da quando Lauren aveva preso a partecipare alle visite del dottor Colton, il clima all'interno della casa condivisa con gli zii era nettamente migliorato.
Non mangiava più sola in camera da letto, sapeva condividere chiacchiere e risate con gli zii. Era una cosa nuova per tutti, ma parecchio semplice da affrontare.

《Siamo decisamente contenti del tuo percorso. 》convenne zia Beth, staccando un certo pezzo di pane per Lauren. Per la prima volta ignorò la moltitudine di briciole sul tavolo, non se ne curò affatto.

《Zia, hai intenzione di farmi diventare un maiale? Sto mangiando un sacco, temo mi stiate mettendo all'ingrasso. 》

Tutti avevano sempre saputo quanto Lauren amasse il pane, ma zia Beth stava prendendo un pochino troppo alla lettera i gusti della nipote.

《Tu mangia, che poi avrai tempo per tenerti in linea, quando avrai la mia età. Sopra i trenta ingrasserai anche solo respirando. Goditi il momento, finché puoi.》

Lauren si chiese se quello che aveva appena detto la zia fosse stata una previsione o una minaccia. In realtà sarebbe cambiato ben poco. Si trattava di una minaccia prevista.

Il momento spensierato venne interrotto da un suono, quasi impercettibile.

Il cellulare di Lauren emise un tweet sul mobiletto del salotto. Di norma si trattava dell'unico posto in cui lo lasciava, a disposizione di tutti. Si trattava di una certa noia usare il sintetizzatore vocale per leggere messaggi o solo per lasciarsi guidare alla ricerca di un contatto da chiamare, ma restava comunque l'unico modo a disposizione di una non vedente.
Dopo tanto tempo, il cellulare aveva ripreso vita. Del resto, quel numero lo possedevano davvero in pochi.

Fu Maria ad alzarsi per prendere il telefono. Lo passò a Lauren e tutti rimasero in attesa di sapere chi mai avesse bisogno di lei in tarda serata.

Quello che il cellulare emise fu solo una sedie di rumori, brusii privi di significato. O forse sì, con un senso. Ai presenti parve l'eco di un treno sulle rotaie.

《Qualcuno deve aver sbagliato numero.》

《Non mi sembra una cosa normale.》si affrettò ad ammettere Beth. Strappò il cellulare dalle mani di Lauren alla ricerca di un segno, qualcosa che potesse farle capire cose in più. Indizi indispensabili.

《Non parla nessuno, mamma. Stai serena, ha ragione Lauren. Avranno sbagliato numero. 》

Shhhhh! Zitte! Sentite qui.》

Sia Maria che Lauren tesero l'orecchio verso il cellulare. Sebbene il brusio fosse stato del tutto incomprensibile, le ragazze afferrarono un paio di parole. Le capirono, proprio perché Beth le aveva spinte nel prestare attenzione.

Mutande.
Entrare.
Entrare nelle mutande.

Non vedo l'ora di entrare di nuovo nelle tue mutande.

Zia Beth scaraventò il cellulare sul tavolo, come se da un momento all'altro fosse dovuto esplodere. Maria si portò le mani sulla bocca, incapace di parlare.
Solo Lauren rimase di sasso, non si mosse sulla sedia e non si espresse in alcun modo. Ghiacciata dalla paura.

《Abbiamo capito sicuramente male. 》Lauren cercò di riavviare il messaggio per confermare l'errore. Sperò ci fosse davvero uno sbaglio.

《Chiamo subito tuo zio. Voglio che sorvegli la casa, non sono tranquilla.》

《Ha veramente detto non vedo l'ora di rientrare nelle tue mutande?

Maria o c'era o ci faceva.
In entrambi i casi, di sicuro non ci arrivava.

《Sì, sono certa di aver sentito bene. Non vedo il nome, o il numero. Perché non si vede il nome?》

Zia Beth lo stava chiedendo alla persona sbagliata.

《Deve essere un profilo criptato, o qualcosa di simile.》

《Dobbiamo andare alla polizia. Ma dove diavolo è Jean? 》

Poco prima di inoltrare la chiamata, zio Jean apparve sulla porta, zuppo d'acqua e trafelato. Dublino era sommersa da una bomba d'acqua, riversata a secchiate, da ore. Un temporale senza fine.

《Franklin ha mandato un messaggio a Lauren. Non so come sia possibile, ha avuto il suo contatto.》

Nella stanza si trovarono tutti in allerta, compreso zio Jean che da poco era rientrato a casa.

《Non è possibile. Fatemi vedere.》afferrò il cellulare e il sintetizzatore vocale riprese a parlare, per la terza volta, narrando le solite parole aberranti.

Non è possibile. Non... non è una cosa fattibile.》sibilò Jean.

Nella voce, dipinta di astio e risentimento, Lauren percepì anche un nesso stretto con la paura. Anche lo zio era umano, provava le stesse emozioni degli altri. Cercava di tenerle nascoste per risultare il leader senza macchia e senza paura della famiglia, colui sempre pronto, ma andava spesso tradendosi, esattamente come ogni altro essere umano.

《Dovremmo avvertire la polizia. Sono minuti che lo dico.》

《Beth, vacci piano. Prima voglio fare una prova. 》

Zio Jean cercò di contattare il profilo sconosciuto. Avviò una telefonata, poi una videochat, ma il profilo d'un tratto risultò inesistente.
L'applicazione cacciò zio Jean dritto nella home, a raccogliere i cocci di una ricerca andata male.

《Hai visto? Ho ragione io! Dovremmo andare dalla polizia. 》 zia Beth apparve terrorizzata oltre ogni limite. E se avesse voluto, sarebbe potuta essere davvero insistente, decisamente incalzante, al punto da diventare fastidiosa.

《Chiamo subito. Chiediamo che vengano quì per un sopralluogo e voi racconterete cosa avete sentito.》

A Lauren non andò affatto a genio l'idea di avere altri sbirri in giro per casa, ma capì non ci fosse altra soluzione.
Era già successo ancora, quando avevano incastrato Franklin per il tentato omicidio. Numerosi detective avevano fatto capolino nella casa per cercare indizi, qualsiasi cosa per far ricadere le colpa su Frank. Alla fine le avevano trovate proprio nel vecchio cellulare di Lauren.
Un filo diretto, il passato era finito per connettersi ancora con il presente, bussando alla porta di Lauren nello stesso identico modo.

《Cerca di stare tranquilla, nessuno può farti del male.》zia Beth cercò invano di risultare credibile.

Furono parole semplici, ma di un'importanza vitale per Lauren. Dopo molto tempo aveva ripreso ad avere paura e solo per colpa di Franklin.

《Vorrei parlare con il dottor Colton, se possibile.》

《Tutto quello che vuoi, cara. Lo chiamo subito. Sento se può fare un salto.》

Zia Beth si prodigò per contattare il medico. Nel tempo, Victor, si era fatta una figura di riferimento per Lauren, non si poteva ometterlo dal conoscere l'accaduto.
Victor si scusò, ma riferì di essere fuori città e impossibilitato a raggiungerli. Si espresse costernato e dispiaciuto, ma pretese comunque di parlare con Lauren al telefono.

《Sono vicino, anche se non posso essere lì. 》

《Victor, ho paura.

Dall'altro capo del telefono un sospiro spezzò ogni dubbio. Lauren capì di non essere l'unica ad avere paura, non la sola.

《Lo so. Cerca di stare con gli zii e di assecondare la polizia. Lo troveranno. Verranno da te per questo. 》

《Non voglio cadere di nuovo in quel baratro.》

Nemmeno Victor Colton lo andava desiderando per lei, eppure non potè che temerlo. Il nuovo equilibrio raggiunto da Lauren si trovò di nuovo in bilico, messo in discussione da una nuova minaccia.

《Faremo in modo di farti superare tutto questo. Lo rimetteremo dietro le sbarre, te lo assicuro. 》

Cadde la linea e insieme ad essa, tutte le speranze che Lauren aveva nutrito nella psicoterapia e nell'ipnosi.

Che senso avrebbe avuto guarire, se un pezzo del passato che tanto andava cercando di mettere in luce, con l'intenzione poi di farlo tacere, si era ripresentato nel suo presente come non fosse mai andato via?

Che senso avrebbe avuto ricordare se, nella peggiore delle ipotesi, Lauren sarebbe stata chiamata nel rivivere tutto daccapo?

Christopher Franklin Morris non si sarebbe arreso mai.

Era giunto il momento per Lauren di sfidarlo ad armi pari.
Lei lo avrebbe ricordato, lo avrebbe denunciato, lo avrebbe incastrato di nuovo e la polizia avrebbe di certo rintracciato la fonte del messaggio.

Poi sarebbe tornata a vivere, ma non  prima di essersi levata di dosso l'orrore causato dai propri incubi. Per andare avanti, sarebbe dovuta tornare, per forza, indietro.
Sentì di aver bisogno del dottor Colton più che mai, colui che avrebbe potuto essere l'unico in grado di fornirle il mezzo per giungere a delle risposte di senso compiuto.

L'aria si tinse di paura, ma anche dell'odore del coraggio.
Il coraggio non può esistere senza la paura.
Lauren accarezzò la nuova se stessa, cercando dentro di sé nuove motivazioni.

Comunque fosse andata, non si sarebbe arresa. Se c'era una cosa che Lauren aveva imparato dal dottor Colton durante le ultime sedute, era il nesso lineare esistente tra l'essere e il fare. E lei poteva essere e fare allo stesso tempo.

Avrebbe trovato Franklin e nel contempo sarebbe tornata la vecchia se stessa.

Lauren senza vista.
Lauren senza memoria.
Ma comunque la Lauren di un tempo, vivace e piena di vita.
E niente o nessuno le avrebbe mai più fatto così tanta paura.









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