Capitolo 24: Sciarpa rossa

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Lauren ascoltò e riascoltò il messaggio vocale almeno una decina di volte, per captare informazioni in più su di esso.
Ogni volta riusciva a sentire solo le medesime cose. La sua voce, ovattata, la richiesta d'aiuto. La risata perfida di qualcuno. Nulla più.

Avrebbe potuto urlare, chiamare gli zii perché giungessero nella stanza, informarli dell'accaduto, ma non lo fece. Per uno strano motivo a lei sconosciuto, preferì tenersi per sé l'ultimo aberrante clip audio ricevuto nella notte.

Se lo avesse detto agli zii, sarebbe di certo ricominciata la stessa trafila, la medesima burocrazia. Si sarebbero tutti preoccupati, in un primo momento, avrebbero chiamato la polizia e tutto sarebbe ben presto andato scemando, come l'ultima volta. Lauren sentì fosse giunto il momento per agire da sola.

Si chiese, semmai l'avesse detto a Colton, se almeno lui fosse stato disposto ad aiutarla.
No, pensò, non lo avrebbe detto nemmeno al medico. Intuì di essere sola nella propria battaglia e, da sola, avrebbe risolto l'enigma. Una volta per tutte.

Quella mattina scese le scale, già pronta per farsi accompagnare dal medico. Rifiutò di fare colazione, per via dello stomaco chiuso. A zia Beth disse solo di non avere fame, ma la verità era ben altra. Lauren aveva sentito la necessità di vomitare per tutta la notte, di continuo. Il viaggio in auto con la zia fu piuttosto tormentato. Beth cambiava stazione alla radio di continuo, alla ricerca di buona musica da ascoltare e Lauren trovò quel comportamento compulsivo di un fastidioso senza eguali. Non di meno, zia Beth tamburellò le dita sul volante, in continuazione, per tutto il tragitto.
Nei quindici minuti da casa allo studio di Colton, non furono in grado di ascoltare nemmeno un brano e, questo, la rese ancora più nervosa.

Lauren varcò la sala d'attesa del medico trattenendo il fiato. Per un momento sperò quasi di trovare Stephen, ma poi rivangò il ricordo della sera precedentemente e ringraziò il cielo per il fatto che, quella mattina, lui non fosse presente. Si sedette alla solita sedia, in attesa che la segretaria la chiamasse per entrare nello studio. Furono minuti concitati, in cui si alternarono diversi stati d'animo. Di rabbia, di paura, ma anche di tensione, per via dell'imminente resa dei conti con Colton senior.

La segretaria, puntuale come un orologio svizzero, richiamò l'attenzione di Lauren, intenta a giocherellare con la cartina di una caramella. L'aveva mangiata, ma per sua sfortuna, non l'aveva trovata al limone. Si trattò di una banalissima gommosa alla fragola, nulla a che fare con il cuore denso di quella al limone, che tanto aveva amato durante uno dei primi incontri con Stephen.

Colton accolse Lauren nello studio, come al solito. La fece accomodare sulla poltrona e iniziò la seduta con le solite domande di rito.
Come è andata la settimana, cos'hai fatto di bello, come va il rapporto con gli zii. Lauren non rispose a nessuna delle domande poste dal medico. Si limitò a ignorarle, una a una, sino a ricongiungere il dialogo alle tematiche di proprio interesse.

《Perché non mi ha detto che Stephen è suo figlio?》chiese, per nulla intimorita. Si rese conto di avergli pure dato del lei.

《Perché non era un'informazione rilevante al tuo percorso, con me. 》

《Quì tutte pensate che niente sia rilevante per me. Pure gli zii omettono di dirmi cose che mi riguardano. Posso gestire certe informazioni, non sono una stupida. 》concluse. Lauren si rese conto di aver parlato con rancore. Del resto, si sentiva davvero stanca della situazione che andava vivendo, tanto a casa, quanto nello studio di Colton.

《Stephen era stato già messo in guardia da me, perché ti lasciasse stare. Non so quale bugia si sia inventato per avvicinarsi a te, ma non è la prima volta che lo fa. Ho pensato tu lo allontanassi senza che io ci mettessi lo zampino e denoto sia successo proprio questo. Ti ho lasciato carta bianca, Lauren. Hai scelto senza che io mi intromettessi. 》

Per un certo verso, Lauren gradì la spiegazione di Colton. Infatti, era stato l'unico a non immischiarsi troppo nella sua vita privata, lasciandole il modo di decidere in autonomia il da farsi con Stephen. Certo, lui le mancava un bel po'. Sebbene le avesse raccontato una marea di bugie, una parte di lei non aveva potuto che affezionarsi a quello strambo ragazzo di quasi due metri. Stephen le aveva fatto delle promesse, a cui lei aveva pure creduto, intense parole gettate al vento. Si era ripromesso di starle accanto, di proteggerla, ma soprattutto di farla sorridere. Lauren non sorrideva più da ben due giorni, forse questo le mancava di più.

《Ho intenzione di ricordare ogni cosa, ogni più blando particolare. Mi devi aiutare a farlo, voglio porre fine a questa storia. 》

Lauren ripensò al messaggio ricevuto nella notte. Doveva giungere al ricordo di quelle urla strazianti da lei prodotte, capire perché, ai tempi, avesse implorato aiuto, pregato perché non le facessero del male. E Colton era l'unico in grado di aiutarla a scavare nei meandri della propria mente, ma senza sapere le reali motivazioni che andavano spingendo Lauren verso la conoscenza della verità, di tutta la verità.
Così come aveva fatto con gli zii, Lauren si impose di mantenere il riserbo sul messaggio. Le costò molto tacere con il medico, ma per la prima volta si rese conto di voler fare tutto da sola. Voleva solo fidarsi di se stessa e smettere di essere ingannata o fuorviata dai ricordi altrui.

《Prepariamoci, allora. L'ultima volta tu e Franklin siete usciti insieme ed è stata una bellissima serata, per entrambi. Oserei dire che ce ne siano state altre, di serate tra voi. Vorrei che tu tornassi al ricordo di un altro appuntamento. C'è un altro appuntamento da ricordare, Lauren?》

Lei chiuse gli occhi, nervosa. C'era stato un ennesimo incontro con Franklin? Cercò di concentrarsi, di mettere a fuoco un particolare che potesse condurla sino al ricordo di un altro incontro avvenuto con lui. Si sforzò di percepire un odore, un profumo, una situazione o un luogo.
L'unica cosa che le venne in mente fu una sciarpa rossa.

Le parve di sentire ancora il delicato tessuto sugli occhi, ad impedirle di guardare. Sentì ancora il profumo di donna, su quella sciarpetta leggera, forse di seta. Ricordò di aver visto il mondo tutto tinto di rosso, attraverso la trama fitta del tessuto. Le tornò alla mente una risata, una casa, l'odore di una candela accesa in entrata. Tra la trama scarlatta del foulard, intravide due occhi penetranti, parzialmente offuscati. E un ciuffo ribelle.
Lauren capì di essere vicina all'ennesimo ricordo significativo di Franklin.

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