Capitolo 47: Non sei una "Sola"

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In auto, nessuno dei presenti fu in grado di esprimersi.

A Lauren presto sarebbe toccato presentarsi in centrale per deporre la propria testimonianza. Cercò di non pensarci troppo, di dirigere le proprie speranze solo verso Stephen e al fatto che potesse riprendersi senza ripercussioni.

Giunsero in ospedale in poco meno di dieci minuti. Non si badarono dell'auto in doppia fila, del fatto che zio Jean fosse rimasto indietro. Lauren corse sino alla guardiola per chiedere di Stephen, per sapere in quale stanza fosse stato posizionato. Patrik non la lasciò da sola un secondo, preoccupandosi per lei e di lei, come per anni non aveva fatto mai.
Un padre con le palle.

A differenza di Stephen, Victor non se la stava passando proprio bene. Il coltellino l'aveva ferito gravemente alla milza, obbligando i medici ad agire su di lui senza attendere oltre. Tutto il sangue che Lauren aveva visto, altro non poteva essere che un'emorragia proveniente dal corpo dello psicologo.

Nella colluttazione, Lauren non si era accorta di nulla. Aveva solo visto i due corpi, uno sull'altro, una serie di percosse reciproche, ma nessun coltello lacerare la pelle, conficcarsi in profondità nella carne.
Stephen doveva essere stato agile, al punto da disarmare il padre e usare la sua stessa lama per ferirlo. Non sarebbe stato facile da accettare, per il ragazzo. Aveva colpito il padre, si sarebbe portato con sé il rimorso di quel gesto per sempre.

Cosa dire agli inquirenti, poi? Lauren ci avrebbe pensato dopo, non appena accertato lo stato di salute del suo salvatore. A Stephen doveva tutto, non solo il fatto di essere sopravvissuta e illesa. Lui si era messo contro il padre, contro il sangue del suo sangue, per lei.
In pochi avrebbero fatto ciò che Stephen aveva osato fare. Essa gli avrebbe sempre riconosciuto il merito di essere un eroe, sebbene esso non si sarebbe mai definito tale.

《Sei quì! Come ti senti?》Lauren entrò nella stanza, di corsa, giungendo sino al letto di Stephen. Posò il capo sul petto del ragazzo. Ne assaporò il profumo che, sebbene tutto, non se ne era andato mai.

《Sono stato meglio. Sai qualcosa di mio padre?》

Essa intuì gli pesasse averle chiesto. Una parte di sé sarebbe sempre stata legata a quel padre ingrato e infame.

《No, so solo che lo stanno operando. 》gli disse la verità, perché altro non sapeva. In cuor suo, sperò che Colton sopravivesse per pagare i propri errori, messi in atto a discapito della legge e, non di meno, pagare per tutto il male che le aveva fatto, in oltre due anni di bugie.

《Mi dispiace per tutto ciò che ti ha fatto. Io ho sempre sospettato che ci fosse qualcosa di grosso sotto, ma non ho mai voluto vedere le cose con chiarezza. Avrei dovuto parlarne con te, dirti dei miei dubbi. 》

Lauren gli posò un dito sulle labbra perché tacesse. Avrebbero avuto tempo per parlarne, ma, in quel letto di ospedale, Stephen avrebbe dovuto solo pensare a riprendersi. Per contro, egli gli spostò le dita con dolcezza.

《Non lo posso perdonare, Lauren. Ha fatto del male a troppe persone. Ha cercato di tenermi lontano da te. Mi ha attaccato... lo aveva già fatto, per tentare di dissuadermi. 》

《Non ci è riuscito, però.》gli sorrise, felice di avere ancora Stephen accanto.

《Cosa si prova a vedere? È tutto come lo ricordavi?》le chiese, forse per cercare di cambiare discorso e rendere la conversazione più leggera.

Lauren lo osservò, un po' malconcio, ammaccato qua e là, ancora ricoperto di rosso secco. Sentì di amarlo ancora di più, sebbene, in un primo momento, avesse erroneamente dubitato di lui.
Gli occhi dei due si legarono, in modo pressoché indissolubile.

《Beh...》gli sorrise, imbarazzata.《...effettivamente, per certi versi, è anche meglio di ciò che pensassi.》

*************

Il vecchio cellulare di Lauren venne riattivato, ripescato tra le prove ancora in mano agli inquirenti.

Due anni prima, la polizia, si era accontentata del ritrovamento dei messaggi di Franklin, della testimonianza di Maria, senza controllare oltre.

La piccola memory card, ancora a casa degli zii, venne consegnata da Jean dopo essere stata ritrovata in un cassetto, in mezzo a vettovaglie e stoviglie del servizio buono, utilizzato solo nelle occasioni speciali. Era stata nascosta a dovere perché non venisse trovata mai.

Fu zia Beth, obbligata al fine di dire la verità, a riferire il luogo in cui la schedina era stata conservata per anni. Al suo interno vennero ritrovati i video, le foto, gli stessi che Lauren aveva ricevuto sul nuovo telefono poche settimane prima, con il solo scopo di spaventarla a morte.

Victor si riprese, suo malgrado. Poco tempo dopo la convalescenza, venne anch'esso trasportato nel carcere della città in attesa di giudizio.
Si videro, lui e zia Beth, entrambi davanti alle porte delle sale adibite agli interrogatori. Non si guardarono con amore, con passione, come avevano fatto per anni, durante la relazione clandestina che li aveva visti complici, aguzzini spietati.
A malapena si scambiarono un'occhiata glaciale, carica di risentimento, come fossero sempre stati nemici. Non si dissero una mezza parola. Il loro amore era terminato tra quelle sbarre di ferro, forse a rimarcare il fatto non fosse mai esistito.

Lauren prese parte alla testimonianza, raccontando la propria versione. Anche Stephen fu spinto a fare lo stesso. Gli costò molto incolpare il padre, ma capì di non avere altra scelta. Il Victor Colton che l'aveva cresciuto non poteva essere più colui che l'aveva colpito con l'intenzione di ferirlo. Per questo Stephen capì che il padre, in un qualche modo, avrebbe dovuto pagare per i propri errori. Avvalorò la tesi di Lauren, la appoggiò appieno nella testimonianza e le garantì credibilità, al fine di mettere dietro le sbarre zia e psicologo.

Al termine delle indagini, Lauren espresse il desiderio di rivedere Franklin. Avrebbe dovuto porgli delle scuse e, per lo meno, lui sarebbe dovuto stare ad ascoltarle.

Non ci mise molto per ritrovarlo. Contattò Kevin, il quale, dopo aver preso conoscenza della faccenda, decise di metterla in contatto con il cugino.

Seduta in un bar, con una tazza di caffè di fronte, Lauren vide Frank varcare la soglia del locale e andarle incontro, come non l'avesse dimenticata mai. La guardò con gli stessi occhi carichi di passione.
Lei, per contro, lo trovò dimagrito, sciupato, parecchio invecchiato.
Franklin prese posto davanti a lei, osservando di sbieco Patrik. Il padre di Lauren si esibì per non farla andare da sola, al solo scopo di renderla più tranquilla.

《Pensavo non ti avrei rivista più. 》

《È un miracolo per me vedere ancora, in generale. Ti ho fatto chiamare perché ti devo delle scuse, noi tutti te ne dobbiamo.》

Franklin la osservò nei minimi particolari. Essa era cambiata tanto negli ultimi due anni, si era fatta donna e, non di meno, era ancora più bella di quanto ricordasse. Capì i motivi per i quali, ai tempi, si era innamorato di lei. Li rivide tutti, uno ad uno. La sua tenacia, la sua forza, la bellezza che sapeva contraddistinguerla dal resto delle altre ragazze con cui era stato negli ultimi anni.

《Sono contento che alla fine i colpevoli siano stati incastrati.》

《Perché non sei tornato da me a dirmi la verità?》gli chiese. Per un certo verso, capì di conoscere già la risposta.

《Perché non me lo avrebbero permesso. Perché tu non mi avresti creduto. Ti avevano riempito la testa di cazzate, Lauren. Sarebbe stato difficile per me distinguermi, rendermi credibile. Avrei anche potuto raccontarti tutto, dirti che tu stessa mi avevi confessato le violenze, ma poi i tuoi zii mi avrebbero sguinzagliato addosso la polizia, di nuovo, e io non lo avrei voluto mai. Ho avuto paura anche io. 》

Lauren gli tese la mano. Lui gliela afferrò, sotto gli occhi vigili di Patrik. Gli fece una tenerezza smisurata. Provò a mettersi nei suoi panni, cercando di carpire cosa avesse provato negli ultimi anni.

《Prima di scoprire la verità, avevo già capito tutto. Ti ho sognato, ti ho rivisto in ospedale, quando mi hai pregato di difenderti. Mi dispiace non averlo fatto subito, ma ora sono certa che le tue parole fossero sincere. Ti chiedo solo di perdonarmi, di andare avanti. Vorrei solo poterti ricordare così, come il mio primo amore e per farlo, vorrei potessimo mettere una pietra sopra ai nostri sbagli.》

Egli le strinse la mano, più forte. Una lacrima solcò il viso di Frank. Non era più faccia di culo, così come Lauren l'aveva rinominato con cattiveria, ma solo un fragile Franklin che, per sfortuna o per destino, se l'era vista davvero brutta, accusato di qualcosa per cui non aveva mai avuto colpe.

《Permettimi solo di esserti amica. So che è una richiesta assurda.》

Patrik trattenne il fiato insieme ai ragazzi. Si sentì catapultato nelle loro emozioni, come fossero le sue.

《Nulla è più assurdo di quello che ci è successo. D'accordo, voglio esserti amico, starti accanto, se lo vorrai. Mi piacerebbe poter ricominciare a vivere come una persona normale. Per questo, non smetterò mai di ringraziarti. Per avermi discolpato, per aver creduto in me. Per avermi liberato.

Dedico questo capitolo a una amica speciale.





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