Capitolo 46: Incastrata

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I due corpi rimasero immobili per secondi che le sembrarono eterni.

Lauren ebbe appena il coraggio di afferrare il cellulare dalla tasca e contattare il numero di primo soccorso. Le rispose una donna giovane, la quale, dopo aver ascoltato una stramba storia, chiese subito quale fosse la condizione dei due uomini. Lauren non fu in grado di spiegarsi al meglio.

In realtà, non si poteva ancora capire chi avesse colpito chi. Entrambi non si muovevano, entrambi parevano non respirare. Chiunque avrebbe temuto il peggio.

Non c'era alcun tempo da perdere. Semmai fosse stato Stephen ad essere stato colpito, Lauren sarebbe dovuta intervenire immediatamente, per lo meno cercando di tamponare la ferita. Si avvicinò ai corpi, cercando il punto da cui, in teoria, sarebbe dovuto provenire il sangue.
Spinse Victor con fatica sul pavimento, lontano da Stephen e, solo allora, iniziò a ispezionare il busto del giovane. C'era sangue, tanto sangue. Cercò di trattenere un conato. La vista del sangue altrui l'aveva sempre impressionata sin da piccina.

Sebbene avessero lottato solo con l'ausilio di un coltellino, esso doveva aver colpito e ferito in profondità.

Giunse alla conclusione che il plasma secco sul bacino di Stephen non fosse il suo. Lauren non vide squarci sulla pelle del ragazzo, la maglietta, sebbene zuppa di liquido rosso, era rimasta intatta anche a seguito della colluttazione.

Spinse allora i propri occhi sul corpo di Victor.
Sull'addome, Lauren notò un piccolo taglio. Decise di non toccarlo, ma di prestare attenzione solo a Stephen.
Lo scosse, con delicatezza, intenzionata più che mai a riportarlo da sé, sempre più vicino alla vita.

《Qualcosa mi fa un male cane...》

Shhh! Non ti muovere. Stai fermo così. Stanno arrivando i soccorsi. 》

Lo abbracciò appena, cercando di non recargli altro dolore. Stephen le afferrò la mano, la guardò negli occhi alla ricerca di risposte.

《L'ho ucciso?》chiese, spostando i propri occhi sul corpo esanime del padre.
Lauren non si sentì in grado di rispondere. Del resto, lei non sapeva se Victor fosse stato ucciso a causa della colluttazione. L'unica cosa di cui si sentì certa, fu il fatto che Victor Simon Colton avesse confessato i suoi crimini e fosse stato registrato.

Sebbene il piano di Lauren fosse variato nel corso della serata, registrare la confessione del colpevole sarebbe stata l'unica costante volta a garantirle le prove di cui sempre aveva avuto bisogno.

In lontananza udirono una sirena, poi due, suonare intermittenti, rompendo la quiete della notte.

《Mi spiace per come è finita. Non avrei mai voluto implicarti in questa storia. 》

《Non è colpa tua. È colpa sua.》Stephen indicò il padre ancora steso sul pavimento.
《Se avrò l'onore di vederlo ancora vivo, mi auguro finisca nella cella più buia e fredda che il carcere possieda. 》

Prima i paramedici, poi le forze dell'ordine, giunsero sul posto per i rilievi. Stephen venne adagiato su di una barella sotto gli occhi di Lauren. Cercarono immediatamente di rianimare Victor, ma, in un primo momento, ogni tentativo si dimostrò vano.

Entrambi vennero caricati sulle ambulanze diretti a gran velocità verso l'ospedale più vicino.
Lauren rimase sola con gli inquirenti, poiché impossibilita a seguire Stephen. Le venne impedito di salire sull'autoambulanza.

Fu il destino a portare da lei gli zii insieme a suo padre, avvertito poco dopo la telefonata fatta al pronto soccorso. Patrik le corse incontro, prendendola tra le braccia.

《Che cosa è successo quì? Tu stai bene?》vide il sangue e si assicurò che Lauren non avesse nulla di rotto. Le toccò le braccia, le mani. Il sangue che essa teneva ancora tra le dita non era suo.

《Io sto bene, ma che ci fanno loro?》spinse i propri occhi verso Jean e Beth poco più indietro.

《Gli ho chiamati io. So che hanno sbagliato con te, ma ho pensato avessero diritto di sapere. 》

Lauren dimenticò per un momento suo padre, gli inquirenti. Si spinse a passo svelto verso gli zii, in particolar modo davanti a Beth. Non appena fu a pochi centimetri dai coniugi, spinse Play sulla registrazione fatta in casa Colton.

La verità, quella che avrebbe dovuto riferire allo zio due anni prima, si palesò attraverso gli altoparlanti del cellulare, mettendo tutti i presenti al corrente della verità.

Zio Jean, ancora accanto alla donna, fece un passo per allontanarsi da lei. Udì ogni singola parola, le urla di Colton, la verità di Lauren. Provò l'adrenalina della collutazione, il dolore della nipote vittima di una storia che, suo malgrado, andava avanti da troppo tempo e per cui esso stesso era stato cieco.

《Non è vero. Ditemi che non è vero...》

Jean osservò negli occhi la propria compagna di vita, la madre di sua figlia. Essa cercò di ripiegare, di giustificarsi, ma, alla fine, nulla poté fare per discolparsi. Tentò di afferrare le mani del marito, ma egli le rifiutò, colpendole con risentimento. Gli occhi di Jean verso Beth urlarono più di mille parole messe insieme. Gli vomitò addosso tutto lo sdegno provato, maturato e nutrito da quella registrazione.

Il suo nome, il nome di Beth, più volte ripetuto da entrambe le parti, era la prova della sua colpevolezza.
Lauren l'aveva incastrata e finalmente era riuscita in una cosa che mai aveva potuto: mettere al corrente lo zio, il suo burbero zio Jean, della malignità insita nella donna che per anni aveva giurato di amarlo come fosse stato davvero l'unico della sua vita. Non lo era mai stato, non lo sarebbe stato mai.

《Levatemela di torno.》

Jean riuscì a dire solo questo. Osservò la polizia mettere le manette alla moglie, spingerla dietro i vetri della volante. Ebbero il tempo per guardarsi negli occhi un'ultima volta, prima che l'auto uscisse dal vialetto dei Colton, con l'unico scopo di portare Beth in centrale per una deposizione. Essa non avrebbe più potuto mentire. Ogni prova andava incastrandola, ogni video o registrazione, a porsi contro lei e Victor.

《Avevi già tentato di dirmelo. Ci aveva provato anche Maria. Se solo avessi insistito, me l'avreste detto e tutto questo non sarebbe mai successo. Mi spiace, Lauren. Mi prendo tutte le mie colpe per non essermi accorto di niente. 》

《Non è colpa tua. Non è colpa di nessuno di noi. Dov'è Maria? Perché non è quì?》

Jean abbassò lo sguardo, come fosse esso stesso colpevole.

《A casa. Mi aveva detto di essere passata da te, di averti detto cose inerenti Franklin. Aveva chiesto di raggiungerti, insieme, ma io avevo preferito non farlo visto i rapporti con tuo padre. Ha deciso di fare tutto da sola, è stata coraggiosa, ma ora sta vivendo male la perdita di sua madre. Credo non ci abbia voluti seguire per questo.》

Patrik si intromise, al fine di ricordare a Lauren cose importanti.

《Dobbiamo raggiungere Stephen in ospedale. Avrete tempo per spiegarvi, ma sopratutto per spiegare a me. 》

Suo padre era da poco tornato dall'America e già finito vittima di un giallo senza precedenti. Lauren si sarebbe presa la briga di spiegargli ogni cosa, non appena certa della condizione di salute di Stephen.
Salì in macchina senza aggiungere altro, seguendo solo le indicazioni del padre.

Per la prima volta, sperò, con tutta sé stessa che un Colton fosse fuori pericolo.
Non un Colton qualsiasi.

Il suo Colton.

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