L'ora d'oro

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Erano appena le sei e un quarto del mattino. 
Newt la chiamava "ora d'oro", perché il firmamento iniziava a colorarsi del calore del sole, con le vivaci tempere del giorno. 
Qualunque altra persona avrebbe messo il naso fuori dalla finestra e respirato l'aria frizzante del mattino, grata al suo Dio che la aveva messa al mondo e permesso di guardare quel felice spettacolo. 
Invece lui non poteva. Non avrebbe mai potuto godersi uno scenario del genere in una situazione simile: stava per dire addio a suo figlio per chissà quanto tempo, lasciarsi alle spalle quella che ormai aveva identificato come casa e tornare a rischiare la vita. 
Non era mai stato stanziato in un posto per tanto tempo, dato che amava i viaggi da tutta la vita, ma ora che la sua vita era cambiata completamente iniziava a pensare che Londra gli sarebbe mancata come l'aria. 
Teneva la mano del suo bambino come se fosse un cimelio di estrema importanza: così fiero di averlo, ma così spaventato di romperlo soltanto stringendolo un poco. 
Queenie e Jacob parlavano tra di loro. Erano davvero delle brave persone, avevano accettato di tornare in azione senza pensarci due volte, sebbene sapessero che avrebbero dovuto lasciare i loro figli a casa. 
Arrivati alla Passaporta, formata da un simpatico vaso vuoto, tutti si fermarono, in cerchio. 
Il Magizoologo guardò Tina, mordicchiandosi il labbro. La donna ricambiò lo sguardo e prese un respiro, per poi abbassarsi all'altezza di Thomas. 
«Tornerete presto, vero, mamma?» chiese il piccolo, prima che lei potesse proferire verbo. 
«Prima che si possa dire "Lampeggia!"» rispose lei, citando Shakespeare mentre scorreva le dita tra i corti capelli scuri del figlio. 
«Ma dove andate?» domandò ancora lui, guardandola negli occhi come per dire "Sapere perché mi state lasciando qui è mio diritto, non potete negarmelo". 
«Andiamo molto lontano, Tom. Ma non ti devi preoccupare, d'accordo?» replicò l'Auror, in difficoltà. 
«Molto Lontano è un paese, mamma?». 
Newt notò che Tina stringeva le sue labbra rosee, e deglutiva a fatica: stava trattenendo le lacrime, perché non si sarebbe mai fatta vedere piangere da nessuno, tantomeno suo figlio. 
«Sì, Tom».
«Nel Dorset, mamma, vero? Per caso è nascosto sotto il mare?» domandò ancora. 
"Magari fosse nel Dorset" pensò Newt. 
Per i lettori non esperti dell'isola britannica, il Dorset è una contea non metropolitana nella parte sud-orientale. Agli Scamander stava particolarmente a cuore a causa della sua vicinanza alle onde. 
«Diciamo che Molto Lontano è dove vuoi che sia». 

Poco dopo, venne davvero il momento di partire. 
Newt, Tina, Jacob e Queenie salutarono i propri figli e, con le lacrime agli occhi e i cuori pesanti come piombo, toccarono la Passaporta, che li fece sparire in un batter d'occhio. 
Melody prese la manina di Thomas, in silenzio. 
«Zia?» la richiamò all'attenzione lui, tirandole la mano della camicetta. 
La donna si inginocchiò per guardarlo negli occhi, e fece il sorriso più dolce che le riuscì:
«Sì?». 
Il bambino la fissò con uno sguardo curiosissimo, come se la vedesse per la prima volta. Nei suoi occhi brillava la luce dei suoi genitori, ma la nostalgia era già evidente sul suo viso giovanissimo. 
«Ma che ci vanno a fare la mamma e il papà a Molto Lontano?» chiese. 
Melody gli scostò alcuni dei capelli corti dalla fronte, continuando a sorridere, ma prendendo tempo per pensare alla risposta. Dopodiché, il suo volto si illuminò:
«Se te lo dico mi prometti che non glielo racconti?». 
Il piccolo fece gesto di cucirsi la bocca, e si mise le mani dietro la schiena come a provare il fatto che non se la sarebbe scucita per nulla. 
La Lestrange si avvicinò al suo orecchio per sussurrare, con un filo di voce: 
«Vogliono fare una sorpresa per il tuo compleanno. Vanno a fare una caccia al tesoro grandissima, e se riescono a trovare tutti gli indizi...». 
Si fermò, come per creare una situazione di suspense. 
«Che cosa? Continua, zia!» la implorò Thomas, il cui viso era appena tornato speranzoso e gaio. 
Lei sussurrò, a voce ancora più bassa: 
«...torneranno a casa su un tappeto volante». 
Il bambino spalancò occhi e bocca, in un'espressione buffissima:
«SU UN TAPPETO VOLANTE?!». 
Melody gli fece segno di abbassare la voce, divertita: 
«Se i tuoi cugini lo scoprono, si prenderanno il premio! Devi stare attento!» esclamò. 
Thomas allora annuì, convincendosi, e fece un sorriso soddisfatto alla donna. Poi passò davanti a Altair e Diana, a cui bisbigliò: 
«Quella sorpresa sarà mia».

«Credete che verrà a cercarmi?». 
La domanda di Credence risuonò nel soggiorno, in cui erano presenti anche sua moglie Gladys, Katie, i Furfanti e Travis. 
Per i lettori dalla memoria corta, bisogna ricordare che Henry Travis non aveva avuto certo un passato molto positivo: aveva per anni tormentato Melody e Adrian a Hogwarts, ma nell'ultima impresa contro Grindelwald aveva scelto di cambiare stile di vita, e negli anni che separano questo evento dal tempo in cui è ambientata questa storia, aveva avuto a che fare con un forte debole per la timida e dolce Katie, tanto che alla fine i due avevano deciso di fidanzarsi.
In ogni caso, in quel momento Credence stava facendo pena a tutti i partecipanti alla riunione, e nessuno ebbe il coraggio di rispondere. 
Il giovane si alzò ed andò vicino alla finestra, guardando al di fuori di essa, con le braccia incrociate. 
«Io dico» esordì Sebastian, dei Furfanti «che in ogni caso non ti deve importare, Tenebroso. Non ha senso rimuginare su quello che ha cercato di farti, sappiamo che tenterà di nuovo perché è un uomo vile e crudele...»
«Evviva l'ottimismo!» commentò Phineas, non riuscendo a tenere a freno la lingua. 
«Piumato ha ragione» si intromise Katie, prendendo le parti di Sebastian «Lo scopo di Grindelwald è quello di farti paura, poiché sa che ti rende vulnerabile». 
Credence si voltò, lanciando uno sguardo tagliente alla donna: 
«Così sarei vulnerabile, eh?» chiese, retorico, e qualcosa di oscuro e fatale in lui si stava accendendo di nuovo. 
«Lo stai dimostrando proprio ora, Cred» lo ammonì Travis, tenendo la mano della sua ragazza. 
Il giovane sembrò all'inizio ancora più furioso, ma poi capì l'errore che aveva commesso. 
Scoppiò a piangere. 
Quando smise di singhiozzare, notò che tutti i suoi amici non avevano la forza di guardarlo in volto, talmente stretta era la morsa sui loro cuori nel vederlo ridotto in quello stato. 
Guardò sua moglie. 
Lei era l'unica che ancora non aveva proferito parola, eppure lo fissava dritto negli occhi. 
«Ricordati» gli disse Gladys, prima di stringerlo in un abbraccio «Noi siamo ribelli». 

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