22 - Una donna da sc-sposare

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*piccolo spazio autrice abusivo*
AVVISO PRIMA DELLA LETTURA
Se avete letto il capitolo 22 FAKE, "Aprile il tuo cuore", pubblicato come pesce d'Aprile, dimenticate ogni cosa, perché Adam non si è bevuto il cervello a mia insaputa e niente di ciò che c'era scritto all'interno è mai successo realmente...

"Capitolo 22?? Quale capitolo? Quello che hai pubblicato ora ora, oggi che è sabato?"

OK, BRAVE LE MIE RAGAZZE (/I MIEI RAGAZZI?)! 😎

Ora, buona lettura...

♡♡♡

ADAM

«Oooh!»

«Pesante questa!»

«Mannaggia!»

«We, Don, non me l'avevi detto che era così un bel tipino!»

E chi se lo aspettava.

Non rispondo e mi sforzo di sorridere. Poi, d'istinto, punto gli occhi sulle due ali ormai lontane. Eden ha un'eleganza tale che pare volteggiare, seppur in mezzo a tanta gente. Non sgomita, non si fa spazio a forza; semplicemente, aggiusta il passo in base ai movimenti altrui e prosegue sinuosa con quel suo incedere che pare una danza.

Senza preavviso, Vins mi prende sotto braccio, che grava pesantemente sulle mie spalle. «Qui te lo dico, amico: se non la prendi tu, me la prendo io!», annuncia.

«Che cosa, scusa?», chiedo esterrefatto.

Che cazzo dice, ora?

Non può aver detto quello che ha detto...

«No, dico, l'hai vista? Hai visto il pepe? Sai quanta passione repressa ha quella?!», esordisce, il tono fin troppo esaltato per i miei gusti, «È risaputo che sono quelle che sembrano le più santarelline di tutte a essere le più pazze a letto!», conclude convinto per poi colpirmi con tre sonore pacche sulla schiena, congedandomi così dal suo abbraccio.

Si fa più vicino a Lupo, il quale in questo momento pare simile a una madonnina, dal momento che, per lasciare scoperto il viso, ha sistemato il costume da fantasma - il lenzuolo - sulla testa in un modo tale da farlo assomigliare a un velo che gli ricade dietro e ai lati del capo. Così conciato, e privo di un minimo di dignità, continua a rifornire la riserva di cibo che ha accumulato sul piattino e che ormai appare come una piccola montagnetta pronta a franare da un momento all'altro. Senza chiedere, Vins gli frega un quadretto di pizza da sotto il naso. L'altro fa per lamentarsi ma, data la bocca piena, non riesce a proferire che versi e mugugni insensati, così ci rinuncia.

Dalla mia posizione, io rimango impassibile. Ripenso alle parole che il mio amico vestito da zombie ha appena pronunciato. Non ne capisco il motivo ma, sebbene siano cose che avrei potuto dire tranquillamente anche io, in qualsiasi altra occasione, mi ha dato un fastidio inverosimile ascoltarle.

Per cercare di sedare quel pensiero insopportabile - Eden e Vins insieme, abbracciati, avvinghiati e Dio solo sa cosa -, porto alla bocca il bicchiere colmo di cocktail che mi sono appena servito e lo bevo tutto d'un fiato. Scende giù bene. Troppo bene, considerato quanto è leggero, in pratica è un succo di frutta, così me ne faccio un altro, di nuovo a goccia, e poi un altro ancora. Malgrado il gusto dolciastro del liquido che mi scende in gola, è amara la consapevolezza che per riuscire a stordire i miei stupidi pensieri servirà certamente dell'altro, qualcosa di decisamente più forte rispetto a quella presa in giro che mi fa solo il solletico.

«We, Fantastici, vediamo di dare una svolta a questa serata!», dico ostentando entusiasmo, «Questa roba fa schifo, sembra acqua, vado da Vì a vedere se c'è qualcosa di meglio...»

Non mi assicuro del fatto che mi abbiano sentito o meno che già i miei piedi si muovono, iniziando a farsi spazio tra la folla. Inevitabilmente mi viene in mente Eden che giusto qualche minuto prima ha percorso lo stesso tratto che sto attraversando io.

Siamo così diversi, io e lei... Io sgomito e pesto i piedi, incurante di tutto e di tutti, non sono capace ad adeguarmi ai movimenti altrui. Non sono come Eden...

Raggiungo mia cugina, che trovo ancora impegnata ad armeggiare in cucina. Fermo sull'ingresso, mi poggio con una spalla allo stipite della porta, le braccia lasciate cadere giù morbide di fronte a me e la mano destra a stringere la sinistra.

«We, cuggi... non vorrai mica stare ad ammuffire qui tutta la sera, vero?»

Lei solleva lo sguardo da ciò che sta facendo e posa i suoi occhi nei miei. Il suo viso si illumina con il sorriso che mi rivolge non appena prende atto della mia presenza vicino a lei.

«Non ne ho la più minima intenzione!», mi rassicura, scuotendo con convinzione il capo, «Ma ho voluto portare avanti un po' di lavoro, così, almeno, fra poco sono tutta vostra e non ci penso più...»

La guardo e non posso che provare un grande affetto per lei. «Sei sempre così organizzata e precisa, non ti smentisci mai!». Lei sorride, abbassa di nuovo lo sguardo, così concentrata in quello che sta facendo. «Hai bisogno di una mano?», le chiedo.

«Ma no, il grosso era fatto, ho solo ricaricato un po' il bere...»

Mi scappa una risata sarcastica e non riesco a trattenermi dal dissentire: «Chiamalo "bere"...!»

«Che vorresti dire, scusa?», incalza lei.

«Senza offesa, ma... sei cosciente del fatto che in pratica è succo di frutta, vero?»

Lei sbuffa divertita e, dopo averle aperte di poco, lascia cadere le braccia battendo con i palmi sulle gambe. «Ed ecco l'altro che non si smentisce mai!», esclama, «Questa festa non è per gli ubriaconi, vorrei mantenere un certo contegno, insomma - o quanto meno provarci -... Anche perché, se qualcuno più storto del dovuto rompe qualcosa, chi li sente poi i miei?»

«Tu dì loro che è colpa mia!», ammicco.

«Sempre!», scherza lei.

E all'improvviso mi vengono in mente tutte le marachelle che avevamo combinato da piccoli, come la volta che lei mi aveva convinto a tagliarle la frangetta con l'ausilio della forbice con la punta arrotondata, di nascosto dai genitori; la volta in cui abbiamo rotto il vetro della finestra dei vicini giocando con la palla; o quella in cui abbiamo deciso di rendere più colorato il muro appena imbiancato della casa in cui la famiglia di Vivì aveva appena traslocato disegnandoci su le nostre "opere d'arte"... così abbiamo chiamato all'epoca i pastrocchi disegnati con i pennarelli. Qualsiasi fosse la circostanza, non appena venivamo colti in flagrante, Vivì era subito pronta incriminarmi per uscirne pulita: «È stato lui!». Ricordo ancora la sua posa tipica con le mani alte, in segno di innocenza, gli occhi improvvisamente ingigantiti e il capo mosso da piccoli cenni di diniego. Io, tutto sommato, la lasciavo fare, perché: uno, i nostri genitori non erano così fessi da pensare che fosse sempre e solo colpa mia e che lei fosse un povero angelo malcapitato succube del cugino più grande; due, anche mi fossi preso una sgridata, non vedevo quale differenza avrebbe potuto fare, una più o una meno...

«Ne abbiamo passate delle belle, io e te, vero...?», le chiedo, preso da un moto di malinconia.

«Non mi ci far pensare, che i prossimi sono i venti...», mi risponde portando le mani a coprirsi il viso, quasi a voler negare la realtà.

Un sorriso amaro e divertito insieme mi esce fuori dai denti «E lo dici a me? Io quella soglia l'ho già superata...». Automaticamente, l'angolo sinistro della mia bocca scatta verso l'alto, piegandomi le labbra in un sorriso sghembo.

«Vì, ho tolto di mezzo un po' di piatti vuoti, ma c'è ancora tanto cibo sul tavolo, secondo me va bene così... dove metto tutto?»

Eden entra in cucina, superandomi, ed è così intenta ad aiutare l'amica, con la pila di vassoi e vassoietti tutti impilati tra le sue mani, che sembra non avermi neanche visto.

«Molla pure dentro il lavandino, poi ce la vediamo dopo...», le risponde la festeggiata.

«Ok», fa lei, per poi avvicinarsi con cautela verso il lavello.

«Ti aiuto io», la raggiungo io, mosso dall'istinto improvviso di fare qualcosa per averla vicino.

Subito, afferro i piattini che tiene in cima alla pila per poi disporli nella vasca.

«No», mi ammonisce lei, «Prima vanno le cose più grandi, poi le piccine...», mi spiega, «è più pratico per pulire poi...».

Dispone le cose che ha in mano all'interno del lavello, esattamente come aveva detto, dai contenitori più grandi ai più piccoli. Io la guardo ed è carina mentre lo fa...

«Sei proprio una donna da sc-sposare...», non riesco a trattenermi dal commentare con tono mellifluo, calcando bene il voluto "balbettio" sull'ultima parola, e avvicinandomi di colpo vicino a lei, della quale sfioro la spalla con il petto.

Lei, subito, si scosta. «Grazie», gracchia secca, per poi allontanarsi uscendo a passi spediti fuori dalla cucina.

«Sei proprio un deficiente!», mi rimprovera mia cugina.

«Che c'è? Non si può neanche dire la verità?!»

«Non fare il finto tonto, che lo sai che la stavi prendendo in giro», non molla la presa lei.

«Era solo uno scherzo!», cerco di convincerla.

«Ma che?! Ti credi che sia stupida? Voi e i vostri fottuti scherzi...», fa lei esasperata, «Fossi solo tu l'unico che scherza con lei in questo modo, con battutine sceme e doppi sensi... Io lo vedo quando sto con lei, ogni giorno è un continuo, non so neanche come faccia a reggere, quella santa...»

A quelle parole sorrido. «Infatti», inizio insinuante, «Non vedo perché si ostini a "reggere" quando basterebbe che si rilassasse un po' per aprirsi ai piaceri della vita... Aprire le gambe, magari... Aprire le gambe sarebbe un gran bell'inizio!». Rido da solo, compiaciuto dalla piccola perla, la battuta, che ho appena dispensato.

«Ma ti senti quando parli?», tuona lei, «Ma riprenditi un po'!», continua con foga. Poi si zittisce, sebbene abbia il viso arrossato per la rabbia.

«Comunque», mi dice dopo qualche secondo in cui io ho rispettato il suo silenzio, «Ora non mi va di farmi del sangue marcio per niente», cerca di contenere il tono, «solo evita di infastidire le mie amiche. Intesi?»

«Sì, capo» , fingo innocenza mentre dondolo lievemente con il capo.

Viviana esce dalla cucina e io, dopo poco, la imito. Non la seguo, però, fino alla sala in cui lei è diretta, e dove si concentra maggiormente la presenza degli invitati, ma giro verso l'armadietto in cui so che lo zio tiene sempre le scorte di alcol. Ero andato dalla festeggiata con un proposito e, sebbene, alla fine, a lei non abbia chiesto niente, non me ne sono dimenticato... So come muovermi.

Quel sant'uomo di mio zio non mi delude mai e, senza affannarmi troppo in ricerche estenuanti, ecco lì in bella vista le bottiglie ancora colme di rum, whiskey e vodka. Ci sono anche dei piccoli bicchierini e, fugando ogni ripensamento, ne afferro uno; prendo la bottiglia di Jack Daniel's e me ne servo un po'. Il liquido scorre nella mia gola ed è così forte che sembra fuoco. Guardo incerto il piccolo contenitore di vetro ormai vuoto che reggo fra le mani e scelgo di ricaricarne la dose. Terminato anche il secondo, preparo l'occorrente e lo dispongo in un angolo un po' più appartato, nascosto dagli occhi dei più, prima di andare a chiamare i Fantastici.

«We, bella gente, vogliamo iniziare questa festa o no?»

Mentre Vins inizia a rollare come non ci fosse un domani, ci facciamo un paio di giri di cicchetti, prima di uscire fuori per fumare. Lentamente, tutte le mie paranoie mi abbandonano. Eden; l'infelice frase di Vins che prima mi ha urtato, lo stesso constatare che l'idea di lui e Eden insieme mi dia fastidio; la litigata in cui ho rischiato di imbarcarmi con mia cugina poco fa; il chiaro disagio mentale di Giotto che con quel topo morto a pelo lungo in testa rimane convinto, nel suo intimo, di essere un figo pazzesco, per di più geniale, e mi dispiace doverlo smentire ma non è così; il fatto che nemmeno Lupo, che sempre di più appare ai miei occhi come una bellissima madonnina, sembra scherzare in proposito... Dovrei dirglielo ai miei amici che così sembrano solo sfigati, che, di certo, sono quanto di più lontano possibile dall'apparire come dei fighi, dovrei... Scar no. Scar è uno scansafatiche, ma almeno la maschera da Hulk non lo fa sembrare così grottescamente ridicolo, anche se... Ma chissenefrega.

Tutto intorno a me sembra perdere di spessore. Il mondo sembra improvvisamente più bello e leggero. E inizio a sentire più leggera anche la mia anima, ora. Tutto ha di nuovo un senso, o forse sono i "perché" che cadono. Nessun dubbio, nessuna domanda. Non c'è niente che mi possa fare vacillare.

«Lupo, Giò... Comunque conciati così sembrate proprio quello che siete: dei coglioni patentati!»






♡♡♡



//
Buongiornoooooo! 😍

Come state??

Io vi scrivo da Firenze! 😍😍😍

Ma, bando alle ciancie, voglio sapere tuuuuuuutto a proposito di ciò che pensate del capitolo...

In quante hanno desiderato prendere Adam a schiaffoni? 🙋 Io mi prenoto anche per un bel calcio là dove le gambe si uniscono! 🙌

Adam, noi ti preferivano nella versione irrealistica ma meravigliosa del capitolo burla del pesce d'Aprile, diciamocela la verità...!

E, voglio rassicurarvi, ragazze, prima o poi succederà... Sì! Prima o poi Adam inizierà a pensare cose simili a quelle che ha detto in quel capitolo, non temete, solo ci metterà un poco di più a consapevolizzare il tutto... Se avrete la pazienza di aspettare con me, però, sono sicura che avrete gioie ben più grandi di quella data dall'Adam impazzito d'amore nel capitolo "Aprile il tuo cuore"... 😏😍

Oooooh! Non vedo l'ora!!! 😍😍😍

Prima di chiudere voglio ringraziarvi... Siamo a 15k inoltrati! 😍 Spero davvero che questa storia continui a piacervi almeno la metà di quanto a me piace scriverla! 😍

Se avete apprezzato il capitolo lasciare una stellina e consigliare la lettura! 😘

Vi stringo forte.

Ah, un grazie super speciale a MC_Peregrine che, anche questa settimana, fra un libro e l'altro, è riuscita a correggermi il capitolo! 😍

A lei la stritolo e non la lascio andare più.

In ogni caso...

Un bacio a testa,
S.C.
😘

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