27 - Salvare la faccia ai ragazzacci

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*piccolo spazio autrice abusivo*
Un memo a tutti i giocatori di
Indovina Chi...
Ricordo che la frase era: "È la prima volta per me..."
Tanti auguri e buona lettura! 😉

♡♡♡

ADAM

Dopo l’insistenza di Eden volta a rassicurare le amiche sul fatto che potevano lasciarla sola con me e che lei era pienamente in grado di cavarsela da sè, Viviana e Manuela si convincono a lasciare finalmente la stanza.

«Rimarremo comunque qui davanti, sul pianerottolo», mia cugina informa Eden, ma suona più come una minaccia nei miei confronti.

«E cercate di parlare ad un volume adeguato!», aggiunge Manuela, incredibilmente convinta in quello che dice, «Almeno così possiamo sentire tutto e non avremo bisogno di aggiornamenti in differita!»

La guardo di sbieco, chiedendomi se c’è o ci fa, e quando mi volto verso Eden, vedo che lei ha la mia stessa espressione cucita in faccia.

«Potete andare», le incoraggia nuovamente, lasciando cadere nel vuoto la frase dell’amica.

Appena la porta viene chiusa alle nostre spalle, sento l’esigenza di stemperare la tensione in qualche maniera..

«Dimmi il tuo segreto: come fai a sopportarle? Ma sono sempre così?», provo a chiederle, sforzandomi di adottare un tono leggero e scherzoso.

Lei sorride, o si sforza di farlo, e mi risponde: «No, non sempre, solo quando finiscono in modalità “Eden - piccolo fiore indifeso che urge difendere dal mondo”», sorride mentre dice quella frase, con un sorriso divertito, ma anche arreso, «non che ce ne sia reale bisogno...», si premura poi di aggiungere, mentre si guarda le punte dei piedi, tira su con il naso e sorride, «ma lo fanno perché mi vogliono bene, alla fine, e questo non può che farmi piacere…»

«Ah, tu dici…», le dico, non senza ironia.

Prendo fiato – quando ho smesso di respirare? – e mi avvicino verso di lei, in prossimità del letto sul quale siede. «Posso?», chiedo indicando lo spazio vuoto vicino a lei.

Lei fa un cenno di assenso con il capo e io mi accingo a prendere posto. Mi appoggio sul materasso con estrema e inedita cautela, quasi avessi paura di rischiare di urtare la sua sensibilità con quel semplice gesto.

Poi, lì seduto, rigido come un manichino, rimango zitto. E il mio mutismo dura per più degli istanti dovuti… mi sento come uno stupido ragazzino delle medie alle prese con la sua prima cotta.

Ma si può...?

«Ti chiedo perdono, Adam». Imprevedibilmente, è Eden a interrompere il silenzio. «Mi dispiace se ti ho colpito…»

No, aspetta… qualcosa mi deve essere sfuggito… io mi comporto da coglione e lei mi chiede scusa?

«Davanti a tutti, poi…», continua mesta, «Deve essere stato umiliante per te…»

Sì, lo è stato, ma cosa c’entra ora…?! Me la sono cercata…

«Perdonami, io… Ho perso il controllo, non sono solita a…»

«Eden, ma piantala», la blocco, nel pieno della mia frustrazione, che, però, mi accorgo, assume nella mia voce note decisamente più irritate e aggressive. «Cioè…», cerco di aggiustare il tiro, «mi è uscita male... voglio dire che…», annaspo cercando di trovare le parole giuste, «non c’è bisogno che tu mi chieda scusa. Ecco tutto. Cioè, io piuttosto… sono io che...»

Mi sento un completo inetto. Ho fatto tanto per venire qui, per avere la possibilità di un confronto tra me e lei, da soli, un’occasione per cercare di aggiustare le cose... e, gira che ti rigira, è lei ad avermi preso in contropiede chiedendomi scusa. Lei! Mentre io… io non riesco a formare una frase di senso compiuto per dirgli che sono io a doverlo fare, che io devo chiedere scusa non lei…

«Me la sono cercata…», ammetto solo, «ho esagerato, insomma… lo sapevo che ti avrei messa in imbarazzo facendo quello che ho fatto... o, quantomeno, che ho provato a fare, prima che le tue cinque dita mi rimettessero al posto», provo a farla sembrare una battuta, mi sforzo di sorridere, «Mi hai stupito, sai? Non mi aspettavo che tu...»

«Non sei l’unico ad essere rimasto sorpreso», mi interrompe precipitosa, «è la prima volta per me…», il tono si fa nuovamente più mansueto e accomoda meglio la seduta mentre porta una mano a toccarsi i capelli, «voglio dire, è la prima volta che tiro uno schiaffone in quel modo a qualcuno…». Non ha il coraggio di guardarmi negli occhi mentre mi parla, continua a trattenere le pupille fisse sulle punte dei piedi.

«Credimi, se è così allora hai un vero talento!», cerco di sdrammatizzare.

Eden sorride e, finalmente, mi rivolge un'occhiata. Le sue iridi mi accarezzano il viso, si posano sul punto ancora dolente che lei ha colpito poco fa.

«Oddio, non so come farmi perdonare…», carica la sua voce di tutto il dispiacere che prova, «ti è rimasto il segno…»

«Che cosa?!». A quelle parole, scatto su come una molla per direzionarmi verso lo specchio sito all’interno dell’anta dell’unico grosso armadio presente nella stanza.

Osservo lo zigomo sinistro che presenta chiaramente l’impronta della mano di Eden, con tutte le cinque dita ben visibili.

«Corfermo», cerco di parlare con leggerezza nella voce, «Hai davvero un talento», ribadisco continuando a studiare nel riflesso gli effetti di quel suo schiaffo. «Mai pensato di darti alla lotta libera?», vi volto verso di lei.

Richiudo l’armadio per poi tornare a sedermi vicino a Eden che, al suono di quella mia provocazione fatta chiaramente per scherzo, ride di gusto.

«Sul serio, dico!», continuo, incoraggiato dal vederla rasserenata, «Guarda», con un gesto della mano la invito ad avvicinarsi per osservare meglio il mio viso. «Questa», indico con un dito lo zigomo destro, «è la guancia che ha colpito Viviana – perché, non so se lo sai, ma anche lei, dopo il tuo esempio, ha deciso di darci dentro, sta sera...»

Lei ride e annuendo dice: « Sì, sì… me ne sono accorta, scusami anche per questo...»

«Aaah…!», esagero lo stupore, «E così non solo chiedi scusa per cose che hai fatto tu – e solo perché io me le sono cercate –, ora pure per le cose che neanche hai fatto chiedi scusa...?», scherzo, divertito e sorpreso allo stesso tempo.

Lei ride ancora. «Ma no, è che mi dispiace…!», prova a spiegarmi.

La guardo, ci provo a darmi un certo tono, a fingermi serio, ma non riesco a trattenere i sorrisi.

«E comunque…», inspiro una cospicua quantità d’aria, nel tentativo di riprendere le redini del discorso, «come puoi vedere, la guancia colpita da Viviana risulta illesa, come nuova…! Invece... invece questa», con un dito indico la zona interessata e con un altro invito lei a farsi più vicina, «questa è quella che hai colpito tu. Guarda. Li vedi i segni? Certo che li vedi, dal momento che si dovrebbe essere ciechi, per non farlo…», ironizzo, e lei ride, con quella risata cristallina di cui inizio ad apprezzare il suono.

«Li vedo, li vedo», si copre gli occhi con una mano dando forma all'imbarazzo, «Scusami, davvero, sembra proprio far male...»

Scuote di poco il capo e posa i suoi occhi nei miei. E, in questo momento, qualcosa scatta in me, ancora non capisco che cosa sia, ma io non posso trattenermi dall’assecondare la spinta che sento dentro, così decido di iniziare a giocare…

Una volta incrociate le braccia al petto, cercando di celare il divertimento, le dico: «Eh sì, dovrai proprio farti perdonare, fa un male cane…»

Lei, sebbene titubante, non distoglie lo sguardo dal mio, in questo modo io mi sento incoraggiato a continuare…

«Quand’ero piccolo, qualcuno mi ha detto che un bacio fa passare tutte le bue…», racconto deciso, «mi chiedo cosa potrebbe fare quello di un angelo...». Insinuo in lei l’idea di baciarmi così, in maniera naturale, sottile ma diretta.

Eden smette di guardarmi, forse per l’imbarazzo, tuttavia il suo volto si mantiene sereno, ancora divertito.

«Mi sembra un discorso un tantinello da furbetto…», mi riprende scaltra, mentre solleva le sopracciglia e ferma il labbro superiore con i denti per bloccare il sorriso.

Eden, ti prego, non così...

Rifuggo da qualsiasi pensiero abbia su di lei – perché, non so che mi prende, ma Dio solo sa cosa non farei a quelle labbra… – e le rispondo: «Che vuoi farci, rimango pur sempre un diavolo, io…». Per sottolineare quella mia ultima affermazione mi alzo in piedi e allargo le braccia per palesare il costume che indosso per la serata, attirando ancora una volta gli occhi di lei su di me.

Per la seconda volta, Eden si morde di poco il labbro, solo su un lato. Poi, non riuscendo a trattenere il sorriso scuote il capo, senza tuttavia proferire parola.

«Almeno concedi a un povero diavolo di rimediare ai suoi errori», insisto io, persuaso del fatto di aver costruito un ponte fra me e lei, sebbene ancora fragile, come un filo… ma devo provarci lo stesso... «Balla come me, ancora una volta.»

Lei mi osserva con severità, inarcando il sopracciglio destro. Probabilmente non vede ragione per la quale fidarsi di me, e tutti i torti non li ha...

«Solo io e te», mi premuro di rassicurarla, «al primo che prova a mettersi dietro di te per fare un sandwich gli tiro un pugno sul naso, lo prometto.»

Mentre ascolta quella mia minaccia campata per aria, Eden ride, ed è il suono più bello che io possa sentire in questo momento.

«E nessun bacio a tradimento!», le assicuro con impeto. Poi il mio tono si fa più mesto, più raccolto, io stesso sono serio mentre parlo: «Dammi l’occasione di dimostrarti… dammi l’occasione di dimostrarmi che non sono solo un coglione, che so fare le cose fatte bene...»

Sento di essere persuasivo e convincente, e sono davvero con il cuore in mano, ora, ma lei, inaspettatamente, mi risponde secca: «Mi hai già dimostrato che sai fare le cose fatte bene. Solo che poi sei sparito.»

Un colpo al cuore.

Silenzio.

«Lo so…», ammetto, la voce improvvisamente spezzata.

Mi torna in mente il nostro pomeriggio insieme, quando abbiamo studiato, solo studiato, e io, sorprendentemente, ero stato bene. Ero solo un ragazzo qualunque che ripassava una lezione scolastica con una ragazza qualunque. Nessun pensiero. Nessuna cosa che ci si aspettava che io dovessi fare o dire. Nessuna richiesta. Nessuna pressione o aspettativa particolare. Solo pagine sfogliate e tempo che scorreva, fra lavoro, consigli e chiacchiere leggere, stranamente piacevoli.

Mi torna anche in mente, però, ciò che è successo quando, poi, sono dovuto tornare a casa. È stato più brutto del solito, dopo quel pomeriggio, confrontarmi con la realtà di tutti i giorni. Constatare che le cose non cambiano solo perché tu senti che possano cambiare, solo perché tu hai vissuto qualcosa di diverso... ed è doloroso sbatterci la faccia, sul fatto che i problemi rimangono sempre dove li hai lasciati, perchè anche se te ne dimentichi, per un tempo più o meno corto, quelli ti aspettano... si preparano si fanno più grandi e imponenti, cosicché, quando rinvieni, quando realizzi di nuovo che ci sono, sono pure peggio di quello che ricordavi e ti aggrediscono, ti schiaffano a terra e ti portano via tutto quello che di bello eri riuscito a trattenere. E allora che senso ha...? Fingere che le cose vadano bene, illudersi nella possibilità di poter finalmente vedere le cose cambiare, per poi combattere contro l’impossibilità di poterlo fare... la mia battaglia di una vita...

Un’ombra mi passa sul cuore, ma non voglio lasciarmi trascinare da lei, in questo momento… voglio provarci ancora, sento di avere bisogno di qualcosa di diverso e, strano sorprendermi a pensarlo, sembra che l’unica in grado di darmi questa opportunità sia proprio lei…

«Mi sono comportato da cazzone, lo so, ma ora…», mi chino fino a poggiare i gomiti sulle ginocchia e, mentre parlo, fermo i miei occhi in un punto indefinito del muro, bianco, irregolare, e illuminato dalla luce giallognola della vecchia lampadina a incandescenza. «Ti prego…», scongiuro, «Dai la possibilità a un povero diavolo di redimersi dai propri peccati…», riporto i miei occhi nei suoi, i quali, ancora una volta, sembrano invitarmi a continuare, «Dai a me la possibilità di potermi redimere…»

Lei mi guarda, incerta sul da farsi, incapace di decidere se credermi o meno.

«Un solo ballo, non chiedo altro...», insisto ancora, «Non voglio che di me e della prima volta che abbiamo ballato insieme tu ti possa ricordare solo del cazzone che sono stato… ho odiato vederti così prima, per la prima volta... con gli occhi gonfi… ho odiato sapere che sono stato io la causa...», le confido spinto da un impeto di sincerità che sorprende anche me, «Dammi la possibilità di poter aggiustare le cose… di dimostrarti che non sono solo questo… di dimostrarlo a me stesso… ne ho bisogno». È tutto d'un fiato che concludo ciò che ho da dire, che più che un discorso sembra un flusso di coscienza.

Immediatamente, però, non appena chiudo finalmente la bocca, vorrei fermarmi la lingua tra i denti e masticarla, punirla per essere stata così sconsiderata  precipitosa. Mi dico che sono un coglione, perché solo un coglione si lascerebbe andare a dire certe cose...

Ma che?! Ti sei bevuto il cervello, Adam? Te lo sei bruciato a ‘sto giro, cazzone che non sei altro…

«Vabbè, lascia stare, dimentica quello… cioè...», farfuglio, mentre cerco di fare ammenda, vergognandomi profondamente delle mie stupidissime ammissioni. Lei, però, mi sorprende posando la sua mano sulla mia. E, quel contatto inaspettato, sembra placare il mio animo inquieto, improvvisamente contenuto.

«Ok», mi dice solo, delicata, come in un soffio. «Non serve che tu dica altro…»

E, anche se ci provassi, io non saprei cosa dire.

Sono un cazzone, ma incredibilmente ha funzionato...

E non lo so nemmeno io perché, non ha assolutamente senso, ma sento il cuore in subbuglio, ora. Vorrei poter urlare, ma mi crederebbero pazzo e allora trattengo tutto quell’impeto dentro, tanto che lo sterno quasi mi duole per la forza che spinge chiedendo di essere sprigionata.

Nel frattempo, mi accorgo che lei è già alla porta che mi guarda e mi dice: «Allora? Hai già cambiato idea?»

Allora io mi alzo, in un balzo, mi appresto a raggiungerla e le rispondo che «No, non ci penso minimamente», che ne andrebbe della mia reputazione di duro, se non facessi vedere che alla fine l’ho spuntata e che con la ragazza che mi tatuato le sue dita sulla faccia ci ballo ancora…

La cosa meravigliosa è che lei capisce che sto scherzando e, ancora una volta, mi sorprende dicendomi: «Allora, forza, andiamo a salvare la faccia di questo ragazzaccio.»

♡♡♡

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Buongiorno, meraviglie! 💓

Come state? 😊

L'atteso capitolo è finalmente arrivato... Adam ha parlato! O almeno ci ha provato...Come dite che sia andanto? 😊

Fatemi sapere che ne pensate del capitolo e, in generale, se avete appunti o consigli a proposito di questa storia. 😉

Ora, Eden ha acconsentito a dare una seconda chance ad Adam... avrà fatto bene, secondo voi? Cosa vi aspettate dal prossimo capitolo? 😏

Poi... io, davvero, non so come ringraziarvi. Ogni settimana si accostano nuovi lettori a questa storia e, superati i 24k, siamo ormai ad un passo dai 25k (che mi fanno impressione solo all'idea, 'che, sì, sono soltato views ma sono tante lo stesso... 😅)! 😱

Se questo e gli altri traguardi che raggiungerà CIDELAS sono possibili è solo grazie a voi, quindi, vi esorto ancora: se questa storia vi piace e pensate che valga la pena leggerla, non dimenticate di lasciare una stellina (una per ogni capitoli) e di consigliarla ai vostri amici, inserendola nei vostri elenchi di lettura o condividendola come più vi piace. E, per chi non l'ha mai fatto, non dimenticate di lasciarmi un commentino, o anche un messaggino, anche privato, se preferite. Ogni vostro parere è importante per me e mi aiuta a capire se sto percorrendo la strada giusta o se devo correggere la traiettoria in qualche maniera...!

Ancora grazie, di cuore. 💝

Grazie a MC_Peregrine che, ormai lo sapete, è il vero angelo di questa storia. 👼

Grazie a tutti quei lettori con i quali ho l'onore di avere una relazione, a chi mi segue anche su Instagram e partecipa ai miei sondaggi pazzi o gioca con me e con Indovina Chi... 

Vi voglio bene, moltissimo. 😍

Un bacio a testa,
S.C.
😘

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