35 - Professor Donati

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*piccolo spazio autrice abusivo*
Sono tornata. Questa volta puntuale! 😎
Ora, mi rivolgo a tutti i giocatori di INDOVINA CHI ricordandovi la frase...
"Allora, signorina Neve, venga qui vicino alla cattedra! Interrogazione!"
Che vincano i migliori!
Buona lettura!

♡♡♡

ADAM

Ho davvero temuto che Eden non mi facesse entrare. Ne ho avuto paura davvero.

Ma quanto sono stato coglione a presentarmi qui, di fronte a casa sua, con l'ardire di farmi aprire le porte di casa sua?! È ovvio che ci sono i suoi, Eden non vive la mia vita...

Mi sento doppiamente stupido perché quando ho avuto la pensata – toh, ho il pomeriggio libero vado a casa di Eden – mica ho valutato il fatto che, da lei, ci fossero pure i genitori... e ora sono di fronte al portone di casa sua, aspettando che lei parli con loro.

Un coglione. Sono un coglione...

Quasi quasi me la telo, che fa...

Non ho mai conosciuto i genitori di nessuna delle mie frequentazioni e, no, Eden di certo non è una mia frequentazione, nulla di così lontano, ma... insomma, non lo so... forse sto impazzendo per davvero questa volta...

Sento dei movimenti al di là della porta e il cuore mi balza in gola, il ritmo accelerato, impazzito, così come me.

Eden mi guarda con il volto dell'imbarazzo, tanto che i suoi occhi si posano nei miei solo per pochi istanti, prima di indirizzarli verso un punto indefinito a terra.

Alle sue spalle c'è un omone grande e grosso che indossa una camicia chiara sbottonata al collo. È più alto di me di almeno una decina di centimetri ed è ben piazzato di spalle. Ha i capelli ancora scuri, ma qua e là intravedo dei ciuffi bianchi. Sicuramente deve trattarsi del padre di Eden. Sembra osservarmi con sguardo truce, severo.

Si fa più vicino. «Ah, e quindi tu saresti Adam, è così?», vuol sapere.

«Sì, così mi han sempre chiamato», cerco di scherzare per alleggerire la tensione.

«È un bellissimo nome», mi dice, rivelando un sorriso che mi ricorda tanto quelli di Eden – veri, genuini... «Adam», sembra assaporare il suono del mio nome sulla lingua, «Significa umanità, lo sapevi?»

«Sua figlia mi ha detto che vuol dire creatura terrestre...», cerco con lo sguardo gli occhi di Eden, vorrei farla sorridere avendo citato quel termine che, in qualche maniera, sento nostro.

«E mia figlia ha ragione! Tratto dalla terra, creatura terrestre, è esatto! Adam – Adamo, se italianizzato – è stato il primo uomo creato da Dio», inizia col raccontarmi ciò che Eden per prima mi aveva detto, «Nella Bibbia, in Genesi, c'è scritto che fu proprio "impastato", plasmato con la polvere del suolo e poi vivificato dallo Spirito di Dio che Lui stesso gli inspirò nelle narici...»

Io lo ascolto affascinato. Non so se quel racconto sia una fissazione di famiglia o cosa, tuttavia... malgrado non abbia idee ben precise a riguardo, se credere o no a ciò che dice la Bibbia o cose così, mi piace pensare di avere un nome con una storia.

«Adam. Un gran bel nome. Complimenti alla mamma e al papà», conclude l'uomo di fronte a me.

«Alla mamma», sento l'esigenza di puntualizzare io, «mia mamma l'ha scelto». Ometto il fatto che l'abbia fatto in virtù della sua cotta conclamata per Adam Levine, dei Maroon 5. La storia della Bibbia mi sembra un riferimento molto più affascinante. Mi piace, in qualche maniera, sentirmi il primo... Adam, come il primo uomo creato.

All'improvviso, da dentro, sento provenire una voce femminile: «Amore caro, ma fallo entrare questo povero ragazzo, che starà assiderando!»

L'uomo di fronte a me sembra trasalire, ora quasi in imbarazzo. «Oh, sì, scusa figliolo...»

Figliolo?! Neanche mia madre mi ha mai chiamato così...

«Vieni, entra», mi dice mentre si sposta per favorire il mio ingresso.

Eden, la quale in tutto ciò è rimasta muta come una statua di cera appesa alla porta, apre il varco per permettermi l'accesso e subito scorgo la donna a cui appartiene la voce, quella che immagino essere la madre di lei. Ha i capelli biondi, probabilmente tinti, e gli occhi castani, le ciglia lunghe, sulle quali è presente una cospicua quantità di mascara.

«Benvenuto!», mi accoglie la donna, il viso addolcito in un sorriso e sulle labbra ancora traccia del rossetto rosso.

Mentre io entro lei continua: «Scusa se mio marito ti ha lasciato così a lungo sul pianerottolo, quando inizia con certe cose non la finisce più!». Ammicca con lo sguardo.

«Senti chi parla... "Il corvo che dice al merlo: 'quanto sei nero'"...!», la rimbecca lui.

A quella battuta, la moglie sorride, poi mi si avvicina e con aria complice mi dice: «Ha ragione, ma non dirglielo. Amo quando fa il sostenuto!». C'è uno strano scintillio nei suoi occhi, non so definirlo, ma è qualcosa che mi trasmette cose belle...

«Guarda che ti ho sentito!», le dice lui da dietro.

Lei si gira e gli strizza l'occhio divertita. «Ops!», finge stupore.

«Eden ci ha detto che sei venuto qui per studiare, giusto?», si rivolge nuovamente a me.

«Sì, signora», rispondo io.

«Oh... chiamami Anna», ne approfitta per presentarsi.

«Io invece sono Stefano, piacere di conoscerti, Adam». L'uomo mi allunga una mano e io gliela stringo, ha un presa calda e decisa, accogliente.

«Beh, se è per studiare che sei venuto fino a qui, non vi prendiamo altro tempo...», inizia a dire, una volta che mi hanno indicato dove appendere la mia giacca, «so che avete una verifica di storia imminente, Eden ce ne ha parlato...»

Dalla velocità con la quale, a quelle parole, Eden mi dice «Seguimi», mi pare di capire che non aspettasse altro...

Veloce come una saetta, si getta sulle scale dirette al piano superiore, che si trovano proprio all'ingresso, subito sulla sinistra. Io la seguo, divertito fra me e me da quella sorta di fuga.

Appena arriviamo in quella che deve essere la sua camera, ci si fionda all'interno e, una volta concessomi il tempo di entrare dopo di lei, si chiude la porta alle spalle.

«Perché cavolo sei venuto qui?», domanda con impeto.

«È un piacere anche per me vederti, Eden», faccio dell'ironia.

«Sul serio dico...», piagnucola, «È stato così imbarazzante!»

Ed ecco spiegata la fuga... come se nutrissi qualche dubbio a riguardo...

«Ma chi? I tuoi? Sembrano così delle belle persone...»

«E lo sono!», mi dà ragione lei, «ma questo non toglie dall'imbarazzo di dover giustificare l'improvvisa presenza di un ragazzo in casa», mi spiega.

Sorrido. «Sono il primo ragazzo che fai venire in casa?», gongolo.

«Ma cosa dici, no!», mi rimette al posto.

Io quasi ci rimango male, non so perché sperassi in una sua risposta affermativa...

«Sei il primo ragazzo che viene e che non è della chiesa, però», confessa.

Bingo!

«Ed è... un problema? Ti hanno fatto paranoie?», chiedo io, cercando di dimostrarmi comprensivo.

«No, nessuna, solo che...»

Lascia la frase sospesa, così continuo io: «"Solo che"... cosa? Non ti fanno paranoie i tuoi, ringrazia il cielo e non fartene tu! No?», cerco di incoraggiarla. «Prendila come un allenamento: arriverà il giorno che dovrai presentare qualcuno di davvero importante per te e, quel giorno, almeno avrai fatto gavetta con me, di cui non te ne frega niente!»

Ride, ma dopo poco il viso si incupisce. «Non dire così...», dice con tono sommesso.

«Così come?»

«Che non me ne frega niente...», risponde, tenendo lo sguardo a terra, «non è vero...»

È una scemata, ma sentire la frase che ha detto, quel suo imbarazzato appunto, mi fa sorridere il cuore.

«Ti ringrazio», le dico per farle comprendere che apprezzo le sue parole, e da una certa parte vorrei dilatare questo momento, ma dall'altra sento il desiderio di fuggire e impedire che la cosa degeneri – che, poi, sarebbe un problema se succedesse...? –, così mi appello al motivo ufficiale della mia presenza lì: «Ma ora, bando alle ciance, siamo qui per studiare è così?»

Mi balzano gli occhi sul libro di storia e il quaderno ancora aperto sull'unico letto presente nella stanza, il copripiumone a base bianca con degli enormi fiori rosa acceso, che sicuramente è quello di Eden.

Mi avvicino e indicando un punto preciso della pagina e dico, facendo dell'ironia: «Punti sulla memoria visiva?».

Il mio indice insiste sulla data dell'Unità d'Italia evidenziata, cerchiata più volte a matita e costellata da frecce che la incorniciano. Mi viene da ridere per l'impegno con il quale Eden ha cercato di far emergere dalla pagina quel dato.

«Lascia stare. Sono un caso perso», fa lei con tono ironico e sconfortato insieme, «Io e le date viviamo su due pianeti differenti», mi spiega.

«Vuoi che ti interrogo?», propongo.

«Perché? Hai già studiato?», vuol sapere.

«Lo faccio mentre ti interrogo!», le propongo la mia idea geniale.

«Non è così che funziona...»

«E chi lo dice, scusa? Magari per me sì!», insisto.

«Come vuoi...», acconsente infine.

Sono stranamente felice di poter interrogare Eden e, io, se faccio una cosa la faccio bene... perché fare una cosa in maniera noiosa e standard quando invece ti puoi divertire?

Deciso, raggiungo la scrivania che trovo davanti al letto di Eden e mi ci siedo davanti con il libro di storia in mano e senza chiedere il permesso alla proprietaria.

«Allora, signorina Neve, venga qui vicino alla cattedra! Interrogazione!», ordino.

«Adam, che stai facendo?», mi chiede lei interdetta.

«Professor Donati, per lei. Professor Donati», la correggo con aria severa.

Lei mi guarda meravigliata e apparentemente non in grado di ribattere.

Abbiamo appena iniziato, e già mi sto divertendo di brutto...



♡♡♡

//
Buongiorno, meraviglie! 😍

Come state? 😊

Io sono cotta (in tutti i sensi possibili e immaginabili)... e vivo al mare, ma non sono ancora riuscita ad andare a spiaggia... a parte questo, tutto ok! 😅

Al solito vi chiedo: che ne pensate di questo capitolo e in generale sul corso di questa storia? Fatemi sapere! 💕

Detto questo, io vi saluto.

(Fa troppo caldo per scrivere oltre 😂)

Vi lovvo - come usava dire ai "miei tempi"... 😂 Ma oggi si usa ancora? O ormai sono proprio antica? 😜

Grazie per tutto. Per ogni lettura e per aver portato questa storia a superare le 48k visualizzazioni e o 4k di voti... 💞

Un GRAZIE grosso come una casa a MC_Peregrine che, ormai lo sapete, è io vero angelo di questa storia! 👼
Ti voglio bene... 💘

Un bacio a testa,
S.C.😘

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